• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Ven, 3 Feb 2017

L'estromissione della parte nel processo civile. L'estromissione del garantito.

Modifica pagina

Eva Aurilia


I principi che governano l´estromissione della parte nel processo civile. In particolare, l´estromissione del garantito ex art. 108 c.p.c.


Sommario: 1. L’estromissione in generale. 2. L’estromissione del garantito. Art. 108 c.p.c. 2.1. Presupposti. 2.2. Ambito di applicazione. Garanzia propria ed impropria. 2.3. L’ordinanza di estromissione e la sentenza conclusiva. Forma ed efficacia. 

 

1. L’estromissione in generale.

Con il termine estromissione si fa genericamente riferimento all’esclusione della parte dal processo per carenza dei requisiti che ne giustificherebbero la partecipazione.

In particolare, suscettibile di essere estromesso è colui che non potrebbe acquistare o mantenere la qualità di parte processuale per carenza, originaria o sopravvenuta, della legittimazione, attiva o passiva.

Tale istituto, inoltre, ha come logico presupposto l’esistenza di un processo litisconsortile, che si volge, cioè, tra più parti. Infatti, per l’ipotesi di un unico convenuto, nel caso in cui venga accertato un difetto di legittimazione passiva, il provvedimento del Giudice si sostanzierà in una pronuncia di rigetto della domanda attorea nei suoi riguardi e non già di estromissione.

Nel linguaggio comune ed anche giuridico, si fa un uso più o meno ampio del termine estromissione in considerazione del fatto che la dottrina si presenta divisa circa la natura giuridica dell’istituto in esame.

Secondo alcuni[1], infatti, si potrebbe parlare di estromissione soltanto con riguardo alle ipotesi espressamente previste dal legislatore agli artt. 108, 109 e 111 c.p.c. Tali ipotesi, rubricate rispettivamente “Estromissione del garantito”, “Estromissione dell’obbligato” e “Successione a titolo particolare nel diritto controverso”, avrebbero in comune la sopravvenuta carenza di legittimazione attiva o passiva della parte in grado di determinarne l’esclusione dal processo. Resterebbero, invece, escluse dall’ambito di operatività dell’istituto de quo le ipotesi caratterizzate dall’originaria assenza di legittimazione che condurrebbero, semplicemente, ad una pronuncia di assoluzione, nel merito, della parte estromessa.

Secondo altri[2], invece, l’istituto dell’estromissione avrebbe portata generale, non limitata alle ipotesi espressamente disciplinate dal legislatore che sarebbero, dunque, meramente esemplificative. A norma del suddetto indirizzo dottrinale, le ipotesi previste dagli artt. 108, 109 e 111 sarebbero ascrivibili alla categoria dell'estromissione “propria”, caratterizzate, come visto poc'anzi,  dalla sopravvenuta carenza di legittimazione, che si contrapporrebbero alle fattispecie di estromissione “impropria”, determinate da una originaria carenza della stessa (si pensi al caso di dichiarazione giudiziale di inammissibilità dell'intervento in causa dispiegato da un terzo).

Tale ultima tesi sarebbe avallata dal disposto dell’art. 354 c.p.c. che, nell’individuare i casi in cui è possibile la rimessione della causa dal giudice d’appello a quello di primo grado, fa genericamente riferimento, tra le altre, all’ipotesi in cui nel giudizio di primo grado “non doveva essere estromessa una parte”. Si ritiene, pertanto, che la rimessione sia possibile in tutte quelle ipotesi in cui, sull’assunto erroneo di carenza originaria o sopravvenuta di legittimazione, un parte venga esclusa dal giudizio di primo grado. Diversamente, invece, i fautori della tipicità delle ipotesi di estromissione ritengono che la rimessione sia consentita soltanto per i casi disciplinati dagli artt. 108, 109 e 111 del codice di rito, sostenendo che nell’ipotesi in cui l’estromissione venga disposta con sentenza, questa si traduce in una pronuncia di assoluzione nel merito della parte estromessa mentre nell’ipotesi in cui la stessa venga decisa con ordinanza, non si avrebbe una vera e propria uscita della parte in quanto questa sarà destinataria dell’efficacia del provvedimento conclusivo del giudizio cui ha preso parte, seppur non sino al suo esito.

2. L’estromissione del garantito. Art. 108 c.p.c.

La norma in commento, richiamando l’art. 106, rubricato “Intervento su istanza di parte”, stabilisce che il soggetto garantito può chiedere di essere estromesso dal giudizio, a condizione che le altre parti non si oppongano, qualora nello stesso intervenga il garante che accetti di assumere la causa in luogo del garantito stesso. La norma precisa, inoltre, che la sentenza di merito con la quale il Giudice decide il giudizio, spiega i suoi effetti (2909 c.c.) anche contro l’estromesso.

2.1. Presupposti.

Affinché possa trovare applicazione il disposto dell’articolo in commento è necessario che ricorra, oltre al presupposto generale comune a tutte le ipotesi di estromissione – rappresentato dalla pluralità di parti –  l’esistenza di un rapporto di garanzia.

Si pensi ad un giudizio vertente tra due parti: Tizio rivendica il diritto di proprietà di un bene da Caio. Quest’ultimo chiama in giudizio Sempronio che gli ha trasferito quel diritto di proprietà, con contratto di vendita, per essere garantito contro le pretese altrui (garanzia per l’evizione).

Il garante Sempronio potrà non costituirsi in giudizio e, dunque, rimanere contumace con la conseguenza che questo continuerà tra Tizio e Caio; potrà costituirsi e contestare l’esistenza o la portata del rapporto di garanzia oppure potrà costituirsi ed ammettere l’esistenza di quel rapporto. La costituzione del garante, e non la semplice comparizione, insieme all'esistenza di un rapporto di garanzia non contestato costituiscono condizione affinché il garantito possa richiedere la propria estromissione[3], totale o parziale.

Solo in quest’ultimo caso, pertanto, potrebbe esserci estromissione del garantito laddove questi ne faccia richiesta e le altre parti del giudizio, ad esclusione del garante, non si oppongano. Non è quindi necessaria un’accettazione, essendo sufficiente un comportamento negativo.

Tuttavia si ritiene che la stessa possa essere disposta anche in caso di opposizione di una o più parti quando questa appaia al Giudice immotivata. Secondo alcuni autori, questa circostanza inciderebbe sulla forma del provvedimento che il Giudice dovrà adottare, come si vedrà in prosieguo.

La peculiarità dell’estromissione consiste nel fatto che a seguito della disposizione della stessa il garantito perde la qualità di parte processuale, con la conseguenza che non gli potranno essere imputati gli effetti degli atti compiuti dal garante, ma continua ad essere titolare della posizione soggettiva dedotta in giudizio. Questo, infatti, verte su di un diritto vantato dall’attore nei confronti del garantito, non del garante, il quale, dunque, sarebbe estraneo al rapporto processuale originario. Il garantito mantiene, dunque, la qualità di parte in senso sostanziale, altrimenti non potrebbero estendersi nei suoi confronti gli effetti del giudicato ex art. 2909 c.c., come specificato dalla norma in commento. Il garante, invece, assumerebbe la veste di sostituto processuale dotato di legittimazione straordinaria che gli consentirebbe di partecipare al processo in nome proprio per tutelare un diritto altrui.

2.2. Ambito di applicazione. Garanzia propria ed impropria.

La dottrina dominante[4] ritiene applicabile la norma in commento esclusivamente alle ipotesi di garanzia propria. Un tale rapporto di garanzia ricorrerebbe nell’ipotesi in cui il collegamento tra la posizione sostanziale vantata dall’attore e quella del terzo chiamato in garanzia sia previsto dalla legge che disciplina il rapporto e non esclusivamente de facto. Si creerebbe, in tal caso, un’ipotesi di litisconsorzio necessario che può consentire l’uscita dal giudizio del garantito.

Ciò non sarebbe, invece, possibile per le ipotesi di garanzia impropria, che ricorrono laddove la garanzia non rinviene il proprio referente in una norma ma in un fatto storico, del tutto occasionale, che riguarda il rapporto tra attore e garantito e che è sfavorevole a quest’ultimo; allo stesso tempo, quel medesimo fatto storico integra il presupposto necessario ai fini dell’operatività della garanzia in quanto, nel rapporto tra garantito e garante è previsto che, al verificarsi di quel determinato accadimento, quest’ultimo si farà carico delle conseguenze negative del fatto sfavorevole al primo. L’esempio classico è rappresentato dalle “vendite a catena”: qui, infatti, a livello normativo, non figura alcuna relazione per la quale, nell’ipotesi in cui il compratore finale ottenga il diritto al risarcimento del danno per i vizi della cosa venduta da parte del suo venditore, questo può rivalersi nei confronti del venditore precedente e, così, a ritroso. In questi casi, dunque, non sarebbe possibile l’estromissione del garantito perché in tal caso il rapporto dedotto in giudizio, intercorrente tra  quest'ultimo e l'attore, è del tutto autonomo e diverso rispetto a quello intercorrente tra garantito e garante.

Altra parte della dottrina, invece, ritiene che l’estraneità del garante al rapporto dedotto in giudizio non sarebbe di ostacolo all’applicazione dell’art. 108 c.p.c. in quanto questi, dopo l’estromissione del garantito, farebbe valere in giudizio un diritto altrui in nome proprio[5].

Infine, in ossequio ad un’interpretazione restrittiva della norma in commento, per altri[6] l’istituto dell’estromissione sarebbe inapplicabile anche ai casi di chiamata del terzo garante con immediata domanda di garanzia propria: se è vero, da un lato, che nella fattispecie della garanzia propria sussiste connessione per pregiudizialità tra la domanda principale e quella di garanzia, è altrettanto vero, dall'altro lato, che anche in questi casi l'estromissione del garantito non dovrebbe essere ammessa, in quanto il rapporto non cesserebbe di esistere in capo a questi. Ne deriva l'esigenza che il garantito permanga nel giudizio al fine di svolgere le proprie difese direttamente nei confronti dell’attore ed evitare di essere assoggettato al giudicato senza possibilità di autonoma difesa. Come autorevole dottrina ha specificato[7], infatti, sul garante non incomberebbe l’obbligo di “difesa giudiziale” del garantito ma soltanto quello, in caso di giudizio sfavorevole a quest’ultimo, di tenerlo indenne dalle conseguenze che ne derivano.

Tuttavia, tra la posizione del garante e del garantito vi è necessariamente una comunanza di interessi per cui l’assunzione della difesa giudiziale del garantito sarebbe a fondamento dell’operatività dell’art. 108.

Secondo un’ulteriore lettura della norma, l'art. 108 opererebbe solo con riferimento alla chiamata del terzo garante per comunanza di causa ove questi, ex art. 106 prima parte, sia chiamato ai soli fini dell’estensione nei sui confronti degli effetti della emananda sentenza e non anche quando il garantito formuli apposita domanda di garanzia nei confronti del garante: in tal caso, infatti, il tema del giudizio si amplierebbe e coinvolgerebbe l’accertamento del rapporto di garanzia intercorrente tra garante e garantito, rapporto che, in assenza di apposita domanda è estraneo al giudizio.

2.3. L’ordinanza di estromissione e la sentenza conclusiva. Forma ed efficacia. 

Secondo quanto previsto dall’art. 108, l’estromissione è pronunciata dal Giudice con ordinanza, la cui efficacia opera ex nunc, senza travolgere, dunque, gli effetti prodotti dagli atti fino a quel momento compiuti dal garantito, poi estromesso. Analogamente, non potrebbe però consentirsi che gli atti compiuti fino a quel momento da quest'ultimo possano pregiudicare il garante. Così, al fine di bilanciare entrambe le esigenze evidenziate si ritiene che, quanto all’efficacia probatoria, il giuramento e la confessione siano liberamente apprezzabili dal Giudice e non abbiano valore di prova legale quando dalle stesse possa derivare un pregiudizio per il garante o per il garantito.

Secondo parte della dottrina, per altro, l’ordinanza di estromissione sarebbe revocabile e/o modificabile dal Giudice che l’ha emessa, alla stregua di una qualunque ordinanza, mentre altri ritengono che la stessa rappresenta l’effetto di un accordo intercorso tra le parti del giudizio e pertanto non potrebbe essere revocata.

Illustre ma minoritaria dottrina sul punto[8], ritiene che il provvedimento di estromissione debba essere contenuto in sentenza laddove questa venga disposta in presenza di opposizione di una delle parti del giudizio. Sarebbe questo l’unico modo per consentire all’opponente di impugnare la decisione assunta dal Giudice, che sarebbe, invece, preclusa dall’emanazione di un'ordinanza.

Non occorre dimenticare che il giudizio si concluderà, in ogni caso, con una sentenza che accerti nel merito la domanda formulata dall’attore e che spiegherà i suoi effetti anche nei confronti del garantito estromesso. Diversamente, questi non subirà gli effetti delle pronunce di rito, come nel caso di condanna alle spese. A conferma di quanto detto, si evidenzia che l’esigenza di consentire che anche il garantito sia tenuto al pagamento delle spese processuali, costituisce valido motivo di opposizione all’estromissione di quest’ultimo qualora si ritenga che il garante non possa farvi fronte. 

Infine bisogna rammentare che il codice di rito non enuclea i rimedi posti a tutela del garantito avverso la sentenza pronunciata a seguito della sua estromissione. Alcuni ritengono che l’estromesso possa esperire soltanto il rimedio dell’opposizione di terzo in revocatoria ex art. 404, comma 2 c.p.c., essendo egli “avente causa o creditore[9], oppure l’opposizione di terzo ordinaria di cui al primo comma della medesima norma. A tal proposito, infatti, la Giurisprudenza[10] ha ritenuto ammissibile un tale tipo di opposizione avverso il provvediemnto con il quale il Giudice ha pronunciato circa l' inammissibilità di intervento volontario ex art. 105 c.p.c.: vi è da dire, tuttavia, che in tal caso si ritornerebbe alla questione relativa alla differenza tra estromissione propria ed impropria. In quest’ultimo caso, infatti, si sarebbe in presenza di un’ipotesi di carenza originaria di legittimazione. Ad ogni buon conto, è opportuno evidenziare che la dottrina maggioritaria, invece, accorda all'estromesso l'esperimento degli ordinari mezzi di impugnazione in considerazione del fatto che questi continui a mantenere la qualità di parte in senso sostanziale.

 

Note e riferimenti bibliografici
[1] Mandrioli, Diritto processuale civile, I, 20ª ed., Torino, 2009, 419.
[2] Tommaseo, Estromissione della parte dal processo, in EG, XII, Roma, 1989; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, 4ª ed., Padova, 2004.
[3] Consolo, Spiegazioni di diritto processuale, II, Padova, 2010 e Mandrioli, Corso di diritto processuale civile I, Torino, 2011 sottolineano come l’estromissione possa essere pronunciata dal Giudice anche in assenza di apposita domanda del garantito.
[4] Mandrioli, Diritto processuale civile, I, 20ª ed., Torino, 2009, 419; Montesano, Arieta, Trattato di diritto processuale civile, I, Padova, 2001, 390.
[5] Proto Pisani, Dell'esercizio dell'azione, in Comm. c.p.c. Allorio, Torino, 1973, 1205.
[6] Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, 4ª ed., Padova, 2004, Proto Pisani, Dell'esercizio dell'azione, in Comm. c.p.c. Allorio, Torino, 1973, 1205.
[7] Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1965.
[8] Consolo, Spiegazioni di diritto processuale, II, Padova, 2010.
[9] Tommaseo, Estromissione della parte dal processo, in EG, XII, Roma, 1989.
[10] Ex multis, Cass. Civ. n. 9500/2003.