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Pubbl. Sab, 4 Giu 2016

Affidamento in prova in casi particolari: equiparazione tra "tossicodipendenza e uso abituale di sostanze stupefacenti"

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Valeria Liccardi


Breve commento alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione I, 7 aprile 2016, n. 14008 che ha chiarito le nozioni di tossicodipendenza e di uso abituale di sostanze stupefacenti.


La Corte di Cassazione, Sezione I, con sentenza del 7 aprile 2016, n. 14008, chiarendo le nozioni di "tossicodipendenza" e di "uso abituale di sostanze stupefacenti", impone una riflessione sulla ratio e  i presupposti dell'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari.

1. Il caso

La sentenza citata riguarda il ricorso proposto avverso l'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma, che dichiarava inammissibile l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale di tipo terapeutico,  ex art. 94 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
La declaratoria di inammissibilità, in particolare, è stata adottata sul presupposto che la certificazione allegata all'istanza, rilasciata dal SE.R.T. di Frosinone, attestava una condizione di “abuso di cocaina”, con la conseguenza che il condannato non poteva ritenersi un tossicodipendente, ma un consumatore abituale di cocaina, rendendo inammissibile l’istanza proposta.
Il ricorrente, dunque, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale di tipo terapeutico richiesto, perché valutati dal Tribunale di Sorveglianza di Roma con un percorso motivazionale contraddittorio e manifestamente illogico. In particolare, sosteneva che il Tribunale di sorveglianza di Roma non aveva tenuto conto del fatto che il SE.R.T. di Frosinone, che aveva attestato l’abuso di cocaina in capo al ricorrente, aveva ritenuto l’istante affetto da una patologia di tipo cronico e recidivante, in termini tali da imporre l’assimilazione di tale condizione a quella del tossicodipendente.
Infine, nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha disposto l'annullamento dell’ordinanza impugnata e rinviato per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

2. L'affidamento in prova al servizio sociale di tipo terapeutico

Innanzitutto, appare doveroso un richiamo ai requisiti dell'istituto in esame, attualmente disciplinato dall’art. 94, D.P.R. n. 309/90. Esso può essere richiesto dal tossicodipendente o dall’alcoldipendente che, al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna a pena detentiva o, comunque, al momento della domanda, abbia in corso un programma di recupero o dichiari di volersi ad esso sottoporre.
Il “tossicodipendente” è un soggetto che si trova in uno stato psicofisico di interazione con una sostanza stupefacente psicotropa che determina reazioni di vario genere, comprendenti sempre la coazione ad assumere la sostanza.
L'area di operatività della misura è determinata da presupposti soggettivi e da requisiti oggettivi che fungono da condizione di concedibilità.
Sotto il profilo soggettivo si richiede:
- che il condannato sia persona tossicodipendente o alcooldipendente;
- che il condannato abbia in corso o intenda sottoporsi ad un programma di recupero;
- che tale programma, a contenuto terapeutico, sia stato concordato dal condannato con una azienda sanitaria locale (ASL) ovvero con gli enti, pubblici e privati,espressamente indicati dalla legge (art 115 in relazione agli artt. 113, 114 e 116 D.p.r. 309/1990);
- che una struttura sanitaria pubblica attesti lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza del condannato e la idoneità, ai fini del recupero, del programma terapeutico concordato.
«La certificazione attestante lo stato di tossicodipendenza e l'idoneità del programma concordato, da rilasciare a cura della struttura sanitaria pubblica è condizione indefettibile di ammissione al beneficio e non sono ammesse certificazioni equipollenti o accertamenti sostitutivi, al fine di evitare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza, o l'esecuzione del programma siano preordinati al conseguimento del beneficio» (Cass. Pen., Sez. I, 25.06.1998, n. 210874). Presupposto è l'attualità della condizione di tossicodipendenza e del programma terapeutico. Inoltre la dipendenza può anche essere psichica.
Ne consegue, che il beneficio non può essere concesso se manca, secondo una valutazione motivata del giudice competente, la effettiva idoneità del programma terapeutico ai fini del conseguimento di un risultato utile, a nulla rilevando che tale mancanza sia riconducibile a responsabilità professionale di chi, nell’ambito dell’organismo abilitato, ha elaborato il programma. 
Ai fini della formulabilità di un favorevole giudizio prognostico circa l’esito dell’affidamento in prova nei casi particolari, è necessario anche che il comportamento del soggetto sia tale da garantire un minimo di probabilità che la misura, anche attraverso le prescrizioni che devono accompagnarla, possa contribuire alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati, così come è richiesto anche ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 ord. penit.
Requisito oggettivo è il quantum della pena detentiva, originariamente fissato nella misura di tre anni, è stato innalzato a quattro anni per effetto dell'art.7 d.l. 139/93 ( conv. l. 222/93) ancora una volta allo scopo di favorire quanto più possibile l'accostamento a programmi di recupero e di limitare la presenza di soggetti tossicodipendenti negli istituti penitenziari.
Ad un'ulteriore sua rideterminazione ha provveduto la legge 49/06 differenziando, tuttavia, la soglia di pena utile in ragione del tipo di reato di cui alla condanna: elevato in generale a sei anni, si è conservato il limite antecedente – quattro anni – per l'ipotesi in cui il titolo esecutivo comprenda un reato di cui all'art. 4 bis ord. penit..
Scomparso il riferimento ad una pena detentiva inflitta, sostituito dal più approssimativo richiamo a quella da espiare, si è ribadita la rilevanza da assegnare alla pena detentiva anche residua, e si è resa indifferente la circostanza che la stessa sia affiancata da quella pecuniaria.
Ai fini della sua determinazione, pertanto, si deve tenere conto non solo delle cause estintive e di fattori di ridimensionamento della pena irrogata con la condanna, ma anche della avvenuta parziale espiazione, compresa l'eventuale custodia cautelare.
In conseguenza di ciò, la questione sottoposta all'esame della Suprema Corte pone l'attenzione sulla possibilità o meno di considerare equipollenti il concetto di tossicodipendenza e di uso abituale di sostanze stupefacenti

3. Orientamenti giurisprudenziali

Premesso che,  un precedente orientamento ha escluso la possibilità di stabilire sul piano scientifico un’assimilazione tra la condizione di tossicodipendente e quella collegata all’utilizzo abituale di sostanze stupefacenti, sulla scorta del seguente principio di diritto: «In tema di stupefacenti, ai fini della sostituzione della misura custodiale con il programma di recupero, non sussiste alcuna coincidenza tra l’uso abituale o continuativo di stupefacenti e lo stato di tossicodipendente, trattandosi di categorie distinte, aventi autonomo riconoscimento normativo e, comunque, non omologabili sicché l’accertamento della tossicodipendenza non si risolve in quello dell’uso abituale, il quale – alla stregua dei parametri del DSM IV, costituenti criteri guida aventi natura scientifica largamente riconosciuti nella comunità scientifica internazionale – costituisce condizione essenziale ma non sufficiente per la diagnosi della tossicodipendenza» (cfr. Cass. Pen. Sez. 4, n. 38040 del 27/06/2012, Capuzzi, Rv. 254366).
Nell’ultima versione di tale manuale diagnostico, viene eliminata la distinzione tra tossicodipendenza e abuso di sostanze stupefacenti, sul presupposto scientifico che tutte le dipendenze e i relativi problemi comportamentali rientrano nella categoria generale dei “disturbi da uso di sostanze”, tanto da essere inserite in un unico capitolo del DSM V, intitolato “Disturbi da dipendenza e correlati all’uso di sostanze”.
In questo ambito nosografico, il DSM V introduce una nuova distinzione all’interno della categoria generale “disturbi da uso di sostanze”, rielaborando i criteri per la diagnosi di questi disturbi, distinti attraverso la loro graduazione in lievi, moderati e gravi.
Ne discende che, nella fattispecie concreta, il Tribunale di Sorveglianza di Roma fa riferimento a una versione superata del manuale diagnostico richiamato, imponendo un nuovo esame che tenga conto dell’evoluzione dei parametri nosografici applicabili alle ipotesi di abuso di sostanze stupefacenti, cui ci si è riferiti.
In conclusione, tale accorpamento delle due nozioni rileva sul piano pratico: in caso di uso abituale di sostanze stupefacenti (ormai equipollente alla nozione di tossicodipendenza) sarà possibile proporre la domanda di affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari ex art. 94 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 con l'onere di allegazione della certificazione, tanto dello stato di dipendenza quanto della idoneità del programma concordato, in sostituzione della documentazione relativa alla osservazione della personalità richiesta in caso di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 ord. penit.