ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Ven, 1 Lug 2016

L’influenza delle droghe sul comportamento deviante del minore

Modifica pagina

Michele Villamaina


Il consumo di droghe e di sostanze alcoliche rappresenta da sempre un fenomeno ampiamente diffuso, specialmente fra i giovani.


"Da un recente studio condotto dall'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr), ESPAD Italia (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs,), è emerso che circa cinquantaquattromila studenti delle scuole medie superiori, il 2,3% dei 15-19enni, nel 2014, ha assunto sostanze psicotrope; oltre seicentomila adolescenti  hanno consumato cannabis, sessantamila cocaina, ventisettemila eroina e circa sessantamila allucinogeni e stimolanti" (1).
Il dato è inquietante e lascia trapelare un impoverimento culturale della società attuale, caratterizzata da un acritico consumismo a causa del quale i giovani si ritrovano deprivati di una educazione emotiva. (2)

L'incidenza dell'assunzione di droghe e di sostanze alcoliche sul comportamento deviante del minore, può essere ricollegata ad un processo di tipo esogeno. La sostanza viene introdotta nell’organismo ed è in grado di produrre modificazioni di tipo fisiologico e psicologico, che a loro volta possono influire di riflesso sul comportamento, determinando eventuali alterazioni dello stesso (3).

Queste sostanze sono anche denominate psicoattive in ragione del fatto che sono in grado di indurre una modificazione dello stato psichico, che è diversa per ogni sostanza. Le sostanze dotate di caratteristiche psicoattive sono molto numerose e comprendono anche molti farmaci, i cui effetti possono essere vari. Tra le sostanze psicoattive, dobbiamo ricordare le sostanze voluttuarie che sono in grado di provocare effetti psichici particolarmente ricercati perché piacevoli e, nella maggior parte dei casi, il loro utilizzo prescinde da finalità curative. Le sostanze voluttuarie che assumono una particolare rilevanza dal punto di vista criminologico sono le cosiddette droghe.

Questo termine è utilizzato per indicare tutte quelle sostanze psicotrope il cui uso è illecito o strettamente regolato. La caratteristica peculiare delle droghe, e in genere di tutte le sostanze psicoattive anche lecite, è la capacità di creare dipendenza.

Da constatare è l’estrema varietà delle sostanze che vengono definite come “droga” e, in considerazione della circostanza che gli effetti provocate dalle stesse sono molto differenti, se non addirittura opposti, non sono mancati coloro che si sono occupati di farne una classificazione. Tradizionalmente si suole distinguere tra eroina, cocaina, cannabis "indica", sostanze allucinogene, amfetamine e le metamfetamine.

Nell’ambito delle sostanze voluttuarie devono essere collocate anche le bevande alcoliche. In particolare, si utilizza il termine alcolismo o etilismo per indicare l’abuso di questo tipo di sostanze. Questa precisazione è necessaria, in quanto l’alcol costituisce un problema medico e sociale solo quando ne venga fatto abuso. Tuttavia, ciò che in questa sede interessa sottolineare è che gli abusi di alcol si riflettono sulla condotta, inducendo modificazioni comportamentali che possono sfociare: nella commissione di singoli atti disturbanti o delittuosi; nell’assunzione di stili di vita improduttivi o antisociali (4).

Tenendo conto del tipo di droga, dell’intensità e della frequenza dell’assunzione, si può procedere ad una categorizzazione dei soggetti che usano queste sostanze. Generalmente si distinguono:

  1. consumatori;
  2. tossicodipendenti; 
  3. tossicomani(5).

Il consumatore è colui che sperimenta o fa uso di droga in modo saltuario o non frequente. Trattasi di un soggetto che è in grado di mantenere il suo status e osservare gli obblighi legati al suo ruolo, che pertanto non viene modificato per il fatto di assumere sostanze stupefacenti.

I tossicodipendenti, detti anche farmacodipendenti, a causa del protrarsi nel tempo dell'uso di sostanze psicotrope assumono una posizione di sudditanza rispetto alla droga che, comunque, gli consente di conservare gli interessi e i legami sociali con la realtà esterna.

Si parla, infine, di tossicomane per indicare un soggetto che presenta un forte stato di dipendenza dalla droga a cui si ricollega un indebolimento rilevante dei legami con la realtà esterna. Ne consegue la perdita dello status antecedente a cui fa seguito l'assunzione di uno stile di vita diverso(6).

Questi brevi cenni circa la definizione, la classificazione delle sostanze stupefacenti, rappresentano una premessa indispensabile per una corretta comprensione dell’influenza che l’uso delle stesse esercita sul comportamento deviante del minorile.

Deve essere sottolineato che quando ci si trova ad affrontare queste tematiche, si deve inevitabilmente fare i conti con un forte stereotipo sociale che considera la tossicodipendenza e l’alcolismo, strettamente collegati alla criminalità, stereotipo in genere confortato da notizie dell’opinione pubblica e da dati statistici.

Entrambe queste fonti, tuttavia, si caratterizzano per approcciarsi al fenomeno in esame attraverso un metodo che comporta un’eccessiva generalizzazione e semplificazione dello stesso. Infatti si può tranquillamente affermare che, nonostante le numerose ricerche effettuate in questo campo, non è stato mai dimostrato alcun tipo di relazione causale diretta e costante tra assunzione di droga e commissione di reati Pertanto, è importante approcciarsi al tema con un atteggiamento critico che consenta la demolizione di tale stereotipo, al fine di ricondurre il problema nell’ambito della sua estrema complessità. All’uopo è necessaria una preliminare chiarificazione riguardante il rapporto tra tossicodipendenza e comportamento deviante del minore.

In genere si distingue fra:

  • un rapporto “diretto” che riguarda i reati commessi “sotto l’effetto delle droghe”;
  • un rapporto “indiretto”, inerente invece la delinquenza strumentale alla necessità di procurarsi la droga, alla criminalità legata allo spaccio, al traffico delle droghe, a certe aree e subculture devianti (7).

Per l’adolescente il cosiddetto “effetto diretto” è particolarmente esiziale. In questa fase evolutiva, già carica di problemi legati alla ristrutturazione fisica e psichica, alle fluttuazioni dell’equilibrio affettivo, l’assunzione della sostanza può avere un effetto sia di disorganizzatore che di organizzatore dell’identità.

L’effetto di disorganizzatore situazionale è momentaneo e va valutato caso per caso.

L’effetto di organizzatore dell’identità è legato al fatto che, il minore, ai fini della elaborazione della propria identità, potrà assumere come contenuti rappresentativi quelli forniti dalla cultura della droga in genere e dalla cultura della droga legata alla criminalità.

In questa prospettiva tali contenuti possono svolgere un ruolo strumentale rispetto alla stabilizzazione del comportamento deviante.

Anche per quanto riguarda gli effetti indiretti, si deve osservare che, per i giovani, essi risultano essere particolarmente forti, marcati e intrisi di problematicità. La commissione di reati per procurarsi la droga, in generale, sarà ancora più probabile e frequente per i giovani tossicodipendenti, in quanto soggetti notoriamente senza reddito, o per lo meno con un reddito troppo basso rispetto al notevole costo delle sostanze.

Un altro fenomeno da considerare riguarda il fatto che spesso tra tossicodipendenza e criminalità giovanile si verifica una specie di effetto perverso di stabilizzazione del problema. Un tossicodipendente, per esempio, che ha rubato per procurarsi la droga può entrare in contatto stabile con il mondo della criminalità attraverso la sanzione del carcere, iniziando così una carriera deviante, criminale.

Viceversa il ragazzo che ruba, indipendentemente dalla droga, e poi finisce in carcere, può, in quel contesto, entrare in rapporto con la cultura della droga. L’incontro privilegiato che spesso avviene tra giovani, tossicodipendenza-criminalità, dipende anche dal fatto che questi soggetti possiedono quelle caratteristiche “adeguate” che la criminalità organizzata utilizza per diffondere e propagare la tossicodipendenza. Si tratta infatti di un’area emarginata, fuori dalle istituzioni e facilmente raggiungibile dal mercato illegale della droga (8).

Non c’è dubbio che le sostanze psicoattive, fra cui collochiamo anche l’alcol, alterano i processi fisiologici e psicologici. Queste alterazioni, tuttavia, non sono uniformi e costanti, ma dipendono da una serie di variabili, di dimensioni psicologiche, culturali, interattive che modificano lo stesso effetto che la sostanza produce sia a livello psicologico che fisiologico.

È questo il motivo per il quale il problema del rapporto tra uso di sostanze stupefacenti e devianza minorile, deve essere affrontato sempre nell'ottica della individuazione degli strumenti idonei a fornire al minore, in quanto persona con vita e coscienza in fieri, la capacità di elaborazione del disagio vissuto; evitando di considerare lo stesso come “il male” da distruggere.

All'uopo è di indiscutibile importanza la costruzione di contesti di intervento non fondati sull'attivazione di processi di istituzionalizzazione che, come spesso accade, non fanno altro che fortificare l'emarginazione sociale e il comportamento deviante.

Il raggiungimento di questo risultato presuppone, tuttavia, un importante mutamento culturale tale da stravolgere la nostra società, caratterizzata sempre più dalla ricerca spasmodica di rimedi a tutti mali.

Ed invero, del tutto auspicabile sarebbe la diffusione di una cultura in grado di cogliere nel disagio vissuto, nel “male” che attanaglia il giovane ciò che di costruttivo intrinsecamente possiede, evitando di concentrarsi solo sull'aspetto distruttivo dello stesso (9).

 

 

Note e riferimenti bibliografici

1) Comunicato del CNR - Link;

2) U.Galimberti, L'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani. Feltrinelli Editore, 2009, p. 45;

3) Gaetano De Leo, La devianza minorile. Metodi tradizionali e nuovi modelli di trattamento, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1992, p. 39 ;

4) G. Ponti, I.M. Betsos, p.p 417 - 441;

5) Bandini, Gatti, La delinquenza giovanile. Analisi di un processo di stigmatizzazione e di esclusione, Milano, Giuffré Editore, 1987, p. 282;

6) G. Ponti, I.M. Betsos, p. 414 ;

7) Bandini, Gatti, op. cit. p.309;

8) Gaetano De Leo, La devianza minorile. Metodi tradizionali e nuovi modelli di trattamento, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1992 pp. 43- 46

9) U. Galimberti, L'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani. Feltrinelli Editore, 2009,p.95