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Pubbl. Mar, 28 Mar 2017

Il divieto di immistione del socio accomandante nella gestione e amministrazione della società in accomandita semplice.

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Andrea Romaldo


Decadenza dal beneficio della responsabilità limitata al conferimento, pur senza assumere le vesti di socio accomandatario


La società in accomandita semplice fa parte della più ampia categoria delle società di persone ed è regolamentata dalle disposizioni del Codice Civile, Libro V, Titolo V, Capo IV. La fattispecie sociale è caratterizzate principalmente dalla presenza di due categorie di soci, soci accomandanti e soci accomandatari, con prerogative ben distinte tra loro dalla legge.

Nello specifico distinzione primaria tra le due categorie di soci afferisce al fatto che, mentre i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali e possono rivestire la qualifica di amministratori, al contrario i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota da loro conferita e non possono assumere incarichi di amministrazione e gestione della società (art. 2312 c.c.).

La ratio della disposizione normativa risiede nel fatto che solo chi effettivamente esercitare poteri di gestione ed amministrazione (accomandatari), e quindi determinarne le sorti della società, allora ne risponderà direttamente con il proprio patrimonio nei confronti dei terzi; al contrario, chi invece è privo di qualsiasi potere di amministrazione e di controllo (accomandanti), risponderà solo nei limiti della quota conferita. 

Proprio per tali ragioni, al primo comma dell’art 2320, è fatto espresso divieto ai soci accomandanti di compiere atti di amministrazione, eccetto quelli che siano di mero ordine oppure esecutivi, ed identico divieto è posto per la trattazione o conclusione di affari (cfr. Cass. 17 marzo 1998, n. 2854); Al contrario, si ricade nella fattispecie di immistione del socio accomandante ogni qual volta, in violazione del primo comma dell’art 2320 cc, questo compia atti di amministrazione, o qualora concluda affari in nome della società se non in forza di procura speciale conferita per il singoli affari .

Sul punto, la Suprema Corte (con sentenza n. 13468 del 2010), ha chiarito che “… per aversi ingerenza dell’accomandante nell’amministrazione della società in accomandita semplice […] non è sufficiente il compimento, da parte dell’accomandante, di atti riguardanti il momento esecutivo dei rapporti obbligatori della società, ma è necessario che l’accomandante svolga un’attività gestoria che si concreti nella direzione degli affari sociali, implicante una scelta che è propria del titolare della impresa …”.

Circa poi la procura, questa dovrà essere necessariamente conferita per il compimento di un singolo affare (Cass. 06/11/2014, n. 23651), atteso che, ben si comprende, come il rilascio di una più ampia procura generale, comporterebbe senza dubbio una violazione del divieto di immistione.

Con l'espressione "singoli affari", il legislatore, all'articolo 2320 c.c., ha voluto affermare l'esigenza di una individuazione specifica dell'attività delegata sull'implicito ma chiaro presupposto che la genericità ed indeterminatezza comportino di per se stesse l'attribuzione di poteri implicanti scelte che spettano esclusivamente all'accomandatario e che se compiute dall'accomandante si traducono in una indebita ingerenza nell'amministrazione della società (Trib. Padova, 06/08/2013).

In caso di ingerenza nell’amministrazione della società, da parte del socio accomandante, lo stesso Codice Civile, prevede una sanzione piuttosto severa, ovverosia, a mente dell’art 2320 c.c.: “Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'articolo 2286”.

Sul punto la Suprema Corte ha ribadito che: ”il socio accomandante che, avvalendosi di procura conferente ampio ventaglio di poteri, compie atti di amministrazione, interna o esterna, ovvero tratta o conclude affari della gestione sociale, incorre, a norma dell’art 2320 cc nella decadenza dalla limitazione di responsabilità la quale in attuazione del principio di tipicità di cui all’art 2249 cc, è volta ad impedire che sia perduto il connotato essenziale di tale società, costituito dalla spettanza della sua amministrazione, ai sensi dell’art. 2318 cc al socio accomandatario(Cass. civ. sez. I del 19/12/2008, n 29794).

Di più, alla luce del novellato art. 147 l.f., il socio accomandante che si ingerisca nella gestione della società potrà essere dichiarato fallito contestualmente con la stessa (Cass. 07/12/2012, n. 22256); tuttavia l’estensione del fallimento al socio accomandante, è soggetta a termine decadenziale di un anno dal momento dall'iscrizione nel Registro delle imprese di una vicenda, personale o societaria, che abbia comportato il venir meno della sua responsabilità illimitata, e non essendo ancorabile la decorrenza del suddetto termine alla cessazione dell'ingerenza” (Cass. civ. Sez. I, 06/11/2014, n. 23651) poiché, quest’ultima non da luogo ad atti suscettibili d’iscrizione nel registro delle imprese, ma anche perché, essa non esclude la responsabilità illimitata per i debiti successivamente contratti dalla società.

In ogni caso, l’accomandante che violi il divieto di immistione non diventa socio accomandatario a tutti gli effetti, ed infatti parte della dottrina sostiene addirittura che la perdita del beneficio della responsabilità limitata abbia effetto solo nei confronti dei terzi e non anche nei confronti della stessa società o dei soci accomandatari, nei cui riguardi, il socio ingeritosi, conserva comunque la possibilità di esercitare azione di regresso (cfr. in tal senso CAMPOBASSO, Diritto delle Società, 130 ss; in senso contrario cfr. GALGANO, Le società in genere, 468ss).

Va da ultimo precisato che, agli atti compiuti dal socio accomandante privo di delega, si applicherà la disciplina del falsus procurator, pertanto non saranno idonei ad impegnare la società nei confronti dei terzi, sempre che l’amministratore non li abbia, anche successivamente, ratificati. (Cass. civ. Sez. II, 19/11/2004, n. 21891).