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Pubbl. Ven, 28 Ott 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

Il principio di legalità penale quale baricentro del processo d’integrazione europea

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Rossana Scibetta


Il rapporto tra il diritto comunitario e il diritto penale: il superamento del deficit democratico delle istituzioni comunitarie e il rispetto del principio di legalità attraverso la giurisprudenza delle Corti Europee.


Tra i principi fondamentali destinati ad armonizzare il moderno diritto penale, il principio di legalità ne costituisce, senza alcun dubbio, il cardine fondamentale.


Esso ha una genesi non strettamente penalistica, bensì squisitamente politica. Trae origine dalla teoria del contratto sociale, affermatasi in epoca illuminista, e si giustifica con l’esigenza di porre dei limiti alla potestà punitiva dello Stato a garanzia dei diritti dei cittadini, vincolando l’esercizio del potere statale alla forza della legge. Realizza, quindi, quel concetto illuministico del vincolo del giudice alla legge, quale corollario della divisione dei poteri1.

La tutela dei diritti e delle libertà del cittadino nei confronti del potere statuale si esprimeva, e tuttora si esprime, principalmente nel divieto di retroattività della legge penale, e nella conseguente conoscibilità di quali comportamenti, al momento della loro commissione, possono comportare l’applicazione di una sanzione penale. Questo era già noto agli illuministi, i quali consideravano gravemente lesivo della libertà e della dignità del cittadino, punire «successivamente» un’azione la quale, nel momento in cui veniva commessa, non era ancora penalmente sanzionata, anche se ritenuta contraria alla morale o al diritto. A conferma di ciò, il fatto che il divieto di retroattività della norma penale, si riferisce più che alla condotta in sé, alla sanzione, la quale si trasforma in una misura arbitraria, inconciliabile con la libertà del singolo, se applicata senza preventiva minaccia2.

Successivamente, tale divieto è stato formalmente riconosciuto, oltre che nelle Costituzioni di alcuni Stati nordamericani, nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, dove la funzione di garanzia viene ampliata e trasferita direttamente alla legge3.

Nei primi dell’Ottocento, ad opera del criminalista Anselm Feuerbach abbiamo la traduzione in termini giuridico – penali del fondamento politico del principio di legalità, che viene canonizzato con la celebre formula nulla poena sine lege e collegato concettualmente al problema del fondamento della pena: cioè, se la minaccia della pena deve fungere da deterrente psicologico nel commettere reati, quindi deve svolgere la sua funzione di previsione generale attuata mediante coazione psicologica, è necessario che i cittadini conoscano prima quali siano i fatti, la cui realizzazione comporta l’inflizione di una sanzione. In questo modo, il principio di legalità trova una coerente giustificazione di ordine scientifico, di natura interna al sistema penalistico, rimanendo allo stesso tempo fedele ai principi liberal – democratici dell’illuminismo di cui Feurbach fu un eminente rappresentante4.

Anche in considerazione della sua genesi, emerge chiaramente come il tema della legalità nel diritto penale sia un argomento senza dubbio multiforme e sfaccettato, e nell’analizzarlo bisogna guardarsi dal rischio di sottovalutarne la dimensione ideologica e politica. Del resto la migliore prova del fondamento non soltanto tecnico (e perciò neutrale) del principio è data dalla circostanza che esso trova espresso riconoscimento in molte Carte Costituzionali, nell’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950 e nell’art 49 della Carta fondamentale dei diritti dell’uomo dell’Unione Europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione5.

Tuttavia è sotto gli occhi di tutti che nello scorcio dell’ultimo secolo la legalità, anche nella sua forma più rigida quale è la “legalità penale”, ha subito un vero e proprio terremoto teorico e pratico6.

Nel campo del diritto penale sono tre i fattori che hanno contribuito a quella che ormai si definisce “la crisi” della legalità: l’ingresso del costituzionalismo, destinato a produrre frutti più sul piano giurisprudenziale e dottrinale che su quello dell’innovazione legislativa; l’impegno richiesto alla magistratura nel fronteggiare fenomeni criminosi nuovi e imponenti ai quali corrisponde un’attività legislativa spesso caotica e qualitativamente così imperfetta da sollecitare un ruolo molto attivo al giudice; la pressione delle fonti internazionali ed in particolare di provenienza europea sul tradizionale nazionalismo penale, che proprio nella legalità ha trovato da sempre il perno più stabile7.

Le radici della “crisi” della legalità, e la conseguente caduta di fiducia nella bontà ordinamentale della legge, sono quindi da cercare nel cambiamento delle convinzioni relative allo stesso rapporto tra soggetto umano e realtà oggettiva (crisi filosofica) , per poi passare alle trasformazioni che lo stesso concetto di diritto ha subito sotto le spinte della globalizzazione (crisi giuridica), per finire con le vicende modificative dei meccanismi istituzionali su cui poggiava la legittimazione del potere normativo e anche del potere punitivo negli stati liberal-democratici (crisi istituzionale)8.

Uno dei fattori di crisi per il monopolio legislativo è costituito anche dal difficile rapporto tra diritto penale e Unione Europea. I problemi si collegano non solo a quegli interessi finanziari propri dell’Unione che reclamano una tutela penale; ma anche a quelle materie di sua competenza, di cui l’Unione pretende l’armonizzazione, che devono poter essere “assistite” da un congruo apparato sanzionatorio, anche penale9.

Tuttavia, in un primo momento, al tema della legalità penale, è stato riservato un ruolo secondario all’interno del dibattito che accompagna il processo di costruzione europea, mentre ha avuto posizione di assoluta centralità il tema, inscindibilmente legato ad esso, del c.d. “deficit democratico”, concernente il difetto di legittimità democratica del processo decisionale comunitario. Questo disinteresse è stato agevolato anche dall’assenza, sino ad oggi, di un vero e proprio diritto penale europeo, che induceva dottrina e giurisprudenza a sorvolare sulle tematiche legalistiche10.

Sembra tuttavia giunto il momento di porre fine a questo disinteresse, poiché le interazioni tra legge nazionale e disposizioni normative emanate dall’Unione Europea sono diventate nel corso degli anni sempre più complesse anche nel campo del diritto penale. Infatti, alcune significative pronunce della Corte di Giustizia, nonché la più recente produzione normativa proveniente dall’ordinamento istituzionale comunitario, abbiano ormai definitivamente sancito l’avvenuta emersione e il progressivo consolidamento di nuovi beni giuridici che necessitano di una tutela, eventualmente anche di natura penale. Si tratta di una questione che s’inserisce nel più ampio processo di “europeizzazione” del diritto penale degli Stati membri, scaturente dal coinvolgimento degli ordinamenti nazionali nel loro complesso, e quindi anche dei rispettivi sistemi penali, nella dinamica del processo di integrazione comunitaria; processo che ha comportato “l’infiltrazione” dei nuovi beni e dei nuovi valori propri della costruzione europea e di un conseguente ridimensionamento di quella generale gerarchia di valori che da sempre hanno costituito il referente di valori tipico delle scelte di penalizzazione11.

Ciò che emerge dall’analisi delle recenti vicende europee, il fallimento del Trattato Costituzionale del 2004 e l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2007, è la delicatezza della fase che il progetto europeo ora sta attraversando. Si tratta di un quadro che chiama in causa questioni topiche del diritto comunitario; infatti i recenti sviluppi in tema di competenza dell’Unione in materia penale, anche in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia del 2005, sui reati ambientali, impongono un’approfondita riflessione sulla questione del rispetto del principio di legalità nell’ordinamento europeo, che in relazione alle esigenze garantistiche ad esso sotteso, deve trovare un adeguato riscontro anche a livello dell’ordinamento sovranazionale.
 Tuttavia, le significative evoluzioni che si sono registrate a livello dell’ordinamento europeo hanno di fatto delineato un nuovo assetto costituzionale radicalmente diverso da quello originario. Basti pensare al nuovo ruolo che il Parlamento europeo ha acquistato nella fase decisionale, superando la questione del “deficit democratico” tradizionalmente imputato all’assetto istituzionale comunitario; ovvero alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che, attraverso un esplicito rinvio all’art 7 CEDU (“nessuna pena senza legge”) e agli sviluppi interpretativi che di questo articolo ne hanno dato i giudici della Corte Europea dei diritto dell’Uomo, ha ormai consolidato il richiamo, non solo al generale principio nullum crimen, nulla poena sine lege, ma anche ai suoi corollari dell’irretroattività, della accessibilità e della prevedibilità della norma penale e del divieto di estensione analogica così come elaborati dalla Corte EDU, il tutto in un contesto di crescente “interventismo” dell’Unione europea in materia penale, che pone come centrale la questione del ruolo del diritto penale nella costruzione europea12.

Quindi, se da un lato è pur vero che uno dei motivi della c.d. “crisi della legalità” è costituito anche dal difficile rapporto tra diritto penale e Unione Europea, dall’analisi della giurisprudenza sia della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, sia da quella della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, e dalle prospettive future che possono realizzarsi in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ˗ che con il nuovo art. 6 TUE attribuisce “valore giuridicamente vincolante” alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e prevede l’adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il principio di legalità viene elevato a diritto fondamentale, attribuendogli un “valore aggiunto”, che nella sfera meramente nazionale sembra attualmente meno evidente e pregnante.

Il principio di legalità penale, pertanto, è oggi parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea, ed in tal modo esso ha acquisito quel “valore aggiunto”, che nella sfera meramente nazionale sembrava essere venuto meno a causa di quei fattori strutturali (cambiamento delle convinzioni relative allo stesso rapporto tra soggetto umano e realtà oggettiva; trasformazioni che lo stesso concetto di diritto ha subito sotto le spinte della globalizzazione; le vicende modificative dei meccanismi istituzionali su cui poggiava la legittimazione del potere normativo e anche del potere punitivo negli stati liberal- democratici) che avevano portato al fenomeno della “crisi della legalità”. Si tratta di un dato incontrovertibile, che supera l’emergere di alcuni fattori, che possono essere di disturbo all’interno del quadro unitario del processo d’integrazione, basti pensare alla perdurante minaccia alla sicurezza che proviene dal terrorismo internazionale; o alla crisi che l’Unione sta attraversando, anche a causa del vasto e rapido allargamento a nuovi Stati.

La Corte di Giustizia e la Corte Europea dei diritti dell’uomo, hanno assunto, a pieno titolo, un ruolo guida nel cammino da percorrere nel procedimento d’integrazione europea, innovando profondamente, il rapporto tra diritto comunitario e diritto nazionale, rivolgendo la loro attenzione a quell’insieme di principi fondamentali che stanno alla base di un diritto penale liberale.
Invero, i giudici comunitario hanno da sempre cercato di valorizzare il ruolo del Trattato istitutivo come parametro di legittimità del diritto derivato, configurandolo come una sorta di Carta costituzionale all’interno di una «comunità di diritto», individuando, allo stesso tempo, nei principi generali dell’ordinamento comunitario, i limiti ai poteri delle istituzioni comunitarie13. L’importanza gerarchica del principio di legalità e la sua attitudine a fungere da parametro di legittimità non sono mai state messe in dubbio. Il nullum crimen nulla poena sine lege è oggi definitivamente consacrato nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, richiamata dall’art. 6 par. 1 TUE, che fornisce una base scritta, a tutta quella paziente opera interpretativa della Corte di Giustizia, dando ai principi in tema di diritti fondamentali lo «stesso valore giuridico dei Trattati». In questo contesto viene meno qualsiasi dubbio, circa la rilevanza «costituzionale» del principio di legalità, e la sua attitudine a fungere da parametro di legittimità, poiché le disposizioni della Carta assurgono senza più alcuna ambiguità al rango di norme di diritto primario il cui rispetto potrà essere verificato dal giudice europeo14.


È tuttavia opportuna una precisazione: il principio di legalità, nonostante la sua enunciazione positiva nella Carta dei diritti fondamentali, continuerà ad operare nell’ordinamento europeo anche in qualità di principio di diritto non scritto. La «costituzionalizzazione» della Carta e dei principi in essa consacrati non impedirà al giudice europeo di continuare ad utilizzare i principi generali del diritto per integrare i contenuti e la portata delle disposizioni in tema di diritti fondamentali, considerando che l’art. 6 TUE prevede altresì che «i diritti garantiti dalla Convenzione europea e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, costituiscono principi generali del diritto dell’Unione a cui la Corte garantisce osservanza»15. Il richiamo alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri ha inoltre importantissime conseguenze sotto il profilo del contenuto del principio europeo di legalità penale. Infatti, se da un lato sia l’art. 49 della Carta di Nizza, che l’art. 7 della Convenzione europea, sembrano valorizzare maggiormente il profilo sostanziale del principio di legalità, il riferimento alle tradizioni comuni agli Stati membri, consentirà – almeno potenzialmente – di evocare il rispetto del principio della riserva di legge, in considerazione del fatto che il più delle vote le Costituzioni nazionali includono nella formulazione del principio di legalità anche i corollari storico-formali che riguardano le fonti deputate alla produzione di norme penali16.
È grazie al Trattato di Lisbona che l’Unione Europea apre le strada alla costruzione e alla concretizzazione di un diritto penale europeo, superando in modo definitivo il “dogma” dell’incompetenza penale, vincolando il proprio operato al rispetto di un principio di legalità penale, il quale nel contesto europeo, acquisisce caratteri molto più pregnanti rispetto a quelli della tradizione dei paesi dell’Europa continentale. Infatti, è opportuno ritenere alla luce delle considerazioni svolte nel corso della trattazione che, la circostanza che alcune scelte di politica criminale, non siano più esclusivamente nelle mani del legislatore nazionale, non implica necessariamente una caduta di democraticità; tutt’altro, il riconoscimento all’Europa, del potere di condizionare la legislazione penale degli Stati membri, ha aperto un ampio dibattito sulle scelte di politica criminale, che ha portato al coinvolgimento di numerose istituzioni17.

Si impone quindi in questo preciso momento storico, in cui l’Unione Europea può nel quadro dello «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» imporre scelte penali in grado di incidere sulla sfera delle libertà personali del singolo individuo, un atteggiamento sì fiducia, nei confronti di una sempre più pregnante integrazione europea, ma anche di prudenza. Spetterà alla Corte di Giustizia, con l’ausilio della Corte Europea dei diritti dell’uomo, sforzarsi a razionalizzazione i criteri e le tecniche che poste a presidio della propria attività giurisprudenziale possano tutelare quelle esigenze di certezza del diritto e di prevedibilità della norma penale, garantendo in questo modo il rispetto del principio di legalità.

Note e riferimenti bibliografici
G. Fiandaca E. Musco, Diritto penale parte generale, VI Ed., Zanichelli Editore, pag.47.
G. Fiandaca E. Musco, Diritto penale parte generale, cit. pag 48.

G. Fiandaca E. Musco, Diritto penale parte generale, cit. pag 48.

G. Fiandaca E. Musco, Diritto penale parte generale, cit. pag 48-49
G. Fiandaca E. Musco, Diritto penale parte generale, pag 49.

6 F. Palazzo, Legalità penale: considerazioni su trasformazione e complessità di un principio fondamentale, in Quad. Fior. XXXVI (2007), cit. pag. 1280 ss.

7 F. Palazzo, Legalità penale: considerazioni su trasformazione e complessità di un principio fondamentale, cit. pag. 1280.
8 F. Palazzo, Legalità penale: considerazioni su trasformazione e complessità di un principio fondamentale, cit. pag. 1286 ss.
9 F. Palazzo, Legalità penale: considerazioni su trasformazione e complessità di un principio fondamentale, cit. pag. 1296 ss
10 A. Bernardi, Riserva di legge e fonti europee in materia penale, in Ann. Univ .Ferrara - Sc. Giur. Nuova serie. Vol. XX, (2006), cit. pag. 2-3
11 R. Sicurella, La tutela “mediata” degli interessi della costruzione europea: l’armonizzazione dei sistemi penali nazionali tra diritto comunitario e diritto dell’unione europea, in, Lezioni di diritto penale europeo, (a cura di), G. Grasso, R. Sicurella, Giuffrè Editore 2007, cit. pag 245- 246.
12 E’ stata la Corte di Giustizia, nel contesto della propria «enunciazione creativa» dei principi generali del diritto comunitario, a considerare per prima – e tra questi la legalità penale – quale «patrimonio giuridico ineliminabile» dell’ordinamento europeo; A. Adinolfi., I principi generali nelle giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli Statti membri, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario 1994, pag 553 ss; A. Bernardi, Principi di diritto e diritto penale europeo, in Annali Università Di Ferrara - Scienze Giuridiche Vol. II, 1988, pag 179 (e bibliografia in nota).
13 A. Martufi, Qualità intrinseche delle norme penali e controllo di legalità, pag. 425.
14 A. Martufi, Qualità intrinseche delle norme penali e controllo di legalità, cit. pag.426- 427.
15 A. Martufi, Qualità intrinseche delle norme penali e controllo di legalità, cit. pag.428.
16 A. Bernardi, Riserva di legge e fonti europee in materia penale, in Annali Università di Ferrara – Scienze Giuridiche, Nuova serie Vol. XX, 2006, pag 61; A. Martufi, Qualità intrinseche delle norme penali e controllo di legalità, cit. pag.430.

17 Si pensi alla redazione del Manifesto sulla politica criminale europea, elaborato dal Gruppo di lavoro European Criminal Policy Initiative con lo scopo di sensibilizzare i cittadini sulla creazione di un diritto penale europeo