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Pubbl. Lun, 16 Mag 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

Oggetto della giurisdizione tributaria. I tributi di ogni genere e specie comunque denominati.

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Daniela Mendola


Il giudice tributario è competente a conoscere le controversie relative ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati. Il diritto vivente offre un’interpretazione dell’art. 2 del D.Lgs. 546/92.


1. La giurisdizione tributaria.

Il processo tributario trova espressa disciplina al D.L.gs. 546/92 che indica in modo puntuale e dettagliato quali sono gli organi competenti a decidere in ordine alle controversie tributarie e quali sono gli strumenti di cui dispone il contribuente per difendersi da un eventuale atto emesso dall’Ufficio impositore ovvero dall’Agente della riscossione. In particolare l’art. 1 D.Lgs. 546/92 indica gli organi della giurisdizione tributaria da individuarsi nelle Commissioni Tributarie. La Commissione Tributaria Provinciale è competente a decidere in ordine al primo grado di giudizio, mentre il merito spetta alla Commissione Tributaria Regionale. Per le questioni di legittimità la competenza resta affidata alla Suprema Corte. Le Commissioni Tributarie, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferiti agli uffici tributari ed all’ente locale da ciascuna legge d’imposta (art. 7 D.Lgs. 546/92). I giudici che compongono le Commissioni Tributarie devono garantire terzietà ed imparzialità. Terzietà in riferimento all’oggetto della controversia e imparzialità con riguardo alle parti del giudizio. D’altronde tali requisiti indefettibili sono espressamente disciplinati dal codice di procedura civile le cui disposizioni sono applicabili anche alle Commissioni tributarie, in quanto compatibili. Nel caso manchino i suddetti requisiti possono prospettarsi due ipotesi: astensione e ricusazione. Nel primo caso il giudice si astiene dal decidere sulla controversia, mediante un atto volontario. Nella seconda ipotesi la richiesta di astensione proverrà da terzi configurandosi l’ipotesi della ricusazione. Sulla ricusazione decide il collegio al quale appartiene il componente della commissione tributaria ricusato, senza la sua partecipazione e con l’integrazione di altro membro della stessa commissione designato dal suo presidente (art. 6 D.Lgs. 546/92).

Il contribuente può difendersi da un eventuale atto impositivo mediante lo strumento dell’impugnazione. In altre parole ha il diritto di impugnare l’atto nel termine di sessanta giorni mediante ricorso. Il ricorso è l’atto introduttivo del giudizio e deve contenere l’indicazione dei dati anagrafici del ricorrente, dell'indirizzo PEC per eventuali comunicazioni, delle questioni in fatto e in diritto, nonché il petitum ovvero il provvedimento che si chiede di adottare. In via cautelare il contribuente ricorrente può chiedere la sospensione del provvedimento impugnato sussistendo i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

Dopo aver notificato il ricorso alla controparte occorre procedere all’iscrizione a ruolo.Le parti del giudizio sono il ricorrente che mira ad ottenere la rimozione dell’atto che si reputa illegittimo e l’Ufficio locale dell’Agenzia delle entrate o l’ente locale o l’agente della riscossione che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto, ovvero, se l’ufficio è un centro di servizio, l’ufficio delle entrate del Ministero delle finanze al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso. Il processo si svolge in Camera di consiglio, a meno che una delle parti non richieda la discussione in pubblica udienza. La Commissione si pronuncia con sentenza[1] che deve essere resa pubblica entro 30 giorni dalla deliberazione.

2. Oggetto della giurisdizione tributaria.

Come espressamente previsto all’art. 2 del D.Lgs. 546/92 “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati”. Si tratterebbe, altresì, di una giurisdizione piena, ricomprendendo i tributi di ogni genere e specie. Il tributo è un prelievo coattivo di ricchezza operato dallo Stato o da altro ente pubblico per il soddisfacimento di pubblici interessi.

Esso rappresenta un genus che ricomprende al suo interno tre species ovvero imposte[2], tasse[3] e contributi[4]. Le imposte sono prestazioni patrimoniali imposte e non giustificate dal fruire di un pubblico servizio. Le tasse, di converso, sono prestazioni patrimoniali imposte, ma giustificate dal fruire di un pubblico servizio. La prestazione di servizio, non deve trare in inganno al punto da far ricomprendere le tasse nell’ambito delle prestazioni e controprestazioni di natura privatistica. Nessun rapporto di corrispettività, infatti, sarebbe ravvisabile nelle tasse, ma di correlatività. Ciò in considerazione del fatto che nell’ambito privatistico le parti sono in posizione paritaria, nell’ambito pubblicistico, invece, il rapporto tra le parti è di imperio-privilegio della Pubblica Amministrazione rispetto al cittadino. Infine, i contributi[5] sono prestazioni patrimoniali imposte e destinate al soddisfacimento di bisogni pubblici divisibili.

E’ a dirsi che la formula “tributi di ogni genere e specie comunque denominati”, lascia non pochi dubbi interpretativi. In effetti il legislatore con tale definizione generica resta libero di far rientrare, nella giurisdizione del giudice tributario qualunque tributo previsto dal fisco. Per un verso tale definizione potrebbe minare o, comunque, far barcollare il principio di certezza del diritto non essendovi una dettagliata indicazione all’interno della norma. Per altro verso la libertà di cui dispone il legislatore consente adattamenti al sistema tributario, in continua evoluzione, senza doversi procedere ad eventuali modifiche della normativa.

3. I tributi di ogni genere e specie comunque denominati. L’orientamento della giurisprudenza.

Molto dibattuta e, da tempo, è la questione relativa ai tributi da ricondurre nell’alveo dell’art. 2 del D.Lgs. 546/92. Ad esempio, per ciò che concerne i contributi previdenziali, prima facie, la risposta sarebbe positiva ancorandosi al disposto di cui alla prefata norma, essendo i contributi una specie di tributo. Ebbene il diritto, quello vivente, spinge verso un’esclusione della suddetta ipotesi fino a ricomprendere i contributi previdenziali nella competenza[6] del giudice ordinario.

Per quanto riguarda il provvedimento di iscrizione ipotecaria[7] “le controversie aventi ad oggetto il provvedimento di iscrizione di ipoteca su immobili, cui l'Amministrazione finanziaria può ricorrere in sede di riscossione delle imposte sul reddito, ai sensi dell'art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, appartengono alla giurisdizione del giudice tributario in ragione della natura tributaria dei crediti garantiti dall'ipoteca, senza che possa avere rilievo la destinazione dei beni a fondo patrimoniale” (Cassazione civile sez. un. 16 gennaio 2015 n. 641). Per ciò che concerne il tributo[8] unificato la giurisprudenza di merito si è espressa in tal senso “la competenza a determinare la debenza e la quantificazione del tributo unificato spetta alla Segreteria Generale del Tribunale, che deve valutare, anche alla luce del dictum della Corte di Giustizia, sez. V, sent. 6/10/2015, la sussistenza del presupposto impositivo consistente nell'ampliamento della domanda proposta con il ricorso per motivi aggiunti rispetto alla domanda proposta con il ricorso introduttivo regolarmente assoggettato a contributo unificato e, quindi, valutare l'assoggettabilità del ricorso per motivi aggiunti a ulteriore contributo. Le contestazioni che parte ricorrente intende opporre all'operato impositivo dell'organo amministrativo preposto alla determinazione di tale contributo rivestano natura tributaria e quindi esulano dalla cognizione del giudice amministrativo, per rientrare in quella del giudice tributario” (T.A.R. Catania (Sicilia) sez. III  11 febbraio 2016 n. 401). In tema di circolazione stradale “la cognizione dell'opposizione a cartella esattoriale relativa alla riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie riconducibili a violazioni del codice della strada, configurata come opposizione all'esecuzione (nella specie proposta per sopravvenuta prescrizione del diritto all'esazione), spetta alla competenza del giudice di pace, così come la cognizione dell'opposizione al verbale di accertamento presupposto, non rilevando la circostanza che la parte abbia proposto l'opposizione dopo aver ricevuto il preavviso di fermo amministrativo” (Cassazione civile sez. VI  08 giugno 2015 n. 11816).

Per ciò che concerne, invece, un eventuale conflitto di competenza[9] tra giudice amministrativo e giudice tributario il Consiglio di Stato punta verso una valutazione in concreto della questione “al fine di assegnare una questione alla cognizione del g.a. o del giudice tributario, occorre verificare se la controversia abbia ad oggetto la concreta disciplina del rapporto amministrativo o del rapporto tributario: di conseguenza, laddove risulti chiara la stretta inerenza dell'atto al rapporto tributario, è necessario affermare la spettanza della giurisdizione al giudice tributario, essendo inutile discutere, ai fini del riparto della giurisdizione, circa la consistenza di tale posizione rispetto all'atto in questione (se, cioè, si configuri un interesse legittimo o un diritto soggettivo) giacché, una volta stabilita la natura tributaria dell'atto medesimo e, di conseguenza, della controversia cui dà luogo la sua impugnazione, deve essere tout court affermata la giurisdizione esclusiva del giudice tributario. Spetta al giudice tributario la competenza a decidere in merito ad una controversia avente per oggetto la contestazione, sotto il profilo dell' an o del quantum, di atti impositivi dell'amministrazione finanziaria” (Consiglio di Stato sez. IV  29 febbraio 2016 n. 853). In altre parole non occorre indagare la posizione giuridica soggettiva, sotto il profilo dell’interesse legittimo[10] o del diritto soggettivo[11] dell’interessato, ma rileva la natura tributaria o meno dell’atto.

Conclusioni.

Il diritto vivente, cerca di andare al di là del nomen iuris indicato all’art. 2 del D.Lgs. 546/92 escludendo dalla competenza del giudice tributario anche un oggetto che prima facie sarebbe riconducibile alla norma de qua. Ciò si pone in linea con l’obiettivo di adeguare il diritto alla realtà corrente e attribuire ad esso una natura dinamica, che cambia di continuo e si adegua alle esigenze sociali. E' il diritto che vive gli stati d'animo di coloro che sono destinatari delle norme giuridiche e cerca di soddisfarne a pieno le esigenze anche al di là del dato strettamente letterale della disposizione normativa. 

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Cassazione civile sez. trib.  13 aprile 2016 n. 7222 in www.dejure.it “E' affetta da vizio di ultrapetizione la sentenza del giudice di rinvio che condanna l'Amministrazione finanziaria alla restituzione delle somme, pagate dal contribuente, con maggiorazione di rivalutazione monetaria e interessi. L'art. 63 d.lg. n. 546 del 1992 non consente la proposizione da parte del contribuente della domanda di restituzione delle imposte e sanzioni versate al Fisco in corso di causa a titolo di riscossione frazionata, nel giudizio di rinvio in assenza di un provvedimento, sia pur tacito di diniego, e senza il decorso del termine di adempimento stabilito a favore dell'Erario.

[2]Cassazione civile sez. trib.  27 aprile 2016 n. 8351 in www.dejure.it “è ammessa la rilevanza di un evento di forza maggiore obiettivamente impeditivo del programma di trasferimento della residenza nel termine prefissato, tale evento può essere ragionevolmente individuato anche nell'impossibilità di utilizzare proprio l'immobile acquistato, con lo scopo di andarvi ad abitare, nel comune dove il contribuente intendeva trasferirsi; cosicché la sopravvenienza di un impedimento oggettivo, imprevedibile e inevitabile che impedisca il trasferimento del contribuente nell'immobile acquistato nel comune dove egli intendeva trasferirsi esclude la decadenza dall'agevolazione, senza che ai riguardo possano esigersi comportamenti ulteriori, come il reperimento di altro immobile nel medesimo comune per ivi trasferirsi fino a quando diventi possibile utilizzare l'immobile acquistato col beneficio fiscale”.

[3]Cassazione civile sez. VI  22 marzo 2016 n. 5668 in www.dejure.it “in tema di radiofonia mobile, come chiarito dalla sentenza della Corte di Giustizia del 17 settembre 2015 in C-416/2014, non è incompatibile né con la disciplina comunitaria in materia, né con l'articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la normativa nazionale italiana che prevede un trattamento differenziato degli utenti di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, assoggettando solo coloro che sottoscrivono un contratto di abbonamento - e non anche coloro che acquistano carte prepagate eventualmente ricaricabili - alla tassa di concessione governativa. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Campania, 06/05/2014)”.

[4] Cassazione civile sez. lav.  27 aprile 2016 n. 8382 in www.dejure.it “ai sensi dell'art. 12 legge n. 153 del 1969 deve essere assoggettato a contribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, salva la prova che l'erogazione appartenga ad una delle categorie espressamente escluse dalla legge (fattispecie relativa alla concessione gratuita ai propri dipendenti giornalisti di un c.d. «pacchetto» televisivo)”.

[5]Cassazione civile sez. lav.  04 maggio 2016 n. 8892 in www.dejure.it “Il fondo di previdenza per gli impiegati delle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, di cui alla legge n. 377 del 1958, come modificata dalla legge n. 587 del 1971, è finalizzato ad integrare le pensioni dovute agli iscritti, o ai loro superstiti, dall'assicurazione generale obbligatoria, e a ciò provvede erogando agli aventi diritto un'unica pensione complessiva, comprensiva di quanto eventualmente spettante per l'A.G.O., purché sussistano le condizioni per la pensione a carico dell'assicurazione obbligatoria. Consegue che la richiesta di ricongiunzione dei contributi versati nel Fondo di Previdenza a quelli versati nell'A.G.O al fine dell'ottenimento della pensione di anzianità impedisce la successiva liquidazione del trattamento integrativo sulla pensione di vecchiaia, i cui requisiti sono maturati successivamente alla richiesta di ricongiunzione”.

[6]Comm. trib. prov.le Varese sez. V  14 maggio 2013 n. 83 in www.dejure.it “Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non di quello tributario la controversia avente ad oggetto diritti e obblighi attinenti ad un rapporto previdenziale obbligatorio anche se originata da pretesa azionata dall'ente previdenziale a mezzo di cartella esattoriale, non solo per l'intrinseca natura del rapporto, ma anche perché il d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, art. 24, sul riordino della disciplina mediante ruolo, nell'estendere tale procedura anche ai contributi e premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, espressamente prevede che il contribuente in presenza di richiesta di contributi previdenziali può proporre opposizione contro l'iscrizione a ruolo avanti al giudice del lavoro”.

[7]Tribunale Taranto sez. II  17 marzo 2016 n. 931 in www.dejure.it “le controversie concernenti l'impugnazione di una iscrizione ipotecaria fondata su un credito d'imposta sono devolute alla giurisdizione tributaria per effetto delle disposizioni del d.l. 04-07-06 n. 223;in particolare va riconosciuta la giurisdizione del Giudice Tributario, allorquando, la controversia investa un rapporto di natura tributaria, avente ad oggetto l'accertamento della esistenza o meno, di crediti d'imposta del contribuente esecutato, con la significativa puntualizzazione che occorre attribuire rilievo alla disciplina dettata dall'art. 2 d.lg. n. 546 del 1992 e tale disciplina non resta condizionata in senso limitativo dall'elencazione degli atti impugnabili di cui all'art. 19 del medesimo d.lg. n. 546 del 1992 posto che, in mancanza di uno di tali atti, non è precluso l'accesso del cittadino alla tutela giurisdizionale ogni qualvolta esiste un atto che si riveli comunque idoneo, in ragione del suo contenuto, a far sorgere l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.”.

[8]Cassazione civile sez. un.  07 gennaio 2016 n. 61 in www.dejure.it “competono alla giurisdizione del giudice ordinario i giudizi relativi al canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (c.o.s.a.p.). Il canone per l'occupazione di aree pubbliche - c.o.s.a.p. - infatti, dev'essere ritenuto come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal tributo per la medesima occupazione (t.o.s.a.p.) in quanto configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici e non già dovuto per la sottrazione al sistema della viabilità di un'area o spazio pubblico. Ne consegue che, stabilita l'oggettiva differenza tra t.o.s.a.p. e c.o.s.a.p., derivante dalla diversità del titolo che ne legittima l'applicazione – per la prima nel fatto materiale dell'occupazione del suolo pubblico e per il secondo in un provvedimento amministrativo effettivamente adottato o fittiziamente ritenuto sussistente (nell'ipotesi di occupazione abusiva) - deve essere esclusa la natura di tributo del c.o.s.a.p”.

[9]T.A.R. Catania (Sicilia) sez. III  11 febbraio 2016 n. 401 in www. dejure.it “la competenza a determinare la debenza e la quantificazione del tributo unificato spetta alla Segreteria Generale del Tribunale, che deve valutare, anche alla luce del dictum della Corte di Giustizia, sez. V, sent. 6/10/2015, la sussistenza del presupposto impositivo consistente nell'ampliamento della domanda proposta con il ricorso per motivi aggiunti rispetto alla domanda proposta con il ricorso introduttivo regolarmente assoggettato a contributo unificato e, quindi, valutare l'assoggettabilità del ricorso per motivi aggiunti a ulteriore contributo. Le contestazioni che parte ricorrente intende opporre all'operato impositivo dell'organo amministrativo preposto alla determinazione di tale contributo rivestano natura tributaria e quindi esulano dalla cognizione del giudice amministrativo, per rientrare in quella del giudice tributario.

[10]T.A.R. Potenza (Basilicata) sez. I  15 marzo 2016 n. 246 in www.dejure.it “sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia avente ad oggetto il rilascio, chiesto dall'inquilino, di autorizzazione ex art. 16, l. 3 maggio 1982, n. 203 all'esecuzione di lavori di manutenzione del fabbricato in locazione atteso che, con il chiesto rilascio, l'Amministrazione esercita un potere discrezionale per cui la pretesa del soggetto istante va qualificata come interesse legittimo, la cui tutela ai sensi dell'art. 103 comma 1, Cost. spetta alla cognizione del giudice amministrativo”.

[11]Cassazione civile sez. lav.  07 aprile 2016 n. 6775 in www.dejure.it “il diritto soggettivo del lavoratore di accedere al proprio fascicolo personale è tutelabile in quanto tale, perché si tratta di una posizione giuridica soggettiva che trae la sua fonte dal rapporto di lavoro, e l'obbligo del datore di lavoro di consentirne il pieno esercizio, prima ancora che nella legge n. 675 del 1996 (applicabile "ratione temporis"), deriva dal rispetto dei canoni di buona fede e correttezza contrattuali. Ne consegue il rafforzamento del diritto del lavoratore di rivolgersi al Garante per i provvedimenti ex art. 13 della l. n. 675 del 1996, al fine di ottenere, in ipotesi, l'integrazione dei dati personali detenuti dal datore di lavoro con documenti ulteriori, che attestino valutazioni di merito o che comunque rilevino, restando salva la discrezionalità del datore stesso circa le modalità di utilizzo delle suddette integrazioni. (Cassa con rinvio, App. Roma, 20/02/2012)”