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Pubbl. Dom, 11 Set 2016

Permesso di necessità e umanizzazione della pena

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Alessandra Inchingolo


La Cassazione accorda il permesso di necessità anche al detenuto omicida, il quale deve recarsi a far visita alla moglie affetta da grave patologia psicotica. La cronicità della patologia riveste carattere di eccezionalità tale da consentire al detenuto di fruire del permesso ex art. 30 dell´Ordinamento Penitenziario.


Con sentenza n. 36329 del 1° settembre 2016 la Cassazione ha riconosciuto la possibilità che al detenuto in espiazione  di condanna per omicidio venga concesso un permesso di necessità ai sensi dell’art. 30 dell’Ordinamento Penitenziario.

La particolarità di tale concessione prende le mosse dal rigetto del ricorso emesso dal procuratore generale di Lecce, che, dopo aver ricordato che il richiedente stava espiando una condanna per omicidio, aveva escluso la riconducibilità della fattispecie al requisito della «eccezionalità» vista la «cronicità» della patologia.

A motivare la decisione della Cassazione sono stati la positività dei risultati dell'osservazione della personalità espletata in Istituto di Pena dal detenuto, che aveva intrapreso un giusto percorso riabilitativo, e la cronicità della malattia di cui era afflitta la moglie del detenuto, affetta da psicosi cronica gravissima con deterioramento cognitivo e turbe del comportamento.

La Cassazione, in opposizione alle osservazioni avanzate dalla Procura, ha sottolineato che il permesso di necessità prescinde del tutto dal ravvedimento del condannato, potendo essere concesso anche al detenuto che non abbia tenuto una condotta esemplare.

La stessa Suprema Corte, ricordava che all’indomani di un annoso dibattito, nel ’75, il Parlamento stabilì di accordare permessi solo per gravi esigenze familiari del detenuto. Per tali motivi la legge sull’ordinamento penitenziario prevedeva una formula generica, la quale riconobbe la concessione di permessi analoghi nel caso di gravi ed accertati motivi.

Solo dall’86, con l’introduzione del permesso premio, l’istituto fu ricondotto in via definitiva alla primaria funzione di umanizzazione della pena. Dunque, oggi, il permesso previsto dall'articolo 30 O.P. al comma 2 può essere concesso solo in casi eccezionali e per eventi familiari di particolare gravità, termine che «non si riferisce soltanto ad un evento luttuoso o drammatico, ma deve essere inteso come un qualsiasi avvenimento particolarmente significativo nella vita di una persona».

A tal proposito, la gravissima psicosi cronica della moglie del detenuto è «una condizione che integra una vicenda eccezionale, e cioè non usuale, particolarmente grave perché idonea ad incidere profondamente nel tratto esistenziale del detenuto e pertanto nel grado di umanità della detenzione e nella rilevanza per il suo percorso di recupero».

In conclusione, la Corte, sottolinea che il permesso di necessità va inteso non concedibile in ipotesi di evento unico ma anche in caso di vicenda familiare particolarmente grave e inusuale, idonea ad incidere profondamente nella vicenda umana del detenuto e nel grado di umanità della condizione detentiva, come, nel caso di specie, la grave patologia  psicotica.