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Pubbl. Dom, 5 Feb 2017

L'affitto d'azienda, i profili fiscali e la crisi aziendale

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Giuseppina Landi


L’istituto dell’affitto d’azienda appare, codicisticamente parlando, come un istituto semplice e privo di grosse problematiche. In realtà dietro la semplice definizione di cui agli artt. 2561 e 2562 c.c. si nascondono non poche difficoltà in relazione alla applicazione ed alle conseguenze del nascente contratto.


Sommario: 1. Definizione ed inquadramento; 2. Oggetto e forma; 3. Gestione dei contratti in essere; 4. Confini tra affitto d’azienda e locazione di immobile; 5. Profili fiscali; 6. Conclusioni: l'affitto d’azienda come strumento per superare la crisi aziendale.

1. Definizione ed inquadramento

L’affitto di azienda è un contratto previsto dagli articoli 2561 e 2562 del codice civile con il quale il proprietario di una azienda trasferisce ad un terzo la gestione della stessa in cambio di un prezzo, ovvero di un canone periodico, mantenendone però la proprietà.

L’affittuario subentra nella pienezza dei rapporti facenti capo al concedente ed acquisisce prerogative di godimento e di disposizione equivalenti a quelle del proprietario giacchè estese al capitale fisso.

La stipula di un contratto d’affitto d’azienda impone obblighi sia in capo al concedente sia in capo all’affittuario.

Gli obblighi per il concedente possono essere facilmente individuati nella consegna dell’azienda all’affittuario secondo le caratteristiche pattuite nel contratto d’affitto.

Di contro, i vincoli in capo all’affittuario sono maggiori ma, comunque, facilmente individuabili negli articoli 2561 comma 1 e 2 c.c. Tra gli obblighi fondamentali l’affittuario deve evitare il depauperamento dell’avviamento commerciale dell’azienda e, di conseguenza, un danno nei confronti del nudo proprietario. Deve, altresì, gestire l’azienda in modo da tutelare l’interesse del nudo proprietario.

 

2. Oggetto e forma

Oggetto del contratto di affitto è l’azienda considerata come complesso di beni mobili ed immobili, beni materiali e immateriali concessi in godimento, in quanto organizzati unitariamente per la produzione di beni e servizi. La suprema Corte, con numerose sentenze (tra le tante, Cass. Civ. Sent. 6572 del 1983), ha chiarito che  la ricorrenza di un contratto di affitto d’azienda si ha anche quando non vengono ricompresi nel contratto tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda ben potendo alcuni di essi  essere non funzionanti purchè non compromettano l’unità economica del complesso affittato e la sua potenzialità economica.

Come espressamente previsto dall’art. 2556 c.c. la forma deve essere per iscritto, c.d. forma ad probationem.

La dottrina prevalente sostiene che tale forma richiesta può essere definita ad regularitatem o integrativa  nel senso che oltre alla forma scritta si aggiunge quella autentica.

 

3. La gestione dei contratti in essere

Secondo il principio generale contenuto nell'articolo 2558 c.c. l’affittuario subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda che non abbiano carattere personale, salvo che non sia diversamente pattuito.

In generale può dirsi, che in qualsiasi momento della sua attività non c'è azienda che non abbia contratti in essere. Dunque si pone il problema in caso di affitto sulla sorte dei contratti in essere. Come detto, secondo il principio di cui all’art. 2558 c.c. i contratti restano in vita. In primo luogo, va evidenziato che quando si stipula un accordo per l'affitto d'azienda è necessario che l'affittante e l'affittuario trovi un'intesa sui contratti in essere in modo che l'affittuario sappia in quali contratti subentrerà.

Il subentro si verifica quando esiste un nesso tra l'attività aziendale e il contratto sottoscritto. Tuttavia, il subentro si verifica solo quando l'accordo non abbia carattere personale. Alla luce di ciò appare utile soffermarsi su alcune tipologie di contratto. In caso di affitto d'azienda per esplicita disposizione normativa l'affitto non comporta la risoluzione del rapporto di lavoro dipendente in quanto non costituisce motivo di licenziamento. L'affittuario è obbligato con l'affittante per tutti crediti che il prestatore di lavoro aveva al tempo del trasferimento dell'azienda, che l'affittuario ne abbia conoscenza all'atto del trasferimento o i crediti risultino dei libri contabili.

In particolare la norma di quell'articolo 2558 c.c. dettata in materia di cessione di azienda e ritenuta comunemente applicabile anche all'affitto di azienda pone il principio, derogabile volontariamente, del trasferimento ex lege di contratti aziendali a prestazioni corrispettive non ancora completamente eseguite da entrambe le parti e che non abbiano carattere personale.

In deroga alle regole generali di cui agli articoli 1406 successivi c.c., il subingresso avviene automaticamente ed è efficace nei confronti del terzo contraente senza che questi debba accettarlo o che sia necessario dargliene comunicazione (cfr. Cass., sez. I civ., sent. n. 4242/1997 e sent. n. 23087/2014).

L'articolo 2561 comma IV  riconosce all'affittuario, al termine del contratto, per effetto dell'articolo 2562 c.c., l’indennizzo in denaro corrispondente alla differenza tra le consistenze di inventario all'inizio e alla fine rapporto sulla base dei valori correnti termine dell'affitto.

 

4. Confini tra affitto d’azienda e locazione di immobile

All’affitto d’azienda si applicano anche numerose norme della disciplina generale dell’affitto. Questo comporta che il confine tra affitto di azienda e locazione di immobile è veramente sottilissimo.

Ad ogni buon conto, si afferma che il coordinamento tra le norme specifiche dell’affitto d’azienda e quelle generali deve avvenire sulla base di alcuni principi.

In primo luogo, vanno considerate le disposizioni di cui agli artt. 2561 e 2562 c.c. in quanto norme speciali sull’affitto d’azienda che come tali prevalgono sulla disciplina generale, salvo che si tratti di operazioni di usufrutto dove in quel caso prevarranno le disposizioni generali.

In secondo luogo, nel caso in cui il trasferimento abbia ad oggetto sia beni immobili che bene mobili spetterà al giudice l’indagine  interpretativa per cogliere l’origine del contratto.

 

5. Profili fiscali

Il regime fiscale di tassazione dell'affitto di azienda sia per quanto riguarda le imposte dirette, che per quelle indirette, ma è in funzione della natura del soggetto concedente. In particolare è previsto che se le affittante è un imprenditore individuale che affitta l'unica azienda, viene meno in capo a quest'ultimo la qualifica di imprenditore e viene meno la qualifica di soggetto passivo ai fini dell'Iva, pur conservando la partita Iva che viene di fatto congelata. Può invece accadere che il concedente è una società o imprenditore individuale che ha più aziende. In tal caso l’affittuario non perde la qualifica di imprenditore ed il canone di affitto va ad arricchire il reddito d’impresa.

Per quanto riguarda il soggetto affittuario, invece, non si pongono particolari problemi, per effetto del contratto di affitto in quanto acquista la qualifica di imprenditore proprio per effetto del contratto di affitto.

 

6. Conclusione: l'affitto d’azienda come strumento per superare la crisi aziendale

La situazione economica che ci troviamo ad affrontare non permette all'impresa di sfruttare al massimo la propria capacità produttiva, per questo, lo strumento dell'affitto di azienda può rappresentare un valido strumento per esternalizzazione una parte della propria attività e dei profitti, dati dall'incasso dei canoni di locazione a costi sicuramente inferiori rispetto a produrre direttamente.

L'affitto di azienda permetti anche il conseguimento di ulteriori fini, gestione di una crisi aziendale, passaggio generazionale, senza il necessario e definitivo trasferimento del complesso aziendale.

Può dirsi che l'affitto d'azienda può essere uno strumento per superare la crisi di impresa. Spesso è vista come la soluzione ponte, in attesa di individuare un possibile acquirente dell'intero comparto aziendale. Quando un'azienda in crisi ed è in pericolo la continuità della sua gestione, questa soluzione permette di non azzerare il business, e, nel contempo, di non far gravare sul nuovo gestore le passività del precedente imprenditore.

 

 

Note e riferimenti bibliografici

T. Auletta, Logorio e perimento dei beni nell’usufrutto d’azienda, in Riv. soc., Milano, 1967.

G. Cian, A. Trbucchi, Commento all’art. 2561 codice civile, in Commentario breve al codice civile, Padova, 2009, p. 2561 e 2562.

M. Casanova, Impresa e azienda, in Tratt. Vassalli, I, Torino,1994, pag 760.

F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2004, 1322.

 

Sentenze citate

Cass., sez III civ., sent. n. 6572 del 7.11.1983, in Giust. civ., 1983, 10.

Cass, sez I civ., sent. n. 4242 del 14.05.1997 in Giust. civ., 1997, 737 e in NGCC, 1998, I, 3, 309, (con nota di P. Cilento).

Cass., sez I civ., sent. n. 23087 del 30.10.2014, in D&G, 31.10.2014.