Pubbl. Gio, 29 Gen 2015
Prescrizione: "via di fuga" o garanzia per l´imputato?
Modifica paginaLa prescrizione, in virtù delle norme costituzionali sul giusto processo, garantisce che l´indagato od imputato non venga perseguito a tempo indeterminato.
La prescrizione, nel sistema penale italiano, indica l’estinzione di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo.
L’istituto si spiega, da un lato, rinviando al principio di economicità dei processi - il quale è teso ad evitare le lungaggini degli stessi, così da assicurare all'indagato un giusto processo; dall'altro, con l’inutilità e l’inopportunità dell’esercizio della funzione repressiva, una volta che sia trascorso un periodo di tempo tale da far sì che si perda l’interesse a punire quel determinato fatto.
Oggi, la prescrizione è oggetto di numerose critiche in quanto ritenuta una sorta di “via di fuga” per i colpevoli. Tuttavia, quest’istituto, in virtù della previsione costituzionale sul giusto processo, ed anche in ossequio al principio di certezza dei rapporti giuridici - richiesto da uno Stato liberale e democratico quale quello italiano - in nessun modo può essere eliminato. La prescrizione, oltre che dai principi dello Stato democratico, sembra, dalla dottrina, essere "giustificata" anche attraverso l’interpretazione di alcune norme della Costituzione:
- L’art. 27, co. 3, Cost., disciplinando la finalità rieducativa del condannato, imporrebbe che l’imputato venisse giudicato in tempi brevi rispetto alla data di commissione del fatto costituente reato. Qualora l’imputato non godesse di questa prerogativa, conseguenza del rispetto del giusto processo, si troverebbe, in caso di condanna, a scontare una pena "ingiusta" in quanto, ad esempio, con il trascorrere del tempo la sua condotta di vita e di conseguenza la condizione sociale è mutata radicalmente.
- L’art. 111, co. 2, Cost., statuendo che una caratteristica del giusto processo è la ragionevole durata dello stesso, vìeta che questo possa durare troppo a lungo.
- L’art. 111, co. 3 e 4, Cost., vìeta che il processo possa celebrarsi trascorso un lasso di tempo eccessivo dalla commissione del reato in quanto, ad esempio, anche il diritto di difendersi provando, potrebbe venire meno data la difficoltà di formare la prova (che, ad esempio, potrebbe essere andata dispersa).
Nell'ordinamento penale italiano, la prescrizione è disciplinata dall’art. 157 c.p.: ai sensi di questa disposizione, il tempo di prescrizione del reato muta al variare della pena edittale stabilita per quella fattispecie criminosa. Lo stesso articolo, però, prevede un’eccezione, ossia l’imprescrittibilità per quei reati la cui pena edittale prevista sia l’ergastolo (la pena massima prevista dall'ordinamento italiano).
La normativa in tema di prescrizione è stata modificata dalla l. 251/2005, c.d. “ex Cirielli”.
Con la precedente disciplina, ai reati era assegnato un tempo di prescrizione in relazione a classi di gravità. In altre parole, ad una determinata classe di reati, determinati per pena edittale, era assegnato un tempo di prescrizione. Ciò comportava, però, che reati con un disvalore penale differente, avessero tempi di prescrizione uguali. Con il sistema scaturente dalla “ex Cirielli”, invece, ciascuna fattispecie di reato ha un proprio termine di prescrizione che coincide con il massimo della pena edittale assegnata a quel tipo di reato. In ogni caso, è stato previsto un minimo temporale del termine di prescrizione stesso, ma solo per i reati c.d. bagatellari (ossia i reati caratterizzati da un minor grado di offensività), che si ravvisa, in sei anni per i delitti e quattro anni per le contravvenzioni. A questa regola, tuttavia, vi è un’eccezione che si determina nel termine-base di tre anni per quei reati per i quali non è prevista né la pena detentiva né la pena pecuniaria.
Per i reati di particolare rilevanza sociale, invece, è stato previsto il raddoppio dei termini di prescrizione.
La prescrizione è sempre rinunciabile dall’imputato.
Può accadere che il decorso dei termini di prescrizione, all’avverarsi di determinati eventi, possa essere:
- sospeso, quando sussistano delle cause, previste dalla legge, per le quali la decorrenza del termine si sospende fin tanto che non sia rimosso l’ostacolo.
- interrotto, quando in presenza di alcuni atti giuridici, il termine di prescrizione, per la parte già decorsa, viene meno e comincia a decorrere ex novo. Anche in questo caso, è la legge a prevedere, in ipotesi tassative, quelle che possono essere le cause che interrompono il termine di prescrizione.
Un dato allarmante risulta dalle ultime statistiche emesse dal Ministero della Giustizia. Tra il 2004 e il 2013, i procedimenti penali che si sono conclusi con la prescrizione sono 1.552.435, dei quali oltre il 70% durante la fase delle indagini preliminari.
Bisogna distinguere dalla prescrizione del reato, la prescrizione della pena che può sopraggiungere a seguito di una sentenza passata in giudicato. La ratio è la stessa della prescrizione del reato, ossia il venir meno dell’interesse della collettività a far scontare ad un condannato la pena inflittagli, essendo trascorso un lungo periodo di tempo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza. Gli artt. 172 e 173 c.p. dispongono che la prescrizione della pena possa operare solo per i reati per i quali sia disposta la pena della reclusione, dell’arresto, della multa e dell’ammenda, nonché delle misure di sicurezza ad eccezione della confisca e di quelle ordinate come misure accessorie di una condanna alla reclusione per un tempo superiore a dieci anni.
Il dies a quo del termine di estinzione decorre dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile.
Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, anche in questo caso, la prescrizione è rinunciabile dall’imputato.