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Pubbl. Lun, 17 Ott 2016

L'atto introduttivo di giudizio della giurisdizione tributaria.

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Daniela Mendola


Il ricorso è l´atto introduttivo del giudizio tributario, da definirsi come giudizio di impugnazione. Al processo tributario si applicano le disposizioni previste per la disciplina civilistica in quanto compatibili.


Sommario: 1. Il ricorso introduttivo del giudizio. 2. La difesa del contribuente. 3. La partecipazione al giudizio. 4. Conclusioni.

1. Il ricorso introduttivo del giudizio.

L’atto introduttivo del giudizio tributario è il ricorso. Infatti, la giurisdizione tributaria è anche considerata una giurisdizione d’impugnazione perché spetta al contribuente il compito di dar vita ad un giudizio. In realtà si tratterebbe di una giurisdizione solo formalmente d’impugnazione, perché è l’Ufficio che emana un atto invasivo della sfera giuridico-patrimoniale del destinatario e, dunque, è l’Ente impositore ad agire per primo.

Come noto, il ricorso deve essere preliminarmente comunicato alla controparte mediante notificazione e successivamente iscritto a ruolo. Esso trova cittadinanza all’art. 18 del D. Lgs. n. 546 del 1992, che contiene l’indicazione degli elementi che il ricorso deve contenere ovvero l’indicazione della commissione tributaria cui è diretto; le generalità del ricorrente e del suo legale rappresentante, la relativa residenza o sede legale e l’eventuale domicilio eletto, il codice fiscale del difensore e della parte nonché l’indirizzo di PEC del difensore nominato o del ricorrente (art. 16-bis D.Lgs. n. 546), il numero di fax del difensore; l’ufficio nei cui confronti il ricorso è proposto; l’indicazione dell’atto impugnato; l’oggetto della domanda;  i motivi del ricorso;  la sottoscrizione del difensore del ricorrente e indicazione dell’incarico o la sola sottoscrizione del ricorrente, nei casi in cui quest’ultimo non sia tenuto a stare in giudizio per mezzo di un difensore (ad esempio possa difendersi da solo).

A tenore del successivo comma 4, la mancanza o l’assoluta incertezza in merito ad una di queste indicazioni, ad eccezione dell’indicazione del codice fiscale, dell’indirizzo di PEC, del numero di fax, comportano l’inammissibilità dello stesso. Con riguardo alla PEC il Legislatore ha previsto una sanzione di natura amministrativa, sancendo che ove il difensore nominato non indichi l’indirizzo PEC e il numero di fax ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale l’importo del contributo unificato dovuto per la lite proposta è aumentato del cinquanta per cento (comma 3-bis dell’art. 13 del D.P.R. n. 115/2002).

I motivi rivestono un’importanza fondamentale. Si tratta della formulazione di tutte le ragioni per le quali il contribuente chiede l'annullamento totale o parziale dell'atto impugnato (o il rimborso dell'imposta pagata e non dovuta) e devono essere indicati in modo puntuale e analitico, quasi alla stregua di quel principio di autosufficienza che è proprio dei ricorsi dinnanzi alla Suprema Corte. Ciò risponde anche ad un’esigenza di economicità e rapidità della risoluzione delle controversie ai sensi dell’art. 111 della Carta Costituzionale, atteso che il giudice tributario deve facilmente individuare le ragioni addotte dal contribuente e le difese da questi esplicate.

I motivi devono essere esposti in maniera puntuale e chiara e non devono lasciare alcun dubbio interpretativo al destinatario, nel caso di specie ai giudici chiamati a dirimere la controversia. D'altronde il ricorso è l'atto a mezzo del quale il contribuente reagisce alla pretesa dell'Amministrazione Finanziaria cercando di impedire il prodursi di conseguenze pregiudizievoli sul suo patrimonio. 

Esso deve essere esaustivo, perchè esaustiva deve essere la visione della Commissione Tributaria per poter adottare una decisione che sia il più possibile giusta, oltrechè giustificata. Vige il proncipio dispositivo e, dunque, il giudice non può andare al di là di quanto dedotto espressamente dalle parti.

Il giudice tributario dovrà pronunciarsi nei limiti di quanto chiesto e non può andare oltre. Ciò opera come limite all'intervento giudiziale che deve operare nell'ambito di quanto richiesto dalle parti. Occorre una corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Si ritiene, addirittura, che i motivi abbiano una funzione analoga a quella della motivazione dell’avviso di accertamento, in quanto così come quest’ultima serve ad individuare la pretesa dell’Ente impositore, i motivi del ricorso consentono di comprendere le ragioni per cui il contribuente si oppone all’atto impugnato, chiedendone l’annullamento totale o parziale (o il rimborso dell’imposta pagata e non dovuta).

Entrambi hanno la funzione di delineare e delimitare la materia del contendere. Quanto alla redazione, dunque, il ricorso deve contenere un’intestazione con l’indicazione dell’organo adito e le generalità del ricorrente (nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale, residenza, domicilio) e del difensore abilitato alla difesa in giudizio. In tal caso occorre l’indicazione del domicilio, della pec e del fax per le comunicazioni. A seguire l’Ente avverso il quale il ricorso è proposto con l’indicazione della sede e della via.

Da qui hanno inizio i motivi addotti dal contribuente, sia in fatto che in diritto. Il contribuente può chiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato ove ne sussistano i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

Il ricorrente deve espressamente richiedere la pubblica udienza, altrimenti la causa verrà discussa in camera di consiglio.

Parimenti importanti sono le conclusioni ove il ricorrente chiede al giudice tributario la tutela ovvero l'annullamento totale o parziale dell'atto (o il rimborso dell'imposta pagata e non dovuta) che pregiudica il suo diritto patrimoniale. 

Al margine o in calce occorre la procura ad litem e la sottoscrizione della parte e del difensore. 

A corredo del ricorso il contribuente deve depositare i documenti che vuole sottoporre all'attenzione della Commissione Tributaria, essendo il processo tributario essenzialmente documentale.

Il ricorso deve contenere tutte le eccezioni che il contribuente intende far valere “per far valere l'invalidità dell'atto per vizi strutturali, nell'ambito del procedimento tributario, è necessario che essa venga eccepita nel ricorso introduttivo, poiché in caso contrario tale atto si consolida diventando così definitivo. Ciò è quanto previsto anche dall'articolo 61 del d.p.r. n. 600 del 1973 riferendosi alle eccezioni di nullità per violazioni formali”[1].

2. La difesa del contribuente.

L’art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992, prescrive la presenza obbligatoria di un difensore abilitato per le parti private della controversia, necessaria sin dal momento di proposizione del ricorso. L’obbligo di sottoscrizione del ricorso da parte del difensore abilitato è richiesto dal successivo art. 18, a pena di inammissibilità, fra i requisiti indispensabili per la formulazione dell'atto introduttivo della lite. Peraltro, l’art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992 prevede, inoltre, alcune ipotesi in cui le parti interessate possono proporre il ricorso direttamente, senza dover nominare un difensore.

Tali casi riguardano: 1) le controversie di valore inferiore a tremila euro; 2) i ricorsi proposti da soggetti che, per professione, possono esercitare il patrocinio alla lite. Deve tuttavia ritenersi che, qualora le parti “diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446” non si muniscano di assistenza tecnica in un giudizio di valore superiore a tremila euro, il ricorso non possa essere dichiarato inammissibile sic et simpliciter[2]

In tema di contenzioso tributario, l'art. 12 d.lg. 31 dicembre 1992 n. 546, non prevede il rilascio di una procura di rappresentanza, ma soltanto, ove la causa sia di valore superiore a euro 2.582,28, la necessità del conferimento, in favore dei soggetti abilitati, di un incarico professionale a prestare assistenza, che può avvenire nelle forme proprie del mandato ad litem, la cui validità segue le regole generali dettate per il processo civile dall'art. 83 c.p.c., con la conseguenza che la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che però sia congiunto materialmente all'atto cui si riferisce (Cassazione civile sez. trib.  29 dicembre 2011 n. 29591).

Il contribuente può integrare i motivi proposti nel riscorso. Sul punto la Cassazione civile sez. VI  08 luglio 2016 n. 14074 afferma che “l'art. 19 bis del d.P.R. n. 636 del 1972, aggiunto dall'art. 11 del d.P.R. n. 739 del 1981, consente al contribuente di integrare, soltanto nel giudizio di primo grado, i motivi proposti con il ricorso a contestazione della pretesa tributaria, fino alla data di comunicazione del decreto di fissazione dell'udienza di discussione (ed anche ulteriormente ove ricorrano determinate incertezze), sicché è inammissibile la successiva deduzione, innanzi alla commissione tributaria di secondo grado o a quella centrale (e, quindi, anche davanti alla Corte d'appello), di motivi non proposti nel giudizio di primo grado ed è ugualmente inammissibile la prospettazione di nuove ragioni che implichino la valutazione di fatti e situazioni in tale sede non dedotti. (Rigetta, Comm. Trib. Centrale Piemonte, 04/03/2013)”[3].

Nel caso in cui il contribuente abbia proposto personalmente il ricorso[4] con riguardo a controversia tributaria di valore superiore ad euro 2.582,28, il giudice tributario, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 12, comma 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, deve ordinare al ricorrente di munirsi della necessaria assistenza tecnica, così assicurando l'effettività del diritto di difesa ed evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità della domanda.

Ne consegue che, pur vigendo in linea generale il principio secondo cui l'oggetto del giudizio è circoscritto dai motivi del ricorso introduttivo (salvi i motivi aggiunti nei termini consentiti ex art. 24 del d.lgs. cit.), ove si sia reso necessario sanare il difetto di difesa tecnica (o, comunque, la parte si sia solo successivamente direttamente munita dell'assistenza del difensore), le preclusioni processuali, vanno riferite al primo atto di difensore, solo così consentendosi, ex art. 24 Cost., la più ampia difesa del contribuente, compresa l'articolazione di nuovi motivi di contestazione della pretesa tributaria, altrimenti tardivi. (Principio reso dalla S.C. con riguardo all'eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'imposta per mancanza di ogni titolarità di diritto sul bene concesso in locazione, il cui reddito non era stato dichiarato)[5].

Secondo la giurisprudenza di merito "Il deposito della procura ad litem conferita dal contribuente al difensore tecnico non rappresenta la formalità della costituzione in giudizio, poiché questa può avvenire solo con il deposito degli atti indicati nello specifico dalla normativa, in calce ai quali o al loro margine va apposta la procura, secondo anche quanto stabilito dall'articolo 22 del d. lg. n. 546 del 1992" (Comm. trib. reg. Palermo (Sicilia) sez. XXV  26 maggio 2016 n. 2046). 

3. La partecipazione al giudizio.

Come noto, alla giurisdizione tributaria[6] si applicano tutte le regole previste per la giurisdizione civile in quanto compatibili. La giurisdizione tributaria, ad esempio, recepisce dalla disciplina civilistica il principio del litisconsorzio che riguarda la partecipazione al giudizio di tutte le parti che ne abbiano un interesse, concreto ed attuale (art. 100 c.p.c.). Il litisconsorzio può essere attivo quando vi sono più attori, passivo quando vi sono più convenuti o più attori e più convenuti ed in tal caso si tratta di un litisconsorzio misto.  Ancora, può essere necessario ogniqualvolta il giudizio non può svolgersi se non in presenza di tutte le parti cd. necessarie e trova cittadinanza all’art 102 c.p.c. “Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito”.

Oppure facoltativo, ma ciò opera per ragioni di economia processuale al fine di risolvere più controversie[7] aventi un medesimo oggetto ovvero quando vi siano parti comuni di diverse controversie (litisconsorzio oggettivo o soggettivo). L’art. 103 c.p.c. testualmente dispone “Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo[8], quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione[9] dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni. Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo[10], e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza".

Ebbene, anche nel processo tributario si riscontra l’istituto del litisconsorzio, come d’altronde sostiene la Suprema Corte in tema d'impugnazioni civili, anche con riguardo al contenzioso tributario, l'integrazione del contraddittorio è obbligatoria, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., non solo in ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale (cd. cause inscindibili), ma altresì nell'ipotesi di cause che, pur scindibili, riguardano rapporti logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune (cd. cause dipendenti), quando siano state decise nel precedente grado di giudizio in un unico processo, al fine di evitare che le successive vicende processuali conducano a pronunce definitive di contenuto diverso, sicché deve disporsi l'integrazione del contraddittorio in sede d'impugnazione della sentenza avente ad oggetto un accertamento in rettifica di dichiarazione congiunta, avverso cui i coniugi abbiano proposto insieme ricorso dinanzi al giudice tributario, essendo unico il titolo impositivo, fondato, in relazione ai diversi soggetti ed ai distinti rapporti tributari, su presupposti almeno in parte comuni. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Sicilia, 24/10/2008) (Cassazione civile sez. trib.  13 luglio 2016 n. 14253)”[11].

La clausola di salvezza circa l’applicazione della disciplina civilistica, in quanto compatibile[12], trova riscontro anche nella Corte di Cassazione la natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell'avviso di accertamento tributario - che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l'amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria - non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l'applicazione, per l'avviso di accertamento, in virtù dell'art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l'applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l'effetto di sanare la nullità della notificazione dell'avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 c.p.c.. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza - previsto dalle singole leggi d'imposta - per l'esercizio del potere di accertamento”[13].

4. Conclusioni.

Il ricorso che introduce il giudizio tributario deve essere sufficientemente moivato e giustificato. Deve contenere tutte le indicazioni utili al giudice per avere una visione il più possibile esaustiva e completa della controversia.

Ciò in ragione di un principio di economia processuale cui è improntato il giudizio tributario che, proprio in ragione della sua natura speciale, prevede tempi di conclusione del procedimento particolarmente brevi. 

E' un giudizio di impugnazione che solo formalmente vede nel contribuente l'attore, perchè in realtà è l'Ente impositore a notificare un atto al contribuente cui potrebbe far seguito un'impugnazione. Certo, il contribuente è l'attore in senso formale perchè con l'impugnazione si instaura il giudizio tributario e l'Ufficio è convenuto in senso formale. 

Nella sostanza, invece, l'attore è l'Ufficio che emette l'atto e provoca così una reazione del contribuente che in realtà è convenuto in giudizio per effetto dell'atto ricevuto. L'ente impositore mediante notifica dell'atto pone in essere una vera e propria "vocatio in ius", provocando così la partecipazione del contribuente.

Note e riferimenti bibliografici
[1]Comm. trib. reg. L'Aquila (Abruzzo) sez. III  23 maggio 2016 n. 527.
[2]Cassazione civile sez. trib. 29 dicembre 2011 n. 29591 in www.dejure.it.
[3]Cassazione civile sez. VI  08 luglio 2016 n. 14074 in www.dejure.it.
[4]Cassazione civile sez. trib.  02 marzo 2012 n. 3266 in www.dejure.it “nel processo tributario, la mancanza di assistenza tecnica della parte privata nelle controversie di valore superiore a lire 5.000.000 (attualmente, Euro 2.582,28) determina semplicemente il dovere per il giudice tributario adìto di imporre l'ordine di munirsi di detta assistenza, ai sensi dell'art. 12, comma 5, d.lg. 31 dicembre 1992 n. 546, potendo l'eventuale omissione essere eccepita, in sede di gravame, soltanto dalla parte di cui sia stato leso il diritto all'adeguata assistenza tecnica, secondo l'art. 157, comma 2, c.p.c., ma non anche dalla controparte, né rilevata d'ufficio nel giudizio di secondo grado. Invero, la disposizione va interpretata, in una prospettiva costituzionalmente orientata, in linea con l'esigenza di assicurare l'effettività del diritto di difesa nel processo e l'adeguata tutela contro gli atti della P.A., evitando nel contempo irragionevoli sanzioni di inammissibilità, che si risolvano in danno per il soggetto che si intende tutelare; inoltre, il difetto di assistenza tecnica, a differenza di quanto avviene nel processo civile, non si traduce in difetto di rappresentanza processuale, in quanto l'incarico al difensore, a norma dell'art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, può essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla proposizione del ricorso e non dà luogo, perciò, ad una nullità attinente alla costituzione del contraddittorio”.
[5]Cassazione civile sez. trib.  15 ottobre 2013 n. 23315 in www.dejure.it.
[6]Tribunale Salerno sez. I 10 settembre 2013 n. 2265 in www.dejure.it “con riguardo all’appello in materia tributaria, con la necessaria partecipazione dello Stato, la mancata evocazione in giudizio dello Stesso a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale territorialmente preposta alla difesa dello Stato costituisce vizio che inficia la regolarità del contraddittorio”.
[7]Cassazione civile sez. trib.  11 aprile 2011 n. 8138 in www.dejure.it “in tema di contenzioso tributario, qualora l'atto di appello sia stato notificato in una copia mancante di una o più pagine, non va dichiarata automaticamente l'inammissibilità dell'impugnazione, in virtù della disposizione dell'art. 22, comma 3, d.lg. 31 dicembre 1992 n. 546, (esplicitamente richiamata, quanto all'appello, dal comma 2 dell'art. 53 del medesimo d.lg.), in quanto tale ipotesi integra una mera incompletezza materiale e non quella sostanziale difformità di contenuto sanzionata con l'inammissibilità, pur dovendo il giudice accertare, in concreto, se la suddetta mancanza abbia effettivamente impedito al destinatario della notifica la completa comprensione dell'atto e, quindi, leso il suo diritto di difesa, con la conseguenza che non può dichiararsi l'inammissibilità se le pagine omesse risultino irrilevanti al fine di comprendere il tenore dell'impugnazione, ovvero quando l'atto di costituzione dell'appellato contenga, comunque, una puntuale replica ai motivi di gravame contenuti nell'atto notificato”.
[8]Comm. trib. prov.le Milano sez. XXXI  14 gennaio 2011 n. 84 in www.dejure.it “se non risulta instaurato un valido rapporto processuale attraverso la notifica dell'impugnazione all'ente impositore, per consentire alla parte la successiva costituzione in giudizio nei termini di legge ed il corretto esercizio del diritto di difesa, il ricorso avverso la cartella di pagamento è inammissibile”.
[9]Cassazione civile sez. un.  22 giugno 2011 n. 13654 in www.dejure.it “in tema di contraddittorio nel processo tributario, ai sensi dell'art. 17, comma 1, del d.lg. n. 546 del 1992, la comunicazione dell'avviso di trattazione della causa, ex art. 31 e 61 del d.lg. cit., deve essere effettuata, nel caso di esistenza di un domicilio eletto, presso quest'ultimo o, comunque, mediante consegna in mani proprie; in difetto, la trattazione della causa deve ritenersi svolta in violazione dei principi del contraddittorio e della difesa e tutti gli atti compiuti da quel momento in poi sono da considerare come del tutto nulli”.
[10]Cassazione civile sez. trib. 13 luglio 2012 n. 11928 in www.dejure.it “la mancata segnalazione, da parte del giudice, di una questione sollevata d'ufficio che comporti nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, modificando il quadro fattuale, determina nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa delle stesse, private dell'esercizio del contraddittorio, con le connesse facoltà di modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie sulla questione che ha condotto alla decisione solitaria. Qualora la violazione, nei termini suindicati, si sia verificata nel giudizio di appello, la sua deduzione in cassazione determina, se fondata, l'annullamento della sentenza con rinvio, affinché in tale sede, in applicazione dell'art. 394, comma 3, c.p.c., sia dato spazio alle attività processuali che la parte abbia lamentato di non aver potuto svolgere a causa della decisione solidariamente adottata dal giudice. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impugnata la quale aveva ritenuto legittimo l'operato della Commissione tributaria provinciale, che aveva disposto l'annullamento di un atto impositivo sulla base di un motivo non dedotto dalle parti)”.
[11]Cassazione civile sez. trib.  13 luglio 2016 n. 14253 in www.dejure.it.
[12]Cassazione civile sez. VI  07 aprile 2011 n. 8024 in www.dejure.it “al ricorso per cassazione avverso le decisioni delle commissioni tributarie ed al relativo procedimento si applicano, ai sensi dell'art. 62, comma 2, d.lg. 31 dicembre 1992 n. 546, le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili, tra le quali è compresa, direttamente, quella, dettata dall'art. 365, che impone che il ricorso sia sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di procura speciale, e, indirettamente, quella di cui all'art. 82, comma 3, che prescrive che davanti alla Corte di cassazione le parti stiano in giudizio col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo, per il necessario fondamento tecnico di quel ricorso, in quanto implicitamente richiamata sia dall'art. 365 c.p.c., che dall'art. 62, comma 1, del d.lg. n. 546 del 1992, nella parte in cui fa riferimento all'art. 360 c.p.c.
[13]Cassazione civile sez. trib.  08 giugno 2016 n. 11720 in www.dejure.it.