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Pubbl. Mar, 14 Feb 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

Timor Est c. Australia: luci ed ombre nel diritto internazionale, l’inizio della fine?

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Luigimaria Riccardi
AvvocatoUniversità di Pisa


La nota controversia internazionale tra Timor est e l´Australia sulle delimitazioni marittime sembra aver effettuato un positivo cambio di rotta verso la negoziazione e la stesura di un nuovo accordo. Merita, però, cercare di capire quale sia l´effettiva posta in gioco e le problematiche esistenti anche alla luce del Diritto Internazionale.


Indice:

 1) Introduzione; 2) Timor est: una breve ricostruzione storica-politica; 3) Timor est nel Diritto Internazionale: il principio di “Autodeterminazione dei Popoli” ; 4) Le potenziali ragioni (economiche) della controversia alla luce del Diritto Internazionale 5) Timor est c. Australia nel Diritto Internazionale: la problematicità della delimitazione marittima (il caso della Piattaforma Continentale);  6)Conclusioni.

 

1) Introduzione

Nell’ampissimo universo delle controversie internazionali, la nota disputa tra Timor Est e Australia sulla determinazione delle frontiere marittime ha registrato recentemente un importante punto di svolta.

Il 9 gennaio il Governo di Timor est, l’Australia e la Commissione di conciliazione, istituita in base all’allegato V della Convenzione sul diritto del mare del 1982 di Montego Bay, hanno adottato una dichiarazione congiunta (n. 2016-10, 20170109-Trilateral Joint Statement) con la quale si è dato atto del recesso di Timor dall’accordo su “Certain Maritime Arragement in the Timor Sea” (CMATS), adottato nel 2006.

In questo modo l’Australia consente a Timor di far valere in modo effettivo la propria volontà di recesso dall’accordo internazionale, alla quale in passato il Governo australiano si era sempre opposto.

Le parti hanno anche concordato, dopo anni di tensioni e rapporti difficili, caratterizzate, tra l’altro, da accuse di spionaggio e di raggiri nella fase di negoziazione del suddetto Trattato del 2006, di iniziare le trattative per l’adozione di un testo sulle frontiere marittime.

Inoltre, la complessità dei rapporti tra i due paesi può essere dimostrata anche dal fatto che Timor ha avviato il 15 settembre 2015 un procedimento contro l’Australia dinanzi alla Corte permanente di arbitrato (2015-42) e che di una controversia tra i due Paesi si è occupata, tra l’altro, anche la Corte internazionale di giustizia alla quale si era rivolta Timor, il 12 giugno 2015, chiedendo la cancellazione della causa dal ruolo.

2) Timor est: una breve ricostruzione storica-politica

Al fine di comprendere in tutti i suoi aspetti il caso internazionale in commento, appare necessario analizzare l’evoluzione storica-giuridica dei rapporti tra i due Paesi, in particolare soffermandosi sui motivi internazionali ed economici da cui tale controversia scaturisce.

Va premesso anzitutto che Timor Lest (nome ufficiale Repubblica Democratica di Timor Est) è un Paese del sud-est asiatico.

Esso è composto dalla metà orientale dell'isola di Timor, dall'exclave di Oecusse sulla costa nord della parte occidentale di Timor, dall'isola di Atauro, a nord, e dall'isolotto di Jaco, al largo della punta orientale dell'isola.

L'unico confine terrestre di Timor Est è condiviso con l'Indonesia. Le acque territoriali di Timor Est confinano a sud con le acque australiane nel Mar di Timor. La sua capitale è Dili, città costiera a nord dell'isola.

Conosciuto in passato come Timor portoghese, il paese è stato una colonia del Portogallo fino al 1975. L'indipendenza fu dichiarata unilateralmente il 28 novembre dello stesso anno, a opera di fazioni filo-comuniste. I timori di avere un governo comunista indipendente all'interno dell'arcipelago indonesiano, soprattutto nelle fasi più concitate della cold war, portò l'Indonesia a invadere Timor Est su vasta scala (non senza il supporto dei governi occidentali) nel dicembre 1975 e a dichiararlo come la propria 27ª provincia il 17 luglio 1976, col nome di Timor Timur.

Il 30 agosto 1999 gli abitanti di Timor Est optarono per l'indipendenza attraverso un referendum organizzato dall’ONU, approvato a larga maggioranza della popolazione. Con ciò essa è diventata la prima Nazione a raggiungere l'indipendenza nel XXI secolo.

Bisogna precisare che, inoltre, la lingua principale parlata a Timor Est è stata l'indonesiano per i 25 anni di occupazione militare, ma oggi è la lingua tetum la più parlata nella capitale. Tetum e portoghese formano le due lingue ufficiali del Paese, che fa parte della Comunità dei Paesi di lingua portoghese. Indonesiano e inglese, inoltre, sono classificati dalla Costituzione di Timor Est come lingue di lavoro, indispensabili per i rapporti commerciali con i paesi della regione e della Comunità Internazionale.

3) Timor est nel Diritto Internazionale: il principio di “Autodeterminazione dei Popoli”.

I paragrafi che precedono mostrano una situazione particolarmente travagliata sia dal punto di vista storico che giuridico.

In particolare, le questioni di diritto internazionale, collegate all'isola di Timor est che è possibile porre in risalto, risultano molteplici; esse si presentano, in qualche modo, tutte collegate tra loro e mantengono la propria autonomia ed importanza giuridica, anche se non connesse direttamente alla presente controversia.

In primo luogo, richiamando una nota controversia internazionale del 1995 (C.I.J., 30.6.1995, Case Concerning East Timor, Portogallo c. Australia), ponendoci sul piano socio-politico, risalta il principio di Autodeterminazione dei Popoli.

In particolare, esso presenta due differenti aspetti, tra loro interconnessi, ma con due diverse funzioni, ovvero si parla di Autodeterminazione interna ed esterna.

La prima investe i rapporti tra popolo e organizzazione politica interna-statale, ovvero il diritto di ogni popolo di avere un ordinamento rappresentativo e democratico. La seconda, invece, comporta il diritto di ogni popolo ad avere la forma statale che desidera nell’ambito, questa volta, della Comunità Internazionale.

Inoltre, buona parte della dottrina considera il principio di Autodeterminazione come appartenente ad una più ampia categoria di norme internazionali (a volte, ancora oggi e per alcuni aspetti, molto incerte), ovvero quella dello ius cogens, con la conseguenza giuridica di produrre effetti erga omnes, ovvero, nei confronti di tutti i soggetti di diritto internazionale ed, in primis, gli Stati.

La Corte Internazionale di Giustizia nel caso Timor Orientale (1995), pur non pronunciandosi sulla natura imperativa del principio in esame ha affermato che esso “è uno dei principi essenziali del diritto internazionale contemporaneo” statuendo la sua natura di norma istitutiva di obblighi erga omnes e con la relativa conseguenza di renderlo esigibile da parte di tutti i membri della Comunità Internazionale, come ribadito anche nel famoso parere sulla Costruzione di un muro in Palestina (2005).

L’autodeterminazione dei popoli costituisce, ad oggi, un principio fondamentale del diritto internazionale contemporaneo, in virtù del quale tutti i popoli hanno diritto a decidere autonomamente del proprio assetto politico, economico e sociale, così come ribadito nelle molteplici sedute delle Nazioni Unite.

Pertanto, la Corte internazionale di giustizia lo ha caratterizzato come un principio da cui derivano obblighi c.d. erga omnes, al cui rispetto hanno un interesse giuridicamente riconosciuto tutti gli Stati (e con loro tutti gli altri attori di diritto internazionale), in nome e per conto della Comunità Internazionale ( si vedano: C.I.J., 30.6.1995, Case Concerning East Timor, Portogallo c. AustraliaC.I.J., 9.7.2004, Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory, parere consultivo).

Secondo parte della dottrina, in ogni caso, il principio è diventato parte dello ius cogens, cioè di quel nucleo di norme inderogabili a tutela di valori fondamentali della stessa Comunità Internazionale.

4) Le potenziali ragioni (economiche) della controversia alla luce del Diritto Internazionale.

È importante ricordare che la disputa tra i due paesi riguarda principalmente i metodi di determinazione delle acque territoriali. Timor ha da sempre sostenuto il principio dei confini tracciati sulla base della linea dei punti equidistanti dalle coste (secondo il meccanismo della “linea retta di base”  e della “linea mediana”), l'Australia, invece, afferma il suo diritto sulla sua piattaforma continentale (in base alla relativa norma di diritto internazionale consuetudinario).

Riprendendo quanto evidenziato dalla prof.ssa Gillian Triggs, esperta australiana di diritto internazionale, l'Australia non sarebbe mossa da brame economiche-finanziarie ma dal desiderio di non mettere a rischio la propria sovranità territoriale e marittima.

Sempre secondo Gillian Triggs, per il diritto e la giurisprudenza internazionale l'Australia è legittimata a rivendicare la propria sovranità sulla relativa piattaforma continentale. Inoltre, la decisione australiana di procedere unilateralmente all'assegnazione delle licenze di esplorazione, come sostenuto in passato, doveva essere interpretata essenzialmente come un'iniziativa per spingere i timoresi ad un accordo internazionale.

L’allora primo ministro di Timor, Alkatiri, sostenne che "la legge internazionale impone all'Australia di astenersi dall'intervenire in zone marittime contese". Egli, per sottolineare l’interesse economico sotteso alla vicenda territoriale, aggiunse che l'Australia avrebbe ricavato conseguentemente 1,5 miliardi dollari di introiti fiscali dai giacimenti Laminaria- Corallina. Egli, però, non fornì i dettagli su che base tale cifra fosse stata calcolata. Inoltre, non bisogna dimenticare che dal 2004 è avviata l'estrazione di gas dal giacimento Bayu-Undan, il primo entrato in produzione nel Mar di Timor.

Secondo l’allora Presidente di Stato di Timor, Gusmao, l'Australia avrebbe posto in essere una vera e propria usurpazione delle risorse del suo paese, uno dei più poveri del mondo, e che tale condotta, non solo illecita dal punto di vista internazionale, avrebbe potuto trasformarlo definitivamente in un paese fallito (Failed State) come Haiti. Timor, infatti, come evidenziato dalle proprie Istituzioni politiche, non dispone di altre risorse. Si aggiunse, anche, che sul piano internazionale, il successo dell'intervento delle Nazioni Unite sarebbe stato determinato dalla quantità di aiuti internazionali riversati nel paese, per il quale, al momento della sua indipendenza, l'Indonesia stessa aveva predetto il fallimento.

5) Timor est v. Australia nel Diritto Internazionale: la problematicità della delimitazione marittima (il caso della Piattaforma Continentale).

La questione principale di diritto internazionale (se pur settoriale) intorno alla quale, da un lato, ruota la disputa internazionale in esame e che, dall’altro, merita un’autonoma analisi, risulta essere l’effettiva delimitazione dei confini marittimi tra i due paesi sovrani.

Nell’impossibilità di prendere in esame tutti gli elementi giudici internazionali presenti nella vicenda in commento, è possibile riprendere, a mero titolo esemplificativo, le questioni rilevanti che suscita la disciplina inerente alla Piattaforma Continentale.

Ora, appare necessario richiamare alcuni aspetti inerenti al Diritto del mare così come regolato ai sensi della Convenzione di Montego Bay del 1982 (si sottolinea che una precedente Convenzione fu siglata a Ginevra 1958).

L’Australia, come detto, rivendica il suo diritto sulla Piattaforma Continentale. È necessario richiamare alla memoria che una norma di diritto internazionale consuetudinario formatasi nella seconda metà del secolo XX attribuisce allo Stato costiero diritti sovrani, ai fini dell’esplorazione e dello sfruttamento delle risorse naturali, sulle zone del fondo e del sottosuolo marino facenti parte della piattaforma continentale. In concreto, essa riconosce allo Stato costiero diritti sovrani sulla Piattaforma continentale relativamente all’esplorazione e sfruttamento di tutte le risorse naturali (ad es. gas, minerali, petrolio ed idrocarburi). Si deve precisare che per risorse naturali si intende sia quelle minerarie sia le risorse biologiche sedentarie (sul fondo della Piattaforma). Si aggiunge che, ove fosse ritenuta fondata la posizione giuridica assunta dall’Australia, i diritti sulla Piattaforma sarebbero esclusivi, impedendo ad altri il relativo sfruttamento, e non necessiterebbero di nessuna autorizzazione o proclamazione.

Numerosi problemi si stagliano riguardano alla delimitazione interna ed esterna della Piattaforma stessa, ove molto spesso il limite interno coincide con il confine esterno del mare territoriale. Più complessa, invece, risulta la definizione di limite esterno.

Nel caso in esame risulta importante ricordare che in materia di delimitazione marittima della Piattaforma continentale la Convenzione di Ginevra del 1958 e quella di Montego Bay del 1982 dettano regole differenti nel caso in cui le coste dei due Stati di fronteggino o siano adiacenti. 

L’art. 6 della Convenzione del 1958 prevede che la delimitazione vada effettuata tramite accordo fra gli Stati interessati. Viene stabilito, però, che in assenza di accordo, è data dalla “linea mediana” (cioè dalla linea i cui punti sono equidistanti dai punti più vicini delle linee di base di ciascuno di tali Stati, salvo correggere la linea mediana in base alla presenza di circostanze speciali (es. la presenza di isole vicine alla costa dell’altro Stato). Il punto debole di tale norma risulta proprio nel fatto che essa non è stata innalzata a norma di diritto internazionale consuetudinario dalla Corte Internazionale di Giustizia (si veda: Delimitazione della piattaforma continentale del Mare del Nord del 1969) e, pertanto, non risulta obbligatoria “in ogni caso”.

Al contrario, l’art. 83 della Convenzione di Montego Bay del 1982 stabilisce che “la delimitazione della piattaforma continentale […] è effettuata mediante accordo sulla base del diritto internazionale […] in modo da pervenire ad una soluzione equa”. In sostanza, nel caso di specie, in attesa di un accordo definitivo gli Stati dovrebbero raggiungere un accordo che non leda la delimitazione conclusiva, ovvero, nel riprendere le parole di un’autorevole dottrina, provvedere ad “arrangiamenti provvisori” (B.Conforti).

È noto, tra l’altro, che la Corte Internazionale di Giustizia ha più volte ripreso la norma in commento, e ha affermato che raggiungere un accordo sulla base del diritto internazionale per garantire equità nella soluzione rappresenta una norma di diritto internazionale consuetudinario.

6) Conclusioni

Detto ciò e tirando le fila, è opportuno, preliminarmente, richiamare un frammento estratto dalla dichiarazione congiunta di entrambi i Paesi nella quale si statuisce quanto segue:

“The Commission and the Parties recognise the importance of providing stability and certainty for petroleum companies with interests in the Timor Sea and of continuing to provide a stable framework for petroleum operations and the development of resources in the Timor Sea.  In the interest of avoiding uncertainty, the governments of Timor-Leste and Australia wish to record their shared understanding of the legal effects of the termination of the Treaty on Certain Maritime Arrangements in the Timor Sea as follows:[…]

In questo frammento è possibile intravedere che entrambe le parti, dopo anni di disaccordi politici e giuridici, insieme alla Commissione di Conciliazione, sembrano aver intrapreso una strada congiunta, partendo, preliminarmente, proprio dal garantire a Timor est il diritto di recesso dall’accordo del 2006 accennato precedentemente.

Inoltre, entrambi i paesi riconoscono l’importanza delle risorse e, conseguentemente di fornire certezza e stabilità nella disciplina applicabile per tutte le compagnie petrolifere presenti in loco al fine di garantire uno sviluppo sostenibile.

In ogni caso, non bisogna dimenticare che un passo in avanti era stato già fatto proprio nel 2015. Con l’ordinanza dell’11.6.2015 la Corte Internazionale di Giustizia ha disposto la cancellazione dal ruolo della controversia tra Timor-Leste e Australia concernente il sequestro e la detenzione da parte dell’Australia di alcuni documenti e dati appartenenti a Timor-Leste, in seguito alla comunicazione da parte di quest’ultimo della volontà di interrompere il procedimento, avendo il Governo australiano provveduto alla loro restituzione, e in assenza di obiezioni dell’Australia.

In conclusione, è possibile affermare che, pur persistendo notevoli problematiche in ambito di diritto marittimo internazionale ed, in particolare, riguardo la certezza e stabilità delle disciplina ad oggetto lo sfruttamento delle risorse naturali e biologiche presenti nelle acque di confine, le negoziazioni non sembrano non poter raggiungere un risultato positivo tale da incidere, conseguentemente, sull'economia nazionale di entrambi i Paesi.

 

Note e riferimenti bibliografici
Conforti B., Diritto Internazionale, X Ed., Editoriale Scientifica, Napoli, 2014, Pag. 283-311.
Ronzitti N., Introduzione al Diritto Internazionale, IV Ed., G.Giappichelli, Torino, 2013, Pag. 118-121.
Per Una Delucidazione Tecnica Della Sentenza "East Timor (Portugal C. Australia)" Si Veda questo Link
Per Un Approfondimento Generale Sulla Situazione Marittima Corrente Si Veda questo Link
Per Analizzare La Dichiarazione Congiunta Di Timor Leste E Australia Si Veda questo Link