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Pubbl. Dom, 19 Feb 2017

Il deposito bancario

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Francesco Rizzello


Introduzione alla figura negoziale del deposito bancario comprendente la qualificazione giuridica dell´istituto e le finalità precipue operanti all´interno di esso.


Sommario: 1. Il deposito bancario: caratteri generali; 2. La natura giuridica del deposito bancario ; 3. La disciplina del deposito bancario; 4. Le tipologie di deposito


1. Il deposito bancario: caratteri generali

Il deposito bancario, disciplinato all'art. 1834 c.c., è il primo contratto del Capo XVII, "Dei contratti bancari". 

"Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con l'osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi."  

Tale figura negoziale permette alla banca di perseguire una delle sue funzioni fondamentali che contraddistinguono la sua attività economica, la raccolta del risparmio fra il pubblico finalizzata all'erogazione del credito.

"La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria." (art. 10, d.lgs. 1.9. 1993, n. 385, TUB)

Strumentale a detta funzione è il passaggio del denaro nella proprietà della banca, la quale può così destinarlo agli impieghi consentiti dalla legge. La banca diviene in tal modo debitrice nei confronti del cliente, in quanto è obbligata a restituire il tantundem, in aggiunta ovviamente agli interessi pattuiti. Ciò spiega anche la collocazione al passivo della raccolta del risparmio nei bilanci bancari.
In sé il contratto non costituisce uno strumento economicamente particolarmente efficace, in quanto la banca si troverebbe a poter usufruire delle somme solo fino ad una determinata data nei depositi a termine, e potrebbe vedersi privata della disponibilità delle somme in qualsiasi momento nel deposito a vista, il quale peraltro è la forma più ricorrente. Bisogna tuttavia tenere a mente che l'attività bancaria "ha carattere d'impresa" (in tal senso il già citato art. 10, TUB). Il contratto si inserisce dunque in un contesto più ampio di attività imprenditoriale, all'interno del quale la clientela è legata alla banca da questa tipologia di contratto: ciò rende possibile lo spostamento di somme e la restituzione in un qualsiasi momento, fatto salvo l'indesiderabile scenario in cui ogni cliente ritira le proprie somme depositate nello stesso momento (ipotesi manifestamente patologica).
Dal punto di vista del cliente il deposito ha tre finalità. La prima è da individuarsi nella custodia del bene denaro, che permette la sottrazione del bene ai rischi impliciti nel possesso. Il cliente diviene così creditore nei confronti di un'impresa dotata di determinati requisiti, i quali devono sussistere ai fini del rilascio dell'autorizzazione per l'esercizio, e sottoposta a vigilanza prudenziale da parte di determinate autorità creditizie (su tutte, la Banca d'Italia): ciò a garanzia della solvibilità del soggetto depositario, avente nel caso dell'impresa bancaria rilevanza pubblica e macroeconomica, oltre al profilo privatistico rappresentato dal rapporto intercorrente con il cliente e con altri soggetti privati. 
Ulteriore scopo del cliente è quello di lucrare (causa lucrandi) sulle liquidità depositate presso la banca, la quale corrisponde un interesse sul denaro di cui può per tale via disporre a fini istituzionali. 
Infine, è configurabile lo svolgimento di un servizio di cassa da parte della banca mediante l'utilizzazione dei crediti che il depositante vanta verso la stessa. Tale finalità è presente anche nel conto corrente di corrispondenza.

2. La natura giuridica del deposito bancario

La natura giuridica del deposito bancario è controversa. Vi è chi lo qualifica come mutuo, applicando uno schema in cui quindi il cliente riveste il ruolo di mutuante e la banca la qualifica di mutataria. Ciò che accomunerebbe i due istituti sono il passaggio della proprietà del bene fungibile denaro e l'obbligo di restituzione della medesima quantità e qualità. A ciò si aggiunge la corresponsione degli interessi da parte della banca. Tuttavia, l'inquadramento del mutuante quale "finanziatore" della banca è lontana non soltanto dalla realtà che pone l'agire dei consociati, ma non è questa la critica fondamentale a tale concezione. L'obiezione più forte si rinviene nell'osservazione che nel deposito manca un'elemento esseziale del mutuo: la pattuizione di un termine per la restituzione. Come si è detto, la forma più comune di deposito è quella a vista, con facoltà del mutuante di chiedere la restituzione in qualunque momento alla banca. Inoltre, non si riconosce pienamente la finalità di custodia sottesa al deposito bancario, e nemmeno quella del servizio di cassa.
Un'altra corrente pone pertanto l'accento proprio sull'elemento della custodia quale caratteristica qualificante, e la considera non tanto in quanto funzione di deposito materiale del bene fungibile denaro, ma in quanto gestione organizzata (l'aggettivo sembra richiamare la nozione di imprenditore ex art. 2082 c.c.) di un servizio offerto dalla banca, necessario allo svolgimento della propria attività istituzionale.
Tale corrente riconduce il contratto di deposito bancario alla matrice del deposito irregolare previsto all'art. 1782 c.c.

"Se il deposito ha per oggetto una quantità di danaro o di altre cose fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne acquista la proprietà ed è tenuto a restituirne altrettante della stessa specie e qualità."

Questa diversa classificazione assume una portata a dire il vero più che marginale, in quanto il secondo comma della disposizione citata dispone che "...si osservano, in quanto applicabili, le norme relative al mutuo". 
Un'altra corrente qualifica il deposito come un contratto la cui natura varia a seconda che si tratti di deposito a termine o a vista. Nel primo caso si tratterebbe di un mutuo e nel secondo di un deposito irregolare, mentre un ultimo filone dottrinale, ponendosi in continuità con quest'ultima differenziazione, riconduce il deposito al novero dei contratti misti. Anche questi ultimi due tentativi d'inquadramento risultano inappaganti, prestandosi entrambi a critiche. Il primo perché spezza l'unità del contratto, che la legge considera invece come una fattispecie unica, ed il secondo perché si può parlare di contratti misti solamente in presenza di fattispecie atipiche o innominate.
In realtà, ognuni di questi tentativi di qualificazione non tiene conto di un dato fondamentale, e cioè che il deposito bancario costituisce una figura contrattuale tipica, la quale è dettata dalla legge per apprestare all'impresa bancaria uno strumento efficace per svolgere su ampia scala la propria attività istituzionale di soggetto che raccoglie il risparmio presso il pubblico dei risparmiatori al fine di erogare credito.

3. La disciplina del deposito bancario

Passando alla disciplina, bisogna per prima cosa rammentare l'aspetto della localizzazione del rapporto, comune a qualsiasi forma di deposito, per cui, per quanto riguarda il deposito bancario, salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono alla sede della banca presso la quale si è costituito il rapporto (art. 1834, co. 2 c.c.). Tuttavia, in questo caso, bisogna parlare di un superamento di tale caratteristica, ovviamente dovuta all'emersione delle tecnologie informatiche e digitali, che hanno reso possibili meccanismi tramite i quali si può agevolmente prescindere da una siffatta localizzazione del rapporto.
Si è fatta più volte menzione del dovere della banca di corrispondere al cliente il tantundem eiusdem generis et qualitatis, ossia l'obbligo di restituire al cliente la somma da lui versata presso la banca, accresciuta degli interessi.

4. Le tipologie di deposito

Veniamo ora invece alla tipologie di deposito. Nei depositi liberi (a vista), il depositante può chiedere in qualsiasi momento la restituzione (totale o parziale) delle somme. Solitamente, in questi casi, la banca corrisponde un tasso d'interessi modesto.
Nei depositi vincolati (a termine), il ritiro delle somme non può essere effettuato prima della scadenza convenuta. Pertanto, la banca corrisponderà un tasso d'interesse più elevato al depositante.

Veniamo, infine, ad uno degli aspetti più rilevanti per la pratica, ossia la congiunzione del contratto di deposito bancario a quello di conto corrente. Esso rappresenta infatti molto spesso il negozio costitutivo della provvista eseguito dal correntista. All'interno della cornice del conto corrente bancario, la corresponsione delle somme dovute al cliente da parte della banca non avviene tanto a mani del cliente, bensì accettando, per conto dello stesso, di eseguire ordini di pagamento a favore di terzi. Tale elemento assume un ruolo predominante nel regolamento negoziale predisposto dalle parti, tanto da porre nettamente in secondo piano le finalità di risparmio fruttifero che tradizionalmente hanno caratterizzato il rapporto tra cliente e banca. Ciò spiega anche la progressiva erosione della remunerazione riconosciuta alla cliente in questa forma contrattuale.

 

Bibliografia

Nella redazione dell'articolo mi sono avvalso ampiamente degli insegnamenti contenuti nell'opera "Lezioni sui contratti bancari" di G. Cavalli e M. Callegari, II ed., Zanichelli Bologna.
Inoltre: R. Costi, "L'ordinamento bancario", V ed., Il Mulino; P. Trimarchi, "Istituzioni di diritto privato", XIX ed., Giuffrè