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Pubbl. Ven, 30 Gen 2015

Obblighi internazionali e principi costituzionali: incontro o scontro?

Antonio Coppola


La Corte costituzionale, con la sentenza 238/2014, apre un nuovo capitolo in tema di obblighi internazionali e risarcimento dei crimini di guerra.


La sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2014 è destinata ad assurgere al rango di  pronuncia storica.

La sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2014 è destinata ad assurgere al rango di  pronuncia storica.

La Consulta afferma l'inderogabilità dei principi supremi della Costituzione, i quali non possono essere violati neppure in caso di adempimento di obblighi discendenti dal diritto internazionale generale (ai quali il nostro ordinamento si conforma mediante il rinvio mobile predisposto dall'articolo 10 della Carta).

Con la sentenza n. 238 si dichiara l'incostituzionalità delle norme attraverso le quali si era data attuazione ad una decisione della Corte internazionale di giustizia: ad essa si era appellata la Germania per chiedere la condanna del nostro Paese, puntualmente arrivata il 3 febbraio 2012. Il caso - al quale i media non hanno dedicato la giusta attenzione - riguarda il mancato riconoscimento dell'immunità giurisdizionale che i giudici italiani hanno imposto alla Repubblica federale tedesca. L'obiettivo è quello di garantire un risarcimento alle vittime dei crimini di guerra perpetrati dalle forze di occupazione naziste durante l'occupazione della Penisola dopo l'8 settembre 1943.

Sorprendentemente, la Corte costituzionale ha trovato il coraggio di opporsi all'arrendevolezza manifestata dall'Esecutivo italiano fin dalle fasi introduttive della controversia internazionale. I giudici del Palazzo della Consulta, quindi, hanno riacceso le speranze degli italiani deportati e destinati al lavoro forzato, così come dei parenti delle vittime degli eccidi commessi per "rappresaglia" dalle forze di occupazione tedesche. La pronuncia in commento, in breve, si erge a baluardo dei diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.), in primis quello alla dignità, e del diritto di accesso al giudice (art. 24 Cost.). Non si dimentichi, infatti, che le domande risarcitorie - sulle quali i magistrati italiani si sono espressi - erano già state rigettate dai colleghi tedeschi, causando una situazione - essenzialmente - di diniego di giustizia.

Non si dubita che la controversia, che da ben dieci anni coinvolge i due Paesi senza che questi mettano in campo strumenti per la composizione diplomatica, non sia destinata ad una rapida conclusione.

La sentenza n. 238, comunque, ha l'immenso pregio di riaprire il dibattito sulle funzioni da attribuire oggi alle norme di diritto internazionale consuetudinario sull'immunità, e questo anche a costo di contraddire il massimo organo giurisdizionale delle Nazioni Unite.