Catene e codici
Modifica paginaLa problematica della parità tra individui negli Stati Uniti ha origini lontane ma l´effettiva uguaglianza tra i suoi cittadini è ancora oggi terreno di dibattito. In questo articolo cercheremo di ripercorrere in breve quelle tappe, soffermandoci su una complessa vicenda politica e giudiziaria: quella dell´abolizione della schiavitù.
Sommario: 1. Introduzione; 2. Una breve premessa sulla schiavitù negli Stati Uniti; 3. Il caso Dred Scott; 3.1. Le prime azioni giudiziarie; 3.2. Il processo davanti alla Corte Suprema; 4. Cosa accadde dopo; 5. Considerazioni conclusive.
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1. Introduzione
Il concetto di libertà, ai giorni nostri, sembra avere pochissime e determinate limitazioni. Siamo quasi abituati a ricercare in ogni modo la (nostra) felicità, cercando di rinvenire nell’Ordinamento lo strumento giuridico per raggiungerla. Non sempre è stato così e tra i tanti momenti difficili che il principio di libertà, che cammina necessariamente a braccetto con quelli di uguaglianza, non discriminazione e pari dignità, ce n’è anche uno che ha visto coinvolta una delle più note corti statunitensi.
Il 6 marzo dell’anno prossimo, infatti, saranno trascorsi centocinquanta anni dalla celebre pronuncia della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America Dred Scott contro Sandford1 una sentenza che va al di là della decisione del caso concreto ed entrata in tutti i libri, non soltanto di diritto. In questi centocinquanta anni gli Stati Uniti hanno attraversato tanti eventi che hanno poi coinvolto il mondo intero ed elencarli in questa sede porterebbe troppo lontano il nostro dire, ma questa pronuncia cambiò in un certo modo il destino di quell’ancor giovane Paese. Forse è l’unico provvedimento giurisdizionale che rientri tra le cause, prossime o remote, di una guerra civile durata più di quattro anni, con centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti ed i cui postumi, dopo tanto tempo, ogni tanto riemergono2.
2. Una breve premessa sulla schiavitù negli Stati Uniti
Il primo episodio relativo alla schiavitù nel nord America risale al 1619, quando venti africani giunti oltreoceano su una nave da carico furono acquistati dalla colonia della Virginia3, e ben presto tale pratica si diffuse in particolare nelle zone in cui la manodopera era maggiormente richiesta per la fertilità del terreno e quindi per i lavori nelle piantagioni. Una pronuncia di una corte coloniale del 1640 utilizza l’espressione “servire il predetto padrone o chi per lui per la durata della vita”. Altre decisioni coeve hanno affrontato il problema dello status degli schiavi, come ad esempio il caso John Graweere nel 16414 o quello di Philip Cowen nel 16755.
Ancora, nel 1662, la colonia della Virginia approvò la legge del ventre (partus sequitur ventrem), a mente della quale ogni persona nata da una schiava avrebbe acquisito automaticamente lo status servile, indifferentemente dalla posizione del padre. Una simile legge era in contrasto con la pratica del common law inglese che concedeva lo status libertatis in relazione al padre ma ripresa dall’articolo 13 del c.d. code noir di Luigi XIV (1685)6. In quel periodo alcune colonie predisposero corpus legislativi per regolare la materia degli schiavi e del loro rapporto con i padroni7, mentre durante la campagna per l’indipendenza entrambe le parti promisero la libertà agli schiavi che avessero combattuto per le rispettive fazioni.
Del resto il lavoro degli schiavi andava a coprire quello dei debitori volontari (indentured servant)8, una volta che questi ripagavano il proprio debito privando i loro precedenti proprietari di uno dei fattori della produzione, vale a dire il lavoro. Nemmeno la raggiunta indipendenza, proclamata nel 1776, portò all’abolizione della schiavitù che anzi fu istituzionalizzata con riferimento ad gruppo etnico con origini africane. Quando nel 1789 fu ratificata la Costituzione federale solo un ristretto numero di persone libere di colore faceva parte dei votanti.
Prima dell’entrata in vigore della Costituzione federale era stata emanata l’Ordinanza del nordovest (1787, modificata nel 1789) che fissava, tra l’altro, nel fiume Ohio il confine tra Stati schiavisti e non9.
Dal 1° gennaio 1808 fu proibita l’importazione di schiavi negli Stati Uniti, tuttavia nemmeno questo significò l’abolizione della schiavitù, ma solo il divieto di far entrare nuovi schiavi negli U.S.A. e dunque non si applicava ai soggetti ridotti in schiavitù che già si trovavano nel Paese (art. 1 sez. 9 Cost. federale). All’incirca dal 1820 iniziarono a sorgere le prime associazioni abolizioniste mentre di contro negli Stati del sud si sosteneva che tutte le civiltà importanti avessero utilizzato la schiavitù, ricorrendo anche ai testi sacri per giustificarla10.
Furono inoltre promulgate delle leggi che prevedevano la riconsegna degli schiavi fuggiti al loro legittimo proprietario11.
Nel nostro discorso si inserisce anche l’espansione degli Stati Uniti, verso l’ovest ed il sud e le sue relazioni con gli altri Stati. È di quel periodo un’altra nota sentenza della Corte Suprema, nel caso Amistad12, sulla posizione di alcuni schiavi che si erano liberati a bordo dell’omonima nave spagnola poi presi in consegna da una nave militare statunitense. A seguito di una lunga ed appassionata battaglia legale, condotta anche dall’ex presidente John Quincy Adams, gli schiavi furono infine liberati e poterono ritornare in Africa13.
Nel 1846 fu proposta la c.d. clausola Wilmot (dal nome del congressista che l’aveva ideata) che non contemplava la schiavitù nei territori acquisiti dopo la vittoriosa campagna contro il Messico14. In precedenza, nel 1819, il deputato di New York Talmadge propugnò l’ammissione del Missouri nell’Unione a patto che avesse gradualmente abolito la schiavitù; tale proposta fu approvata dalla Camera ma bocciata dal Senato. Nell’anno successivo si giunse alla mediazione di Henry Clay per riequilibrare il rapporto tra Stati schiavisti e Stati abolizionisti: il Missouri entrò nell’Unione come Stato schiavista mentre il Maine fu separato dal Massachusetts e diventò uno Stato abolizionista. Si tratta del c.d. compromesso del Missouri (o Missouri compromise)15, che tra l’altro prevedeva che al di sopra della latitudine 36°30’ N, vale a dire a nord del confine meridionale del Missouri, non sarebbe stata consentita la schiavitù.
3. Il caso Dred Scott
Dred Scott era uno schiavo di colore nato intorno alla fine del XVIII secolo in Virginia che nel 1830 venne ceduto a John Emerson, medico militare che lo portò con sé nelle varie sedi di servizio16, tra queste l’Illinois ed il Wisconsin, rispettivamente Stato e territorio abolizionisti, dove la schiavitù non era consentita e in base all’ordinanza del nordovest e in base al compromesso del Missouri. Quando il dott. Emerson fu trasferito a St. Louis lasciò Dred e la moglie17 presso l’ultima sede dove i loro servizi venivano “affittati”. È il caso di osservare come Emerson avesse, secondo alcuni, agito in contrasto con la normativa su citata spostando degli schiavi in luoghi abolizionisti senza che questo mutasse il loro status.
Nel 1843 Emerson venne a mancare e la moglie di quest’ultimo, Eliza Irene Sanford, ereditò anche gli Scott che furono fatti lavorare per conto terzi per poi essere richiamati a St. Louis dove la coppia si presentò spontaneamente. Nel 1846 Dred tentò di comprare la libertà per sé e per la famiglia ma Irene rifiutò. Il 6 aprile 1846 Dred e sua moglie presentarono alla corte locale un’azione per chiedere la loro liberazione. Il procedimento si basava su uno statute del Missouri che consentiva a chiunque fosse tenuto illegalmente in schiavitù di adire l’autorità giudiziaria, dettando analitiche regole di procedura. Tra queste la necessità di fornire delle garanzie per la copertura delle spese18 ed una verifica del fumus da parte della corte. Il giudice Krum, anche se filo-schiavista, ammise l’azione che gli Scott avevano firmato con un crocesegno.
3.1. Le prime azioni giudiziarie
Il procedimento intentato dagli Scott contro Irene Emerson si basava sul tort di false imprisonment19, dal momento che gli attori assumevano di essere uomini liberi illegalmente detenuti. Secondo un autore “chiunque fosse pratico delle leggi del Missouri avrebbe detto che gli Scott avevano argomenti molto validi a loro favore. Per lungo tempo la più alta corte dello stato aveva statuito che qualora un padrone avesse portato il suo schiavo a risiedere in uno stato o territorio in cui la schiavitù era vietata lo avrebbe in tal modo emancipato”20. In tal senso infatti si era schierata la giurisprudenza21 sostenendo che una volta acquistata la libertà questa non poteva essere perduta (libero una volta, libero per sempre), anche se tale orientamento era andato scemando; di contro la giurisprudenza della Corte Suprema del Missouri era concorde nel ritenere l’applicabilità dell’ordinanza del nordovest.
Il processo, tuttavia, si concluse nel giugno del 1847 contrariamente alle aspettative: la richiesta di Scott fu ritenuta carente di prove e dunque rigettata. Nel dicembre dello stesso anno il giudice Hamilton concesse a Scott di riproporre la questione in aula, ma il processo fu rinviato al gennaio 1850, a causa di un grande incendio, un’epidemia di colera ed il carico dell’ufficio. Nelle more del giudizio gli Scott furono posti in “sequestro conservativo” presso lo sceriffo della contea che monetizzò le prestazioni lavorative della coppia trattenendo il ricavato come acconto di garanzia.
Il nuovo processo, superato il vizio procedurale, fu favorevole agli attori, anche sulla base delle nuove testimonianze. Irene Emerson decise di appellare la sentenza e nel frattempo aveva ceduto gli Scott al fratello John Sanford22. Anche il processo di appello fu movimentato, tra rinvii e scadenze di mandato per i giudici.
Nel frattempo la questione da giudiziaria stava diventando politica23 ed il 22 marzo del 1852 la Corte Suprema del Missouri emise la propria decisione24 con voto a maggioranza (2-1): Dred Scott e la sua famiglia erano ancora schiavi. Una simile decisione ribaltava decenni di giurisprudenza contraria ma secondo il chief justice William Scott
“i tempi non sono oggi come lo erano quando furono prese le precedenti decisioni in materia. Da allora non solo gli individui ma anche gli Stati sono caduti preda di un oscuro e crudele spirito riguardo alla schiavitù, la cui soddisfazione si risolve in modalità tali da comportare come inevitabile conseguenza il rovesciamento e la distruzione del nostro governo. In tali circostanze lo Stato del Missouri non deve mostrare la minima approvazione per ogni provvedimento che possa compiacere questo spirito (...)”25.
La sentenza di primo grado venne così ribaltata ma i giudici non si soffermarono sull’ordinanza per il nordovest o sul compromesso del Missouri, limitandosi a dire che gli attori avrebbero dovuto proporre l’actio libertatis dove la schiavitù non era ammessa e che essendo ritornati volontariamente a St. Louis mantenevano la loro condizione servile26.
Emessa la sentenza, i legali della Emerson ne chiesero l’esecuzione ma il giudice Hamilton rigettò la richiesta, senza però motivarla. La questione, ancora una volta, stava per andare al di là del singolo caso e si cercava una risposta precisa alla questione agitata nel processo, vale a dire se fosse o meno sufficiente il passaggio a seguito del padrone in un luogo abolizionista per acquisire la libertà (e a contrario privare il proprietario di un bene). Si poneva anche l’ulteriore problema se una persona “di colore” avesse o meno il diritto ad essere cittadino degli Stati Uniti27.
Nel frattempo John Sanford era tornato a New York e questo diede agli Scott la possibilità di una nuova azione, stavolta a livello federale in base all’art. 3, sez. 2 della Costituzione federale, basandosi sulla diversità di giurisdizione tra le parti appartenenti a Stati diversi dell’Unione. Tuttavia alla giuria della corte federale di New York venne detto di rifarsi alla legge del Missouri per quanto riguardava la libertà di Scott e dunque il verdetto fu nuovamente sfavorevole. A Scott e alla sua famiglia non rimaneva che ricorrere alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America.
3.2. Il processo davanti alla Corte Suprema
Nel frattempo il dibattito politico non si era affatto sopito, con strascichi anche violenti nel Kansas dove si contarono anche numerose vittime (c.d. bloody Kansas). Il Congresso non era in grado di risolvere la questione della schiavitù; nel 1856 vinse le elezioni presidenziali James Buchanan, democratico nordista ma a favore della schiavitù. Buchanan credeva che bastasse una pronuncia del vertice giudiziario dell’Unione per poter risolvere la questione superando il problema politico28 e per rassicurare tutti disse nel suo discorso prima del giuramento che si trattava solo di una questione giudiziaria e che sarebbe stata presto risolta definitivamente dalla Corte Suprema29.
In realtà gli storici hanno poi scoperto che Buchanan si era interessato attivamente alla questione ed anzi sarebbe già stato al corrente di quella che sarebbe stata la decisione della Corte30. Infatti nello spazio di tempo intercorrente tra l’istruzione della causa (11-14 febbraio e 15-18 dicembre 1856) e la decisione della stessa (6 marzo, due giorni dopo il giuramento del nuovo Presidente), il Presidente eletto chiese ad un suo amico, l’associate justice Carton, se la decisione sarebbe stata presa prima del giuramento. Ed in seguito fece pressioni su un justice nordista, Grier, perché votasse con la maggioranza per non dare l’impressione di una sentenza decisa solo da “sudisti”31.
Come detto in precedenza, il perno attorno cui ruotava tutta la vicenda era se dichiarare o meno che il passaggio degli Scott da uno Stato schiavista ad uno abolizionista ne avesse determinato la libertà. In un caso precedente32 la Corte non si era soffermata sul compromesso del Missouri ed aveva risolto la questione dichiarandosi vincolata alla legge dello Stato nel quale la persona al momento si trovava. Si trattava di un cavillo procedurale che consentiva alla Corte di rimanere estranea alla questione e di lasciare la soluzione del problema (o più malignamente: il cerino) alla politica. Una maggioranza della Corte33 era già pronta a ripercorrere la medesima pilatesca strada ma quando si seppe che justice McLean era pronto ad una forte dissenting opinion (o opinione dissenziente) si pose la necessità di affrontare il problema.
Il primo aspetto da affrontare era quello della legittimazione ad agire, difatti in base alla su citata diversità di giurisdizione le parti devono essere cittadini di Stati diversi dell’Unione. Ciò però implicava il riconoscimento di Scott come “cittadino”. L’opinione della maggioranza della Corte (7-2) fu che né Scott né alcuna persona di origine africana potesse essere cittadino di uno Stato dell’Unione e pertanto in grado di adire la Corte in base all’art. 3 sez. 2 della Costituzione USA.
In particolare secondo chief justice Taney gli “appartenenti a quella sfortunata razza” (sic) “sono stati considerati per più di un secolo come esseri di un ordine inferiore e del tutto del tutto inidonei ad essere associati con la razza bianca sia socialmente che politicamente e tanto inferiori da non essere titolari di diritti al cui rispetto l’uomo bianco fosse tenuto (sic)”34. Le “persone di colore” non sarebbero nemmeno contemplate nella Dichiarazione d’indipendenza dalla celebre frase “tutti gli uomini nascono uguali”. Prosegue Taney che se si accogliesse l’istanza di Scott
“si darebbero alle persone di razza negra (sic) (…) il diritto ad entrare in qualunque Stato (…) di soggiornarvi a loro piacimento, di andare dove volessero (…) la piena libertà di parola in pubblico ed in privato su tutte le materie su cui i cittadini potrebbero parlare, di tenere pubbliche riunioni su questioni politiche e di tenere e portare armi dovunque volessero (…) con il rischio di mettere in pericolo la pace e la sicurezza dello Stato”35.
La sentenza, già di per sé criticabile (per non dire esecrabile)36, avrebbe anche potuto concludersi qui una volta constatato il difetto assoluto di giurisdizione. Tuttavia, proprio per risolvere definitivamente la questione, il provvedimento prosegue affrontando, sia pure incidentalmente, la questione del compromesso del Missouri. Si giunge quindi alla seconda37 dichiarazione di incostituzionalità di un atto del Congresso: il legislatore non poteva acquisire territori e creare governi oltre a quelli indicati dall’ordinanza del nordovest e quindi la decisione di incidere sul territorio della Louisiana (acquistata dopo l’entrata in vigore della Costituzione) eccedeva i poteri del Congresso; inoltre il compromesso andava a ledere il V Emendamento38 privando senza un procedimento legale un soggetto dei propri beni (gli schiavi) per il loro semplice transito nei territori liberi.
Infine la residenza di Scott in un territorio libero non lo rendeva un uomo libero in quanto la Corte si ritenne vincolata alla legge del Missouri che lo considerava ancora uno schiavo.
I giudici dissenzienti, Curtis e McLean, rilevarono in primo luogo che una volta rilevato il vizio di giurisdizione l’esame della Corte si sarebbe dovuto arrestare, senza affrontare le ulteriori questioni. In particolare McLean ritenne che non vi fossero basi legali per sostenere che le persone di colore non potessero essere considerate cittadini, ciò in quanto all’atto della ratifica della Costituzione costoro potevano votare in cinque Stati (su tredici) e dunque erano cittadini sia dello Stato che dell’Unione. McLean, inoltre, riprese l’idea che un soggetto una volta libero è libero per sempre39.
4. Cosa accadde dopo
La (disastrosa) decisione della Corte, paradossalmente, non ebbe risvolti negativi per la famiglia di Dred Scott. Durante le trattazioni dei vari ricorsi, Irene Emerson si era nuovamente sposata, ironia della sorte, con un congressista abolizionista del Massachusetts, Calvin Chaffee che scoprì, dalla pioggia di critiche che gli cadde addosso, di essere al centro dell’attenzione politica e giornalistica. Chaffee trasferì immediatamente gli Scott a Taylor Blow politico di St. Louis40 ed il 26 maggio 1857 furono ufficialmente liberati. Scott trovò impiego presso un albergo come fattorino e la moglie come lavandaia. Purtroppo Dred non poté godersi a lungo la libertà: il 17 giugno del 1858 morì di tubercolosi. Alcuni suoi discendenti, al 2010, vivevano ancora a St. Louis.
C’è tuttavia chi ritiene che la vicenda di Scott sia stata utilizzata per creare un caso pilota41. Le seconde nozze di Irene Emerson con Chaffee sarebbero sospette, a favore della tesi del caso pilota ci sarebbe anche il fatto che le circostanza delle cessioni degli Scott siano poco chiare. John Sanford, dunque, avrebbe acconsentito ad essere citato in giudizio anche davanti alla Corte Suprema pur non essendo l’attuale proprietario degli Scott.
In ogni caso questa pronuncia anziché risolvere il conflitto tra schiavisti ed abolizionisti produsse l’effetto contrario, causando un’escalation della crisi. In particolare è celebre il caso di John Brown che nel 1859 tentò un’insurrezione di schiavi in Virginia venendo condannato a morte e giustiziato. Nel 1860 Lincoln vinse le elezioni presidenziali; poco tempo dopo sette stati del Sud votarono la secessione dagli Stati Uniti dichiarando che l’elezione di Lincoln era una minaccia per la schiavitù e violava lo spirito della Costituzione: iniziava il percorso che avrebbe portato alla guerra42.
5. Considerazioni conclusive
È noto che il conflitto si concluse favorevolmente per il Nord e l’Unione venne infine faticosamente ricomposta.
Con l’approvazione del XIII, XIV e XV Emendamento43 fu formalmente abolita la schiavitù negli Stati Uniti, assicurata la cittadinanza ed il diritto di voto. Sarebbe ingenuo, a dire il meno, credere che tutto fu risolto dal comando del legislatore e infatti il problema dei rapporti “razziali” proseguì per lungo tempo, anche con episodi di violenze (basti pensare al Ku Klux Klan). A causa della dottrina del “separati ma uguali”, de facto i liberti statunitensi erano “cittadini di serie B” rispetto alla popolazione “bianca”44.
Dopo molti anni, e due guerre mondiali, intervenne nuovamente la Corte Suprema. In un clima che vedeva la lotta per i diritti civili muovere i primi passi il vertice giudiziario degli Stati Uniti affrontò ancora una volta la questione nel celebre caso Brown v. Board of Education45. Anche qui la vicenda trascese l’aspetto giuridico e si riversò nel sociale e tuttora la questione dell’integrazione dei cittadini “di colore” e la loro partecipazione alla vita del Paese è di scottante attualità, pur sotto l’amministrazione Obama.
Non si può però dire che la segregazione razziale sia solo un problema statunitense. Anche il Vecchio Continente, pur patria di insigni filosofi e letterati di ogni epoca, ha conosciuto simili discriminazioni dall’ilota spartano agli slavenvolk tedeschi passando per le leggi sulla difesa della razza in Italia. Come si è detto poc’anzi non basta il tratto di penna, invece occorre che certi principi e valori pervadano il tessuto sociale, ma questo è un procedimento lento che però deve essere costante, pena il ripetersi di certi errori.
A seguito delle recenti vicende politiche statunitensi, e in certa parte anche nostrane, potremmo dire che Dred Scott è ancora attuale ed a fronte di tutte le problematiche, più o meno evidenti, sottese alla questione vale la pena ricordare, noi tutti, il monito del poeta “je ne suis pas qu’ un homme (…) l’homme qui te ressemble”46.
Note e riferimenti bibliografici
1) Dred Scott v. Sandford, 60 U.S. 393 (1857). Per ulteriori approfondimenti e bibliografia si rimanda alla scheda, in lingua inglese, della Libreria del Congresso all’indirizzo http://www.loc.gov/rr/program/bib/ourdocs/DredScott.html.
2) Ad esempio, in seguito alle polemiche relative alla strage di Charleston (dove nel giugno del 2015 furono uccise nove persone), la rete televisiva Columbia Boardcasting System decise di bloccare la messa in onda del noto telefilm Hazzard per la presenza della bandiera confederata sull’auto dei protagonisti. V. a tal proposito l’articolo del 2 luglio 2015 su La Stampa, Stop alla serie tv “Hazzard”, sulla Dodge c’è la bandiera sudista.
3) V. a proposito il sito www.pbs.org.
4) L’attore chiese il permesso di comprare la libertà di suo figlio per poterlo crescere nella religione cristiana, nonostante la madre del bimbo fosse una schiava la richiesta venne accolta.
5) L’attore, uno schiavo di colore, era stato ceduto mortis causa con l’onere di liberazione dopo un determinato periodo di servitù che l’avente causa prolungò per ben due volte, l’ultima di nove anni. Cowen ricorse alla corte per essere dichiarato libero e la corte dispose in tal senso.
6) Si ricordi che all’epoca la Francia manteneva possedimenti coloniali nel Nord America, tra cui anche la Louisiana, ceduta agli Stati Uniti nel 1803-1804. Proprio nella Louisiana fu emanato un code noir nel 1724, a sua volta ispirato a quello del 1685 per le Antille francesi.
7) Tra questi il Maryland (1664), la Virginia (1705) e la Carolina del Sud (1712). Quest’ultimo, ispirato al codice di Barbados del 1688, servì a sua volta da modello per gli altri codici come ad esempio quelli della Georgia e della Florida.
8) Si trattava di persone che pagavano il viaggio per il Nuovo Mondo con le proprie prestazioni lavorative. Questo sistema permetteva di affrontare la spesa del viaggio, altrimenti proibitiva, in cambio della loro futura prestazione lavorativa, con un sistema di cessione di contratto d'opera.
9) Per ulteriori informazioni si rimanda alla scheda, in lingua inglese, della Libreria del Congresso all’indirizzo http://loc.gov/rr/program/bib/ourdocs/northwest.html.
10) Cfr. R. Mitchell, The American civil war, 1861 - 1865, 2001, trad. it. a cura di L. Pece, La guerra civile americana, Bologna, 2003, p. 13. Si rimanda all’opera citata anche per la genesi del conflitto ed il suo sviluppo e per i riferimenti bibliografici in materia.
11) Si tratta delle fugitive slave laws del 1793 e del 1850, basate sull’art. 4, sezione 2, terza clause della Costituzione federale che prevedeva la riconsegna su richiesta dell’avente diritto delle “persone tenute a servire o a lavorare in uno Stato, in base a quelle leggi, fuggite in un altro Stato”. A tal proposito mette conto citare il caso Prigg v. Pennsylvania, 41 U.S. 539 (1842). Secondo justice Story la legge della Pennsylvania che impediva la caccia e la cattura dei fuggiaschi contrastava con il diritto federale, id est l’art. 4 cit. e la legge del 1793, ma i singoli Stati non erano tenuti a collaborare per l’applicazione di quelle norme. Tale provvedimento fu tra le cause del c.d. Compromesso del 1850 con cui la California entrò nell’Unione come Stato abolizionista, ma gli Stati del nord avrebbero dovuto applicare la legge sui fuggitivi e quindi riconsegnare gli schiavi.
12) United States v. Amistad, 40 U.S. 518 (1841). La Corte decise 8-1 (dissenziente justice Baldwin) che gli ammutinati erano persone “illecitamente sequestrate, e portate a forza e con l’inganno a bordo”.
13) Nel 1997 dalla vicenda fu tratto un film, Amistad, diretto da S. Spielberg.
14) La proposta fu infine bloccata dall’amministrazione Polk.
15) Per ulteriori informazioni si rimanda alla scheda, in lingua inglese, della Libreria del Congresso all’indirizzo http://www.loc.gov/rr/program/bib/ourdocs/Missouri.html.
16) V. la scheda, in lingua inglese, dell’Archivio di Stato del Missouri, Missouri’s Dred Scott case. 1846-1857, all’indirizzo http://s1.sos.mo.gov/mdh/curriculum/dredscott.
17) Durante la permanenza in quello che oggi è il Minnesota, Emerson aveva acconsentito al matrimonio di Dred con Harriet Robinson, anch’essa schiava di colore che fu ceduta al dott. Emerson, anche se non ci sono dati precisi su come ciò avvenne (cfr. n. precedente). Da ciò si potrebbe forse inferire lo status libertatis di Scott, in quanto gli schiavi non potevano essere parte di un contract (come quello di matrimonio) in base ai principi di common law.
18) In questo Scott fu aiutato anche dai figli degli originari proprietari, i Blow. V. Missouri’s Dred Scott case, cit.
19) Si tratta di un illecito civile (cfr. art. 2043 c.c.) consistente nella detenzione di una persona in un determinato luogo senza una causa lecita (ad esempio un mandato di arresto da parte di una corte). Tale illecito si applica sia ai privati che ai soggetti pubblici e richiede la prova dell’illecita detenzione, del mancato consenso e dell’assenza di autorità o potere di detenzione (v. Restatement of Torts, II, 1965-79).
20) D.E. Fehrenbacher, Slavery, Law, & Politics: The Dred Scott Case in Historical Perspective, New York, 1981, p. 130. Traduzione dell’Autore.
21) Cfr. Somerset v. Stewart (1772 98 ER 499), Winny v. Whitesides (1 Mo. 472, 475 (1824)) e Rachel v. Walker (4 Mo. 350 (1836)), quest’ultima emessa in una vicenda analoga a quella di Scott.
22) Sanford era in effetti il cognome originario, ma per un errore di trascrizione di un funzionario della Corte Suprema è passato alla storia come Sandford. In ogni caso i particolari della cessione, come tanti altri relativi alla vicenda, non sono ancora ben chiari. V. al riguardo Missouri’s Dred Scott case, cit.
23) Cfr. W. Ehrlich, They have no rights: Dred Scott’s struggle for freedom, Westport (CT), 1979, p. 58.
24) Scott v. Emerson, 15 Mo. 576, 586 (Mo. 1852) App.
25) Traduzione a cura dell’Autore.
26) Il dissenziente justice Gamble riteneva, invece, che portare uno schiavo in un luogo dove la schiavitù non era consentita fosse una manomissione tacita.
27) V. gli artt. 2, 3 e 22 Cost. italiana, 1-7 Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), 9 Patto diritti civili e politici (1966/1976), 1 e 5 “Carta di Nizza” (2000).
28) V. R. Mitchell, cit., 17-18.
29) V. l’inaugural address del 4/03/1857, riportato al sito http://www.bartleby.com/124/pres30.html.
30) V. E.M. Maltz, Dred Scott and the politics of slavery, Lawrence, 2007 e P. Finkelman, Dred Scott v. Sandford: a brief history with documents, Boston, 1997.
31) Il comportamento di Buchanan appare improprio sia per gli standard odierni sia per quelli dell’epoca. Cfr. J.H. Baler, James Buchanan: the American Presidents series: the 15th President, 1857-1861, New York, 2004, p. 85 ss.
32) Strader. v. Graham, 51 U.S. (10 How.) 82 (1850).
33) V. U. Mattei, Il modello di Common Law, IV ed., Torino, 2014, p. 107 ss.
34) Dred Scott v. Sandford, 60 U.S. 393 (1857), p. 407 ss. Il testo integrale della sentenza è disponibile al sito https://supreme.justia.com/cases/federal/us/60/393/case.html.
35) Dred Scott v. Sandford, 60 U.S. 393 (1857), p. 416-17.
36) La decisione nel caso Dred Scott è passata alla storia come una delle peggiori della Corte Suprema federale statunitense; secondo R.G. McCloskey, The American Supreme Court, p. 94, ripreso da U. Mattei, op. cit., 108, si tratta della “più disastrosa opinion mai prodotta dalla Corte Suprema”. V. a tal proposito il sito blogs.findlaw.com, che la colloca al primo posto tra tredici, o i periodici Time, tra le dieci più controverse, e mic.com, al primo posto tra le peggiori quattro. V. anche l’analisi di P. Finkelman, Scott v. Sandford: the court’s most dreadful case and how it changed history, 82 Chi.-Kent. L. Rev. 3 (2007).
37) A distanza di 54 anni dal celebre caso Marbury v. Madison, 5 US 137 (1803).
38) Questo celebre emendamento (conosciuto ai più come “diritto a rimanere in silenzio”), fissa il principio del diritto ad un giusto processo per la privazione di alcuni diritti (come ad es. vita, libertà, proprietà). Nella parte che qui interessa, la norma recita “nessuno (…) potrà essere privato dei propri beni (lett. della proprietà) senza due process of law (…)”.
39) Il concetto era stato espresso in Marie Louise v. Marot (1836), deciso dalla Corte Suprema della Louisiana. A chi riteneva che “un cittadino di colore non sarebbe un gradevole membro della società” McLean rispondeva “È piuttosto una questione di gusti che di diritto”.
40) La legge prevedeva che la manomissione potesse avvenire solo da parte di un cittadino del Missouri. Irene Emerson diede il suo consenso al trasferimento di proprietà, a patto che le fossero versati i salari guadagnati nel frattempo dagli Scott (circa 750$), cfr. Missouri’s Dred Scott case, cit.
41) Cfr. D.E. Fehrenbacher, The Dred Scott case: its significance in American Law and Politics, New York, 2001, W. Ehrlich, Was the Dred Scott Case Valid?, The Journal of American History, 55, 2, 1968.
42) In questa sede non si narreranno gli eventi ulteriori e quindi non ci soffermerà sulla secessione e sulla guerra civile. Si rimanda per questo a R. Mitchell, op. cit.
43) Rispettivamente ratificati nel 1865, nel 1868 e nel 1870. Di seguito il testo delle norme.
XIII “La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione, se non come punizione di un reato per il quale l’imputato sia stato dichiarato colpevole con la dovuta procedura. (...)”.
XIV “Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e soggette alla loro sovranità sono cittadini degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono. Nessuno Stato porrà in essere o darà esecuzione a leggi che disconoscano i privilegi o le immunità di cui godono i cittadini degli Stati Uniti in quanto tali; e nessuno Stato priverà alcuna persona della vita, della libertà o delle sue proprietà, senza due process of law, né rifiuterà ad alcuno, nell’ambito della sua sovranità, la equal protection of the laws. (...)”.
XV "Il diritto di voto dei cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato né misconosciuto dagli Stati Uniti, né da alcuno Stato, per ragioni di razza, colore o precedente condizione di schiavitù. (...)”.
44) Si tratta di una dottrina sviluppatasi durante la ricostruzione al termine della guerra civile. Secondo tale pensiero le “persone di colore” erano uguali a quelle “bianche” ma dovevano restare separate da quest’ultime (ad es. nei bagni, sui mezzi di trasporto, nelle scuole, nei locali ecc.). Tale dottrina fu consacrata nella sentenza della Corte Suprema Plessy v. Ferguson, 163 US 537 (1896) (8-1).
45) Brown v. Board of Education of Topeka, 347 U.S. 483 (1954). I giudici decisero, all’unanimità, che la separazione delle classi violava il XIV Emendamento dacché separare gli studenti in base al colore delle pelle era intrinsecamente diseguale. Si superò quindi la su citata sentenza Plessy. Lo stesso giorno fu decisa un'altra vicenda analoga Bolling v. Sharpe, 349 U.S. 497 (1954), che riguardava direttamente il Governo federale. Anche Brown causò forti critiche tanto da far intervenire direttamente il Governo federale (ad es. in Arkansas nel 1957 o nel 1963 in Alabama).
46) R. Philombe, L’homme qui te ressemble. “Non sono che un uomo (…) l’uomo che ti assomiglia” (traduzione a cura dell’Autore).