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Pubbl. Ven, 10 Gen 2025

Il paradigma della sostenibilità e nuove frontiere della finanza

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Giuseppe Scavino
Laurea in GiurisprudenzaUniversità degli Studi di Messina



Benché la finanza sostenibile assurga a ruolo di principale driver della profonda trasformazione economica globale che stiamo vivendo, il corpus normativo che il legislatore ha realizzato, a fini di tutela sociale e ambientale, non è parso privo di ambiguità e problematiche interpretative come si cercherà di mettere in luce nei vari passaggi di questo scritto. In quest´ottica, il comun denominatore è certamente da ricercare nell’evidente fragilità di un processo normativo in continuo divenire, alimentato da interventi che cercano (e non sempre riescono) di rispondere alle sfide emergenti e alle lacune giuridiche al cospetto di un panorama economico globale complesso e di una calzante tecnologia che poggia su variabili difficilmente prevedibili.


ENG Although sustainable finance takes on the role of the main driver of the deep global economic transformation we are experiencing, the regulatory corpus that the legislator has realized, for the purposes of social and environmental protection, has not seemed to be devoid of ambiguity and interpretative issues as we will try to highlight in the various passages of this writing. In this perspective, the common denominator is certainly to be sought in the obvious fragility of a constantly becoming regulatory process, fueled by interventions that seek (and not always manage) to respond to emerging challenges and legal gaps in the face of a complex global economic landscape and a sophisticated technology resting on variables that are difficult to foresee.

Sommario: 1. Premessa; 2. Il ruolo del sistema finanziario nella programmazione sostenibile; 3. Il ruolo dei criteri ESG nella finanza sostenibile; 4. Il framework normativo della sostenibilità: fondamenti e implicazioni; 5. Comportamenti finanziari, sostenibilità e valore della consulenza nell'interesse delle “future generazioni” di investitori; 6. Finanza sostenibile e digitalizzazione: prospettive e interconnessioni future; 7. Conclusioni.

1. Premessa

Una delle tematiche poste al centro del panorama mondiale attiene ad un nuovo ordine mondiale che sta via via delineando il suo paradigma scientifico integrando aspetti ambientali, economici e sociali in una prospettiva di innovativa relazione tra uomo e sistemi naturali, economici, sociali ed istituzionali nei quali esso vive.

Siffatta tematica, assurta oramai a valore dominante nel dibattito culturale contemporaneo, si pone altresì come paradigma sociale – inteso quale «costellazione di concetti, valori, percezioni e comportamenti condivisi da una comunità̀, che dà forma ad una visione particolare della realtà̀ come base del modo in cui la comunità̀ si organizza» [1].

La necessità di affermare nuovi paradigmi - di cui, come noto, si è fatto garante il Governo nel contesto più ampio del PNRR – nasce proprio dalla improrogabilità di garantire alle generazioni future, gli stessi livelli di benessere di quelle attuali tramite una programmazione, nel lungo periodo, dell’utilizzo, consapevole e ragionevole, delle risorse naturali odierne.

Già a far data dalla firma del Trattato di Amsterdam del 1997 che costituisce il primo tentativo di riforma delle istituzioni europee in vista dell’allargamento dell’Unione, si traccia una prima linea di demarcazione sull’argomento, introducendo il concetto di sviluppo delle attività economiche inteso come «armonioso, equilibrato e sostenibile» a garanzia di un elevato livello di protezione sociale, di parità di genere e di una crescita sostenibile[2]. Quanto detto è stato recepito dal legislatore italiano con la novella del 2022 a seguito della quale la tutela degli interessi delle generazioni future si eleva a principio costituzionalmente garantito[3], in collegamento funzionale con quanto sancito dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in  riferimento a un nuovo concetto di libertà di impresa in cui uno degli obiettivi maggiormente perseguiti dalle politiche comunitarie è quello di costruire un mercato interno secondo criteri di stampo marcatamente liberistico che guarda con occhi attenti al tema dell’ambiente, del clima, della sicurezza e della dignità umana [4].

Sicché, la fenomenologia della sostenibilità risulta essere l’indicatore di fattori poliedrici in cui si sostanzia una relazione tra ambiente, giustizia sociale e governance, volta a favorire uno sviluppo ecologico e sostenibile, fondato su principi democratici e garante di ogni forma di uguaglianza tanto da delineare una innovativa visione socio-economica e, inevitabilmente, una rinnovata struttura finanziaria orientata a rispondere sempre più efficacemente alle esigenze dei nuovi consumatori retail – la maggior parte Millenians – sempre più esigenti e attenti a pratiche socialmente responsabili e a prodotti finanziari green[5].

In questa nuova visione si incunea il piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile[6], il Green Deal e le Direttive in materia di Tassonomia e disclosure, frutto della cultura giuridica dominante dell’Unione in chiave sostenibile[7].

Il legislatore domestico ne recepisce lo spirito adeguando il quadro normativo interno sia nella formulazione dell’art.117-ter del TUF, la quale impone l’osservanza di specifichi obblighi ai «soggetti abilitati alla promozione di prodotti e servizi qualificati come etici o socialmente responsabili»[8]; sia nel delimitare le caratteristiche della categoria (rectius, operatori di finanza etica e sostenibile) di cui all’art. 111-bis del T.U.B. [9].

In tal senso, diviene essenziale l’integrazione di criteri ambientali, sociali e di governance (i c.d. “ESG”) in una metodologia organizzativa e dei processi produttivi volti alla tutela dell’ambiente e alla riduzione dei rischi di natura sistemica [10]  laddove il bilanciamento degli interessi – finanziari e non finanziari – è raggiunto attraverso la messa a punto di investimenti ecosostenibili.

Sulla base di queste premesse, in una limitata prospettiva di indagine, l’obiettivo di tale lavoro sarà quello di dimostrare – senza alcuna pretesa di esaustività – come la finanza sostenibile, strettamente legata alla finanza digitale ed ai principi etici, possa generare valore economico e sociale a lungo termine tra luci e ombre.

2. Il ruolo del sistema finanziario nella programmazione sostenibile

Riprendendo le fila del precedente paragrafo, al fine di esaminare il contesto operativo della formula sostenibile, è necessario mettere da subito in evidenza il contributo del settore finanziario, quale catalizzatore del progresso etico e sociale.

L’incidenza significativa dell’attività finanziaria si può enucleare da diverse direttrici ancorate a valori di uguaglianza e solidarietà, che incoraggiano l’utilizzo delle risorse naturali senza compromettere la loro capacità di produrre valore nel tempo, grazie alla promozione di tecniche innovative con lo scopo di garantire il rispetto intergenerazionale del patrimonio ambientale.

Si fa strada così un’improrogabile esigenza di delineare un sistema integrato, capace non solo di potenziare i programmi di contrasto al climate change, ma anche di attuare politiche di tutela degli ecosistemi, di salvaguardia della biodiversità e di protezione di ogni singola specie, incluso il genere umano. L’ottica da cui si parte attiene principalmente al principio di inclusività, al fine di recuperare quelli che, per utilizzare la metafora di Lautachè, possono essere definiti [11]. Ciò implica l’urgenza di garantire che le risposte alle sfide globali odierne, siano caratterizzate da un approccio solidale e condiviso, in grado di assicurare una partecipazione attiva e non esclusiva dei soggetti più vulnerabili tanto da promuovere una gestione equa e collettiva delle problematiche ambientali e sociali delineando così  una coniugazione “pluralistica” della sfera del benessere, la quale esalta il profilo solidaristico dell’economia contemporanea e sancisce un metodo di gestione del “capitale naturale”, in equilibrio con i sistemi economici di produzione e con le previsioni di profitto[12].

È il caso soprattutto delle attività e iniziative ESG (Enviromental, Social, Governance) basate su regole etiche strettamente connesse alle dinamiche finanziarie, poiché, qualora rispettate, garantiscono agli agenti economici e finanziari una maggior efficienza[13], da un lato, mentre dall’altro inducono ad una rinnovata riflessione finanziaria da parte dei risparmiatori, in specie Millennials, i quali risultano sempre più propensi a orientarsi verso investimenti di natura etica e sostenibile.

Risulta pertanto evidente come il ruolo cruciale del sistema finanziario sia determinante per la transizione ecologia in cui la sostenibilità si eleva a principio trasversale e guida delle decisioni economiche e di mercato [14]

Un’innovativa tendenza che definisce una realtà fondata su paradigmi, un tempo considerati ossimorici, nei quali si intrecciano le dinamiche dell’interesse economico con quelle ambientali e civili, in nuovi scenari regolati dalla finanza sostenibile. Questo processo di transizione economica rappresenta al sistema bancario- finanziario due complesse prospettive: integrare i rischi ESG nella concessione del credito alle imprese rendendo contestualmente “sostenibile” l’investimento finanziario. Pertanto, per poter beneficiare di questi finanziamenti, le aziende sono chiamate a rinnovare la propria struttura e le proprie strategie, adottando un approccio mirato a un equilibrio che armonizzi gli aspetti legati alla produzione, il benessere sociale e la tutela dell’ambiente.

In una prospettiva del genere, le imprese saranno incentivate a rispettare principi fondamentali, quali la valorizzazione dei diritti dei lavoratori, la garanzia di una equa retribuzione, il rispetto dei temi sociali ed etici[15], dimodoché il ‘rapporto sostenibile’ che si viene a configurare diventa un onere di comportamento per gli agenti economici in una prospettiva stakeholder-centrica, donde gli interessi dei soggetti coinvolti nella medesima attività imprenditoriale prevalgono sulle logiche di massimizzazione del shareholder’s value (valore degli azionisti). Dal lato dei mercati finanziari, risulta parimenti imprescindibile evidenziare il processo di conversione economica del risparmio disponibile per gli investimenti, in particolare attraverso la sua trasformazione in investimenti socialmente responsabili (SRI) ritenuti cruciali per la promozione di un sistema di finanza sostenibile. Essa infatti risulta essere uno dei tasselli fondamentali affinché possa consolidarsi il ruolo della finanza come vettore dei flussi di capitali verso attività attinenti alla sfera sostenibile.

E’ di tutta evidenza il fatto che questo risultato potrà essere raggiungibile solo attraverso un’efficace intermediazione finanziaria mirata alla promozione di prodotti sostenibili,  così come indicato dallo stesso legislatore europeo nell’ambito delle recenti modifiche apportate alla Direttiva 2014/65 UE[16] miranti tanto a  regolamentare e incentivare la massimizzazione dei flussi dei prodotti green, quanto – e principalmente – a  stimolare l’attività degli intermediari verso una promozione dei prodotti non finanziari [17].

 3. Il ruolo dei criteri ESG nella finanza sostenibile 

Sull’onda delle considerazioni prima esposte, allora ci pare di capire come la sostenibilità si configuri quale principio cardine della finanza, la cui finalità è strettamente connessa agli obiettivi di lungo periodo, orientati a generare un impatto positivo tanto sotto il profilo sociale quanto ambientale e assicurare, al contempo, la tutela e il benessere delle generazioni future.

La procedura di transizione alla green economy è stata spettatrice della convergenza di interessi pubblici e privati per la costituzione di un capitale sostenibile. In tal senso, l’Unione si è fatta promotrice di ulteriori iniziative significative: il Next Generation EU (NGUE) e il piano finanziario quadriennale (QFP), costituiscono infatti il frutto della politica di decarbonizzazione europea, con una programmazione di investimenti cospicui per attuare azioni di contrasto al climate change unitamente a strategie volte alla tutela della biodiversità. Progetti questi che andranno a tradursi in percentuale elevata (si parla di quasi il 40%) in investimenti green.

Uno dei problemi che si frappongono al raggiungimento di tali obiettivi è da imputare soprattutto alle esigue risorse pubbliche – limitate e, per certi aspetti, insufficienti per poter raggiungere pienamente gli obiettivi prefissati – sicché risulta necessario un intervento integrativo da parte del settore privato, al quale sarà attribuito il compito di apportare i capitali necessari alla riconversione del sistema produttivo verso modelli sostenibili e green poggiante su criteri univoci, indispensabili per valutare la sostenibilità e l’eticità delle attività economiche, delle scelte d’investimento e di gestione del rischio.

Ci si riferisce, in questo caso, ai già indicati criteri ESG, i quali rivestono una funzione determinante nell’identificazione del rendimento e nella gestione del rischio degli investimenti a lungo termine, fornendo agli investitori gli strumenti necessari per valutare in modo cosciente e informato le opportunità di investimento.

In altri termini, siffatti indicatori divengono parametri essenziali per una valutazione “integrata del valore”, che trascende la mera analisi dei dati finanziari, ponendo particolare attenzione agli aspetti ambientali, sociali e di governo; parametri questi che consentono di verificare se la sostenibilità è concretamente presente, in considerazione di interessi che vanno oltre, come si diceva poc’anzi, il mero risultato economico[18]. Essi, peraltro, contribuiscono a promuovere una maggiore trasparenza, che si riflette altresì in ambiti come quello della responsabilità sociale d’impresa, quale canone di comportamento orientato alla riduzione delle esternalità negative generate dai profitti aziendali, combinando questi ultimi con una condotta etica rispettosa della legalità, dei diritti umani e del contesto ambientale[19].

Non sorprende, dunque, che si stia assistendo a un’espansione delle pratiche di impact investing tese a coniugare gli obiettivi finanziari con impatti sociali e ambientali positivi, attraverso l’utilizzo di strumenti finanziari innovativi, come le obbligazioni verdi, i social bond e il microcredito[20]

Su quest’ultimo profilo è opportuno ricordare la rilevanza riconosciuta a livello internazionale con l’adozione della risoluzione 58/221 delle Nazioni Unite[21] che colloca il micro-finanziamento nel settore della green economy, contribuendo significativamente alla promozione di pratiche economiche ecocompatibili. Si invitano, a tal proposito, gli Stati membri a istituire comitati nazionali destinati a promuovere l’accesso al microcredito, quale espressione del c.d. “prestito personale”, con l’obiettivo di favorire l’inclusione finanziaria attraverso l’accesso al finanziamento per le categorie sociali più vulnerabili.

L’intervento della regolazione comunitaria ha indubbiamente, nel caso in specie, determinato il superamento dei precedenti dubbi dottrinali riguardanti la sua collocazione all’interno del paradigma della finanza etica, consentendo alla microfinanza di essere pienamente riconosciuta come forma legittima e rilevante di tale finanza. L’evoluzione della pratica in oggetto ha permesso inoltre di configurarla come strumento pienamente compatibile  con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) sanciti nell’Agenda 2030 e, successivamente, con gli obiettivi del Green Deal europeo: essa si compendia tra le iniziative volte a promuovere un’economia a basse emissioni di carbonio, con particolare attenzione alla microfinanza verde, all’economia circolare e a tutte quelle forme di economia le quali, attraverso modelli di business innovativi, mirano a ridurre o escludere l’impatto ambientale negativo. 

4. Il framework normativo della sostenibilità: fondamenti e implicazioni 

Nel contesto delineato, il concetto di sostenibilità emerge dunque in definitiva come promotore di una vera e propria rivoluzione, che non si limita esclusivamente alla dimensione finanziaria, ma coinvolge anche il cambiamento nel modo di pensare dei consumatori e dei protagonisti del settore.

Sicché è parso del tutto coerente con questo nuovo modo di pensare il rilievo attribuito alla formula normativa sostenibile – intesa quale insieme di interventi miranti a promuovere uno sviluppo sociale ampio e orientato ai principi etici e ambientali – tanto da ritenere necessario stabilire limiti operativi più chiari per le attività economiche. Ciò consentirà di garantire una maggiore trasparenza nel mercato, permettendo alle imprese di attuare una corretta divulgazione delle informazioni nei confronti di soggetti terzi. Inoltre, un approccio di siffatto tipo contribuirà a ridurre il disallineamento competitivo tra gli operatori economici, tramite l’introduzione di regole certe e condivise, che scoraggeranno fenomeni dannosi come il greenwashing, pratica questa oramai nota per le pesanti ricadute non solo sulla fiducia dei consumatori nei confronti di prodotti e servizi c.d. “verdi”, ma anche degli investitori di fronte alla scelta di imprese realmente impegnate nella sostenibilità ambientale.

Le difficoltà testé evidenziate trovano riscontro – e possibile soluzione – nell’intervento delle istituzioni europee, specie in riferimento agli obiettivi stabiliti dall’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile e dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Attraverso tali interventi normativi, l’Unione Europea si avvia verso un quadro di finanza sostenibile chiaro, coerente e solido, anche se costellato da non poche difficoltà dovute agli ostacoli politici ed economici ancora presenti nei singoli Paesi membri.

Solo per completezza, è d’uopo ricordare come l’attuale architettura normativa europea in materia di sostenibilità sia frutto di un corpus di disposizioni via via stratificatosi. Si pensi, ad esempio al Regolamento sulla Tassonomia[22], teso a regolamentare la definizione e la classificazione delle attività sostenibili; il Regolamento SFDR[23] (Sustainable Finance Disclosure Regulation) sui profili di trasparenza nella divulgazione delle informazioni finanziarie, nonché la rendicontazione della sostenibilità aziendale, di cui si fa carico la Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive)[24].

Questi strumenti, pur essendo strettamente posti in relazione tra loro, poggiano sul principio DNSH (Do Not Significant Harm) che funge da criterio di salvaguardia andando a garantire le attività economiche qualificabili come sostenibili, in modo da poter raggiungere un equilibrio tra le diverse dimensioni ambientali, sociali ed economiche[25]. In altri termini, tale principio si erge a fondamentale strumento di coordinamento e protezione all’interno del framework normativo europeo per la sostenibilità. Richiamando qui il contenuto normativo del Regolamento Tassonomia è ben evidente l’intento del legislatore europeo di definire criteri (in specie, all’art. 3) allo scopo di promuovere gli investimenti sostenibili, stabilendo le condizioni necessarie affinché gli investitori possano più agevolmente scegliere il prodotto finanziario realmente “ecosostenibile”.  A tal proposito, l’introduzione della SFDR si prefigge di introdurre obblighi di trasparenza e doveri fiduciari in capo ai partecipanti ai mercati finanziari per un migliore approccio alla materia mediante conferimento di una particolare rilevanza all’integrazione dei rischi di sostenibilità, nonché promozione di schemi informativi precisi e una maggiore trasparenza dei prodotti. Per quanto l’argomento richiederebbe un maggiore spazio di approfondimento, anche l’operato dei consulenti finanziari – figura questa introdotta dalle Direttive MiFID – svolge un ruolo cruciale in questo nuovo paradigma normativo essendo più di ogni altro intermediario finanziario in grado di adempiere agli obblighi preposti e distribuire soluzioni sostenibili in linea con le scelte e le preferenze (spesso inconsapevoli) dei clienti, soprattutto quelli retail [26].

In una direzione analoga si colloca anche la summenzionata CSRD, la quale introduce l’obbligo di rendicontazione non finanziaria e di un report di sostenibilità da parte delle imprese sia quelle di grandi dimensioni che le PMI quotate in Borsa, conformemente a criteri comuni allineati agli obiettivi climatici dell’Unione Europea. Questo obbligo discende dal valore integrato delle disposizioni relative alle informazioni di natura finanziaria con le informazioni sociali e ambientali, già contenute nella precedente Direttiva 2014/95 (NFRD – Non Financial Reporting Directive) [27]. Per quanto non privo di criticità,  come prima si accennava, tale  complesso quadro normativo costituisce un passo significativo nel campo della sostenibilità e delinea possibili percorsi finalizzati alla piena ed effettiva integrazione dei suddetti principi, donde «la solidarietà e l’uguaglianza identificano i valori cui ancorare le regole della produzione»[28]”, garantendo, almeno astrattamente, l’inclusione finanziaria anche per le categorie più vulnerabili.

Criticità, vale la pena sottolineare, che vanno inevitabilmente imputate  all’ampiezza e talvolta alla natura fin troppo descrittiva dei provvedimenti – nonché della loro intrinseca temporaneità e provvisorietà [29] – e alla fluidità delle diverse categorie di strumenti giuridici e delle relative modalità procedurali applicabili alle varie attività collegate ai processi di transizione economica [30].

È auspicabile allora che il binomio ‘etica e sostenibilità – ove adeguatamente regolamentato – assurga a ruolo primario, non solo per la sua influenza sulle dinamiche finanziarie, ma anche perché i mercati dei capitali e azionari, quando ben integrati ed efficienti, possono fungere da catalizzatori per una mobilizzazione e allocazione efficace del capitale verso investimenti sostenibili, attirando così un numero crescente di investitori[31].

5. Comportamenti finanziari, sostenibilità e valore della consulenza nell’interesse delle “future generazioni” di investitori

 La rapida evoluzione dei modelli di business in risposta alla crisi finanziaria ed economica causata dai sub prime americani nel 2007 prima e dalla pandemia di Covid-19 dopo, ha evidenziato un cambiamento significativo riguardo i destinatari di questa nuova categoria di investimenti.

Si fa riferimento alla dimensione degli investimenti sostenibili, i quali ormai permettono di coniugare logiche di profitto a lungo termine con il rispetto delle tematiche centrali del dibattito, dettate dalla dei fattori ESG nella gestione degli investimenti. Affiancato a siffatto processo, la crescente centralità riconosciuta all’individuo nel sistema economico, non solo in relazione alla sua dimensione di consumatore, ma anche nella sua naturale accezione di essere umano.

In questa che noi chiamiamo ‘trasformazione sociale’, capace di promuovere cambiamenti significativi e duraturi, ritroviamo il segnale di una sorta di “umanizzazione” profonda della società economia verso una dimensione più giusta, sensibile e spiritualmente consapevole [32] capace di abbracciare le problematiche climatiche, unitamente alla consapevolezza dei principi etici ed economici, tanto a livello individuale quanto collettivo, determinando un rinnovato senso di responsabilità nei confronti del benessere attuale e delle generazioni future.

In termini più ampi, si può affermare che l’interesse per gli investimenti sostenibili risponde alla crescente esigenza di svolgere un ruolo attivo nelle trasformazioni in atto, contribuendo contestualmente alla tutela del clima e dell’ambiente attraverso investimenti in strumenti finanziari sostenibili i quali riflettono in modo più coerente i valori degli investitori.

Un mutamento di tali dimensioni ha spinto le nuove generazioni, in particolare i Millennials come poc’anzi accennato, a orientarsi verso pratiche di investimento sostenibile, escludendo le tradizionali logiche di breve periodo, una tendenza che si configura anche in relazione al loro diverso approccio alle dinamiche finanziarie e alla selezione dei prodotti finanziari sensibili.

C’è tuttavia da notare come un rapporto differente si manifesta principalmente guardando alla Gen-Z già orientata per ragioni generazionali verso prodotti finanziari sostenibili. Questa, forte delle proprie competenze innovative e educata finanziariamente, adotta un approccio più confidenziale e dinamico verso i mercati e, quando presenti, nei confronti dei propri consulenti finanziari oggi, rispetto al passato, chiamati a focalizzarsi maggiormente su tematiche quali l’economia circolare, la prevenzione e la tutela dell’ambiente, la salvaguardia del territorio e la protezione delle risorse naturali [33].

Si palesa così in tutta evidenza il rapporto diretto tra investimenti finanziari green e adeguato livello di educazione finanziaria e digitale mirante a fornire ai consumatori una comprensione sull’uso degli strumenti di investimento sostenibili al fine di renderli consapevoli dei limiti di un agere proteso a tutelare l’equilibrio delle risorse naturali e a promuovere la valorizzazione del capitale umano e ambientale nei vari contesti giuridici e economici.

Di contro, e in considerazione di dette circostanze, la trasparenza delle informazioni relative ai prodotti finanziari e dei servizi di investimento, così come delineata dal regolatore, potrebbe non essere sufficiente a proteggere gli interessi degli investitori, qualora questi non dispongano di un’adeguata preparazione in ambito finanziario[34].

Viene in rilievo quel che la letteratura in argomento definisce “analfabetismo finanziario” che potrebbe rappresentare un freno significativo al processo di transizione e costituire un ostacolo per le generazioni future, soprattutto in relazione all’evoluzione dei servizi finanziari fintech [35]. Tali sviluppi impongono, infatti, un radicale cambiamento nei percorsi educativi della cultura digitale e finanziaria, che risulta imprescindibile per una partecipazione consapevole e competente alle modalità finanziare sempre più da “remoto” [36].

Nei processi di valutazione dei fattori ESG, oggetto di questa disamina, l’affidabilità e la precisione delle tecnologie in uso, oltre a favorire una maggiore trasparenza per le imprese, accrescono la velocità e l’efficacia nell’analisi del rischio degli investimenti sostenibili, per i quali i sistemi tradizionali di informazione risultano superati. Alcuni esempi significativi d’interazione tra tecnologia finanziaria e obiettivi di sviluppo sostenibile possono essere individuati nelle soluzioni green della tecnofinanza, tra cui si annoverano gli strumenti di analisi e dati ESG digitali; le piattaforme digitali verdi per crowdfunding e syndication e ancora le soluzioni di analisi dei rischi digitali verdi[37].

Tali sviluppi interattivi non solo si configurano come auspicabili, ma appaiono essenziali per la costruzione di un modello economico futuro che sia, al contempo, equo, resiliente e rispettoso dell’ambiente.

 6. Finanza sostenibile e digitalizzazione: prospettive e interconnessioni future 

È giunto il momento di analizzare con particolare interesse il contributo che la digitalizzazione offre alla sfera della sostenibilità e dello sviluppo sostenibile, prima di avviarci alle conclusioni del presente scritto.

Le tecnologie della rivoluzione digitale, non vi è dubbio, hanno aperto nuovi orizzonti nella gestione delle problematiche ambientali, nella loro salvaguardia e nelle pratiche di sviluppo sostenibile, ma inevitabilmente hanno portano a riconsiderare il concetto di digitalizzazione, inteso non più come una funzione meramente accessoria ma quale elemento abilitante, accessibile e fondamentale per tutti gli attori economici e sociali compresi i cittadini[38].

Nell’arco degli ultimi venti anni, in riferimento a queste ultime categorie, si è registrata una notevole crescita nell’utilizzo di infrastrutture digitali, con un particolare accento sulla domanda di finanziamenti online, la diffusione dell’e-commerce, dei pagamenti digitali e delle comunicazioni wireless caratterizzanti per la loro natura inclusiva e per la capacità di rispondere alle mutate esigenze della cittadinanza[39]. In questo scenario di trasformazione, i principali attori del cambiamento sono stati ancora una volta i Millennials, i quali hanno manifestato una crescente sfiducia nei confronti delle tradizionali istituzioni bancarie, ritenute inadeguate a soddisfare le loro esigenze finanziarie future. Un esempio emblematico di tale evoluzione è rappresentato dall’adozione di soluzioni per il trasferimento di denaro integrate nelle applicazioni di messaggistica, che hanno progressivamente sostituito le operazioni bancarie tradizionali, divenendo pratiche familiari e facilmente accessibili per le generazioni più giovani [40].

Nella nuova visione di mercato, la finanza digitale sostenibile emerge come un concetto cardine poiché rappresenta non solo un’opportunità di sviluppo per il settore, ma anche una risposta alle sfide imposte dalla necessità di transizione verso un modello economico più inclusivo ed ecologicamente responsabile.

Invero, se consideriamo la finanza come un mezzo e non come un fine in sé, diventa evidente che l’obiettivo finale di sostenibilità ambientale e sociale – perseguito attraverso questa innovativa configurazione tecnologica – debba attraverso la creazione di nuovi strumenti di finanziamento e modelli di business innovativi idonei a promuove iniziative finanziarie mirate e facilitare l’armonizzazione delle scelte etiche con un sistema normativo unificato e coerente. Nel contesto attuale, emerge con forza l’assenza di una chiara esplicitazione del ruolo delle tecnologie digitali tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile [41], in termini di impatto e potenzialità, né ad esse viene riconosciuto un ambito di sviluppo autonomo e strategico. Questa omissione risulta particolarmente rilevante considerando che le tecnologie digitali (: IA, big data, blockchain e Internet of Things) sono ormai considerate catalizzatori fondamentali per la realizzazione degli stessi obiettivi di sviluppo sostenibile. Non va dimenticato, infatti, come l’innovazione tecnologica sia in grado di migliorare significativamente l’efficienza dei processi legati alla gestione delle risorse, alla promozione di economie circolari, alla transizione energetica, all’inclusione finanziaria e alla protezione dell’ambiente.

A tal proposito, iniziative rilevanti a livello internazionale come il rapporto “The Age of Digital Interdependence” delle Nazioni Unite, evidenzia l’interconnessione tra tecnologica globale e le dinamiche economiche e sociali ridisegnandole in chiave moderna [42].

Sul fronte europeo, lUnione ha fatto significativi passi avanti in questa direzione. In particolare, la Strategia Digitale Europea e il Digital Compass[43] hanno posto l’accento sulla necessità di integrare le tecnologie digitali nei settori economici e sociali in modo sostenibile, al fine di perseguire gli obiettivi del Green Deal europeo. La Commissione Europea inoltre ha recentemente adottato normative volte a regolamentare l’Intelligenza Artificiale, tra cui l’AI Act[44] che stabilisce un quadro giuridico per l’uso sicuro ed etico di tale tecnologia e la Digital Services Act[45] (DSA), che promuove la protezione dei consumatori e la sicurezza online.

Tuttavia, nonostante questi sforzi, la sfida più grande rimane quella di sviluppare un quadro normativo globale armonizzato che possa governare l’uso delle tecnologie digitali in modo equo, sicuro e sostenibile, soprattutto in relazione agli impatti ambientali e sociali che esse generano.

Ciò spiega la necessità– più volte emersa in questo scritto – di evidenziare l’assenza di un approccio normativo unitario, ritenendola di ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e creando disuguaglianze con ulteriore aggravio delle problematiche di ordine ambientale.

È dunque essenziale, secondo il nostro sommesso parere, che la comunità internazionale, supportata da iniziative come quelle dell’ONU e dell’UE, prosegua verso la creazione di un regolamento globale con l’obiettivo ultimo non solo di integrare la digitalizzazione quale strumento centrale per il conseguimento degli SDGs, ma di garantire, al contempo, che i benefici siano distribuiti equamente e in modo sostenibile.

 7. Conclusioni

 Nel procedere a grandi passi verso le conclusioni del presente contributo, è possibile affermare come la finanza sostenibile assurga a ruolo di principale driver della profonda trasformazione economica globale, sospinta da un corpus normativo[46] che, pur rispondendo a legittime esigenze di tutela sociale e ambientale, non è mostrata priva di ambiguità e problematiche interpretative, così come si è cercato di mettere in luce nei paragrafi precedenti. Tant’è che il processo di regolamentazione è apparso costellato da complesse sfide che richiederebbero ulteriori e approfondite analisi su un terreno di studi più appropriato.

Il punto da cui si è partiti è proprio quello di aver riconosciuto la fragilità di un processo normativo in continuo divenire, alimentato da interventi che cercano (e non sempre riescono) di rispondere alle sfide emergenti e alle lacune giuridiche al cospetto di un panorama economico globale complesso.

Sia pure il concetto di sostenibilità sia un’idea oramai dominante l’impossibilità di addivenire, in tempi brevi, ad un sistema ordinamentale a tutto tondo cozza con la velocità con cui la tecnologia avanza e con le sue variabili difficilmente prevedibili.

In tal senso, nel fare riferimento al Regolamento SFDR e a quelli sui rating ESG, sull’Intelligenza Artificiale e, non ultima, alla direttiva Due Diligence aziendale sostenibile, abbiamo ritenuto che la loro strategia di regolazione, che mira a rafforzare la sostenibilità finanziaria, potrà avere successo solo allorquando i legislatori saranno in grado di trovare un equilibrio tra rigore regolatorio e flessibilità operativa.

Quel che l’esiguità di tale disamina ci permette di affermare è che tanto la SFDR quanto il recente Regolamento (UE) 2024/3005 sui rating ESG citati gettano, senza dubbio, le basi per la messa a punto di un sistema finanziario rispondente pienamente a criteri di sostenibilità, ma la strada è ancora in salita.

È lecito dunque chiedersi se questi strumenti saranno, anche per il futuro e di fronte all’elevato livello di fluidità dei mercati finanziari e delle questioni di geopolitica, in grado di conciliare efficacemente rigore normativo e flessibilità operativa.

A nostro sommesso avviso, il rischio non del tutto peregrino è che, nel tentativo di garantire trasparenza e affidabilità nei prodotti finanziari ecosostenibili, si possa finire con l’appesantire un sistema già complesso, allontanando i piccoli risparmiatori dai mercati emergenti e scoraggiando le imprese ad abbracciare la sfida green.

Se si è d’accordo nel ritenere che la responsabilità nella gestione dei fenomeni economici non debba prescindere da un equilibrio tra rigore normativo (volto a garantire la tutela dell’interesse pubblico) e flessibilità necessaria a stimolare le operazioni d’innovazione e di crescita, allora è necessario che le normative in materia di finanza sostenibile, intraprese dal regolatore europeo nel corso di questi ultimi anni, siano maggiormente orientate verso la protezione dei diritti degli investitori e dei consumatori e nondimeno verso la creazione di un ambiente favorevole alla competitività, che sappia promuovere il progresso senza limitare la libertà di mercato. In quest’ottica, solo l’esperienza empirica nel volgere del tempo ci potrà fornire, di volta in volta, solide basi su cui costruire un articolato complesso di norme che si dovrà affiancare – e non sovrapporsi – al galoppante processo d’innovazione tecnologica, per affrontare un mondo che cambia velocemente.

Conseguentemente sarà fondamentale monitorare con la dovuta attenzione l’impatto di queste normative, per evitare che la loro implementazione, eccessivamente onerosa o rigida, finisca con il compromettere la visione sostenibile nel lungo periodo.

In particolare, sarà necessario prestare attenzione alle implicazioni della Direttiva (UE) 2024/1760 (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CS3D o CSDDD), di recentissima pubblicazione, che benché volta a stabilire i requisiti di due diligence per le aziende – con l'obiettivo di prevenire e mitigare gli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente – potrebbe rivelarsi troppo gravosa per le imprese, non riuscendo così a coniugare sostenibilità e competitività in modo equilibrato, nonostante l’ambiziosità del suo programma. Per quanto il tema meriterebbe un approfondimento maggiore, e solo per completezza di trattazione, è necessario anche volgere una preliminare riflessione sui programmi di alfabetizzazione finanziaria e digitale in atto poiché rappresentano, a buon diritto, uno strumento cruciale per avviare un processo di empowerment diretto a stimolare il cambiamento delle abitudini individuali, che si esteriorizza nella funzionalità integrata degli strumenti digitali. Le politiche adottate negli ultimi decenni dall’OCSE e dalla Commissione Europea, con il supporto delle autorità pubbliche e di tutti gli attori interessati, si sono concentrate sempre più sulla sensibilizzazione riguardo ai benefici della digitalizzazione, attraverso campagne informative e iniziative dirette per sostenere lo sviluppo di competenze digitali avanzate.

Tuttavia, ancora una volta, nonostante i progressi raggiunti attraverso detti percorsi di alfabetizzazione (si pensi, a titolo esemplificativo, all’accesso a servizi specializzati per lo sviluppo aziendale e ai programmi di espansione tecnologica per una formazione continua e mirata), siamo ancora lontani da un quadro organico e unitario di norme e di iniziative concrete di supporto, lasciando che la sfida principale si giochi sul piano della fruibilità dei programmi per tutti i cittadini, in particolar modo per quelli più vulnerabili, i quali, ragionevolmente, si trovano sprovvisti delle risorse essenziali per accedere ai processi di digitalizzazione[47].

Ciò porta a ritenere che opportune politiche d’inclusione digitale finalizzate potranno essere in grado di sensibilizzare una partecipazione più ampia e inclusiva nell’economia globale a patto che si affrontino compiutamente anche una serie di sfide che richiedono, da parte delle istituzioni tutte e del regolatore in specie, una riflessione critica e un continuo adeguamento delle politiche in risposta ai mutamenti del contesto globale.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Così si esprime F. CAPRA, The web of life, Doubleday-Anchor Book, New York, 1996.

[2] F. CAPRIGLIONE, Sostenibilità mercato ambiente. Una riflessione introduttiva, in Rivista di Diritto Bancario, 2024, 360 ss.

[3] Legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”, pubblicata in G.U. n. 44 del 22 febbraio 2022.  Per quanto riguarda, in estrema sintesi, i contenuti della riforma, viene aggiunto un nuovo comma all’art. 9 Cost. che, nella versione attuale, fa menzione del paesaggio e del patrimonio storico-artistico senza citare espressamente l’ambiente. Con la riforma «la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni», tali obiettivi, vengono inseriti tra i principi fondamentali dalla Carta costituzionale, rinviando altresì al legislatore la facoltà di stabilire i modi e le forme di tutela degli animali. Infine, in materia di iniziativa economica privata, la norma pregressa dell’art. 41 Cost. viene integrata prevedendo che tale attività non possa svolgersi in modo da recare danno alla salute e all’ambiente.

[4] Cfr., artt. 26 e ss.; 101 e ss. e 107 e ss. del TFUE.

[5]  B. RUSSO, Etica e sostenibilità: Nuove convergenze per la finanza di domani, in “Are you green? Noi e il mondo che ci circonda”, 2022, Collana del Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli Studi di Messina, 568 ss.

[6] COMMISSIONE EUROPEA, Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, 8.3.2018 COM (2018).

[7]In argomento, si veda, COMMISSIONE EUROPEA, Accordo di Parigi, visionabile in www.consilium.europa.eu/it/policies/paris-agreement-climate/; ASSEMBLEA GENERALE ONU, e Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in www.agenziacoesione.gov.it/comunicazione/agenda-2030-per-lo-sviluppo-sostenibile/.

[8] Disposizione introdotta dalla L. 28/12/2005 n.262, art. 14 co. 1, successivamente modificata con il D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 68

[9] Come afferma lo stesso G. MATTARELLA in un suo scritto dal titolo “Sostenibilità e servizi di investimento tra selezione avversa, vaghezza normativa e regolazioni settoriali mercato ambiente” in Rivista di Diritto Bancario, 2024, 543 ss., le istanze di matrice europea modellano le regolamentazioni interne verso l'obiettivo comune della sostenibilità. Ne costituisce un esempio l'ampliamento della responsabilità delle autorità di vigilanza integrata ai principi della finanza sostenibile.

[10] F. CAPRIGLIONE Sostenibilità mercato ambiente. Una riflessione introduttiva, cit., 369 ss.

[11] Tale espressione si rinviene in M. Pellegrini, Mercati finanziari e sviluppo sostenibile, in Diritto Pubblico dell'Economia, a cura di M. Pellegrini, Padova, 2023, 419, che richiama S. LATOUCHE, Il Pianeta dei naufraghi, Bollati Boringhieri, Torino, 2017, passim.

[12] F. CAPRIGLIONE, Sostenibilità mercato ambiente. Una riflessione introduttiva, cit., 361 ss.

[13] Questa tendenza si manifesta anche in presenza di rendimenti, in passato inferiori ma oggi possibilmente competitivi, rispetto ad altre opzioni di investimento, che non compromettono la preferenza per soluzioni che rispecchiano valori morali e socialmente responsabili. A conferma di quanto espresso, un contributo rilevante viene fornito da ricerche di tipo storico, statistico e econometrico, con previsioni di aumento dei rendimenti aziendali contrari al breve periodo, in virtù della crescente attenzione agli impatti dei cambiamenti climatici e alla transizione energetica globale.Cfr., M. FREY, A. VERCELLI, D. MASCIANDARO, Banca e finanza sostenibile, in Studi e note di economia, Quaderno n.8/2014, 47 ss.

[14] R. CARATOZZOLO, Gli strumenti del sistema finanziario per la transizione ecologica, in “Are you green? Noi e il mondo che ci circonda”, 2022, Collana del Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli studi di Messina, op.cit., 533 ss.

[15] R. CARATOZZOLO, Ibid.., 535 ss.

[16] Regolamento Delegato (UE) 2021/1253 che modifica il Regolamento Delegato (UE) 2017/565, per quanto riguarda l’integrazione dei fattori di sostenibilità, dei rischi di sostenibilità e delle preferenze di sostenibilità in taluni requisiti organizzativi e condizioni di esercizio delle attività delle imprese di investimento; Direttiva delegata (UE) 2021/1269 che modifica la direttiva delegata (UE) 2017/593  per quanto riguarda l’integrazione dei fattori di sostenibilità negli obblighi di governance dei prodotti.

[17] M. ARRIGONI, Finanza sostenibile, servizi di investimento e tutela dell’investitore, in Rivista di diritto bancario, 2023, 262 ss.

[18] La maggiore trasparenza, la responsabilità e la sostenibilità nel reporting delle imprese e nella promozione di prodotti finanziari rappresentano i principali punti di forza delle iniziative di matrice europea. Tale orientamento si pone in continuità con gli obiettivi del regolamento europeo di recente approvazione, che si traduce nell'identificazione di criteri regolamentati e condivisi dagli ordinamenti degli Stati membri – I c.d.  Rating ESG – finalizzati alla valutazione del profilo di sostenibilità di un’impresa o di uno strumento finanziario, analizzandone l’impatto e l’esposizione ai rischi legati a questioni di sostenibilità. Così REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sulla trasparenza e sull'integrità delle attività di rating ambientale, sociale e di governance (ESG), che modifica il regolamento (UE) 2019/2088 e (UE) 2023/2859. Si rinvia alla pagina web www.data.consilium.europa.eu/doc/document/PE-43-2024-INIT/it/pdf.

[19] Tale  espressione si rinviene in C. MARASCO, Limiti normativi allo sviluppo del mercato dei green bond: la proposta di riforma dell’art. 2483 c.c., in Rivista di diritto bancario, 2023, 89, che richiama  R. MASERA, L'impresa e la creazione di valore, in F. Capriglione (a cura di), Finanza impresa e nuovo umanesimo, Bari, 2007, 81 ss.

[20] AA.VV., La finanza per lo sviluppo sostenibile. Tendenze, questioni in corso e prospettive alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare dell’Unione europea, in Quaderno di Finanza sostenibile n.1- 2021, passim.

[21] Risoluzione 58/221 del 19 febbraio 2004 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

[22] REGOLAMENTO (UE) 2020/852 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL DEL CONSIGLIO del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088.

[23] REGOLAMENTO (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari.

[24] DIRETTIVA (UE) 2022/2464 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, che modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE, per quanto riguarda la rendicontazione sulla sostenibilità aziendale. 

[25] COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA del 11.10.2023 (C/2023/111), Orientamenti tecnici sull'applicazione del principio «non arrecare un danno significativo» a norma del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza.

[26] In argomento si veda A. DAVOLA, Informativa in materia di prodotti finanziari sostenibili, tutela dell’investitore e contrasto al greenwashing: le criticità dell’assetto europeo tra norme primarie e disciplina di dettaglio, in Rivista di diritto bancario, 2022, 519 ss.

[27] F. CAPRIGLIONE, Sostenibilità mercato ambiente. Una riflessione introduttiva, in Rivista di Diritto Bancario, cit., 374  ss. L’autore nel suo scritto afferma come detto complesso disciplinare si avvale di un’articolata regolazione la quale ricomprende sia innovative disposizioni riguardanti le informazioni sociali e ambientali che le società devono dare a coloro che con esse si relazionano, sia le notizie di carattere finanziario ovvero concernenti la distribuzione di prodotti assicurativi anch’esse oggetto di comunicazione. Vengono quindi in considerazione, continua l’autore,  la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), entrata in  vigore nel gennaio 2023, che impone alle aziende di significativa dimensione (ivi comprese la PMI quotate in Borsa) di presentare un rapporto sulla sostenibilità, nonché la nuova Markets in Financial Instruments Directive del 2014 integrata dalla Markets in Financial Instruments Regulation, riguardante i mercati finanziari dell’Unione europea e la Insurance Distribution Directive del 2016, relativa alla tutela dei consumatori nella gestione dei prodotti assicurativi.

[28]  Tale  espressione si rinviene in C. MARASCO, Limiti normativi allo sviluppo del mercato dei green bond: la proposta di riforma dell’art. 2483 c.c., in Rivista di diritto bancario, 2023, 97, che richiama  F. CAPRIGLIONE, Clima Energia e Finanza. Una difficile convergenza, Torino, 2023, 171 ss

[29] F. ACCETTELLA, Sostenibilità e disclosure nei mercati finanziari, in Rivista di diritto dell'economia, 2024, Suppl. al n. 1/2024, 335 ss.

[30] S. AMOROSINO, Il futuribile. Governare le transizioni “economiche”, in Diritti e mercati nella transizione ecologica e digitale, a cura di M. Passalacqua, Padova, 2021, passim. Secondo l’Autore questi fattori configurano profili puramente eventuali, soprattutto in relazione ai possibili scenari di redazione, facendo emergere una concezione del diritto come «futuribile».

[31] Si pensi, a tal proposito, ai già citati Socially Responsible Investment (SRI) di promozione di strumenti di debito sostenibili (: prestiti green, green bonds e mutui ipotecari verdi, per indicarne alcuni) e di sostegno all'investimento azionario in imprese ESG attentive, come nel caso di fondi quali l'EuSEF (European Social Entrepreneurship Fund). Sull’argomento si rinvia a M. PELLEGRINI, Mercati finanziari e sviluppo sostenibile, in Diritto Pubblico dell'Economia, cit., 314 ss.

[32] E. RIGHINI, Educazione finanziaria. Uno strumento per cittadini, risparmiatori e mercati, Milano, 2020, 18 ss.

[33] La correlazione tra i rating ESG e l’attività di intermediazione consente agli operatori di svolgere un’analisi approfondita dei criteri sostenibili di un’impresa, effettuare comparazioni tra diverse opzioni e procedere a valutazioni accurate in conformità con i principi della normativa vigente. In argomento si veda A. Del Giudice C.Gallucci, R. Santulli, I rating ESG: un confronto internazionale, in  Centro di ricerche finanziarie sulla corporate governance., Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano,  2024, passim

[34] M. COSSU, Delle scelte di investimento dei Post-Millennials, e del difficile rapporto tra analfabetismo finanziario, crisi economico-finanziaria e finanza sostenibile, in Rivista delle società, 2021, passim.

[35] Ancora M. COSSU, Ibidem.

[36] E’ necessario ricordare, a tal proposito, come il FinTech rappresenta il concetto cardine di un naturale passaggio generazionale, in cui il sistema finanziario si orienta progressivamente verso modalità sempre più automatizzate, che abbracciano le sue diverse applicazioni, tra queste i sistemi di pagamento e di investimento disintermediati e dematerializzati, la consulenza automatizzata e le dinamiche di prestito tra privati (crowdfunding). In argomento, si veda I. SABATELLI, Il modello bancocentrico tra disintermediazione e finanza alternativa, in Diritto Pubblico Dell'Economia, a cura di M. Pellegrini, Padova , 2023, 419 ss.

[37] La Green Digital Finance Alliance (GDFA) ha proposto nel 2002  una classificazione contenente otto categorie fintech verdi che vanno dalle soluzioni di pagamento e di investimento digitale verde; soluzioni di analisi e dati ESG digitali; piattaforme digitali green di crowdfunding e syndication alle green digital risk analysis e soluzioni insurtech e soluzioni di deposito e prestito digitali verdi, per risorse digitali verdi e soluzioni regtech verdi. In argomento si veda D.SCALISE, Climate Fintech: il mercato italiano nel confronto , in  Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers) di Banca d’Italia, n.780, 2023, 6 ss

[38] A. CORRENTI, Rivoluzione digitale e sviluppo sostenibile, in “ARE YOU GREEN?” op.cit., 475 ss.

[39] In argomento, si veda, G. CASIMO, Il made in Italy: valorizzazione e tutela di un fenomeno nostrano nell’era della digitalizzazione, in Rivista elettronica di Diritto, Economia e Management, n. 5,2023, 34.

[40] Dal punto di vista dei giovani, l’inclusione sociale e digitale è il processo di “autorealizzazione” dell’individuo all’interno della società, il riconoscimento del proprio potenziale da parte delle istituzioni sociali e delle piattaforme di condivisione. Nell’ambito della serie Youth Knowledge, la Commissione Europea e il Consiglio d’Europa hanno pubblicato, a inizio 2021, lo studio “Young people, social inclusion and digitalisation. Emerging knowledge for practice and policy”, incentrato sul rapporto tra inclusione sociale e digitalizzazione. In esso si analizza in modo critico a narrativa sull’innovazione digitale e sull’imprenditorialità tecnologica, che tende a trasformarsi in possibilità per tutti (anche quando per tutti non è). In particolar modo si attenziona il ruolo (e i rischi) dell’Intelligenza Artificiale, che poggia su un sistema di valori derivati dalla cultura dei miliardari maschi americani, prevalentemente bianchi. Questo comporta che l’uso dell’IA nelle politiche e nei servizi per i giovani potrebbe involontariamente introdurre forme congenite di discriminazione. Per questo attraverso i People’s Councils on AI for Young People si è cercato di estendere l’apprendimento automatico facendo uso della pedagogia critica, cioè con modi collettivi di porre domande sui problemi che abbiamo in comune e imparare insieme generando modi diversi per affrontarli.

[41] A. CORRENTI, Rivoluzione digitale e sviluppo sostenibile, op. cit., pp 472 ss

[42]Tale concetto emerge anche nel: The age of digital interdependence: report of the UN Secretary-General's High-Level Panel on Digital Cooperation. Il rapporto sottolinea la necessità di un impegno comune per disciplinare le tecnologie emergenti, come l’Intelligenza Artificiale, al fine di evitare rischi legati alla privacy, alla sicurezza e all’equità sociale.

[43] COMMISSIONE EUROPEA, 9.3.2021 COM(2021), COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS ,2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade.

[44] Regolamento (UE) 2024/1689 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024, che stabilisce regole armonizzate sull'intelligenza artificiale e modifica i regolamenti (CE) n, 300/2008, (UE) n, 167/2013, (UE) n, 168/2013, (UE) 2018/858, (UE) 2018/1139 e (UE) 2019/2144 e le direttive 2014/90/UE, (UE) 2016/797 e (UE) 2020/1828 (regolamento sull'intelligenza artificiale).

[45] Regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (regolamento sui servizi digitali).

[46] In particolare, la CSDD, SFDR, il Regolamento (UE) 2024/3005 sui rating ESG e il Regolamento IA del 2024.

[47] Si rammenta che il principio di uguaglianza, ex art. 3 Cost., ricomprende le condizioni personali e sociali.