RCD


Attendere prego, caricamento pagina...
La digitalizzazione dei contratti pubblici e la mission istituzionale dell’ANAC: trasparenza, prevenzione e vigilanza dei fenomeni corruttivi
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Mar, 13 Mag 2025

La digitalizzazione dei contratti pubblici e la mission istituzionale dell’ANAC: trasparenza, prevenzione e vigilanza dei fenomeni corruttivi

Modifica pagina

Giovanna Sauzullo
Funzionario della P.A.Università degli Studi dell´Aquila



L´articolo esamina, prevalentemente, i più pregnanti e significativi poteri attribuiti all´ANAC a seguito dell´adozione del nuovo codice dei contratti pubblici, D.Lgs. 36/2023. Analizzando il novellato quadro normativo si perviene ad una nuova era di gestione del ciclo di vita del contratto pubblico, contraddistinto da una gestione squisitamente digitale. In tale contesto, si inserisce il ruolo chiave dell´ANAC, che esplica tutte le sue funzioni di vigilanza e contrasto dei fenomeni corruttivi. Si pone, inoltre l´accento sul caso Asmel Consortile S.c.a.r.l. e ANAC, analizzando le relative e recenti sentenze del TAR Lazio, Roma, Sez. I quater, che ne sono scaturite.


ENG

The digitalization of public contracts and the institutional mission of ANAC: transparency, prevention and supervision of corruptive phenomena

The article, mainly, examines the most significant and meaningful powers attributed to the ANAC following the adoption of the new public contracts code, legislative decree 36/2023. Analysing the new regulatory framework, we come to a new era of management of the public contract life cycle, marked by an exquisitely digital management. In this context, there is the key role of the ANAC, which performs all its functions of supervising and combating corruptive phenomena. The focus is also placed on the case of Asmel Consortile S.c.a.r.l. and ANAC, analysing the relative and recent sentences of the Lazio regional administrative Court, Roma, Sec. I quater, that have resulted.

Sommario: 1. Premessa; 2. La nuova disciplina: innovazione e legalità; 3. Il ciclo di vita digitale dei contratti pubblici; 4. Prevenzione e vigilanza: il core business dell’ANAC; 5. Trasparenza come leva di fiducia; 6. Il nuovo precontenzioso ANAC; 7. Il caso Asmel Consortile S.c.a.r.l.: ANAC e vigilanza sul corretto funzionamento del sistema degli appalti a tutela della legalità; 8. Conclusione.

1. Premessa

Nell’era attuale, improntata alla modernizzazione amministrativa e all’automatizzazione dei processi, al fine di consentirne lo snellimento, il settore altamente sensibile dei contratti pubblici risulta investito da un profondo rinnovamento, acquisendo una veste squisitamente di natura digitale.

La conseguenza diretta della scelta compiuta dal Legislatore è la riduzione delle tempistiche sottese alle procedure di gara, attraverso una complessiva semplificazione che abbraccia le spinte di efficienza che giungono dallo sviluppo tecnologico.

La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici è anche presidio concreto di contrasto ai fenomeni corruttivi: la trasparenza, la tracciabilità, la partecipazione e il controllo di tutte le attività garantiscono il rispetto della legalità.

In tale contesto, l’ANAC assurge a un ruolo fondamentale: prevenire la corruzione e vigilare sulla corretta normativa di settore in base ai principi della concorrenza e della par condicio competitorum dell’agere amministrativo.

2. La nuova disciplina: innovazione e legalità

Come noto, con l’avvento del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, modificato dal c.d. Correttivo[1], è stata sancita la nuova disciplina dei contratti pubblici, caratterizzata, a partire dal 1° gennaio 2024, dalla gestione integrale ed esclusiva su apposite piattaforme di approvvigionamento digitale certificate di tutti gli atti e i procedimenti amministrativi sottesi alle gare d’appalto. È chiaro, dunque, l’avvio di una transizione digitale nella gestione dei contratti di appalto o concessione, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, di qualsiasi importo essi siano.

La digitalizzazione si pone, tra le altre cose, in linea di continuità con uno degli obiettivi più significativi del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (PNRR), in cui si evidenzia la necessità di definire anche i requisiti di interoperabilità e interconnettività correlati alla nuova era digitale degli appalti pubblici e delle concessioni (M1C1-70).

La Parte II del Libro I del codice sopra richiamato punta, difatti, a realizzare dette piattaforme digitali in modo tale da permettere l’interazione con le altre banche dati già esistenti, consentendo l’arricchimento di queste ultime in relazione ai nuovi dati immessi.

Il riscontro diretto ed in tempo reale dei dati acquisiti ha molteplici vantaggi: da un lato si velocizzano le procedure senza compromettere un approvvigionamento efficiente, dall’altro si assicura il rispetto del principio della trasparenza poiché si riducono le richieste di accesso agli atti e, da ultimo, non per minore significatività, si garantisce la prevenzione della corruzione grazie alla tracciabilità.

3. Il ciclo di vita digitale dei contratti pubblici

La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti, disciplinata dal predetto codice, prevede, in primis, che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti operino assicurando il rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale (CAD)[2] e secondo i principi di neutralità tecnologica, trasparenza e protezione dei dati personali e di sicurezza informatica.

Il richiamato processo inerisce tutte le procedure e l’intero ciclo di vita dei contratti pubblici, dalla iniziale fase di programmazione dell’intervento sino al completamento dell’esecuzione, attraverso piattaforme e servizi digitali fra loro interoperabili che, congiuntamente alle citate piattaforme di approvvigionamento digitale certificate, utilizzate dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, costituiscono l’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement).

In particolare, dal 1° gennaio 2024, sono adoperabili le sole piattaforme digitali di approvvigionamento che abbiano completato il processo di certificazione delineato dall’AgID[3]. Le Amministrazioni prive di piattaforme digitali certificate, possono avvalersi, previo accordo tra Amministrazioni, di quelle messe a disposizione da altre stazioni appaltanti o enti concedenti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da Regioni o Province Autonome che, a loro volta, possono ricorrere a un gestore del sistema che garantisca il funzionamento e la sicurezza della piattaforma. Dette piattaforme devono essere iscritte nell’elenco[4] gestito da ANAC, che raccoglie sia i soggetti titolari di piattaforme (pubblici e privati) sia i gestori delle stesse.

Proseguendo la disamina, le piattaforme e i servizi digitali che comunicano tra loro, permettono l’acquisizione degli atti in formato nativo digitale, l’accesso elettronico alla documentazione di gara, nonché la presentazione delle offerte e del documento di gara unico europeo. Gli atti e i documenti, così costituiti, la cui gestione, conservazione e controllo avviene in modalità digitale, vengono poi trasmessi alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP).

La Banca dati nazionale dei contratti pubblici, gestita da ANAC, in qualità di titolare in via esclusiva, si compone di varie sezioni[5] e fornisce dati e informazioni necessari allo svolgimento delle fasi dell'intero ciclo di vita dei contratti pubblici, in modalità interoperabile, a tutte le altre componenti dell’ecosistema. È la stessa ANAC a fissare tutte le informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono tenuti a trasmettere, affinché non si omettano elementi o attività necessarie a garantire l'interconnessione dei dati, nonché ad individuare i termini entro i quali i titolari delle piattaforme e delle banche dati garantiscano l'integrazione con i servizi abilitanti l'ecosistema di approvvigionamento digitale.

Nei casi di omissione o rifiuto di informazioni e di attività necessarie a garantire l'interoperabilità delle banche dati coinvolte nel ciclo di vita dei contratti pubblici, l'ANAC o le stazioni appaltanti possono effettuare una segnalazione all'Agenzia per l’Italia digitale (AgID) per l'esercizio dei poteri sanzionatori[6], in quanto violazione di obblighi di transizione digitale. L’interoperabilità rappresenta, pertanto, un obbligo da adempiere, avverso il quale non possono essere opposte disposizioni.

Nell’ambito della stessa opera anche il Fascicolo virtuale dell’operatore economico (FVOE)[7], utilizzato per la partecipazione alle procedure di affidamento delle commesse pubbliche, in quanto composto da dati e documenti dell'operatore economico, aggiornati automaticamente mediante l’interconnessione e utilizzati in tutte le procedure di affidamento cui l'operatore partecipa.

Il Fascicolo virtuale dell'operatore economico è reso accessibile dall’ANAC alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti, agli operatori economici e agli organismi di attestazione di qualificazione[8], limitatamente ai dati di rispettiva competenza. La tipologia di dati in esso contenuti viene fissato dall’ANAC, con proprio provvedimento[9], d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e con l’AgID; tali elementi dovranno poi essere verificati attraverso la loro corrispondenza con quanto già acquisito all’interno della Banca dati nazionale dei contratti pubblici.

Alla luce di quanto finora esposto, l’ANAC svolge un ruolo cruciale nella costruzione e nella gestione dell’infrastruttura digitale, curando la gestione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici e garantendone l’aggiornamento e l’interoperabilità.

4. Prevenzione e vigilanza: il core business dell’ANAC

Storicamente, il settore dei contratti pubblici è uno dei più esposti al rischio corruttivo, a causa dell’elevata movimentazione di risorse economiche e della discrezionalità tecnica e amministrativa nelle procedure.

La prevenzione dei fenomeni corruttivi ha il fine di tutelare la legalità, la trasparenza e l’efficienza nelle procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici, prevenendo lo sperpero di denaro pubblico con i conseguenti relativi danni all’erario.

L’art. 222 del codice, al comma 1, attribuisce all’ANAC la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici, anche regionali, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali e sui contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza, nonché sui contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice.

Tale attività investe tutte le fasi dell’appalto: dalla programmazione dei lavori e acquisto di beni e servizi, alla progettazione, per poi proseguire con la gara e scelta del contraente, fino ad arrivare all’esecuzione dell’appalto e alla sua collaudazione.

Diverse sono le competenze dell’ANAC, tra cui la possibilità di adottare atti di indirizzo e strumenti di regolamentazione flessibile, quali le linee guida vincolanti erga omnes o non vincolanti, che tendono a omogeneizzare i procedimenti amministrativi, favorendo lo sviluppo delle best practices e riducendo i margini di discrezionalità e opacità.

Alla stessa è attribuita la possibilità di stipulare protocolli di intesa con le stazioni appaltanti per supportarle nella predisposizione degli atti, nella gestione della procedura di gara e nella fase di esecuzione del contratto, secondo un meccanismo improntato alla vigilanza collaborativa.

Di particolare rilievo è, poi, l’attività ispettiva su iniziativa propria o su segnalazione di terzi. Al riguardo, in base al Regolamento sull'esercizio dell’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici[10], la vigilanza dell’Autorità è attivata dall’ufficio competente, in base alla direttiva annuale programmatica approvata dal Consiglio o su disposizione di quest’ultimo, al verificarsi del mancato adeguamento della stazione appaltante o dell’ente concedente alle osservazioni dell’Autorità[11] o al parere di precontenzioso[12].

Essa è, altresì, avviata in caso di segnalazioni presentate dall’Autorità giudiziaria amministrativa, dal Pubblico ministero, dall’Avvocatura dello Stato e da ogni altra Amministrazione o Autorità pubblica, compresa quella giudiziaria ordinaria e contabile, nonché da terzi.

Il Responsabile del procedimento di vigilanza, all’uopo designato, può richiedere informazioni e dati, nonché l’esibizione di documenti e può convocare in audizione i soggetti ai quali è stata data comunicazione di avvio del procedimento. Lo stesso può interessare il Consiglio per lo svolgimento di un’ispezione con l’eventuale collaborazione della Guardia di Finanza o di altri organi dello Stato.

L’istruttoria può concludersi in forma semplificata, laddove non sussistano dubbi interpretativi o nel caso in cui sia possibile applicare una precedente pronuncia dell’Autorità alla specifica condizione in esame. Viceversa, a seguito di accertamento di atti illegittimi e irregolari di particolare gravità o di particolare rilevanza economica e sociale, il dirigente può predisporre una comunicazione di risultanze istruttorie (CRI), sottoposta alla preventiva approvazione del Consiglio e, successivamente, trasmessa alla stazione appaltante e ai controinteressati.

L’ANAC, a conclusione del procedimento di vigilanza, può adottare raccomandazioni rivolte alle stazioni appaltanti per rimuovere irregolarità o illegittimità accertate e per prevenire il loro ripetersi. Le stesse sono pubblicate sul sito istituzionale dell’ANAC ed eventualmente anche sul sito della stazione appaltante, se così stabilisce il Consiglio.

Va, infine, menzionato l’esercizio del potere sanzionatorio, da inquadrare come potere amministrativo, nel rispetto del principio del contraddittorio, con funzione di deterrenza e conformazione. Esso, pertanto, non è sostitutivo del giudizio penale o contabile, ma può precederlo o affiancarlo.

L’Autorità può irrogare sanzioni amministrative pecuniarie in caso di omissione, rifiuto o ritardo ingiustificato nel fornire dati o documenti richiesti, per comunicazione di informazioni non veritiere e per inottemperanza a obblighi informativi o regolamentari stabiliti dalla legge o da atti dell’ANAC. Altresì, le sanzioni vengono irrogate nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento.

5. Trasparenza come leva di fiducia

Gli obblighi di trasparenza dei contratti pubblici[13], da parte delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, vengono assolti, mediante la pubblicazione sul proprio sito istituzionale, nella sezione "Amministrazione trasparente", mediante un collegamento ipertestuale che rinvia ai dati relativi all’intero ciclo di vita del contratto trasmessi alla BDNCP. Nella medesima sezione, sottosezione “Bandi di gara e contratti”, vanno indicati anche tutti gli atti relativi al singolo contratto che non sono comunicati alla BDNCP e che sono oggetto, in ogni caso, di pubblicazione obbligatoria[14]

In caso di omessa pubblicazione dei dati, atti e informazioni si applica la disciplina sull’accesso civico semplice di cui all’articolo 5, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (decreto trasparenza), il quale prevede che tale inadempimento «comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione».

Alla scadenza del termine di durata dell’obbligo di pubblicazione, la BDNCP, la stazione appaltante e l’ente concedente, per quanto di rispettiva competenza, sono tenuti a conservare e a rendere disponibili i dati, gli atti e le informazioni al fine di soddisfare eventuali istanze di accesso civico generalizzato, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del decreto trasparenza.

Nei Piani di programmazione delle misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza le stazioni appaltanti e gli enti concedenti individuano i responsabili cui spetta l’elaborazione, la trasmissione e/o la pubblicazione di atti, dati e informazioni.

6. Il nuovo precontenzioso ANAC

In materia di precontenzioso si assiste, con il nuovo codice, all’introduzione di significative novità con un potenziamento complessivo del ruolo dell’ANAC.

L’art. 220, comma 1, del richiamato dettato normativo, riscrive la disciplina del parere di precontenzioso dell’Autorità[15], con un rafforzamento dell’istituto, ai fini di un’espansione della modalità di risoluzione alternativa delle controversie. Il parere ANAC, difatti, assurge a questo compito: prevenzione della causa e finalità deflattiva rispetto al contenzioso giurisdizionale.

Il parere viene espresso su istanza della stazione appaltante, dell’ente concedente o di una o più delle parti, su questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara. Dalla ricezione della richiesta, l’Autorità ha 30 giorni per esprimere il parere che assume portata decisoria, configurandosi non come una mera opinione consultiva ma come un provvedimento in grado di incidere sul rapporto giuridico oggetto della pronuncia.

La stazione appaltante o l'ente concedente che non intenda conformarsi al parere comunica le motivazioni, entro 15 giorni, alle parti interessate e all’ANAC, che può proporre il ricorso[16]. La previsione di questa facoltà amministrativa di non adeguamento e l’inversione dell’onere relativo al ricorso giurisdizionale (l’ANAC dovrà contestare il provvedimento amministrativo “ribelle”), riducono il tasso di vincolatività dell’atto e recuperano la sua matrice consultiva. Resta, invece, ferma la vincolatività per le arti diverse dalla stazione appaltante, tenute a impugnare il parere che, da questo punto di vista, esibisce la sua matrice decisoria[17].

Al comma successivo, l'ANAC può impugnare i bandi, gli atti generali e i provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. In ambito processuale, dunque, l’ANAC non è il soggetto che difende in giudizio la propria determinazione, ma diviene la parte che attacca nel processo i provvedimenti illegittimi delle stazioni appaltanti[18].

Per il successivo comma 3, quando l’ANAC ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni può emettere un parere motivato, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, assegnando un termine affinché la stazione appaltante vi si conformi, comunque non superiore a 30 giorni.

L’Autorità esprime pareri di precontenzioso anche per la risoluzione di controversie insorte durante la fase esecutiva del contratto, nei soli casi in cui è previsto l’esercizio di un potere autoritativo da parte della stazione appaltante o dell’ente concedente, in relazione a: divieto di rinnovo tacito dei contratti; clausola di revisione del prezzo e il relativo provvedimento applicativo; modifiche contrattuali apportate senza una nuova procedura di affidamento in assenza dei presupposti legittimanti; diniego di autorizzazione al subappalto[19].

7. Il caso Asmel Consortile S.c.a.r.l.: ANAC e vigilanza sul corretto funzionamento del sistema degli appalti a tutela della legalità

L’ANAC, a seguito di approfondite istruttorie, ha accertato che Asmel Consortile S.c.a.r.l. (d’ora in poi Asmel) non possiede i requisiti di legge per essere qualificata come società in house e, di conseguenza, non può essere iscritta nell'elenco dei soggetti aggregatori e delle centrali di committenza qualificate.

Asmel ha impugnato, mediante vari ricorsi tra loro connessi, i provvedimenti ANAC[20]; i ricorsi sono stati rigettati dal Tar Lazio, Roma, Sez. I quater, con sentenze n. 2860, 2865, 2878 e 2895 del 2025 ed è stata confermata la legittimità dell'operato dell'ANAC, evidenziando che la società non ha mai avuto, né poteva legittimamente esercitare, funzioni di centralizzazione delle committenze, né attività di committenza ausiliaria in nome e per conto di altri soggetti non qualificati.  

Il Collegio, ritenendo infondate le doglianze sostenute dalla parte ricorrente, ha evidenziato che[21], ai fini dell’iscrizione all’elenco dei soggetti aggregatori è necessario, in primo luogo, essere una centrale di committenza.

Sul punto, sussistono due criticità che non consentivano di qualificare Asmel come centrale di committenza:

  • la prima relativa al fatto che questa non potesse essere inquadrata come società in house, dal momento che la normativa vigente non consente la delega di funzioni pubblicistiche di committenza, da parte degli enti locali, ad una generica società di diritto privato non sottoposta al controllo analogo degli stessi.


Gli Enti locali possono, infatti, delegare tali funzioni attraverso uno degli strumenti giuridici previsti dagli artt. 30 e ss. d.lgs. 267/2000[22] o attraverso accordi[23] con altre pubbliche amministrazioni, ovvero con soggetti regolati dal diritto pubblico e la cui attività si svolge, di regola, attraverso l’adozione di atti autoritativi.

Ancora, è possibile che la centralizzazione della committenza avvenga anche nei confronti di determinate società pubbliche che operino in regime di diritto privato, nell’ambito di specifici sistemi puntualmente disciplinati dalla normativa primaria o nei riguardi di società in house[24]. Queste ultime sono solo formalmente un soggetto terzo, essendo nella sostanza sotto ordinate alle P.A. controllanti.

Tanto chiarito, Asmel non ha fornito alcuna prova concreta degli strumenti operativi adottati dai Comuni per incidere sulle scelte strategiche della società né ha dimostrato la sussistenza di forme di effettivo coordinamento o condivisione delle linee programmatiche intercorrente tra i numerosi altri enti soci.

Alla luce di tale principio, si conferma che Asmel non rientra nella categoria delle società in house e non può essere qualificata come soggetto aggregatore o centrale di committenza qualificata;

  • la seconda afferente al fatto che la prassi di Asmel di richiedere una remunerazione per i servizi espletati mal si concilia con il principio affermato nella sentenza CGUE 4 giugno 2020, C-3/19, secondo cui «una centrale di committenza agisce in qualità di amministrazione aggiudicatrice, al fine di provvedere ai bisogni di quest’ultima e non in quanto operatore economico, nel proprio interesse commerciale».

Difatti, Asmel ha richiesto, agli operatori economici e alle stazioni appaltanti, un corrispettivo − sotto forma di percentuale fissa sul valore delle gare − che non vi è alcuna evidenza che costituisca un contributo finalizzato alla mera copertura dei costi di funzionamento, apparendo al contrario idoneo a determinare il conseguimento di utili, secondo una logica e un modus operandi di carattere tipicamente commerciale. Ciò, pertanto, esclude la reale cooperazione solidaristica tra enti pubblici orientata alla riduzione dei costi e all’aumento dell’efficienza per la P.A, principi cardine della disciplina sulla centralizzazione delle committenze.

Tale conclusione appare totalmente in linea con la direttiva 2014/24/UE, che sottolinea la natura pubblicistica dell’attività cui le centrali di committenza sono preposte non contemplando la mera riduzione della stessa a servizio, svolto da privati, secondo una logica economico-commerciale orientata al perseguimento di utili. Si chiarisce, inoltre, che nella logica della richiamata direttiva unionale la centrale di committenza svolge delle attività che comprendono l’esercizio di funzioni pubblicistiche la cui remunerazione è sì possibile ma solo nella logica della tendenziale copertura dei soli costi, tipica della cooperazione tra amministrazioni.

Per di più, il carattere economico-commerciale dell’attività di un soggetto è condizione sufficiente per escludere che lo stesso possa essere considerato quale organismo di diritto pubblico[25].

In definitiva il Tar Lazio ha riconosciuto che i provvedimenti adottati dall’ANAC, tra cui la cancellazione della società dall’elenco dei soggetti qualificati, rappresentano un'attività doverosa e correttamente esercitata, considerando le molteplici irregolarità riscontrate nei confronti di Asmel da parte della Giustizia amministrativa, della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e della stessa ANAC.

8. Conclusione

Il nuovo Codice dei contratti pubblici, costituisce un tassello fondamentale nel vorticoso processo volto a trasformare la P.A. da “luogo oscuro” in “casa di vetro[26]. La trasparenza, d’altronde, distingue gli ordinamenti democratici da quelli autoritari; un potere invisibile è il contrario della democrazia, come sosteneva Norberto Bobbio.

Il moderno rapporto amministrativo, plasmato dal diritto unionale, impone la soggezione dell’agire pubblicistico a canoni di pubblicità, favorendo l’accessibilità, intesa come controllo sull’operato della res publica.

Allo stesso tempo, il controllo e la vigilanza, esercitata ANAC, rappresentano degli strumenti efficaci per prevenire la maladministration e per intervenire a garanzia della legalità nelle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti pubblici.

Nei prossimi anni la sfida sarà assicurare che la digitalizzazione non resti solo un adempimento formale e garantire, nel contempo, che essa diventi uno strumento vivo di contrasto alla corruzione e di rilancio della fiducia dei cittadini nelle Istituzioni.


Note e riferimenti bibliografici

[1]    d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209.

[2]     d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

[3]    Delibera ANAC n. 582 del 13 dicembre 2023, d’intesa con il MIT.

[4]    Di cui all’articolo 26, comma 3, del Codice dei contratti pubblici.

[5]    La BDNCP, in accordo con la Delibera n. 261 del 20 giugno 2023, si articola nelle seguenti sezioni:

  1. Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA);
  2. Piattaforma contratti pubblici (PCP);
  3. Piattaforma per la pubblicità legale degli atti;
  4. Fascicolo virtuale dell’operatore economico (FVOE);
  5. Casellario Informatico;
  6. Anagrafe degli operatori economici.

[6]     Di cui all'articolo 18-bis del d. lgs. n. 82 del 2005.

[7]    Artt. 24 e 99 del codice dei contratti pubblici.

[8]    Organismi di diritto privato, autorizzati dall’ANAC, a rilasciare apposite attestazioni di qualificazione agli operatori economici che partecipano a procedure di aggiudicazione di appalti di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro.

[9]  Delibera ANAC n. 262 del 20 giugno 2023.

[10] Delibera ANAC n. 270 del 20.06.2023 - aggiornata con delibera ANAC n. 346 del 03.07.2024.

[11] Ai sensi dell’art. 8 del Regolamento in materia di vigilanza collaborativa, approvato con delibera ANAC n. 269 del 20 giugno 2023.

[12] Di cui all’art. 220, comma 1, del codice dei contratti pubblici.

[13] Delibera ANAC n. 264 del 20 giugno 2023, modificata e integrata con delibera n. 601 del 19 dicembre 2023.

[14]   Tali dati e atti sono individuati dall’allegato alla delibera ANAC n. 264/2023. 

[15] Già previsto dall’art. 211, comma 1, del d.lgs, 50/2016.

[16]   Se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall'ANAC, comunque non superiore a trenta giorni dalla trasmissione, l'Autorità può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo, ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

[17]   F. CARINGELLA, XVII ed., Dike Giuridica, Napoli, 2025, p. 1414.

[18]   CARINGELLA, op. cit., p. 1415.

[19]   Regolamento in materia di pareri di precontenzioso di cui all’art. 220, commi 1 e 4 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36. Delibera n. 267 del 20 giugno 2023.

[20] Delibera n. 643/2021, che non ha ricompreso in sede di aggiornamento Asmel nell’elenco dei Soggetti Aggregatori; Delibera n. 130/2022, di diniego dell’iscrizione di Asmel nell'Elenco delle Amministrazioni aggiudicatrici e degli Enti Aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house; Delibera n. 195/2024, che ha disposto la sospensione della qualificazione ottenuta da Asmel, la cancellazione della stessa dall’elenco delle stazioni appaltanti qualificate e l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di euro 93.000,00.

[21] In base a quanto sancito dall’art. 9, del d.l. n. 66/2014[21] e dal D.P.C.M. 11 novembre 2014.

[22] Convenzioni tra enti locali, consorzi in regime di diritto pubblico, unioni di comuni.

[23] Ex art. 15, l. n. 241/1990.

[24] Con riferimento alle società in house, lo svolgimento di attività di centralizzazione della committenza comporta una delega di funzione pubbliche da un soggetto che ne è titolare ex lege a un altro soggetto individuato dall'amministrazione o per disposizione di legge.

[25] Art. 1, comma 1, lett. e, dell’allegato I.1 al d.lgs. n. 36/2023.

[26] La metafora dell’amministrazione pubblica come “casa di vetro” è utilizzata per la prima volta da Filippo Turati in Atti del Parlamento italiano, Camera dei deputati, sessione 1904-1908, 17 giugno 1908. L’espressione è poi stata riproposta dalla «Commissione Nigro» nell’ambito dei lavori preparatori per la stesura della l. n. 241/1990.