Pubbl. Gio, 27 Nov 2025
Quote di partecipazione al fondo immobiliare di investimento dei familiari: gli indici di effettività ed autonomia della singola quota
Modifica paginaEditoriale a cura di Andrea Simaldone

Con la sentenza n. 30657/2025, la Corte di Cassazione ha dettato i criteri sulla base dei quali la parte può dimostrare l´effettività e l´autonomia della propria quota di partecipazione al fondo rispetto a quella degli altri familiari.
Con la sentenza n. 30657 del 2025, la Corte di Cassazione fissa un importante principio in merito alla tassazione delle partecipazioni ai fondi immobiliari di investimento.
Il contorno è quello disegnato dall’art. 32 co 4-bis del D.l. n. 78/2010, ove è stabilito che gli investitori non istituzionali (cioè soggetti diversi da quelli citati al comma 3 dello stesso articolo), che alla data del 31 dicembre 2010 detenevano una quota di partecipazione al fondo superiore al 5% devono corrispondere un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 5% del valore medio delle quote possedute.
Il problema giurisprudenziale prendeva piede dal metodo di calcolo imposto dalla legge per il superamento della soglia sopracitata. Infatti, il comma 3-bis dello stesso art. 32, stabilisce che ai fini della verifica della percentuale di partecipazione nel fondo si deve tenere conto, oltre che delle partecipazioni detenute direttamente o indirettamente tramite interposta persona o società controllate, anche delle partecipazioni imputate ai familiari indicati dell’art. 5, co 5, del TUIR (vale a dire il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado).
Su quest’ultimo punto, relativo alle partecipazioni dei familiari, si erano formati due orientamenti:
- Il primo riteneva la presunzione superabile attraverso la dimostrazione della diversa residenza dei familiari partecipanti al fondo;
- Il secondo riteneva che la presunzione fosse molto più rigida, pretendendo una prova contraria rigorosissima, al limite della cd. probatio diabolica.
Le Sezioni Unite, con la sentenza in oggetto, si pongono in una posizione mediana. Da un lato viene ribadito che la presunzione non è assoluta, ammettendosi la prova contraria; dall’altro si afferma come da una norma di siffatto tenore, approvata con finalità antielusive, non ci si può smarcare con una prova poco convincente, come la diversa residenza dei familiari partecipanti.
Da qui l’esigenza di individuare degli indici equilibrati per la verifica dell’autonomia e dell’effettività della singola partecipazione. Tali indici sono 3:
- La fonte dell’investimento: cioè la provenienza delle risorse finanziarie;
- Il godimento: cioè la destinazione finale dei guadagni e dei benefici derivanti dall’investimento;
- l’attività di gestione: cioè a chi e in che modo siano riferibili gli atti di effettiva gestione dell’investimento.
In sintesi, la prova contraria è ammessa ed è a carico della parte, la quale deve dimostrare l’effettività e l’autonomia della propria quota di partecipazione sulla scorta dei tre indici individuati dalla Cassazione in questa sentenza.
Le Sezioni Unite hanno quindi pronunciato il seguente principio di diritto:
In tema di fondi comuni di investimento immobiliare, l’art. 32, comma 3-bis, quinto periodo, d.l. n. 78 del 2010, ha una finalità antielusiva ed integra una presunzione legale relativa, la cui prova contraria incombe su colui che ne contesta l’applicazione. A tal fine, la parte ha l’onere di provare l’effettività e l’autonomia della propria quota di partecipazione al fondo rispetto a quelle degli altri familiari, dimostrando l’originarietà delle fonti di investimento, il godimento dei guadagni e dei benefici derivanti dal fondo, nonché l’autonomia delle scelte sull’an e sul quomodo dell’investimento