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Pubbl. Ven, 29 Lug 2016

Ius variandi bancario. Profili sistematici e recenti interventi dell'Abf.

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Giuseppe Carrafiello


L´elaborato procede ad una disamina dell´istituto dello ius variandi bancario. Tale disciplina è stata interessata da diverse modifiche legislative susseguitesi nel corso degli anni ed, altresì, oggetto di numerosi interventi giurisprudenziali dell´Arbitro Bancario e Finanziario che hanno contribuito a definire l´istituto in questione.


L’istituto giuridico dello ‘ius variandi’ è espressione, in generale, del potere riconosciuto ad una parte di disporre in via unilaterale le modifiche riguardanti le condizioni contrattuali precedentemente pattuite con l’altra parte del rapporto.

Contestualizzando tale istituto all’interno della materia del diritto bancario, il fondamento normativo del potere dello ‘ius variandi’ è positivizzato nell’art. 118 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Tub), D.lgs. 385/1993. Si fa riferimento, dunque, alla posizione soggettiva attiva delle banche - purchè originariamente stabilita e specificamente approvata dal cliente - che consente, nei rapporti contrattuali con i clienti, di modificare unilateralmente in futuro le condizioni pattuite.

L’istituto in commento è il prodotto di diversi interventi legislativi: si rinviene per la prima volta nell’art.16 delle Norme Bancarie Uniformi, poi nelle leggi 154/1992 e 142 dello stesso anno che confluiscono nel Tub. La disciplina continua a subire modifiche con il d.l 223/2006 e successivamente con la l.141/2010; l’art.8 comma 5 lett.f D.l. 70/2011 introduce il comma 2 bis dell’art.118.

Il diritto potestativo di modificare unilateralmente le condizioni previste dal contratto – in cui si sostanzia lo ius variandi – mira a conservare l’equilibrio tra le singole prestazioni contrattuali, avendo appunto come obiettivo il ripristino di un equilibrato sinallagma contrattuale.

Dal punto di vista sistematico è di pronta evidenza il fatto che lo ius variandi costituisce una sorta di deroga al principio di cui all’art.1372, comma 1, del codice civile, per il quale il contratto ha forza di legge tra le parti e non può essere sciolto che per mutuo consenso. In tema di trasparenza bancaria si pone attenzione al fatto che potere di modifica unilaterale non vuol dire possibilità di introdurre clausole nuove. In tal senso il D.lgs. 141/2010 ha modificato l’art. 118 Tub nella parte in cui prevedeva la modificabilità de "i tassi, i prezzi e le altre condizioni di contratto" con la diversa formulazione "i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto".  

L’art. 118 Tub, ai fini dell’applicazione dello ius variandi, richiede che siano soddisfatte alcune condizioni, sia di tipo formale (previsione dello ius variandi in un’apposita clausola del contratto nonché necessità della comunicazione al cliente), sia di tipo sostanziale (sussistenza di un giustificato motivo). Tali regole “procedurali” sono un deterrente all’adozione di comportamenti volti a determinare un progressivo peggioramento delle condizioni applicate al cliente, definibili di “moral hazard”. È altresì agevole constatare che la previsione di un consenso preventivo alla futura modifica delle clausole contrattuali è potenzialmente in grado di generare abusi da parte delle banche, stante l’esistenza di un conflitto di interessi rispetto alla loro controparte contrattuale.
Al fine di evitare facili abusi, il legislatore ha introdotto disposizioni ad hoc.

Preliminarmente è da considerare che la prassi bancaria si caratterizza per la standardizzazione dei contratti: i contratti delle banche sono in larga parte contratti per adesione, ossia predisposti dalla banca con la possibilità per la controparte di contrarre, non anche di contrattare. Se astrattamente può anche ritenersi che il cliente può negoziare le clausole contrattuali, è da tener presente la differenza nei rapporti tra banca e cliente. L’azienda bancaria assume sempre una posizione di forza, sia di tipo economico (si pensi al cliente che necessita di una concessione di fido) che di tipo conoscitivo (rispetto all’utente medio la banca conosce decisamente meglio il significato economico-giuridico delle clausole contrattuali).

Dunque se, coerentemente con quanto esposto, il cliente non può realisticamente negoziare i termini del rapporto contrattuale, il legislatore ha però disciplinato la materia nel senso di volere assicurare quantomeno la piena consapevolezza da parte del cliente delle clausole che firma.

Ai sensi del primo comma dell’art. 118 Tub, nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo.

Se la formulazione della norma sembra ricalcare un meccanismo simile a quello adottato dalla disposizione di cui al secondo comma dell’art. 1342 c.c. che sanziona con l’inefficacia le clausole vessatorie non specificamente approvate, è da rilevare che il riferimento contenuto nell’art. 118 Tub a ”tassi, prezzi e altre condizioni previste” è ampio e facoltizza la modifica di qualsiasi parte del contratto.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione delineato dal primo comma dell’art.118 Tub, esso riguarda i contratti relativi ad operazioni e servizi bancari e finanziari, con esclusione invece dei contratti di intermediazione finanziaria, disciplinati dal Tuf.

Oltre la clausola approvata specificamente dal cliente, il secondo requisito che legittima la variazione dei termini del rapporto da parte della banca è la sussistenza di un giustificato motivo. Dunque, una volta accertata l’esistenza della clausola che prevede la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, la specifica approvazione, e l’avvenuta ricezione della comunicazione di modifica unilaterale, dovrà procedersi al giudizio di meritevolezza sulle ragioni giustificatrici delle modifiche in peius disposte dalla banca. Cosa debba intendersi per giustificato motivo, in assenza di definizione legislativa espressa, lo esplicita il Ministero dello sviluppo economico (Circolare del 21 Febbraio 2007, n.5574). In relazione al contenuto minimo della nozione di “giustificato motivo”, questa è da intendersi nel senso di ricomprendere gli eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario. Tali eventi possono essere sia quelli che afferiscono alla sfera del cliente (il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito) sia quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (tassi di interesse, inflazione). Si deve ancora alla Circolare del Ministero dello sviluppo economico l’indicazione secondo la quale è necessario informare il cliente circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale in modo sufficientemente preciso e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne sta alla base.

L’art.118 Tub opera, inoltre, la distinzione tra i contratti a tempo indeterminato dagli altri contratti di durata, in cui il diritto di modificare unilateralmente le condizioni incontra limiti maggiori. La scelta legislativa di cui all’art.118 primo comma secondo periodo è appunto quella di prevedere che tale potere di disporre modifiche del contratto in via unilaterale non trovi applicazione con riferimento alle clausole aventi ad oggetto i tassi di interesse. La disciplina relativa ai contratti di durata, invero, si arricchisce con la modifica legislativa ex l.106/2011, che aggiunge il comma 2 bis all’art.118 Tub. In base al dettato della disposizione, la possibilità di inserire clausole modificative in via unilaterale dei tassi di interessi al verificarsi di specifici eventi e condizioni predeterminati dal contratto può essere inserita all’interno del contratto se il cliente della banca non è consumatore o microimpresa.

In sintesi, nel caso di contratti a tempo determinato, opera la disciplina seguente:

  1. per i consumatori e le microimprese si applica l’art. 118, primo comma, secondo periodo;
  2. per i professionisti e imprese medie e grandi opera lo statuto speciale dell’art. 118, comma 2 bis, in base al quale vi è la possibilità di predeterminare gli eventi e condizioni che legittimano lo ius variandi: per tali ultimi contratti, dunque, il giustificato motivo può essere individuato al momento della stipulazione del contratto. Ne consegue che in questi casi la libertà negoziale si esplicita nella determinazione del contenuto del contratto, identificando appunto eventi e condizioni legittimanti la variazione dei tassi di interesse a priori.
  3. Per consumatori e microimprese, invece, occorre sempre valutare ex post se il motivo addotto dalla banca sia effettivamente giustificato.

Ultimo presupposto per il corretto esercizio dello ius variandi è da individuarsi nella comunicazione al cliente della modifica unilaterale. Detta comunicazione è atto recettizio quoad effectum ai sensi degli artt. 1334 e 1335 c.c.. La banca, quindi, è onerata della prova del recapito della comunicazione al domicilio del cliente; qualora il cliente contesti l’avvenuta ricezione della proposta di variazione del contratto inviata dalla banca ai sensi dell’art.118 Tub, è onere di questa provare l’avvenuta ricezione della comunicazione da parte del cliente. Inoltre, è solo con la comunicazione al cliente dei “giustificati motivi” che questi assumono la funzione di mettere il cliente stesso in condizione di valutare se le ragioni addotte dalla banca siano non solo serie, ma anche di carattere generale o particolare, dato che nel secondo caso risulta utile cercare sul mercato offerte alternative, a differenza della ipotesi diversa del primo caso (Collegio Milano, dec. n. 2434/2014).

In linea con quanto previsto dalla prima citata Circolare del 21 Febbraio 2007 (5574/2007), è costante l’orientamento dei tre Collegi dell’Arbitro secondo cui - in ragione anche delle finalità dell’istituto del c.d. ius variandi, diretto “a conservare l'equilibrio (sinallagmatico) tra le singole prestazioni contrattuali, passando attraverso il mantenimento dell'equilibrio sinallagmatico dell'intero complesso delle prestazioni contrattuali, tipologicamente simili, effettuate dall'imprenditore nei confronti di un numero indefinito di controparti” (Collegio di Roma, decisione n. 2202 del 23.04.2013) - è determinante “l'esatta e puntuale esplicazione del ‘giustificato motivo’ ai fini della verifica della sussistenza della condizione dettata dal legislatore affinché possa essere modificato unilateralmente un negozio giuridico in regolare svolgimento. II giustificato motivo non può, dunque, essere generico, ma deve riguardare eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario poi riferibili alla categoria di contratti oggetto delle modifiche. La comunicazione della modifica unilaterale deve avere contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa” (Collegio di Roma, decisione n. 3981/2012).

Ne emerge che, se vi è consenso sull’esigenza che il giustificato motivo non sia individuato in termini eccessivamente generici, non altrettanto definito appare invece, per converso, il livello di analiticità richiesto dalla normativa per la sua delimitazione considerato che la specificità della motivazione consente, come chiarito, di verificare la congruità della modifica, non si è ritenuto a tal fine adeguato (e, quindi, inidoneo a soddisfare i requisiti di determinatezza e verificabilità impliciti nella previsione di cui all’art. 118 TUB) il riferimento: i) all’“andamento del mercato dei tassi” (Collegio di Roma, dec. n. 2202/2013; Collegio di Roma, dec. n. 1837/2011); ii) agli “effetti prodotti dall’attuale crisi economica e finanziaria” (Collegio di Milano dec. 2419/2011; Collegio di Milano, dec. n. 5972/2014); iii) al “peggioramento del contesto economico globale avvenuto negli ultimi mesi nonché della forte riduzione della forbice dei tassi, a seguito di una riduzione del costo della raccolta non proporzionale a quanto avvenuto per i prestiti concessi, che ha determinato la perdita di sostenibilità economica della operazione di finanziamento” (Collegio di Milano, dec. n. 798/2010); iv) all’“incremento del rischio creditizio correlato al deteriorarsi dello scenario macroeconomico” (Collegio di Milano, dec. n. 249/2010); v) alla “variazione delle condizioni di mercato” (Collegio di Milano, dec. n. 2434/2014); vi) “peggioramento delle condizioni generali di mercato con conseguente incremento dei costi sostenuti dalla banca per la messa a disposizione dei fondi utilizzati a fronte di finanziamenti concessi” (Collegio di Milano, dec. n. 1719/2014). Più in particolare, ribadita l’insufficienza di un generico richiamo alla “diminuzione dei principali tassi di riferimento”, si è ritenuto necessario “che si fossero indicati e provati almeno: la misura dei principali tassi di riferimento per il mercato bancario al tempo della conclusione del contratto, la misura dei tassi delle operazioni di raccolta, sì da poter apprezzare che rapporto vi fosse tra queste due serie di tassi e il tasso previsto per il contratto de quo, nonché la misura in cui quei principali tassi di riferimento sono venuti a diminuire nel corso del 2009” (Collegio di Milano, dec. n. 1705/2011). Solo le decisioni più risalenti dell’Abf sul tema ritengono conformi alle previsioni di cui all’art.118 Tub il riferimento “alle variazioni dei tassi di mercato e, più specificamente, del tasso Euribor a 3 mesi” (Collegio Milano, dec. n. 177/2010) e all’“andamento del mercato” (Collegio Milano, dec. n. 98/2010); indicazioni sicuramente sintetiche, “ma non tali da non consentire al cliente, con un minimo sforzo di approfondimento, di valutare la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base” (Collegio Milano, decc. n. 98/2010 e n. 177/2010).

Da ultimo, però, il Collegio di coordinamento dell’ABF, con la decisione 1889 del 26 Febbraio 2016 contribuisce a fare chiarezza sul punto. Con tale ultimo intervento, l’ABF ribadisce l’orientamento già espresso in base al quale “la comunicazione della modifica unilaterale deve infatti avere contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa” (Collegio Milano, 1719/2014). La comunicazione ex art. 118 TUB non deve raggiungere un livello di analiticità tale da abbracciare anche il profilo quantitativo, ma può limitarsi ad una indicazione delle ragioni che hanno determinato le modifiche prospettate, che, seppur sintetica, sia in ogni caso idonea a consentire al cliente una verifica in termini di congruità della modifica stessa rispetto al motivo addotto dall’azienda bancaria, e del motivo portato a giustificazione rispetto alla variazione unilaterale.