Le garanzie funzionali degli agenti dell´intelligence. (1 di 2)
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Saverio Setti
Poco noti sono i nuovi istituti che il nostro ordinamento mette a disposizione degli operatori dei Servizi, al fine di garantire una maggior tutela dell’intero sistema Paese. In cosa consistono questi nuovi strumenti? Fino a quale limite si può spingere un’indagine informativa?
Sommario: 1. Premessa; 2. Le garanzie funzionali: una disciplina sostanziale; 3. I limiti spaziali e di condotta.
1. Premessa
La funzione di intelligence nasce e si sviluppa nell’ambito extra e pre giuridico.
Essa si traduce in attività amministrativa, quale espressione di un settore del potere Esecutivo[1], verso la metà dell’Ottocento[2]. È, quindi, in questo periodo che inizia a delinearsi l’opportunità di coordinare gli strumenti tipici dell’indagine di intelligence con le strutture dello Stato di diritto. Opportunità che diviene pressante esigenza in seguito al progressivo “sganciamento” dei Servizi informativi dalle strutture militari ed allo sforzo teso alla trasparenza, pienamente realizzatisi in seguito alla riforma degli organi di intelligence, attuata con la legge 3 agosto 2007, n. 124.
La questione più problematica attiene a quegli strumenti di ricerca astrattamente idonei a violare la norma penale; si tratta di talune[3] condotte da ritenersi, in qualche misura, “modali” poiché direttamente connesse ad operazioni di intelligence.
Ed è proprio questa connessione che, sul piano logico giuridico, ne consente non solo l’ammissibilità, ma anche l’esigenza. Diviene, quindi, doveroso mettere a disposizione degli operatori di intelligence specifici strumenti giuridici idonei a fungere da esimenti per le condotte menzionate.
La configurabilità ontologica di questi strumenti è riflessa su tre facce dello stesso prisma. Il primo fondamento è di tipo politico-sostanziale, ravvisabile nel maggior interesse a ché, seppur con un sacrificio di un bene giuridico, se ne preservi uno di gerarchia più elevata. Il secondo fondamento è di tipo logico giuridico, nascente dal principio di non contraddizione dell’ordinamento giuridico che non può, ad un tempo, vietare ed imporre (o consentire) una condotta. Il terzo fondamento è di tipo tecnico-dogmatico, poiché la condotta esentata, pur cagionando un’offesa naturalistica, non offende in senso giuridico, poiché «giustificata»[4].
Ci si trova, allora, su un piano in cui i concetti di legalità e legittimità iniziano a divergere. Ora, consolidata dottrina[5] ha evidenziato che la legalità è un attributo del potere ed attiene al modo di esercizio secundum legem di quest’ultimo, mentre la legittimità attiene alla giustificazione etica e politica del potere, che può dirsi legittimo se nascente da un titolo considerato giusto dalla comunità. Si tratta di una distinzione che, nell’interpretazione più attuale, risulta sempre meno netta, ma che, nella fattispecie, risulta molto utile. Si può allora sostenere che la legittimità dell’attività dei Servizi risieda nel perseguimento degli interessi sottesi alla conservazione dello Stato di diritto: la legittimità dei fini rende legittima un’attività formalmente illegale; in questo senso, allora, si possono definire le attività “particolari” dei Servizi segreti come illegali formalmente ma lecite sostanzialmente[6].
La giurisprudenza costituzionale, da parte sua, ancorandosi stabilmente agli artt. 54, 87 e 126 Cost., ha dapprima stabilito la prevalenza dei valori attinenti la sicurezza nazionale[7] e, successivamente ha considerato che « la sicurezza dello Stato costituisce interesse essenziale, insopprimibile della collettività, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro, in quanto tocca, […], la esistenza stessa dello Stato, un aspetto del quale è la giurisdizione».
Il quadro normativo previgente evitava la punibilità delle condotte criminose eventualmente commesse solo laddove emergessero le scriminanti comuni del codice penale, in assenza di applicabilità delle quali si ricorreva all’apposizione del segreto di Stato. La disciplina attuale, pur lasciando salva ogni applicazione naturale delle scriminanti comuni, dota i Servizi segreti di uno scudo protettivo di natura sostanziale. Questa visione consegue all’accoglimento della c.d. dottrina funzionalistica del diritto penale[8], per la quale azioni e comportamenti non possono essere considerati reato se hanno lo scopo di «salvaguardare un valore superiore o per lo meno uguale a quello che si sacrifica. Esulando per tal modo il danno sociale, l’intervento punitivo dello Stato non ha più ragion d’essere»[9]. L’interesse superiore si sostanzia, nel caso in analisi, nella sicurezza interna ed esterna dello Stato, cui viene attribuita assoluta preminenza, purché l’aggressione dei beni giuridici avvenga nel rispetto dei limiti imposti dalla stessa legge di riforma.
2. Le garanzie funzionali: una disciplina sostanziale
Dispone l’art. 17 della legge 124/2007 che «fermo restando quanto disposto dall’art. 51 del codice penale[10] non è punibile il personale dei Servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali dei Servizi, nel rispetto rigoroso dei limiti di cui ai successivi commi […] e delle procedure fissate dall’articolo 18».
Ambito di applicazione ratione personarum di questa esimente è, dunque, ristretto[11] al solo personale dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna). Resta, dunque, escluso il personale del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), poiché trattasi di struttura avente compiti di coordinamento, dunque non operativi.
La portata applicativa è, però, ampliata[12] nei confronti di quei soggetti che, per quanto non appartenenti ai Servizi, abbiano concorso con uno o più dipendenti dell’Aise o dell’Aisi nello svolgimento delle attività autorizzate, fermi restando i requisiti di autorizzazione e necessità del concorso e della condotta. Questa previsione è attuativa di quanto generalmente espresso dall’art. 119 c.p., per il quale le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti i concorrenti: ingiustificata disparità di trattamento subirebbe, infatti, chi venisse sanzionato per aver prestato ausilio ad un appartenente ai Servizi nel tutelare un bene prevalente rispetto a quello sacrificato[13].
Definito l’ambito soggettivo dell’esimente, viene in considerazione l’ambito materiale, che presenta spazi esegetici di maggiore rilevanza.
La non punibilità della condotta materiale prevista come reato è subordinata alla verifica rigorosa di una stringente griglia di presupposti definiti dal comma 6 dell’art. 17 della norma in commento.
Il primo di essi richiede che dette condotte debbano porsi in essere nell’esercizio ed a causa dei compiti istituzionali dei Servizi di informazione. Da notare come i compiti istituzionali di ogni comparto soggettivo componente il Sistema di informazione per la sicurezza siano stati tipizzati. Le attribuzioni proprie dell’Aise sono dettagliatamente descritte nell’art. 6[14], quelle dell’Aisi nell’art. 7[15] ed è, altresì, chiarito come queste funzioni non possano essere svolte da nessun altro ente, organismo o ufficio. Le attribuzioni dei Servizi, puntualizzate dalla riforma del 2007, si estrinsecano pienamente nel campo dell’intelligence, ovvero dell’acquisizione informativa, che caratterizza teleologicamente il Sistema di informazione per la sicurezza e non più come Sistema di informazione e di sicurezza[16]. Dunque la cornice informativa diviene elemento imprescindibile delle operazioni.
Secondo presupposto impone l’indispensabilità e la proporzione[17] delle condotte. Trattasi di una verifica di tipo strettamente tecnico volta a porre sotto esame la correlazione tra la condotta ed il risalutato da ottenere. In altri termini si tratta di assicurare che il risultato non sarebbe raggiungibile in assenza di quella specifica azione per assenza di altre e vie e possibilità[18] e che detta azione sia colorato di misura, ovvero limitato a quanto strettamente necessario e non sproporzionato rispetto al risultato di intelligence che si deve conseguire.
Terzo presupposto è la comparazione obiettiva e compiuta degli interessi pubblici e privati coinvolti. La legge 124/2007 assegna al Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica la cura di un interesse pubblico certamente primario[19], interesse che detto sistema fa proprio[20] e che non può esorbitare dall’ambito delle sue competenze. Orbene, rispetto a questo interesse vengono in considerazione altri interessi pubblici secondari che possono essere pubblici, collettivi o privati[21]. Se taluni di questi interessi possono senz’altro ritenersi cedevoli rispetto alla sicurezza nazionale, valore considerato irrinunciabile dalla Consulta, è però vero che esiste un preciso elenco di situazioni esistenziali (v. infra) che la legge salva da qualunque aggressione. Dinnanzi a predette situazioni si assiste all’affievolimento[22] dell’interesse pubblico alla sicurezza nazionale.
Una specifica garanzia funzionale è, poi, definita dall’art. 24 della l. 124/2007 rubricato identità di copertura. Questa disposizione consente al direttore del DIS, su proposta dei direttori dell’Aise ovvero dell’Aisi e previa comunicazione al Presidente del Consiglio, di autorizzare l’uso di documenti[23] di identificazione contenenti indicazioni di qualità personali diverse da quelle reali. In tal modo si evita la punibilità di condotte astrattamente offensive della fede pubblica[24], perché si nasconde la vera identità della persona in modo fraudolento, ma lo si fa per una ragione finalisticamente orientata alla sicurezza della Repubblica. Coprire l’identità di un operatore di intelligence è, infatti, una delle modalità (a volte l’unica) per mezzo della quale è possibile portare a compimento un’operazione informativa.
Questi documenti possono attestare qualunque qualità, eccezion fatta per quelle di agente o ufficiale di polizia giudiziaria o pubblica sicurezza[25]. Presso il DIS è tenuto un registro riservato attestante i tempi e le procedure seguite per il rilascio di queste attestazioni che, a termine esigenza, sono riconsegnate allo stesso Dipartimento per l’archiviazione.
Viene da chiedersi quale sia la ragion d’essere di quest’ultima disposizione, posto che, prima facie, le condotte che risultano esenti da questa disposizione a maggior ragione lo sarebbero dall’art. 17 della l. 124/2007.
Ebbene, per quanto è dato riflettere, si può distinguere il rilascio di identità coperta ex art. 17, subordinata alla ristretta griglia di presupposti qui descritta e finalisticamente orientata ad una singola operazione, ed il rilascio ex art. 24, connessa ad un iter istruttorio più snello e non collegato ad una singola operazione, ma connotato dalla necessità per l’operatore di mantenere quella identità o qualità per un periodo di tempo prolungato.
3. I limiti spaziali e di condotta
Non ogni bene giuridico può essere, però, impunemente aggredito. La connotazione finalistica delle operazioni di informazione per la sicurezza non può prescindere dalla ratio essendi di uno Stato di diritto.
La ricerca legislativa ante riforma[26] aveva, in ragione della particolarità insita nelle operazioni informative, suggerito di non individuare in modo tassativo le condotte escluse, elencando solo i beni giuridici meritevoli di particolare tutela.
In aderenza a questo orientamento si è mosso il legislatore del 2007 che, nei commi 2 e 3 dell’art. 17 della l. 124, ha individuato, a seguito di un bilanciamento di interessi rispetto alla sicurezza nazionale, una lista di beni inaggredibili ratione materiae. Trattasi, come si vedrà, di situazioni esistenziali che, in una concezione giusnaturalistica fatta propria dalla nostra Costituzione[27], preesistono allo Stato, dunque non possono essere subordinate alla sua esistenza e, estremizzando, esisteranno anche dopo la sua caduta, pertanto non possono essere sacrificati sull’altare della salus rei publicae. Com’è stato più in generale ben osservato: «la Costituzione si ispira anzitutto all’idea-forza della centralità del primato della persona umana, considerata come soggetto di diritti […] non condizionati a finalità collettive di qualsiasi genere»[28].
La speciale esimente prevista per gli operatori di Aise ed Aisi non può essere applicata se la condotta prevista dalla legge come reato configura reati diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l’integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l’incolumità di una o più persone[29]. Trattasi, in sostanza, dei titoli di reato compresi nel titolo sesto e dodicesimo del secondo libro del codice penale.
Non coperti da scriminante speciale saranno, ad es., i delitti di omicidio, di pornografia minorile (art. 600 ter c.p.), la riduzione o il mantenimento in schiavitù (art. 600 c.p.), la strage (art. 422 c.p.), i delitti di disastro o, ancora, i delitti di epidemia o avvelenamento. Anche secondo alla c.d. conoscenza parallela del profano è evidente come queste condotte non possano rientrare tra i fini di un Servizio di informazione per la sicurezza.
Nemmeno i delitti contro l’amministrazione della giustizia possono, ai sensi del terzo comma dell’art. 17, essere oggetto di condotta autorizzata. In quest’ultimo caso sono, però, espressamente previste due condotte autorizzabili: il favoreggiamento personale e reale. Queste due condotte[30] consentono, nel rispetto delle procedure qui illustrate, ai Servizi segreti di adoperarsi «con qualsiasi mezzo, al fine di far conseguire agli autori del delitto medesimo [in materia di sequestro di persona] il prezzo della liberazione della vittima». In altre parole può essere oggetto di autorizzazione la condotta di un operatore dell’Aise o dell’Aisi che funga da intermediario nel pagamento di un riscatto[31].
Ulteriore limite è disposto dal comma 5 dell’art. 17 in ordine al locus commissi delicti.
Le operazioni che includono condotte previste come reato e autorizzate non possono comunque essere condotte nelle sedi di partiti politici rappresentati in Parlamento o in un’assemblea o consiglio regionale e nelle sedi di organizzazioni sindacali. Questo tipo di limite nasce dall’esigenza di non coinvolgere in operazioni di intelligence luoghi così rappresentativi del dibattito democratico, «ben potendosi raccogliere a carico dei parlamentari o dei consiglieri regionali con modalità e luoghi differenti da quelli istituzionali quelle notizie che si reputino necessarie»[32]. Un’ultima considerazione riguarda la non inclusione tra i luoghi «protetti» quelli di carattere religioso. La dottrina è concorde nel considerare come tale esclusione risponda alle esigenze di contrasto al terrorismo internazionale di matrice islamica che ha trovato nei luoghi di culto una facile copertura
Un ultimo limite è imposto dallo stesso comma ratione personarum: le condotte qui analizzate non possono porsi in essere nei confronti di giornalisti professionisti iscritti all’albo in qualunque luogo si trovino, con l’evidente intento di tenere l’attività di intelligence separata dal fondamentale diritto di cronaca di cui all’art. 21 Cost.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Cfr. I. F. Caramazza, Un singolare caso di conflitto fra potere politico e potere giudiziario in tema di segreto di stato, in «Per aspera ad Veritatem», 1999, n. 15 e S. Izzi, Intelligence e gestione delle informazioni, FrancoAngeli, Milano, 2011, p. 44.
[2] Nel nostro Paese, la costituzione del primo servizio informativo del Regno sabaudo risale al 1854. Per un’analisi della storia amministrativa dei servizi di intelligence si veda T. Giupponi, Le dimensioni costituzionali della sicurezza, Bologna, Bonomo editore, 2010, pp. 12 e segg.
[3] Trattasi, invero, di condotte strutturalmente episodiche, poiché la maggior parte dell’attività di ricerca si rivolge a fonti aperte. Cfr., in merito, G. Nacci, Open source intelligence abstraction layer. Proposta per una teoria generale dell'intelligence delle fonti aperte, Novi Ligure (AL), Epoké, 2014, pp. 15 – 44, S. Izzi, Intelligence cit., pp. 15-21 e P. Zarca, Le fonti aperte: uno strumento essenziale per l’attività di intelligence, in «Per aspera ad Veritatem», n. 1.
[4] Crf. in merito F. Mantovani, Principi di diritto penale, Padova, Cedam, 2007, p. 100, C. F. Grosso, M. Pelissero, D. Pertini, P. Pisa, Manuale di diritto penale – parte generale, Milano, Giuffrè, 2013, pp. 282 - 283 e V. Valentini, Diritto penale intertemporale: logiche continentali ed ermeneutica europea, Torino, Giuffrè, 2012, p. 297.
[5] Cfr. N. Bobbio, Studi per una teoria generale del diritto, Torino, Giappichelli, 2012, pagg. 67 – 72.
[6] In merito interessante è il contributo di V. Caianello, La legalità, in «Per aspera ad Veritatem», 1997, p. 25.
[7] «[…] il supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalità internazionale, e cioè l’interesse dello Stato comunità alla propria integrità territoriale, indipendenza e – al limite – alla stessa sua sopravvivenza. Interesse presente e preminente su ogni altro.», Cfr. Sent. 86/1977
[8] Cfr. A. Pagliaro, Il diritto penale fra norma e società, Milano, Giuffrè, 2009, Vol. II, p. 460 e G. Fiandaca e E. Musco, Diritto penale, parte generale, Bologna, Zanichelli, 2014, p. 701.
[9] Corte Cost., 14 aprile 1976, n. 82.
[10] Il d.d.l. (A.S. 4162) citava più correttamente (v. infra), in luogo dell’art. 51 c.p., «le cause generali di esclusione della colpevolezza».
[11] In continuità con la normativa previgente, vedasi l’art. 2, c. 2 della l. 801/1977.
[12] Ad opera del c. 7 dell’art. 17 della l. 124/2007.
[13] Si noti come questa previsione è coerente anche con il disposto dell’art. 9 della l. 146/2006 che prevede una esimente specifica per gli inquirenti, ed i loro ausiliari non appartenenti, impegnati in operazioni sotto copertura.
[14] « 1. È istituita l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna, alla quale è affidato il compito di ricercare ed elaborare nei settori di competenza tutte le informazioni utili alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica, anche in attuazione di accordi internazionali, dalle minacce provenienti dall’estero.
2. Spettano all’AISE inoltre le attività in materia di controproliferazione concernenti i materiali strategici, nonché le attività di informazione per la sicurezza, che si svolgono al di fuori del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia.
3. È, altresì, compito dell’AISE individuare e contrastare al di fuori del territorio nazionale le attività di spionaggio dirette contro l’Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali.
4. L’AISE può svolgere operazioni sul territorio nazionale soltanto in collaborazione con l’AISI, quando tali operazioni siano strettamente connesse ad attività che la stessa AISE svolge all’estero».
[15] «1. È istituita l’Agenzia informazioni e sicurezza interna, alla quale è affidato il compito di ricercare ed elaborare nei settori di competenza tutte le informazioni utili a difendere, anche in attuazione di accordi internazionali, la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento da ogni minaccia, da ogni attività eversiva e da ogni forma di aggressione criminale o terroristica.
2. Spettano all’AISI le attività di informazione per la sicurezza, che si svolgono all’interno del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia.
3. È, altresì, compito dell’AISI individuare e contrastare all’interno del territorio nazionale le attività di spionaggio dirette contro l’Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali.
4. L’AISI può svolgere operazioni all’estero soltanto in collaborazione con l’AISE, quando tali operazioni siano strettamente connesse ad attività che la stessa AISI svolge all’interno del territorio nazionale».
[16] Cfr. C. Mosca, S. Gambacurta, G. Scandone e M. Valentini, I servizi di informazione e il segreto di Stato, Milano, Giuffrè, 2008, p. 259.
[17] Nel d.d.l. n. 1513 della 14a Legislatura il requisito di proporzionalità era, al c. 1 dell’art. 4, esplicato quale «condotta da tenere è adeguata al raggiungimento del fine».
[18] Si veda, sul punto, G. M. Flick, Principi di legittimità e legalità nell'attività degli Organismi di intelligence anche con riferimento alle norme di diritto penale e processuale penale. (Le garanzie funzionali), Conferenza tenuta il giorno 25 novembre 1999 nel corso del Seminario di Roma sulle "Garanzie funzionali per gli operatori degli organismi di intelligence", in «Per aspera ad Veritatem», 1999, n. 15.
[19] La salus rei publicae.
[20] Ai sensi del c. 1 dell’art. 8 della l. 124/2007.
[21] Per una completa disamina si veda G. Greco, Argomenti di diritto amministrativo – parte speciale, Milano, Giuffrè, 2013, Vol II, p. 240 e segg. e F. Caringella, Corso di diritto amministrativo – profili sostanziali e processuali, Giuffrè, Milano, 2011, Vol. I, p. 1427 e segg.
[22] M. Corradino e S. Damiani, Il processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2014, p. 45 – 47.
[23] Da notare come l’unica definizione legislativa di documento sia quella presente nell’art. 22, c. 1 sub d) della l. 241/1990, secondo cui per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.
[24] Quali i titoli di imputazione previsti dagli articoli compresi tra il 494 ed il 498 c.p.
[25] Per un approfondimento in merito alle qualifiche di agente di PG e PS attribuibili agli appartenenti al Sistema si veda S. Setti, Intelligence e indagine penale in Italia, in Approfondimenti de Il mondo dell’intelligence, 29 settembre 2015, < http://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/wp-content/uploads/2015/09/Intelligence-e-indagine-penale-Italia-Setti.pdf> (ultimo accesso: 26 ottobre 2015).
[26] Cfr., in merito, i lavori della Commissione Jucci, in Relazione del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato sul sistema di reclutamento del personale del Sisde: le conclusioni della Commissione ministeriale di inchiesta e le valutazioni del comitato, presentata alle Camere il 15 luglio 1997 (Doc. XXXIV, n. 2). Questa relazione, assieme alla Relazione sulla raccolta e conservazione delle informazioni riservate è stata oggetto di discussione alla Camera nella seduta del 10 marzo 1997. Nell’occasione l’Assemblea approvava una risoluzione in cui si impegnava il Governo a modificare la normativa dei servizi in particolare in relazione alla disciplina del reclutamento del personale e del trattamento delle informazioni riservate (Risoluzione Frattini ed altri n. 6-00032).
[27] Che, all’art. 2 riporta come la Repubblica riconosce e garantisce (non «attribuisce») i diritti inviolabili dell’uomo, considerandoli ontologicamente precedenti rispetto all’istituzione stessa dello Stato, beni intoccabili persino dal contratto sociale.
[28] V. Onida, voce Costituzione italiana, in Digesto disc. Pubblicistiche, Torino, 1989, pagg. 329 – 330.
[29] Il d.d.l. presentato nel corso della XIV Legislatura aveva escluso i soli delitti specificamente diretti a ledere o mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica, la libertà personale, la salute o l’incolumità pubblica. Cfr. A.C. 1513 del 7 maggio 2003, Senato della Repubblica.
[30] Cui si fa riferimento nell’art. 1, c. 4 della l. 82/1991 inerente i sequestri di persona a scopo di estorsione.
[31] Così anche G. Illuminati, a cura di, Nuovi profili del segreto di Sato e dell’attività di intelligence, Torino, Giappichelli, 2010, p. 281.
[32] C. Mosca, S. Gambacurta, G. Scandone e M. Valentini, I servizi di informazione cit., p. 274.