Pubbl. Lun, 28 Apr 2025
L´inclusione dei criteri ESG e nuove prospettive del mercato assicurativo
Modifica pagina
Giuseppe Scavino

La conferma dei criteri ESG nelle politiche assicurative e previdenziali rappresenta una questione di notevole rilevanza nelle dinamiche evolutive del settore. Le persistenti asimmetrie informative e la vulnerabilità del consumatore pongono sfide di rilevante entità, imponendo la necessità di un adeguamento delle politiche di trasparenza e di protezione. La Direttiva IORP II e il Regolamento SFDR, rappresentano il tentativo delle istituzioni europee di armonizzare il quadro normativo, anche se la carenza di dati standardizzati, e la complessità dei prodotti assicurativi sostenibili, ostacolano la piena attuazione dei programmi di transizione. Poste le premesse, l’articolo in oggetto si propone di esaminare le implicazioni giuridiche e le future prospettive in ambito di “green insurance”

The incorporation of ESG criteria and new perspective in the insurance market
The confirmation of ESG criteria in insurance and pension policies represents a matter of considerable significance in the evolving dynamics of the sector. The persistent informational asymmetries and consumer vulnerability pose substantial challenges, necessitating the adjustment of transparency and protection policies. The Directive IORP II and the SFDR Regulation represent the European institutions´ attempt to harmonize the regulatory framework, although the lack of standardized data and the complexity of sustainable insurance products hinder the full implementation of transition programs. Given these premises, the article aims to examine the legal implications and future perspectives in the field of ”green insurance.”Sommario: 1. Premessa; 2. L’evoluzione normativa dell’Insurance Sector e piena integrazione del Concetta di “sostenibilità” nell’attività assicurativa; 3. L’inclusione dei criteri ESG nei piani previdenziali; 4. E le dinamiche operative dei fondi pensione in merito ai fattori di sostenibilità; 5. Aspetti critici della vulnerabilità e mancata consapevolezza del consumatore assicurativo; 6. (Segue). L’esigenza di un percorso educativo anche in materia assicurativa; 7. Conclusioni.
1. Premessa
Che la sostenibilità assurga a principale driver delle strategie economiche e regolatorie degli ordinamenti europei, e non solo, è oramai un dato consolidato nel dibattito internazionale e ne è riprova il cambiamento avvenuto in tempi recenti riguardo alle dinamiche finanziarie, comprese quelle assicurative.
Del resto, superato l’antagonismo dottrinale tra i principi economici ed ambientali, la formula sostenibile – soprattutto nella sua accezione lata di sviluppo – non solo costituisce un obiettivo imprescindibile, ma anche un criterio di indirizzo per le scelte degli operatori verso modelli di sviluppo più responsabili e rispettosi degli ecosistemi[1].
A supporto di questo nuovo impianto ideologico, lo stesso Costituente ha ritenuto di inserire un richiamo esplicito alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali dell’ordinamento, con una riforma che si distingue per il carattere innovativo e per l’approccio sistematico adottato. Sicché, l’aggiunta di un nuovo comma all’art. 9 Cost. va letta come necessario completamento della previsione, ivi contenuta, originariamente circoscritta al paesaggio e al patrimonio storico-artistico, che ne espande la portata verso «la tutela dell’ambiente nell’interesse delle generazioni» [2].
Con lo stesso spirito riformatore viene posta mano all’art. 41 Cost., laddove si riconosce la necessità di subordinare l’iniziativa economica privata al rispetto della salute e dell’ambiente. La portata di tale intervento è di tutta evidenza giacché si tende ad un rafforzamento del limite alla libertà di impresa in funzione di interessi di ordine superiore, il quale assume particolare rilievo nel quadro di una regolazione economica sempre più orientata a garantire un bilanciamento tra libertà individuali e tutela del bene comune[3].
Un paradigma, dunque, non solo capace di modellare le politiche economiche e giuridiche, ma anche di ridisegnare le regole che governano i mercati finanziari e assicurativi[4] tanto da orientare le istituzioni europee e nazionali a un’integrazione normativa dei fattori ESG (ambientali, sociali e di governance) nei modelli aziendali e nell’offerta di prodotti finanziari e assicurativi[5].
Fino ad oggi la letteratura in argomento ha riconosciuto un ruolo preminente ai mercati finanziari per la loro capacità di creare valore nel lungo periodo indirizzando i capitali verso attività che non solo generano il c.d. “plusvalore economico”, ma che siano in grado, al contempo, di garantire la “capacità di futuro” ovvero l’utilità sociale nel rispetto del sistema-ambientale.
Un riconoscimento che comunque non ha posto in secondo piano la posizione altrettanto centrale del settore assicurativo nella green transition in ordine tanto alla sua attribuzione primaria di gestione e trasferimento del rischio, quanto in relazione alla sua capacità di promuovere investimenti green con una prospettiva di medio-lungo periodo.
Difatti, le imprese assicurative, come quelle di riassicurazione, oltre a offrire coperture per eventi connessi al cambiamento climatico e prodotti assicurativi ESG compliant, orientano le proprie strategie di allocazione delle risorse finanziarie nel rispetto del “capitale naturale”, in armonia con gli obiettivi del Green Deal.
Se, in un primo momento, i modelli economici delle imprese assicuratrici sembrano aver avuto un predominante focus sui criteri di sostenibilità di tipo ambientale (E), via via si è registrato un progressivo sforzo, da parte della corporate policy, verso l’integrazione di fattori etici e di green governance (G), di pari passo con il crescente interesse verso l’elemento social (S), il più difficile da definire e misurare della triade[6]. Il risultato è stato quello di offrire alla clientela prodotti assicurativi ad elevato contenuto sociale, contribuendo a definire la sostenibilità in uno straordinario concetto integrato di dimensione ambientale, sociale e di governance[7].
Nello stesso solco si incunea il crescente interesse da parte della previdenza complementare e dei fondi pensione alla programmazione green, imponendo il tema della sostenibilità stessa come criterio direttivo, politico e di indirizzo. Responsabile di questo c.d. cambio di prospettiva è certamente da attribuire al recepimento della Direttiva 2016/2341 (IORP II), a seguito della quale i fondi pensione vengono avviati ad una direzione strategica, d’investimento e gestione del rischio, contraria al breve periodo, con lo scopo di affiancare la remuneratività ai criteri individuati[8].
Va osservato preliminarmente come la formula assicurativa sostenibile discenda da un processo di cambiamento avvenuto in modo graduale, connaturato inizialmente da meccanismi di autoregolazione e successivamente consolidato attraverso interventi normativi significativi. Ciò ha permesso di individuare una connessione diretta tra i principi di responsabilità sociale d’impresa e l’adozione di policy interne, in particolare codici di condotta aziendali delle compagnie assicurative e di riassicurazione, che hanno accompagnato – semplificandola – la transizione dal soft law di matrice internazionale al hard law di derivazione europea. Si pensi al Regolamento Delegato (UE) 2021/1257, il quale ha contribuito a modificare il quadro normativo dell'IDD e contestualmente i Regolamenti Delegati (UE) 2017/2358 e 2017/2359, introducendo l’integrazione dei fattori, dei rischi e delle preferenze di sostenibilità nei requisiti di controllo e di governance del prodotto per le imprese di assicurazione e i distributori di prodotti assicurativi.
Riprendendo quanto precedentemente affermato, la letteratura, in un quadro innovativo siffatto, ha progressivamente focalizzato la propria attenzione sul concetto di green insurance, quale espressione delle pratiche assicurative orientate alla tutela ambientale. Un orientamento questo che trova ampia risposta nei principi emanati dall’EIOPA, i quali congiuntamente a quelli delle altre autorità europee (in specie EBA e ESMA), hanno posto in essere specifiche misure per garantire una maggiore trasparenza e informazione dei prodotti assicurativi sostenibili, in modo da sensibilizzare i consumatori[9].
Il target preso in considerazione è soprattutto quello delle nuove generazioni cui è rivolto il continuo processo di transizione verso la sostenibilità e l'innovazione digitale. Esse, nonostante il crescente interesse verso la green insurance, mostrano, ancora una volta, una limitata competenza degli strumenti disponibili, dovuta a una carenza di preparazione sui profili specifici della materia, la quale necessita di un innalzamento del livello di alfabetizzazione finanziaria e digitale per poter raggiungere risultati ottimali.
Poste siffatte considerazioni, è imprescindibile interrogarsi non solo sull'effettiva efficacia dei prodotti assicurativi e previdenziali sostenibili, ma anche sulle criticità intrinseche che ne limitano l'adozione e la comprensione da parte dei consumatori. Concordi nel ritenere come la vulnerabilità degli utenti – acutizzata da un limitato bagaglio di conoscenze economico-finanziarie e, in alcuni casi, da concomitanti condizioni personali di fragilità – rappresenti, a conti fatti, un ulteriore ostacolo alla diffusione consapevole di tali strumenti.
Pertanto, nel corso del presente contributo, si cercherà di analizzare, caratteristiche e funzionamento dei prodotti assicurativi e della previdenza complementare in ottica ESG, valutandone l’impatto reale sul mercato e la capacità di rispondere alle esigenze di sostenibilità economica, sociale e ambientale, con particolare attenzione alla tutela e all'empowerment del consumatore, ben consapevoli tuttavia che la prospettiva di indagine circoscritta e esigenze di trattazione richiederanno in altra sede un maggiore approfondimento dei temi trattati.
2. L’evoluzione normativa dell’Insurance Sector e piena integrazione del concetto di “sostenibilità” nell’attività assicurativa
Quanto precede ha messo in evidenza la diretta connessione della rivoluzione finanziaria green alle recenti sfide assicurative, risaltandone l’incidenza sulle strategie di investimento e sulla gestione dei rischi. Trattasi, come si avrà modo di sviluppare nel prosieguo, di un’innovativa tendenza che allarga i confini semantici del concetto di “rischio assicurativo” in un’estensione volta non solo alla mitigazione di eventi sempre più rilevanti (si pensi a quelli legati al cambiamento climatico) ma anche alla rimodulazione delle politiche interne delle compagnie assicurative, finalizzate a incentivare condotte virtuose da parte degli operatori e dei consumatori più sensibili alle tematiche sostenibili.
Riferimenti giuridici in tal senso sono da rintracciare nel concetto di sostenibilità riferibile ai prodotti assicurativi ad opera della SFDR che, unitamente alle principali direttrici dei Regolamenti delegati (UE) 2021/1256 e 2021/1257 consolidano il quadro normativo europeo anche con riguardo ai processi di product oversight and governance (in sigla POG)[10] delle imprese di assicurazione, introdotti come noto dalla direttiva IDD. Essi mirano, nell’ottica appena citata, a “mifidizzare” le regole di condotta e di professionalità relative alla consulenza in materia di investimenti per il collocamento di prodotti integrando le preferenze di sostenibilità dei contraenti, con particolare riguardo alla valutazione di adeguatezza.
Interventi questi, occorre puntualizzare, prontamente introdotti nel nostro ordinamento mediante l’adeguamento della normativa secondaria emanata dall’IVASS (ultimo, in tal senso, il provvedimento del 10 maggio 2023 n.131) per garantire la coerenza tra le norme regolamentari nazionali, attualmente in vigore, e la nuova disciplina europea, con lo scopo di facilitare la loro applicazione da parte degli operatori del mercato.
Nondimeno, il potenziamento della disclosure informativa ha ulteriormente imposto obblighi stringenti in materia di trasparenza sulle caratteristiche di sostenibilità dei prodotti assicurativi. La ratio è quella di garantire l’applicazione coerente e omogenea del regolamento delegato da parte di imprese, intermediari assicurativi e autorità nazionali competenti e limitare possibili vendite scorrette di prodotti assicurativi, prevedendo inoltre la possibilità per gli intermediari di effettuare un downgrade delle preferenze di sostenibilità del cliente in caso di impossibilità di soddisfarne le richieste. Questa opzione limiterebbe invero l’offerta ai prodotti già presenti in portafoglio e conseguentemente attenuerebbe la potenziale spinta verso un’innovazione di prodotto derivante dalle preferenze degli investitori [11].
Inoltre, sulla base al principio di proporzionalità, è data la possibilità all’intermediario di accertare, in via autonoma, la rilevanza dei rischi climatici e ambientali per il proprio modello di business, applicando soluzioni coerenti.
Quel che emerge dal complesso iter di adozione e di entrata in vigore dei provvedimenti normativi europei in tema di sostenibilità è una ridefinizione dei confini del settore assicurativo che ammanta di “green” la dimensione Insurance, per estendere la sua risposta a riflessioni ambientali, sociali e di governance, nonché alla promozione di comportamenti ecosostenibili da parte degli operatori di settore, del tutto inedita rispetto al passato. Tant’è che negli ultimi anni l’affermazione della Green Insurance è divenuta promotrice di policy aziendali, le quali adottano strategie e sistemi di remunerazione ESG , nel pieno rispetto della parità di genere, oltre ad includere i criteri di sostenibilità negli investimenti e nei singoli prodotti assicurativi.
Si pensi a temi apparentemente distanti come la riduzione dell’inquinamento e la promozione della prevenzione sanitaria, che oggi costituiscono oggetto di studio delle imprese assicurative ingegnerizzando i propri prodotti con caratteristiche sostenibili, come quelli ambientali (: promozione di energie rinnovabili, mobilità sostenibile, efficienza energetica, oltre a quelli dedicati alla riduzione dei rischi catastrofali e dei danni ambientali) e sociali.
Quanto a quest’ultimi, ovvero ai prodotti ad alto contenuto sociale[12], essi hanno assunto una rilevanza crescente nel periodo successivo alla pandemia da COVID-19, in quanto strutturati a promuovere il benessere sociale attraverso programmi di inclusione destinati alle categorie della popolazione meno agiate.
Come commentato da autorevole dottrina[13], questo nuovo quadro operativo, dettato dagli interventi rimediali e di contrasto alla crisi sanitaria, hanno registrato un significativo aumento delle polizze connaturate dal fattore Social – resi accessibili a una specifica fascia di clientela vulnerabile con disabilità o in condizione di disoccupazione e per ciò considerata ad alto rischio dalle compagnie assicurative – segno evidente che la dimensione del modello socio-sostenibile, nell’attenuare le rigidità imposte dalle tradizionali logiche di mercato orientate al profitto, sono in grado maggiormente di garantire un equo accesso alle coperture assicurative.
Da qui, il diffondersi delle politiche di sottoscrizione del rischio, attraverso prodotti assicurativi ramo vita o danni, da parte delle compagnie attente alle esigenze sostenibili, le quali tuttavia hanno dovuto fare i conti con una crescita frenata a causa dalle lacune del framework regolatorio, rispetto alla disciplina sugli investimenti sostenibili, e della mancanza di una definizione chiara e univoca della formula sostenibile nei prodotti assicurativi[14].
In proposito, la recentissima pronuncia dell’EIOPA conferma l’asimmetria regolatoria evidenziando testualmente come «l'attuale quadro normativo non stabilisce standard espliciti per i prodotti non-life che possono dichiarare di avere caratteristiche di sostenibilità»[15] , circostanza questa che ha determinato incertezza interpretativa per gli operatori del settore, acuendo le probabilità di strategie di greenwashing da parte delle aziende[16].
Parimenti, in risposta alla crescente frequenza dei fenomeni catastrofali, si assiste a un’intensa ricerca di soluzioni assicurative innovative, abbinate a prodotti con caratteristiche ESG e finalizzati alla mitigazione di tali eventi. Gli strumenti adottati si pongono come obiettivo la garanzia di una tutela d’impresa efficace, attenuando l’impatto economico derivante dalle perdite di reddito e dai pregiudizi subiti a seguito di eventi catastrofali.
In tale contesto, le risposte del settore assicurativo si concretizzano in strumenti innovativi quali le polizze parametriche – il cui indennizzo, prestabilito, viene erogato al verificarsi di specifici parametri oggettivi (quali l’intensità di un terremoto o il livello delle precipitazioni) e prescinde dal danno effettivamente subito[17] – strumenti finanziari come i derivati climatici[18] – strumenti di natura finanziaria che prevedono il pagamento di un premio nel caso in cui si registri un valore superiore ai parametri di riferimento – e i Cat Bonds, determinati a rafforzare la resilienza finanziaria rispetto a eventi di natura straordinaria. Nella prospettiva obbligazionaria dei Cat Bonds, in particolare, gli eventi catastrofali assumono la connotazione di un onere di rischio che, in cambio di rendimenti elevati, viene assunto dagli investitori e trasferito dagli emittenti al verificarsi dell’evento catastrofico previsto contrattualmente[19].
A far data dall’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2024 (L. 30 dicembre 2023, n. 213) il complesso ordinamentale si arricchisce di ulteriori e significative novità in materia di assicurazione obbligatoria per le imprese (in specie, art. 1, co. 100-102). L’obiettivo del legislatore si configura nell’obbligatorietà di coperture assicurative specifiche in risposta ai crescenti rischi legati a fenomeni naturali e climatici, in linea con le politiche di resilienza e sostenibilità promosse a livello europeo. Cui fa eco il ruolo assunto da SACE S.p.A., società controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che, nell’ottica considerata, esercita in qualità di riassicuratore pubblico, una funzione di supporto del sistema assicurativo nazionale finalizzata alla copertura dei rischi catastrofali operando in sinergia con il settore privato per garantire una maggiore diffusione delle coperture contro calamità naturali[20].
Nel voler delineare, nella direzione suaccennata, l’evoluzione che indubbiamente ha subito l’Insurance sector nel corso degli ultimi anni non si può fare a meno di volgere lo sguardo alle ricadute delle innovazioni di derivazione tecnologica, sull’apparato sistemico del settore assicurativo che ha dato luogo all’integrazione di nuove metriche quali big data, Intelligenza Artificiale, blockchain consentendo un’implementazione di soluzioni personalizzate applicabili ai prodotti assicurativi idonei ad affrontare le sfide emergenti.
Nello specifico, le promesse dell’IA nell’InsurTech mirano ad adottare modelli e progetti innovati destinati ad ottimizzare i processi di consulenza e automatizzare la formulazione delle raccomandazioni di investimento, riconducibili all’avanzamento tecnologico[21].
Per quanto la trattazione non consente di sviluppare la complessità dei temi legati alle tecnologie di ultima generazione, vale comunque la pena accennare al fatto che l’utilizzo dei robo-advisor e dei chatbot, strutturati da algoritmi predefiniti, costituisco delle valide alternative all’operato umano rendendo sicuramente più efficienti le procedure e le soluzioni di investimento.
Le stesse attività di ricerca e collaborazione tra imprese e Start-Up, operanti nel settore assicurativo, rappresentano oggi un terreno altamente sfruttabile per la conseguente capacità di attribuire alle operazioni assicurative caratteristiche di istantaneità per il fatto stesso di affidare la stipula delle polizze all’uso di smartphone attraverso una semplice proposta per via telematica.
Non va trascurato in questa nuova prospettiva relazionale con il cliente, poggiante sull’applicazione dell’IA assicurativa per ottimizzare i propri servizi, l’esigenza di garantire un equilibrio tra innovazione tecnologica e tutela dei diritti fondamentali, con riguardo alla protezione dei consumatori e alla sicurezza informatica, che oggi sembrano trovare una concreta risposta nel DDL sull’Intelligenza Artificiale[22].
In uno scenario siffatto, IVASS e IOPA si configurano sempre più come protagonisti nella transizione verso un modello economico integrato dall’IA, con l’obiettivo di definire non solo i requisiti e gli obblighi stabiliti dall’AI Act per il settore assicurativo – inclusi quelli applicabili ai sistemi a basso rischio – ma anche di favorire un approccio armonizzato a livello europeo nella supervisione dei sistemi di Intelligenza Artificiale impiegati nel settore assicurativo[23].
3. L’inclusione dei criteri ESG nei piani previdenziali
La progressiva attenzione ESG ha indubbiamente coinvolto anche il settore della previdenza complementare nell’effettuazione delle proprie politiche di investimento. Questa tendenza riflette la crescente consapevolezza che i fattori di sostenibilità possano influire sul profilo rischio-rendimento di lungo periodo e che la finalità sociale di un fondo pensione (rectius, garantire un reddito adeguato nella vecchiaia) sia coerente con un approccio di investimento sostenibile.
Evidenza di ciò si rintraccia in diverse posizioni assunte dalla Commissione di vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP) nel ritenere come tra fondi pensione e investimenti sostenibili vi sia una naturale affinità, determinata, si legge in una recente Relazione…«da una parte dalla prospettiva di lungo periodo che deve ispirare i fondi pensione nell’attività di investimento (…) dall’altra, dall’indubbia valenza sociale degli stessi fondi pensione, quali istituzioni finalizzate ad assicurare un migliore tenore di vita dei lavoratori nell’età anziana»[24] .
Va da sé che l’orizzonte long-term, tipico degli investimenti previdenziali, ben si sposa con l’obiettivo di generare valore sostenibile nel tempo, sia perché consente di cogliere i benefici finanziari derivanti da una gestione attenta a fattori ambientali e sociali, sia perché l’attività dei fondi pensione ha di per sé rilevanza sociale.
Nel contesto delle riforme normative sulla previdenza complementare, la presa di posizione della formula ESG nei fondi pensione si consolida – in una programmazione di lungo periodo – nella stabilità sistemica pensionistica, con obiettivi di integrazione e perfezionamento della tutela del risparmio previdenziale.
In tale prospettiva, la normativa di matrice europea, tra cui la Direttiva IORP II, nello stabilire standard comuni a garanzia della solidità dei fondi pensione aziendali e in un’ottica di protezione degli aderenti e i beneficiari dei regimi pensionistici, ha aperto la strada verso una potenziale considerazione dei fattori sostenibili nella gestione dei rischi e nelle politiche di investimento, con adempimenti di revisione strategica degli asset allocation.
L’ambito di applicazione di siffatta nuova visione tende a consolidare le attività e la vigilanza degli enti pensionistici indicati, conferendo agli EPAP un ruolo di primaria rilevanza nell'erogazione di prestazioni pensionistiche sicure e nel finanziamento a lungo termine dei programmi economici dell’Unione Europea[25], pur ponendo particolare enfasi al settore dedicato agli investimenti.
Più nel dettaglio, per quanto concerne le strategie di investimento degli EPAP, esse trovano la loro peculiarità principalmente nell’impiego di strumenti finanziari a lungo termine (i.e., titoli non negoziabili nei mercati secondari, partecipazioni in imprese non quotate secondo il Considerando 48 della suddetta Direttiva), tra i quali si annoverano i progetti infrastrutturali promossi dalle imprese non quotate, che possono configurarsi come investimenti coerenti con le logiche a lungo termine del settore della previdenza complementare, perseguendo obiettivi di ridotto impatto ambientale e di resilienza ai cambiamenti climatici (Considerando 49).
Nel contesto nazionale, il recepimento della Direttiva ad opera del D.Lgs. 13 dicembre 2018, n. 147, nell’apportare modifiche al contenuto del D.Lgs. n.252/2005 (in specie art. 6, comma 14)[26], si è prefigurato di valutare il possibile impatto a lungo termine delle decisioni di investimento sui fattori ambientali, sociali e di governance delle forme pensionistiche complementari[27].
Appare del tutto evidente, partendo dal tenore della norma, come anche nel nostro ordinamento si sia fatto un passo significativo verso l’adeguamento alle nuove tendenze previdenziali imposte dalla finanza sostenibile. In tale prospettiva, l’integrazione dei criteri di sostenibilità nelle strategie degli enti si configura quale strumento essenziale per una più efficace gestione del rischio, con l’obiettivo di garantire maggiori tutele per beneficiari (in specie, art.5-ter, co.4, lett. g) del D.Lgs. 252/2005).
Analogamente, il tentativo di garantire una maggior trasparenza e consapevolezza nelle scelte previdenziali prende forma dall’obbligo di informativa ESG per i fondi pensione, la cui disciplina impone la comunicazione delle strategie di investimento adottate e delle politiche di allocazione del capitale, rendendo edotti i potenziali aderenti circa le modalità di integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance (art. 13-ter, co.1, lett. c) del decreto citato)[28].
Proprio con riguardo agli adempimenti in materia di redazione e pubblicazione societaria e degli enti promotori di tali forme (art. 4, co. 2) – con specifico riferimento ai rendiconti e alle relazioni illustrative sulla situazione patrimoniale, finanziaria e gestionale delle forme pensionistiche (incluse specifiche informazioni sugli investimenti di rilievo) – la trasparenza si declina attraverso l’obbligo di indicare se, ed eventualmente in quale misura, i fattori ambientali, sociali e di governance siano considerati tanto nella gestione delle risorse, quanto all’esercizio dei diritti connessi, agli strumenti finanziari in portafoglio (v. art. 17-bis ).
Non v’è dubbio che l’atteggiamento del legislatore interno abbia finito con il ricalcare quanto indicato dal Regolamento SFDR per quanto concerne l’introduzione di obblighi di trasparenza e doveri fiduciari in capo ai partecipanti dei mercati finanziari. La logica è quella di migliorare l’approccio alla sostenibilità, attribuendo particolare rilevanza all’integrazione dei rischi di sostenibilità e promuovendo schemi informativi precisi per garantire una maggiore trasparenza dei prodotti, sicché una regolamentazione uniforme di informazioni sostenibili precise e dettagliate, unitamente alle politiche adottate e alle procedure attuate, divengono principali obiettivi di cui si fa carico il Regolamento con l’intenzione di rendere le informazioni facilmente comparabili tra gli operatori di settore.
La normativa inoltre prevede l’introduzione di parametri di ponderazione degli impatti ESG riferiti agli investimenti di ciascun fondo, in modo da classificare i prodotti in categorie chiaramente definite ed offrire agli investitori una panoramica chiara e coerente sui temi ESG[29]. Parallelamente a tali motivi, l’intento della Tassonomia[30] si traduce nei criteri (in specie, all’art. 3) riconducibili allo scopo di incentivare gli investimenti sostenibili, affinché la selezione del prodotto finanziario realmente “ecosostenibile” risulti più agevole, stabilendo obiettivi ambientali quali, la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine, la transizione verso un’economia circolare, la prevenzione e riduzione dell’inquinamento, nonché la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
4. E le dinamiche operative dei fondi pensione in merito ai fattori di sostenibilità
A questo punto della trattazione risulta necessario avanzare qualche preliminare riflessione circa i contenuti della dimensione previdenziale in relazione alla riforma costituzionale del 2022, la quale, come è stato evidenziato in premessa, ha formalmente inserito la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali dell’ordinamento nazionale.
A supporto di tale considerazione si staglia il contenuto pragmatico dell’art. 38, co. 2, della Carta Costituzionale che pone la previdenza complementare in funzionale del raggiungimento dell'obiettivo di "adeguatezza" inteso non in senso meramente quantitativo (cioè correlato all'entità della prestazione) bensì, secondo la più autorevole dottrina, quale vettore per la realizzazione della finalità espressamente prevista dalla seconda parte dell'art. 3 Cost.
Sicché la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che – limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini – si riflettono in negativo sul pieno sviluppo della persona umana e sull'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese si va a porre ora su un piano paritario rispetto all’ulteriore tutela ambientale di nuova adozione[31].
Nel condividere la prospettiva dell’autore, l’investimento finanziario assume un ruolo strumentale, configurandosi come un mezzo funzionale al perseguimento del fine costituzionalmente garantito donde il bilanciamento tra finalità economico-finanziarie e obiettivi di tutela ambientale non dev’essere concepito in termini di contrapposizione, bensì strutturato in modo da rapportare questi ultimi ai principi enunciati nell’articolo in commento[32].
Il valore costituzionale della cultura sostenibile ha ampliato la necessità di un intervento anche da parte del legislatore del TUF volto essenzialmente a una maggiore efficienza e trasparenza attraverso specifici obblighi di comunicazione e rendicontazione a carico degli operatori finanziari.
In particolare, gli investitori istituzionali (: fondi pensione, compagnie assicurative) e i gestori di attivi, qualora detengano partecipazioni in società quotate su mercati regolamentati italiani o di altri Stati UE, sono tenuti a divulgare le informazioni relative all'adozione di una politica di engagement nei confronti delle imprese partecipate. In caso di mancata adozione, essi devono fornire adeguata motivazione secondo il principio del comply or explain, oltre a rendicontare le modalità di attuazione della politica adottata (art. 124-quinquies TUF)[33].
In termini di governance aziendale, è fatto obbligo di allineare gli interessi degli investitori alle politiche di sostenibilità guardando essenzialmente al beneficio di minori costi per il fondo, alla maggiore efficienza dei processi nonché dell’impatto dell’attività per una più efficiente crescita interna[34].
In linea con tali iniziative di settore, e come suggerisce anche l’imponente massa di ricerche e di survey dedicate alla formula sostenibile – quelle promosse dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Mefop e MondoInstitutional, per intendere – vengono altresì poste le basi per un’accurata analisi di integrazione dei criteri ESG nei fondi pensione italiani[35].
Sulla scorta di quanto emerso, i progressivi effetti ESG nelle strategie di investimento e nelle politiche di gestione dei fondi pensione segnano una fase rilevante nello sviluppo delle dinamiche previdenziali. L'integrazione di tali criteri, non più concepiti unicamente come un obbligo normativo, si eleva quale elemento centrale delle strategie finanziarie a lungo termine e diviene promotore di un cambiamento paradigmatico verso una finanza più sostenibile e responsabile. Le motivazioni che sottendono tale trasformazione riconoscono sia una componente economica, con la volontà di ottenere rendimenti adeguati nel rispetto delle aspettative degli investitori, che una connessa alla gestione dei rischi, in un contesto normativo in continua evoluzione.
Pertanto, le normative europee e nazionali, in particolare quelle relative alla trasparenza finanziaria e alla neutralità climatica, svolgono una fondamentale funzione di indirizzo per gli operatori verso politiche che soddisfino esigenze di responsabilità ambientale, sociale e di governance.
Nel quadro delle riflessioni sopra esposte, è possibile delineare una maturità sostenibile degli investitori previdenziali in virtù del numero sempre maggiore di fondi pensione che integrano i criteri ambientali, sociali e di governance nelle loro politiche di investimento[36]. La consapevolezza degli investitori derivante dalla combinazione di impatti socio-ambientali positivi e ritorni finanziari congrui, rappresenta una motivazione rilevante per gli investimenti di questa categoria, che vede nei fondi pensione una via per coniugare rendimenti finanziari e sostenibilità a lungo termine. D’altro canto, occorre però evidenziare come l’assenza di adeguati interventi volti a contrastare fenomeni del greenwashing e a colmare la carenza di certificazioni ufficiali, unitamente alla persistente mancanza di dati standardizzati e affidabili, possa compromettere la piena fiducia degli aderenti nelle soluzioni sostenibili integrate all’interno delle logiche previdenziali, ostacolandone così un’effettiva attuazione e diffusione.
Pur avendo già messo in luce il ruolo proattivo delle normative europee (a cominciare dalla IORP II e dal Regolamento SFDR) resta il fatto che il un percorso di una sempre maggiore trasparenza e responsabilità resta il principale elemento trainante per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo termine.
Tuttavia, la vera sfida risiede nell’applicazione pratica di questi principi, superando le asimmetrie normative. I risultati emersi richiamano un approccio integrato, che consideri sia la sostenibilità ambientale sia la tutela sociale degli iscritti, al fine di riconoscere la previdenza complementare come strumento di benessere economico e sociale.
Motivo per cui si è dell’avviso che solo combinando insieme il criterio della sostenibilità con i requisiti di adeguatezza e appropriatezza dei prodotti, unitamente a competenze professionali più qualificanti per gli intermediari, si potrà garantire un futuro previdenziale equo e stabile per le generazioni attuali e future.
5. Aspetti critici della vulnerabilità e mancata consapevolezza del consumatore assicurativo
Muovendo dalle osservazioni precedenti circa la crescente attenzione verso la sostenibilità e la responsabilità sociale, emerge la necessità di affrontare con consapevolezza e competenza le scelte finanziarie, in particolare quando queste riguardano prodotti finanziari sostenibili. Il consumatore di tali prodotti versa in una condizione di fragilità determinata dalla complessità strutturale dei criteri sostenibili, dall’asimmetria informativa e dalla difficoltà a valutare in maniera adeguata i rischi e i benefici correlati agli investimenti sostenibili.
Nel contesto delle dinamiche di mercato evidenziate, si è giunti al convincimento che situazioni di vulnerabilità delineano il perimetro dell’autodeterminazione degli attori sociali e ne condizionano il metodo di selezione economica.
Nel voler delimitare la provenienza di tutti quei profili di instabilità e di rischio connessi alla dimensione vulnerabile, l’esplorazione ci riconduce al posizionamento (spesso instabile) degli individui negli apparati sistemici di inclusione sociale, di ripartizione delle risorse e di tutela (come la famiglia, il mercato del lavoro e le strutture di welfare)[37].
Ora, facendo proprie considerazioni di autorevole dottrina, saremmo portati a ritenere come la carenza di una definizione precisa della dimensione contenutistica della vulnerabilità metta in rilievo inevitabili profili di ambiguità, proprio a motivo dell’impossibilità di addivenire ad una individuazione chiara e delineata da criteri oggettivi. Sicché la complessità intrinseca del termine implicherebbe il possibile rischio di legittimazione di azioni meramente elusive o opportunistiche, per l’assenza di riferimenti normativi precisi[38].
Pertanto, la vulnerabilità, nella sua accezione generale, si manifesta in tutte quelle condizioni riconducibili alla sfera sociale, quali l'insufficienza di risorse economiche e l'asimmetria dei poteri negoziali costituiscono elementi distintivi, incidendo in maniera peculiare sulla posizione del consumatore all'interno dei mercati finanziario e assicurativo[39].
In tale prospettiva, la tutela della persona vulnerabile non può essere limitata a generiche forme di protezione sociale, ma deve divenire parte integrante delle politiche economiche e normative che orientano il funzionamento dei mercati. Del resto, scelte di investimento adeguate, anche con riferimento ai rischi di natura ambientale, sociale e di governance, oggi alla base nei nuovi prodotti dell’industria assicurativa, non può che passare attraverso il superamento non solo delle asimmetrie informative ma anche di tutte quelle forme di disuguaglianza esistenti e di discriminazione legate, più di recente, a fenomeni di digital divide.
In particolare, il ricorso sempre maggiore a tecnologie come l'intelligenza artificiale, l'apprendimento automatico e gli algoritmi sta contribuendo ad una trasformazione del settore, sì da imporre uno sguardo attento in ordine alla tutela del cittadino fruitore di prodotti assicurativi[40].
6.(Segue). L’esigenza di un percorso educativo anche in materia assicurativa
Partendo dall’integrazione dei fattori ESG nella distribuzione assicurativa e riprendendo le criticità sopra evidenziate, si è dell’avviso che, ancora una volta, l'educazione finanziaria rappresenta una componente fondamentale per la consapevolezza decisionale dei consumatori e per la crescita sociale ed economica del Paese[41].
E’ lo stesso legislatore nazionale a indirizzarci in tal senso, il quale nell’introdurre l'art. 24-bis del Decreto Legge 23 dicembre 2016, n. 237, riconosce la portata di un percorso educativo in ambito previdenziale e assicurativo, con l’attribuzione al Ministero dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di predisporre programmi idonei anche mediante istituzione di un "Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria"[42].
La conversione in legge di siffatto decreto aggiunge un ulteriore tassello per l'individuazione di metodologie didattiche più efficaci e la promozione di ulteriori iniziative volte a incentivare l'adozione di buone pratiche nell'uso consapevole delle infrastrutture finanziarie e digitali, al fine ultimo di tutelare al meglio il risparmio in tutte le sue forme[43].
Facendo leva sulle premesse normative già delineate – costitutive della centralità dall'educazione finanziaria riconosciuta nella società contemporanea e dell’importanza di dotare i consumatori di strumenti cognitivi adeguati alla loro tutela – è ragionevole attendersi che il Governo, nella fase di pianificazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e in quella di attuazione finanziaria dei fondi straordinari europei, rivolga la medesima attenzione finora riservata ai principi di "inclusione" e "sostenibilità" anche alla promozione di una nuova e diffusa consapevolezza economico-finanziaria. È ciò che peraltro è avvenuto di recente con l’introduzione, nell’unico articolo del Capo dedicato alle «Misure di promozione dell’inclusione finanziaria» della c.d. “Legge Capitali”, di disposizioni generali concernenti l’insegnamento – in un’ottica multidisciplinare – dell’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, di cui al decreto legge summenzionato[44].
Trattasi, di un vero e proprio diritto all’informazione per valutare le decisioni economiche dei cittadini in uno scenario che mira essenzialmente a incrementare, soprattutto tra le nuove generazioni, una spendibile e concreta ‘cultura d’impresa’ anche con riferimento all’utilizzo delle tecnologie digitali di gestione del denaro e alle nuove forme di economia e finanza sostenibile[45].
In particolare, sul punto, vanno sicuramente attenzionate anche le recenti pronunce dell’IVASS nel porre enfasi sulla necessità di una corretta cultura assicurativa quale fattore essenziale per consentire ai consumatori di identificare chiaramente i rischi che intendono assumersi e quelli che preferiscono trasferire a una compagnia assicurativa, nonché per comprendere adeguatamente i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti assicurativi stipulati[46].
Nella prospettiva indicata, l’educazione finanziaria applicata al settore assicurativo costituisce la misura di quel necessario accrescimento della consapevolezza dei consumatori attraverso l’aumento del livello di responsabilità nella gestione sia delle dinamiche di mercato che degli eventi della propria vita quotidiana che solo la conoscenza dei prodotti finanziario-assicurativi, e dei rischi ad essi connessi, può consentire.
Negli ultimi decenni, quella che il formante dottrinale ha definito la fenomenologia dell'”investitore razionale” è stata progressivamente decostruita (ovvero si passa dal mito dell’”investitore ragionevole” all’approccio di “behavioural finance” per intenderci) poiché presupponeva un profilo dell'investitore quale soggetto capace di utilizzare in maniera ottimale tutte le informazioni disponibili al fine di assumere decisioni d'investimento perfettamente razionali, escludendo la componente psicologica e sociologica[47].
Ci si è accorti che l’errata costruzione basata sull’”investitore ragionevole” può essere considerata parimenti discriminante anche nell’ambito di scelte di natura assicurativa, le quali inevitabilmente presentano livelli di rischio e la probabilità di incorrere in errori proprio a motivo di una molteplicità di fattori, quali la limitata conoscenza del contesto finanziario, eventuali inadempimenti degli intermediari finanziari (a fronte di responsabilità normativamente indicate), nonché le pratiche di greenwashing poste in essere da alcune imprese di assicurazione.
Al contrario, un’accresciuta consapevolezza degli investitori chiama in causa un necessario incremento della conoscenza finanziaria, la quale, nel contesto economico-sociale che stiamo vivendo, funge da catalizzatore per una transizione ecologica consapevole e responsabile. A tal riguardo, si può affermare che: «un investitore informato e consapevole delle proprie scelte non solo orienta il mercato verso una maggiore conformità alle proprie esigenze, ma stimola altresì il miglioramento delle politiche di compliance degli intermediari finanziari e sa individuare ed avvalersi di strumenti d'investimento più sicuri e sostenibili»[48].
Il passaggio da una solida cultura finanziaria al suo impatto rilevante sulle strategie delle istituzioni finanziarie e assicurative è evidente.
In tale contesto, si assiste ad una riduzione della subordinazione contrattuale del consumatore e al riconoscimento della sua centralità nel mercato, in virtù della capacità di influenzare i processi economici e di orientare le strategie aziendali attraverso decisioni consapevoli e responsabili, le quali si orientano progressivamente verso l'adozione parametri innovativi e sostenibili nelle loro politiche contrattuali e nelle condizioni generali di polizza[49]. Con l’ulteriore annotazione che tali politiche non si limitano a perseguire fini strettamente economici, ma concorrono alla realizzazione di interessi di natura sociale, ambientale e di buon governo.
Il cambio di strategia emerge dall’inedito ruolo (attivo e partecipativo) del consumatore-investitore che, riprendendo quanto afferma la letteratura in argomento, «assume la fondamentale veste si stakeholder in grado di influire sulla realizzazione dell’iniziativa economica [...] invero, privilegiando la scelta di prodotti coerenti con i suoi interessi non patrimoniali, egli è in grado di esercitare una certa pressione sulle imprese di assicurazione e di indirizzarne le politiche aziendali – tra cui quelle di design dei prodotti– verso obiettivi di sostenibilità, contribuendo, mediante le proprie scelte di investimento, a influenzare le dinamiche finanziarie e le strategie aziendali in un'ottica di sostenibilità»[50].
Nel voler trarre alcune considerazioni che emergono dall’analisi della vulnerabilità e della (in)consapevolezza del consumatore assicurativo fin qui esposte, sembra tratteggiarsi un quadro complesso, in cui la fragilità dell’individuo si delinea non solo dall’asimmetria informativa e dalla complessità dei prodotti finanziari sostenibili, ma anche dall’incidenza di fattori socio-economici e digitali che amplificano le disparità di accesso e di forme di tutela adeguate.
Una conclusione questa ritenuta fin da subito condivisibile ma che comunque individua solo un punto di partenza di un’analisi che deve trovare riscontro soprattutto in validi strumenti di affiancamento in direzione di una cultura finanziaria essenziale per una consapevolezza responsabile del consumatore cosicché da comprendere meglio i rischi e le opportunità legati alle proprie scelte assicurative e di assumere un ruolo proattivo nell’orientamento di un mercato più equo e sostenibile. Parallelamente, si ravvisa la necessità di dare origine a un’armonizzazione delle normative in materia, per affrontare in modo efficace le problematiche derivanti dalla fragilità finanziario-assicurativa degli individui, con la prospettiva di oltrepassare i meccanismi meramente assistenziali e promuovere l’inclusione finanziaria quale strumento di crescita sociale ed economica.
In questo quadro d’insieme, il richiamo già fatto alla Legge Capitali si ammanta di significato riconoscendo, come si accennava prima, un vero e proprio diritto al risparmio, all’investimento, all’educazione finanziaria e assicurativa, nonché alla pianificazione previdenziale, connaturata dall’impiego di nuove tecnologie digitali nella gestione del denaro e alle emergenti forme di economia e finanza sostenibile.
È d’uopo dunque concludere che la tutela e la consapevolezza devono essere intese come il risultato di un'armoniosa integrazione tra cultura degli individui, regolamentazione e innovazione, affinché il mercato assicurativo non si traduca in uno spazio di disuguaglianza, ma costituisca piuttosto un ambito che promuova la dignità, la responsabilità e l'empowerment del consumatore.
Tale concetto, a nostro avviso, è stato riassunto in modo semplice e efficace ponendo enfasi sul fatto che laddove c’è un’informazione completa e dettagliata sussiste anche una piena tutela per l’investitore[51].
7. Conclusioni
Nel compiere gli ultimi passaggi argomentativi prima delle battute finali è opportuno ripercorrere le ideali tappe di questo scritto, per poter verificare se le premesse da cui siamo partiti abbiano trovato una loro valida corrispondenza tanto nella percezione dottrinale quanto nella configurazione del proprio assetto strategico in funzione di obiettivi di sostenibilità e resilienza delle imprese assicurative.
Partendo dal riconoscimento che l’adozione dei fattori ESG (ambientali, sociali e di governance) stia progressivamente permeando le politiche interne delle compagnie assicurative e riassicurative, orientandole verso una maggiore trasparenza e una gestione integrata del rischio, si è comunque dell’avviso che la trasformazione del paradigma assicurativo non si esaurisce nell’adozione di strumenti finanziari innovativi (polizze parametriche, i derivati climatici e i cat bonds, ai quali si è dedicato ampio spazio nelle pagine precedenti) ma investe una più ampia ridefinizione dei modelli di business e dei sistemi di governance, ove la «sostenibilità» assume un ruolo imprescindibile nella valutazione del rischio e nella gestione del capitale naturale, mediante un’ampia politica di adozione dei fattori ESG.
Per questo nel dare contezza di un’altrettanta evoluzione normativa sia di stampo europeo (Regolamento Delegato 2021/1257/UE, Regolamenti Delegati 2017/2358/UE e 2017/2359/UE) che nazionale (tra tutti il Provvedimento IVASS n. 131/2023 già segnalato), si è inteso mettere in evidenza la volontà di unificare le prassi di mercato con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale nell’ottica complessiva dell’armonizzazione delle discipline in materia.
Rientra in questo quadro anche l’ulteriore impulso del legislatore europeo, che, mediante la proposta di un pacchetto di misure EU Retail investment strategy (RIS)[52] volta a affrontare criticità connesse alla MiFID II [53], ha allargato gli ambiti anche al settore assicurativo prefiggendosi di modificare varie disposizioni tra cui l’accesso e l’esercizio dell’attività di assicurazione e riassicurazione (Direttiva Solvency II), la direttiva sui mercati degli strumenti finanziari (MiFID II) nonché il contenuto disciplinare della direttiva IDD.
Problema centrale è soprattutto quello legato al persistente divario informativo che intercorre tra gli investitori assicurativi, soprattutto retail, e intermediari che nel contesto dell’implementazione della MiFID II si manifesta palesemente. E ciò a fronte del fatto che all’obbligo, per quest’ultimi, di comunicare in maniera completa le peculiarità degli strumenti d’investimento – includendo, in tal senso, anche i profili ESG, ai fini del rafforzamento della trasparenza informativa – corrisponde uno strumentario carente di adeguate spiegazioni contestuali, le quali impediscono di effettuare una valutazione approfondita del grado di consapevolezza del consumatore relativamente ai criteri di sostenibilità. Sicché, a conti fatti, esso presenta elementi insufficienti per colmare il divario informativo, inducendo l’investitore a fondare le proprie scelte su una percezione potenzialmente distorta delle informazioni rese disponibili[54].
Nonostante non si sia ancora proceduto all’adozione formale del testo definitivo della c.d. “Direttiva Omnibus” precedentemente citata, si evince già una notevole estensione degli ambiti di intervento previsti dalla RIS tanto con riguardo al quadro normativo relativo al governo dei prodotti (Product Oversight and Governance – POG) finalizzato a garantire un adeguato rapporto costi-benefici – e alla riforma della disciplina concernente i conflitti di interesse e gli incentivi riconosciuti agli intermediari – quanto in relazione al consolidamento dei requisiti di adeguatezza e appropriatezza dei prodotti, mediante potenziamento delle competenze professionali prescritte per gli intermediari[55]. Inoltre, essa include misure orientate a promuovere l’educazione finanziaria e a migliorare la qualità delle informazioni al fine di prevenire fenomeni di greenwashing, con l’obiettivo di garantire una risposta efficace alle pratiche diffuse in tal senso.
Per quanto il quadro normativo dunque risulti nel suo complesso ancora perfettibile, l’impatto reale sul mercato e la capacità di rispondere alle esigenze di sostenibilità dei prodotti assicurativi e della previdenza complementare sono stati interessati, più di recente, dalla Direttiva 2024/825/UE sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde (adottata dal Consiglio Europeo il 20 febbraio 2024), che nell’emanare disposizioni specifiche finalizzate al contrasto pratiche commerciali sleali – che possono compromettere la capacità di esprimere scelte di consumo sostenibili – pongono particolare attenzione alla tutela e all'empowerment del consumatore. In particolare, la resilienza di tali disposizioni si contrappone alle dichiarazioni ambientali fuorvianti, alle pratiche legate all’obsolescenza precoce dei beni e all’utilizzo di marchi di sostenibilità nonché di strumenti informativi privi dei requisiti di trasparenza e attendibilità, aggiornando contestualmente la black list delle pratiche illecite[56].
Questo ci permette di comprendere come l’obiettivo sia quello essenzialmente di “restituire” alla clientela la possibilità di orientarsi in maniera consapevole verso soluzioni finanziarie ecologicamente responsabili, superando, per un verso, il timore di oneri informativi eccessivi e di incomprensioni interpretative e, per l’altro, riequilibrando il rapporto fiduciario tra distributori e clientela con conseguente piena trasparenza informativa [57].
Nel contesto della narrazione è emerso pure la circostanza che, parallelamente alla necessità di adozione di good practices che garantiscano una trasparenza effettiva e una valutazione omnicomprensiva dei prodotti offerti, il mercato previdenziale ha portato i fondi pensione a integrare nelle proprie strategie di investimento criteri sostenibili, non solo per rispondere al dovere fiduciario verso gli iscritti, ma anche per contribuire al rafforzamento del sistema previdenziale nel lungo periodo.
E ne abbiamo pesato gli effetti attraverso l’emanazione di alcune importanti direttive europee – in particolare la IORP II e il Regolamento SFDR – le quali segnano un punto di svolta, imponendo agli enti pensionistici di adottare metodologie di valutazione del rischio che tengano conto dei fattori ESG e di definire politiche di trasparenza e divulgazione che possano rendere gli investimenti sostenibili comparabili e verificabili.
Infine, l’analisi circa la vulnerabilità del consumatore assicurativo ha messo in luce come la fragilità degli utenti, dovuta non solo all’inefficienza informativa e alla complessità dei prodotti finanziari sostenibili, ma anche a condizioni socio-economiche e digitali sfavorevoli, possa costituire un serio ostacolo alla piena attuazione di una finanza sostenibile per il comporto delle assicurazioni e riassicurazioni. Facilmente, a tal proposito, si è convenuto come la consapevolezza finanziaria sia, non soltanto, un bene individuale ma anche un fattore strategico che incide in maniera determinante sulle politiche delle istituzioni finanziarie e assicurative, contribuendo a orientare le strategie aziendali verso modelli innovativi e responsabili.
La ragione di questo convincimento risiede nel fatto che la riduzione della subordinazione contrattuale del consumatore rappresenta, a pieno titolo, un indicatore della trasformazione del mercato, in cui innovazione tecnologica e regolamentazione sostenibile contribuiscono a ridefinire il rapporto tra le imprese e gli utenti finali.
Sommando insieme tutti questi aspetti, oggetto d’analisi nel corso di tale scritto, non si può che concludere – sia pure nella limitatezza consentita da questi spazi e senza in alcun modo ritenere esaustiva l’analisi dei profili esaminati – con l’auspicio che la tutela della sostenibilità e l’empowerment del consumatore, facce della medesima medaglia, possano essere sempre più implementate poiché indispensabili per la costruzione di un mercato assicurativo moderno e resiliente.
Le dinamiche analizzate, che spaziano dall’integrazione dei criteri ESG nei processi di investimento alla ridefinizione del ruolo del consumatore come attore centrale nel mercato, delineano una trasformazione che richiede un impegno sinergico tra legislazione, innovazione tecnologica e educazione finanziaria.
Solo attraverso un approccio integrato, che riconosca e superi le asimmetrie informative e le vulnerabilità strutturali, sarà possibile promuovere un modello economico e assicurativo che, in definitiva, non solo generi valore, ma contribuisca anche al benessere collettivo e alla sostenibilità ambientale e sociale⁹.
In questa direzione, l’utilizzo degli strumenti InsurTech costituisce un ulteriore vettore di trasformazione per il settore assicurativo: l’impiego di tecnologie avanzate, quali big data, Intelligenza Artificiale e Blockchain, permette non solo di migliorare l’efficienza dei processi interni, ma anche di offrire soluzioni personalizzate che rispondono in modo mirato alle esigenze di una clientela, ci aspettiamo, sempre più esigente e informata[58].
[1] L’evoluzione delle cultura giuridica sostenibile europea trova la propria collocazione all’interno di un contest normative segnato dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il cui art. 16 definisce una concezione della libertà di impresa che, se da un lato promuovei principili berali sottesi al mercato interno (artt. 26 ss., 101 ss. e 107 ss. TFUE), dall’altro presta attenzione crescent alla salvaguardia dell’ambiente, alla lotta contro il cambiamento climatico e alla valorizzazione della dignità umana.
Questo approccio integrato conferma come l’Unione Europea stia progressivamente delineando un modello di governance economica capace di armonizzare Istanze economiche e valori fondamentali, costruendo così un Sistema normative orientato a uno sviluppo sostenibile. In proposito «agli inizi di questo millennio venne data piena adesione dalla Commissione UE, in attuazionedell’art. 2 del Trattato di Amsterdam del 1997 nel quale si fa espresso riferimento ad «uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche», nonché ad «una crescita sostenibile e non inflazionistica». Va da sé che col tempo - a seguito di un progressivo raccordo tra le esigenze dell’economia e quelle della solidarietà - la sostenibilità è divenuta presupposto di ‘pari dignità’, assurgendo a valore ampiamente condiviso, declinato in variegate modalità, unitariamenteprotese verso l’affermazione di una cultura incentrata sulla ‘responsabilità sociale’»
L'osservazione è di F. CAPRIGLIONE, Sostenibilità mercato ambiente. Una riflessione introduttiva, in Rivista di Diritto Bancario, 2024, 360 ss
[2] Legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”, pubblicata in G.U. n. 44 del 22 febbraio 2022.
E’ chiaro il riferimento al Rapporto Brundtland “Our common future” del 1987, il quale constatava che i punti critici e i problemi globali dell’ambiente sono dovuti essenzialmente alla grande povertà del sud e ai modelli di produzione e di consumo non sostenibili del nord. Il rapporto evidenziava quindi la necessità di attuare una strategia in grado di integrare le esigenze dello sviluppo e dell’ambiente. Questa strategia è stata definita in inglese con il termine «sustainable development», attualmente di largo uso, e tradotto successivamente con «sviluppo sostenibile». La definizione data al concetto di «sviluppo sostenibile» è stata allora la seguente: «Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».
[3]In tal senso, la recente revisione dell’art. 41 Cost. pare ispirata, oltre che alla valorizzazione del dovere dei privati di non svolgere un’attività economica in modo da recare danno alla salute e all’ambiente, proprio a una funzionalizzazione, in conformità al nuovo assetto valoriale della Costituzione e nonostante i rigurgiti neoliberisti della Corte costituzionale. Si tratta, beninteso, non già di una funzionalizzazione “autoritaria”, bensì di una doverosa conformazione dell’attività economica d’impresa ai valori costituzionali sanciti dal nuovo art. 41 Cost. Al punto che, come il contratto c.d. ecologico, o a impatto ambientale, diventa fonte di rapporti patrimoniali ecosostenibili e svolge una peculiare funzione “ecologico-sociale”, così` l’attività d’impresa a scopo di lucro è destinata ad essere superata da una nuova nozione di c.d. “lucro sostenibile”
Così, M. PENNASILICO, Ambiente e iniziativa economica: quale “bilanciamento”?, in Nuove Leggi civ. comm., 1/2024, 79 ss.
[4] Mi sia consentito il richiamo al mio, Il paradigma della sostenibilità e nuove frontiere della finanza, in Cammino diritto, 1/2025, passim.
[5]In argomento si veda AA. VV., La Sostenibilita’ nel Settore Assicurativo, di C. Avesani e L. Sparan (a cura),2022, rinvenibile alla pagina www.kpmg.com.
Si osserva il rapporto tra settore assicurativo e criteri ESG. I fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) rappresentano aspetti critici che possono influenzare lo sviluppo sostenibile di un sistema. I fattori ambientali (E) riguardano la mancanza di misure adeguate per gestire i rischi climatici e ambientali o le violazioni delle normative in materia ambientale; una scarsa attenzione a questi rischi può comportare non solo responsabilità legali per l’impresa, ma anche sanzioni e costi significativi per rimediare ai danni ambientali causati. I fattori sociali (S) si riferiscono alla tutela o, al contrario, alle violazioni dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori, influenzando la reputazione e l’affidabilità percepita dell’impresa da parte di tutti gli stakeholder, inclusi gli investitori. Un deterioramento della reputazione può tradursi in boicottaggi dei prodotti, difficoltà nel reperire capitali, sanzioni pecuniarie e una riduzione delle opportunità di collaborazione con fornitori e partner commerciali. I fattori di governance (G) riguardano le violazioni legate alla gestione e alla struttura di governo dell’impresa, con effetti trasversali anche sui fattori ambientali e sociali; una solida governance aziendale, basata su politiche di remunerazione trasparenti, corretto funzionamento degli organi amministrativi e politiche aziendali etiche, può prevenire o limitare le violazioni connesse agli aspetti ambientali e sociali, riducendo i rischi etici, legali e commerciali e contribuendo al miglioramento delle performance aziendali.
[6] N. LINCIANO et al., La finanza per lo sviluppo sostenibile-Tendenze, questioni in corso e prospettive alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare dell’Unione europea in Quaderno di finanza sostenibile n. 1 - giugno 2021, 60 ss.
Con riferimento al criterio S si presenta di difficile misurazione e analisi, tanto da essere spesso connotato solo qualitativamente, a differenza del fattore E, per il quale con riferimento ai cambiamenti climaticisi è giunti a quantificare un obiettivo comune di compromesso a livello internazionale, e del fattore G, per il quale è possible individuare strumenti organizzativi e procedurali applicabili in modo standardizzato. Le difficoltà di definizione e misurazione del fattore S sono riconducibili a diversi profili. Anzitutto, esso è strettamente correlato con il principio della responsabilità sociale dell’impresa e quindi con una moltitudine eterogenea di stakeholders permanenti, dalla comunità dei lavoratori a quella dei consumatori, dalla comunità local e a quella umana globale.
[7]L'elaborazione di norme comunitarie, ad esempio il Regolamento (UE) 2019/2088 sull'informativa in tema di sostenibilità nei servizi finanziari (Sustainable Finance Disclosure Regulation – SFDR), ha ampliato l'obbligo di trasparenza fino ai fondi pensione, imponendo la dichiarazione sull'integrazione dei fattori ESG nelle scelte d'investimento.
[8] G.ROCCO, Fondi pensione e investimenti ESG, in Diritto&Pratica del lavoro, 37/2024, 2208 ss.
[9] Un esempio, in tal senso, è riconducibile al dibattito esteso alla c.d. blue insurance, che concentra il proprio ambito di applicazione sulla protezione delle risorse idriche e degli ecosistemi marini, nonché all’innovazione tecnologica del settore, nota come InsurTech.
[10] Sul tema v. S. MARZUCCHI, La nuova disciplina della ''Product over sight and governance'' nel settore assicurativo, in Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni private, 2017.
[11] Si rinvia alle linee guida emanate da EIOPA e finalizzate a facilitare l’attuazione del Regolamento delegato per tutti gli operatori assicurativi in merito alle norme di comportamento e di consulenza sui prodotti di investimento assicurativi e alla valutazione di adeguatezza dei IBPs integrata ad opzioni sostenibili.
[12]In argomento, v. AA. VV., La Sostenibilita’ nel Settore Assicurativo, di C. Avesani e L. Sparan (a cura), op.cit., 11.
In tale contributo, prodotti ad alto contenuto sociale sono riconducibili alle seguenti categorie: prodotti, finalizzati a garantire l’inclusione sociale, dedicati a specifiche fasce di clientela o categorie di client che in precedenza erano parte di esclusione dalle coperture (es. copertura del disabile nel corso di attività di volontariato, copertura del disoccupato, …); prodotti finalizzati a promuovere il volontariato; prodotti che promuovono uno stile di vita responsabile e salutare (es. applicazione di sconti facendo leva sulle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, sull’importanza della prevenzione sanitaria o su altri comportamenti virtuosi degli assicurati); prodotti ad integrazione del servizio sanitario nazionale (es. Copertura costi delle cure e dell’assistenza, costo della diminuzione di reddito dei clienti al verificarsi di gravi malattie o stati di non autosufficienza, …); prodotti di micro-assicurazione (in relazione ad iniziative di micro-credito.
[13] D. CERINI , From “green” to “blue”: l’assicurazione tra sostenibilità e regole del mercato From “green” to “blue”: insurance among sustainability and market rules, in Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni private, 2022, 1, 29.
[14]Finanza Sostenibile (FFS) con l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA), La sostenibilità nel settore assicurativo italiano, in www.finanzasostenibile.it, 2024, 36.
[15]EIOPA, Advice to the European Commission on greenwashing risks and the supervision of sustainable finance policies, 2024.
Si riporta qui uno stralcio «EIOPA is of the view that the current framework does not set explicit standards for non-life products that can claim to have sustainability features and those that cannot, giving rise to a risk of greenwashing. Indeed, POG only requires that sustainability be considered in product manufacturing, and the Climate Delegated Act, given its scope, only offers measurement of taxonomy alignment for the underwriting of climate-related perils. In addition, the IDD includes general rules around ensuring that marketing communications are clear, fair and not misleading and that marketing communications are always clearly identifiable as such, but these requirements are not specific to sustainability-related marketing communications. As mentioned in EIOPA’s progress report on greenwashing, this is a gap in the current sustainability-related framework».
[16] In una prospettiva giuridico-economia, è possibile osservare come in presenza di un interesse crescente dei consumatori per le tematiche ambientali e sociali, le imprese stiano conducendo le proprie attività nella direzione sostenibile, con l’intento di soddisfare tali esigenze emergenti.
Alla luce delle riflessioni di A. DAVOLA, Informativa in materia di prodotti finanziari sostenibili, tutela dell’investitore e contrasto al greenwashing: le criticità dell’assetto europeo tra norme primarie e disciplina di dettaglio, in Rivista di diritto bancario, 2024, 514 , secondo cui «la crescente necessità, da parte delle compagnie, di rafforzare la sostenibilità percepita della propria attività determina tuttavia l’insorgere di una pluralità di rischi connessi a possibili utilizzi distorsivi ovvero ingannevoli delle dichiarazioni operate al fine di attrarre l’interesse del pubblico» si è concordi nel ritenere come alla centralità dei temi connessi alla sostenibilità nel mercato si accompagni la parallela tendenza da parte delle imprese a fornire informazioni non sempre corrette in merito all’effettivo impatto ambientale o sociale delle proprie attività, al fine di ingenerare un’erronea rappresentazione nelle menti dei consumatori.
[17] S. LOLLI et al., Polizze parametriche e problematiche giuridiche connesse, in www.dirittobancario.it, 2023, 3 ss.
[18] R. SANTAGATA, Polizze assicurative parametriche (o index-based) e principio indennitario, in Rivista di diritto civile, 2022, 141 ss.
[19] V., S. LANDINI, Assicurabilità e indennizzabilità dei rischi catastrofali ambientali , in Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni private, 2024, 31 ss.
[21] Ancora, A. CAMEDDA, Il consumatore di prodotti assicurativi attivo e responsabile, op.ult.cit., 77 ss.
[22] Atto Senato n. 1146 XIX Legislatura, Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale approvato il 25 marzo 2025 con il nuovo titolo "Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale" in www.senato.it .
[23] IVASS, Intervento di Stefano De Polis - Segretario Generale IVASS Convegno Banca d'Italia Milano e ANSPC: "Intelligenza artificiale e mondo finanziario: quali applicazioni, quali implicazioni" Milano, 9 ottobre 2024, 5 ss.
[24] COVIP, Relazione annuale 2017, in www.covip.it , 229 ss.
[25] Cfr., DIRETTIVA (UE) 2016/2341 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 14 dicembre 2016 relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP).
[26] In tale prospettiva, l’integrazione della responsabilità sociale d’impresa alle dinamiche previdenziali trova espressione nel riconoscimento normativo dei codici etici; tra questi il contributo di solidarietà, pari al 10% a carico del datore di lavoro, il quale, in conformità all’art. 16 del D.lgs. n. 252/2005, è destinato alle gestioni pensionistiche obbligatorie cui risultano iscrittii lavoratori, distinguendosi così dalle quote di accantonamento al Trattamento di Fine Rapporto.
Si v. S. LANDINI, ESG, Green Finance, assicurazioni e previdenza complementare, in Corporate Governance, 1/2022, 234 ss.
[27] Cfr., D.L. 5 dicembre 2005, n. 252, che all’art. 6, co. 14 (sostituito dall’art. 1, comma 8, lett. D del decreto legislativo n.147/2018) specifica come le forme pensionistiche complementari possono tener conto del potenziale impatto, a lungo termine, delle loro decisioni di investimento sui fattori ambientali, sociali e di governo societario.
[28] Ancora S. LANDINI, ESG, Green Finance, assicurazioni e previdenza complementare, op.cit., 236.
[29] G. ROCCO, Fondi pensione e investimenti ESG, in Diritto&Pratica del Lavoro, 2024, 2208.
[30] REGOLAMENTO (UE) 2020/852 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL DEL CONSIGLIO del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088. Entrato in vigore nel mese successive, il Regolamento è finalizzato alla definizione di un sistema di classificazione uniforme delle attività sostenibili a livello europeo. Esso risulta di fondamentale rilevanza per l’istituzione di un quadro normativo chiaro e trasparente al fine di garantire una maggiore consapevolezza nelle decisioni di tutti gli operatori economici, oltre a costituire un incentivo per il finanziamento di attività economicamente sostenibili.
[31] R. VIANELLO, Previdenza complementare e transizione ecologica, in Diritto delle relazioni industriali, 2022, 749.
[32] R. VIANELLO, op.ult.cit., 749 ss.
[33] CONSOB, Modifiche Al RegolamentoSulleOperazioni Con Parti Correlate, Al RegolamentoMercati E Al RegolamentoEmittenti In Materia Di Trasparenza Delle Remunerazioni, Dei Gestori Degli Attivi E Dei Consulenti In Materia Di Voto In Recepimento Della Direttiva (Ue) 2017/828 (Shareholder Rights Directive 2) in Documento per la consultazione 31ottobre 2019.
[34]Assofondipensione – Linee Guida per l’esercizio coordinato del diritto di voto, 2025, reperibile all’indirizzo www.assofondipensione.it .
In argomento v. ancora G.ROCCO, Fondi pensione e investimenti ESG, op.cit., 2208 ss.
[35] Si v., Forum per la Finanza Sostenibile, Rapporto 2023, 16 ss. . Si registra dal 2023 l’adozione, da parte di quasi l’80% dei fondi, di strategie sostenibili, principalmente per adeguarsi alla normativa europea (SFDR) e per rispondere al dovere fiduciario verso gli iscritti. E’ bene inoltre sottolineare come sul piano organizzativo, il 25% dei fondi ha responsabilità ESG nei CdA, mentre il 53% monitora periodicamente la sostenibilità degli investimenti. Tra le strategie adottate, prevalgono esclusioni settoriali (87%) e il best in class (48%), con un focus crescente sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).
Nonostante i progressi, solo il 16% dei fondi si è impegnato formalmente per la neutralità climatica entro il 2050, evidenziando la necessità di un maggiore allineamento alle politiche di decarbonizzazione.
I dati appena indicati sono stati sviluppati e analizzati nell’ambito del Forum per la Finanza Sostenibile, Rapporto 2023, già citato.
[36] Forum per la finanza sostenibile, Gli investimenti sostenibili degli investitori previdenziali Italiani 2024, in www.finanzasostenibile.it, 13 ss .
Nel 2024, l'80% dei piani pensionistici coinvolti nell'indagine ha incluso tali criteri nelle proprie scelte d'investimento.
Sebbene molti fondi stiano raccogliendo le preferenze ESG degli iscritti, con il 21% che già li include e altri 19% che prevede di farlo, l'approccio rimane ancora in fase di evoluzione.
[37] P. CORRIAS, Il mercato come risorsa della persona vulnerabile, in “I soggetti vulnerabili nella disciplina comune e nei mercati regolamentati” a cura di P. Corrias, Napoli, 2022, 45 ss.
[38] Di quest’avviso, A. SCOTTI, Soggetti vulnerabili e problemi di accesso al mercato bancario e finanziario, in European Journal of Privacy Law & Technologies, 2023, 74 ss.
[39] Secondo D. ANDRACCHIO, Regolazione basata sull’informazione, autorità europee di vigilanza e tutela degli investitori retail, in Rivista di diritto bancario, 2023, 1
Secondo l’autore questa situazione si contappone all’effettiva realizzazione personale e sociale della persona, incidendo in modo significativo sulla dignità della stessa, quale valore fondamentale ed essenziale dell’individuo; essa non va subordinata ai parametri di profitto tradizionali ma la si riconosce come protagonista del processo di de-patrimonializzazione di tali logiche.
Per P. CORRIAS, Il mercato come risorsa della persona vulnerabile, op.ult.cit., 49 ss. la dignità umana si configura non solo come un valore costituzionale imprescindibile, ma rappresenta altresì «il punto di partenza, il valore forte sul quale è costruito l’intero sistema giuridico».
[40] Raccomandazione del Consiglio sui Principi di alto livello e sulla tutela dei consumatori di prodotti finanziari, 2022, reperibile al sito web www.legalinstruments.oecd.org
[41] M. DE POLI, Trasparenza e informativa nelle assicurazioni, in Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni private, 2024, 7
[42] MEF, Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, in www.mef.gov.it
[43] Cfr., L. 17 febbraio 2017 n. 15 conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, recante disposizioni urgenti per la tutela del risparmio.
[44] Cfr., Legge 5 marzo 2024 n. 21 recante «Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti».
Si rinvia, per approfondimenti, al Commentario della Legge Capitali a cura di G. Martina et al. , Giappichelli, 2024.
[45] Si richiama, per una visione d’insieme, il Protocollo d’intesa tra Ministro dell'istruzione e COTEC - Fondazione per l'innovazione al fine di promuovere l'educazione digitale nelle scuole italiane e realizzare percorsi di innovazione per lo sviluppo delle professioni digitali del futuro.
[46] M. DE POLIS, Educazione assicurativa e maggior consapevolezza da parte degli assicurati in Business24 del 3 agosto 2024. E ancora, A. CAMEDDA, Il consumatore di prodotti assicurativi attivo e responsabile, in Assicurazioni - Rivista di diritto, economia e finanza delle assicurazioni private, 2024.
[47] Fino alla formulazione della Prospect Theory, essa ha costituito per oltre trent'anni il principale modello di riferimento per l'analisi del comportamento economico.
Tale approccio è stato sviluppato da VON NEUMANN e O. MORGENSTERN nel loro lavoro “Theory of Games and Economic Behavior” (Princeton University Press, 1944), e ulteriormente analizzato in altri studi, tra cui quello di P.A. SAMUELSON, Risk and Uncertainty: A Fallacy of Large Numbers (Scientific American, 1963, 108-113 ss.), e R.L. KENNECK e H. RAIFFA, Decisions with Multiple Objectives (Cambridge University Press, New York, 1993).
[48] Così acutamente M. BIANCO, Insegnamento dell’educazione economia finanziaria, in Disegni di legge n. 2307, 50 e 1154, Audizione della Capo Dipartimento Tutela della clientela ed Educazione finanziaria della Banca d’Italia, Roma 23 Febbraio 2022.
[49] Di quest’avviso, AGCM, Il modello di consumatore attivo e consapevole nella recente legislazione europea, Relazione annuale sull’attività svolta del 31 marzo 2024, 19 ss.
[50] Ancora, A. CAMEDDA, Il consumatore di prodotti assicurativi attivo e responsabile, op.ult.cit., 82. L’autore in risposta a tale evoluzione, evidenzia come le imprese potrebbero essere indotte ad ampliare la propria offerta di prodotti finanziari e assicurativi ESG compliant, attrarre nuovi capitali e soddisfare una domanda di mercato sempre più orientata verso modelli di sviluppo sostenibile.
[51] Così, U. MORERA, Irrazionalità del contraente investitore e regole di tutela, in Rojas Elgueta (a cura di), Oltre il soggetto razionale. Fallimenti cognitivi e razionalità limitata nel diritto privato, Roma Tre Press, 2014.
[52] EU Retail investment strategy, 2023, in www.finance.ec.europa.eu
[53] In tema si v. G. BIAGIONI, Le nuove sfumature della vulnerabilità derivanti dallo sviluppo di prodotti finanziari sostenibili, in Dialoghi di diritto dell’economia, 2024, 14 ss.
[54] Per completezza si rinvia a “New rules for financial service providers, Retail Investment Strategy (RIS) is coming!”, in www.pwc.ch
[55] D. ANDRACCHIO, Regolazione basata sull’informazione, autorità europee di vigilanza e tutela degli investitori retail, in Rivista di diritto Bancario, 2024, 742 ss.
[56] AGCM, Il modello di consumatore attivo e consapevole nella recente legislazione europea, op.cit.,19 ss.
[57] IVASS , Analisi delle polizze IBIPs con caratteristiche ESG, in www.ivass.it, 10 ss. nell’evidenziare il fenomeno del “green bleaching”, ossia la tendenza, osservabile in alcuni operatori, a non etichettare un prodotto assicurativo come “sostenibile” nonostante questo possieda le relative caratteristiche. Ciò nel timore di future contestazioni e dell’incertezza nell’applicazione degli standard previsti dalla SFDR, in particolare quelli di cui agli artt. 8 e 9, portando alcune compagnie a non classificare gli IBIPs “light green” pur avendo i requisiti richiesti ex art. 8 SFDR con inevitabili ricadute nella valutazione dell’adeguatezza delle consulenze erogate.
Tale approccio – contrapposto al più noto concetto di greenwashing – produce l’effetto di ridurre gli adempimenti per le compagnie a qualificare formalmente i propri prodotti come ESG, privando così la clientela della possibilità di orientarsi in maniera consapevole verso soluzioni finanziarie ecologicamente responsabili.
[58] L'innovazione tecnologica nel settore assicurativo, denominata Insurtech, comprende l'applicazione di nuove tecnologie per ottimizzare l'offerta di prodotti e servizi assicurativi, nonché per rinnovare i rapporti contrattuali tra imprese e clienti.
I big data e algoritmi predittivi per profilare dettagliatamente gli assicurati, consentono una gestione efficente e personalizzata del rischio. Inoltre, l'integrazione di strumenti quali smart contracts, Intelligenza Artificiale e Internet of Things semplificano e automatizzano gran parte dellala gestione delle polizze.
Dalla tecnologia Blockchain, è possibile la creazione di contratti intelligenti, i quali si aggiornano autonomamente in base a condizioni predefinite, garantendo profili di certezza giuridica delle transazioni.
I sistemi fin qui esposti, dotati di capacità di autoapprendimento tramite machine learning, sollevano dei dubbi sul controllo delle dinamiche algoritmiche, ma soprattutto sulla trasparenza, ponendo certamente nuove sfide in termini di responsabilità e prevedibilità giuridica. Sul tema si v. E. BATTELLI, Insurtech ed evoluzione dell’offerta di polizze sanitarie: tra innovazione tecnologica e nuovi servizi assicurativi in campo medico, in Contratto e impresa, 2022, 58 ss.