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Pubbl. Mar, 6 Set 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

L’insolvenza del gruppo alla luce del regolamento (UE) n. 848/2015

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Riccardo Bertini


I gruppi di imprese rappresentano da sempre un problema affascinante e complesso, che tende a complicarsi quando l´insolvenza supera i confini nazionali e coinvolge Stati europei diversi.


Sommario: 1) Premessa; 2) Cooperazione e comunicazione; 3) La procedura di coordinamento; 4) Interferenze; 5) Conclusioni.

1) Premessa

Il regolamento (UE) n. 848/2015 disciplina le procedure di insolvenza transfrontaliere, ossia quelle procedure caratterizzate da un elemento di estraneità rispetto al territorio o ai soggetti coinvolti. E’ stato adottato il 23 maggio 2015, entrerà in vigore il 26 giugno 20171 e rappresenta la rifusione del regolamento (CE) n. 1346/2000, il quale non detta alcuna disciplina in tema di gruppi di imprese2

Ancora una volta dunque il legislatore europeo anticipa il legislatore nazionale3, cercando di fornire una disciplina uniforme sulle procedure di insolvenza del gruppo che attualmente manca nel nostro ordinamento. Del resto, nell’ottica del legislatore italiano, ogni società del gruppo rappresenta un’entità giuridicamente autonoma che in quanto tale è soggetta ad una autonoma procedura concorsuale4. Tale procedura spesso coincide con l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, la quale detta una parziale regolamentazione del fenomeno senza tuttavia incidere sulla reciproca autonomia patrimoniale delle singole società. Solo recentemente con la Delega del 24/02/2015 messa a punto dalla Commissione Rordorf si delinea un possibile riavvicinamento tra la disciplina interna e quella europea5.

Il regolamento trova applicazione laddove il centro degli interessi principali del gruppo, da intendersi come il luogo dove il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi, sia nel territorio di uno Stato membro. Questa definizione di COMI è stata data dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea nel caso Eurofood6 e viene per la prima volta accolta nel regolamento. Va tuttavia precisato che il regolamento non dà una definizione specifica del centro degli interessi principali del gruppo insolvente, per il quale si può comunque ritenere che valgano le novità introdotte per il singolo debitore: pertanto, la presunzione juris tantum che fa coincidere il COMI con la sede legale opera solo nelle ipotesi in cui la sede non sia stata spostata nei tre mesi anteriori al deposito della domanda di apertura e deve essere fatta salva la facoltà delle parti di eccepire l’incompetenza del giudice adito (giudice, che può d’ufficio dichiararsi a sua volta incompetente sulla domanda). Una volta individuata la competenza internazionale, la norma di conflitto destinata ad occuparsi dell'intera procedura di insolvenza è ancora una volta la cd. lex concursus, ossia la legge che si identifica con l’ordinamento che vige nello Stato in cui il fallimento è stato dichiarato, ad eccezione di quelle ipotesi (confermate in gran parte dal “nuovo” regolamento) dove il legislatore europeo richiama una norma di conflitto diversa7.

2) Cooperazione e comunicazione 

Il legislatore europeo conferma la scelta già effettuata con il regolamento del 2000 e ribadisce - quale concezione di fondo del regolamento - la teoria dell'universalità limitata. Sulla base di questa teoria, si rinuncia ad un'unica procedura d'insolvenza per tutti i beni del debitore eventualmente sparsi sul territorio dei diversi Stati membri e si prevede l'apertura di tante procedure quante sono le dipendenze del debitore, procedure delle quali si cerca il coordinamento8. Tale concezione di fondo rimane anche nel regolamento del 2015, nonostante non si parli più di procedure "secondarie" e le procedure che si instaurano nelle dipendenze del debitore non abbiano più carattere necessariamente liquidatorio, dovendo invece perseguire quali obiettivi prioritari: il salvataggio, la ristrutturazione del debito e la riorganizzazione dell’impresa. A tale scopo, lo stesso regolamento amplia il novero delle procedure concorsuali, con gli accordi di ristrutturazione e i piani di composizione della crisi da sovra-indebitamento9

Nell'insolvenza del gruppo di imprese, il coordinamento diventa allora esigenza primaria considerato che ciascuna società è soggetta a un'autonoma procedura di insolvenza in quanto (almeno attualmente) autonomo centro di imputazione giuridica. Per tale ragione, si manifesta la necessità - accolta dal regolamento - di garantire la cooperazione e la comunicazione tra le diverse procedure. Infatti, il rischio è quello di assistere al noto fenomeno di forum shopping con la conseguenza che il debitore, sfruttando le pieghe del regolamento, possa arrivare a scegliersi il giudice di uno Stato membro diverso che maggiormente lo aggrada, senza che questo sia quello naturalmente competente; tale rischio si traduce, in questo caso, anche in un fenomeno di law shopping, con la conseguenza che il debitore - oltre a scegliersi il foro - giunga anche a scegliere la disciplina applicabile10. In questo senso, la sezione 1 del capo quinto del regolamento si aggiunge e non deroga a tutta quella serie di strumenti (controllo d’ufficio della competenza da parte del giudice, sospensione della domanda di apertura di una procedura, etc.) che sono previsti per ridurre il verificarsi di tali rischi.

La cooperazione e comunicazione deve attuarsi tra le varie procedure di insolvenza che coinvolgono le singole società del gruppo e viene a realizzarsi su tre piani distinti: tra i curatori, tra i giudici e i curatori e tra i giudici. Può assumere qualsiasi forma prevista dalla lex concursus ma lo stesso regolamento prevede alcune ipotesi, a titolo esemplificativo: lo scambio di informazioni potenzialmente utili alle altre procedure (purché siano presi gli opportuni accorgimenti per proteggere le informazioni riservate), la gestione coordinata del realizzo e dell’utilizzo dei beni del debitore nonché il coordinamento in fase di nomina dei curatori, il coordinamento nella gestione e sorveglianza dei beni del debitore, nella tenuta delle audizioni e nell’approvazione dei protocolli. Da notare che, anche per i gruppi di imprese, valgono quelle stesse forme di cooperazione e comunicazione che il regolamento detta per il coordinamento tra la procedura principale e le procedure secondarie, con la conseguenza che i curatori della singola procedura possono avvalersi di quei poteri previsti per evitare l’apertura di una procedura “secondaria” (come la facoltà di contrarre un “impegno” per evitare l’apertura della procedura secondaria).

3) La procedura di coordinamento

La procedura di coordinamento, prevista nella sezione 2 del capo quinto del regolamento, è una procedura sui generis (in quanto non trova esplicito riferimento nell'ordinamento interno) a carattere giurisdizionale (poiché passa necessariamente attraverso il controllo giurisdizionale), facoltativa (perché i curatori possono decidere di non aderirvi) e, per così dire, continente (dal momento che è idonea a contenere le diverse procedure concorsuali previste per le singole società del gruppo).

La domanda di apertura, proposta da uno dei curatori, deve avere le condizioni prescritte dalla legge applicabile alla procedura di insolvenza ed in ogni caso quei requisiti previsti dal regolamento che sono ritenuti idonei a connotare la domanda (proposta relativa alla nomina del coordinatore, linee generali del coordinamento, elenco degli amministratori, dei giudici e dei costi). Tra i diversi giudici, ciascuno competente per la singola procedura del gruppo, sarà competente per la procedura di coordinamento quello individuato per primo secondo la regola di priorità. Una volta verificati i requisiti della domanda (ritenuti essenziali dal regolamento), il giudice, trascorsi trenta giorni e ritenuti soddisfatti i requisiti, notifica la domanda ai diversi curatori e nomina il coordinatore. Laddove la domanda sia sprovvista dei requisiti prescritti, si dovrebbe ritenere che il giudice debba rigettare la domanda in rito senza che ciò impedisca comunque alle parti di riproporla corredata dei requisiti richiesti.

Il coordinatore svolge sostanzialmente le funzioni del curatore, non essendo tuttavia - per volere espresso del regolamento - uno di loro; infatti, il regolamento stesso attribuisce a quest’ultimo una serie di prerogative proprie: può formulare raccomandazioni per la gestione coordinata delle procedure, può proporre un piano di coordinamento (i cui contenuti sono esemplificativamente previsti dallo stesso regolamento: misure per ripristinare la solidità finanziaria e la redditività, per la composizione delle controversie e per le azioni revocatorie infragruppo), può partecipare alle diverse assemblee dei creditori, mediare nelle controversie e chiedere informazioni ai curatori per individuare le strategie più opportune per il risanamento, la riorganizzazione, la ristrutturazione o la liquidazione del gruppo. Tutti questi poteri devono essere adempiuti con imparzialità e diligenza e laddove comportano un aumento dei costi rispetto alle stime, il coordinatore deve informarne i curatori e chiedere la preventiva approvazione al giudice. Il coordinatore può essere revocato d’ufficio dal giudice o su richiesta di un curatore ma solamente nelle ipotesi previste, ovvero qualora abbia agito a detrimento dei creditori di una società del gruppo o non abbia rispettato gli obblighi previsti nel capo quinto del regolamento. Al termine delle sue funzioni, il coordinatore deve presentare il resoconto delle spese con la quota a carico di ciascuna società  ad ogni curatore, il quale ha un termine di trenta giorni per sollevare contestazioni davanti al giudice. Per tutti gli aspetti non disciplinati, il regolamento rinvia alla lex concursus applicabile alla procedura.

4) Interferenze

Il coordinatore, data la natura del suo ruolo, è un soggetto che naturalmente interferisce con il ruolo rivestito dai diversi curatori, ai quali il regolamento attribuisce poteri ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla lex concursus (come il potere di contestare l’inclusione della propria procedura nella procedura di coordinamento, di contestare la nomina del coordinatore o esperire i poteri previsti dall’art. 60 del regolamento). Per regolare tali interferenze, troviamo una singola disposizione dal contenuto generale, la quale sembra contenere più un principio che una concreta regolamentazione: si fa infatti riferimento a un obbligo di cooperazione tra il coordinatore ed i curatori, declinato in un generico obbligo di comunicazione. Tuttavia tale obbligo non ha contenuto prescrittivo, poiché i curatori possono disattendere le raccomandazioni poste dal coordinatore senza incorrere in alcuna conseguenza o sanzione. Inoltre tale comunicazione non ha ad oggetto tutte le informazioni di cui gli amministratori dispongono ma solamente quelli utili per l’esercizio delle funzioni del coordinatore. Ulteriori profili di interferenza possono essere ravvisati tra le righe delle diverse disposizioni del regolamento. In generale, si può affermare che i poteri dei curatori prima della decisione di apertura risultano più ampi dei poteri che essi dispongono dopo la tale decisione. Del resto, è proprio con tale decisione che il giudice nomina la figura del coordinatore. Dunque, se prima di tale momento, i poteri dei curatori vanno dalle contestazioni (sull’inclusione della loro procedura in quella di coordinamento e sulla nomina del coordinatore) fino al potere di scegliere il giudice competente (derogando alla regola di priorità), successivamente coincidono con la facoltà di aderire o meno alla procedura. A ciò va aggiunto che su tale richiesta è chiamato ad esprimersi lo stesso coordinatore, il quale - in ipotesi - potrebbe anche rigettarla.

5) Conclusioni

Il regolamento sembra mostrare una maggiore sensibilità al problema dei gruppi di imprese transfrontalieri e l’affrontare la questione dettando una disciplina specifica ha spinto il legislatore nazionale a prendere finalmente in considerazione l’insolvenza dei gruppi (il disegno di legge delega è stato predisposto dalla commissione Rordorf il 24/2/2015). Si potrebbe tuttavia dire che la normativa comunitaria sembra fare da cornice ma la tela rimane ancora una volta la normativa nazionale. In altre parole, il regolamento sembra (tranne poche e rare disposizioni) limitarsi, dettando principi ritenuti idonei a garantire il coordinamento ma rimettendo lo stesso ad un’effettiva volontà delle parti, che in ipotesi potrebbe anche mancare. 

Esempio emblematico è la stessa procedura di coordinamento, la quale rappresenta un contenitore dove possono essere inserite le singole procedure delle società del gruppo. Dove però le interferenze potrebbero giungere a consentire una procedural o una substantive consolidation11 (ossia, un consolidamento delle singole procedure o delle masse fallimentari delle diverse società, come potrebbe accadere all’interno di un concordato di gruppo), il regolamento è costretto a fermarsi, impedendo al coordinatore di fare proposte nel piano di coordinamento da lui predisposto su tali aspetti. Ma vi è di più, perché il coordinatore stesso potrebbe spendere tempo e risorse nel predisporre il piano senza che questo trovi poi concreta attuazione. I curatori possono infatti disattendere le raccomandazioni del coordinatore senza alcuna conseguenza e possono farlo perché sono loro che concretamente gestiscono le procedure delle singole società, disponendo di poteri (concessi dalla normativa nazionale) più ampi e specifici rispetto a quelli concessi dalla normativa europea. Non rimane quindi che augurarsi che i singoli operatori agiscano con diligenza e operino nel rispetto dei diversi ruoli e delle differenti funzioni affinché il coordinamento possa effettivamente essere raggiunto. Del resto, sarebbe difficile immaginare un coordinamento nelle ipotesi in cui il coordinatore scenda dal piano generale che gli compete a quello particolare dei curatori o nelle ipotesi in cui un curatore si erga sopra gli altri rivendicando un ruolo di coordinatore senza che sia stato nominato dal giudice della procedura di coordinamento.

Note bibliografiche 

(1) Regolamento (UE) n. 848/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza;

(2) Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio del 29 maggio 2000 relativo alle procedure di insolvenza;

(3) Fazzini F., Winkler M., La proposta di modifica del regolamento sulle procedure di insolvenza, in Diritto del commercio internazionale, I, 2013, pag. 141;

(4) Campobasso G. F., Diritto delle società, in Diritto commerciale, Vol. II, VIII edizione, a cura di M. Campobasso, Utet giuridica, pag. 289;

(5) Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di imprese e dell'insolvenza, elaborata dalla Commissione ministeriale istituita dal Ministro Giustizia con decreto 24/02/2015 e successive integrazioni;

(6) CGCE, 2 maggio 2006, C 341/04, Eurofood IFSC Ltd, nonché successivamente Corte di cassazione, sent. 25 luglio 2011, n. 10089 e Corte di cassazione, sent. 20 marzo 2015, n. 5688;

(7) Leandro A. Il ruolo della lex concursus nel regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, Bari, Cacucci editore, 2008;

(8) Queirolo I., Profili di diritto dell'Unione europea, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, Vol. V, curato da Vassalli, Luiso, Gabrielli, Torino, Giappichelli editore, 2013;

(9) De Cesari P., Il regolamento 2015/848 e il nuovo approccio europeo alla crisi di impresa, in Fallimento, 2015, X, pag. 1026;

(10) Pegna Lopes O., Collegamenti fittizzi o fraudolenti di competenza giurisdizionale nello spazio giudiziario europeo, in Rivista diritto internazionale, II, 2015, pag. 397;

(11) Panzani L., Il gruppo di imprese nelle soluzioni giudiziali della crisi, in Società, 2013, XII, pag. 1358.