Pubbl. Sab, 11 Feb 2017
E' possibile derogare alle condizioni di applicabilità previste per il fermo di persona indiziata?
Modifica paginaLa Cassazione ha escluso che l’art. 77 d.lgs. n. 159 del 2011 abbia introdotto delle innovazioni rispetto alla disciplina generale riguardante le condizioni necessarie per procedere all´applicazione di misure coercitive a seguito del provvedimento di convalida.
Sommario: 1. Premessa. 2. Fermo di persona gravemente indiziata. 3. Arresto facoltativo in fragranza. 4. La pronuncia della Corte di Cassazione.
1. Premessa.
Con la sentenza n. 2487, depositata in cancelleria il 18 gennaio 2017, la Corte Suprema di Cassazione ha ribadito che l’art. 77 d.lgs. n. 159 del 2001 ha esteso le ipotesi in cui è possibile procedere a fermo di persona indiziata di delitto, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 384 c.p.p., a tutti i casi in cui è invece consentito l’arresto facoltativo in flagranza. Ciò nonostante, sempre a parere della Corte, lo stesso art. 77 del citato decreto legislativo non ha introdotto alcuna novità né alcuna deroga in tema di disciplina generale e, in particolare, circa le condizioni necessarie per l’applicazione di misure coercitive a seguito del provvedimento di convalida.
2. Fermo di persona gravemente indiziata.
Il fermo appartiene, così come l’arresto, alla categoria delle cd. misure precautelari: esse consistono in un anticipo della tutela fruibile mediante le misure cautelari disposte dal giudice, nei casi in cui non è possibile attendere che si svolga il procedimento cautelare. La caratteristica principale di tali misure è, quindi, quella di poter essere disposte anche dalla polizia giudiziaria di sua iniziativa, al ricorrere dei presupposti previsti dalla legge, ma soltanto per un periodo temporaneo, ovvero sino a quando non interviene la convalida da parte del giudice.
In particolare, il fermo è un provvedimento che può essere disposto quando ricorrono le condizioni previste dall’art. 384, comma 1, c.p.p., ovvero: devono essere stati raccolti gravi indizi di reità a carico dell’indagato, devono sussistere specifici elementi di prova che fanno ritenere fondato il pericolo di fuga e, infine, si deve procedere per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni (si veda, ad esempio, il delitto di rapina).
Tale provvedimento viene adottato in via ordinaria da parte del pubblico ministero, che emette apposito decreto delegandone l’esecuzione alla polizia giudiziaria. Solo in via sussidiaria, ricorrendo particolari ragioni d’urgenza, la polizia giudiziaria può procedere di propria iniziativa al fermo di persona gravemente indiziata, ed in particolare ciò avviene quando il pubblico ministero non ha ancora assunto la direzione delle indagini (ad esempio, perché la notizia di reato non è ancora stata portata a sua conoscenza) oppure quando, nonostante abbia assunto la direzione delle indagini, l’indiziato sia individuato solo successivamente ovvero sopravvengano specifici elementi da cui emerga che lo stesso possa darsi alla fuga e non sia possibile, per la situazione di necessità ed urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero.
3. Arresto facoltativo in flagranza.
Il d.lgs. n. 159/2011, conosciuto come “codice antimafia”, ha introdotto un’importante novità in tema di misure precautelari e, segnatamente, in relazione al fermo. L’art. 77, infatti, è rubricato come “fermo di indiziato di delitto” e statuisce che il fermo “è consentito anche al di fuori dei limiti di cui all'articolo 384 del codice di procedura penale, purché si tratti di reato per il quale è consentito l'arresto facoltativo in flagranza ai sensi dell'articolo 381 del medesimo codice”.
A questo punto viene però da chiederci: quando è consentito l’arresto facoltativo in flagranza? La legge stabilisce che l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria ha la facoltà (l’adozione del provvedimento è qui, a differenza dell’ipotesi obbligatoria di arresto, rimessa alla discrezionalità della polizia giudiziaria) di procedere ad arresto in flagranza quando si procede sia per un delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione nel massimo a tre anni (cfr. calunnia, art. 368 c.p.), sia per un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (cfr. lesioni gravissime plurime, art. 590 comma 4 c.p.).
4. La pronuncia della Corte di Cassazione.
A questo punto, delineati le caratteristiche essenziali dei diversi istituti richiamati dalle norme coinvolte nella pronuncia della Corte di Cassazione, è possibile analizzare il contenuto della sentenza n. 2487/2017.
In particolare, dalla lettura di tale sentenza si evince che l’art. 77 d.lgs. 159/2011 è stato interpretato dalla giurisprudenza di legittimità come derogativo dei soli limiti di pena previsti dalla norma relativa al fermo, ovvero l’art. 384 del codice di rito. Pertanto, se è possibile prescindere dal limite della pena edittale, risulta comunque necessaria la presenza degli ulteriori requisiti richiesti dalla legge, ovvero i gravi indizi di reità ed il pericolo di fuga.
In altre parole, secondo il ragionamento della Corte, l’art. 77 del “codice antimafia” non ha stravolto la disciplina generale del fermo, che deve essere sempre ricostruita prendendo le mosse dall’art. 384 c.p.p., ma ha voluto soltanto ampliare il novero dei reati in relazione ai quali è possibile ricorrere a tale misura precautelare.
La Corte, infine, ha negato la possibilità di poter intraprendere una interpretazione estensiva dell’art. 77, sia perché la ratio legis deve essere individuata, appunto, nella mera volontà di estendere le ipotesi in cui è consentito il fermo, rimanendo comunque inalterata la disciplina generale dell’istituto, sia perché le norme che riguardano i diritti fondamentali, come la libertà personale ex art. 13 Cost., non sono suscettibili di alcuna interpretazione estensiva in senso sfavorevole per la persona indagata.