ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Mer, 13 Nov 2024

Il Consiglio di Stato sui criteri per il rilascio di concessioni temporanee di aree pubbliche e dichiarazione di ripudio del fascismo

Modifica pagina

Lorenzo La Via
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Enna Kore



La pronuncia Cons. Stato, Sez. II, Sent., ud. 03/07/2024, dep. 19/09/2024, n. 7687 ha affrontato una questione centrale per il diritto costituzionale italiano: la legittimità di condizioni imposte dall’amministrazione pubblica per l’utilizzo di spazi pubblici, basate sul rispetto dei principi antifascisti sanciti dalla Costituzione. Il caso nasce da un ricorso presentato da un´associazione contro una delibera del Comune di Brescia, che richiedeva ai richiedenti di dichiarare esplicitamente il proprio impegno a ripudiare fascismo e nazismo per ottenere concessioni temporanee.


ENG

The Council of State on the criteria for issuing temporary concessions of public areas and declaration of repudiation of fascism

Judgment no. 7687 of September 19, 2024, by the Council of State addressed a central issue of Italian constitutional law: the legitimacy of conditions imposed by public administrations for the use of public spaces, based on respect for the antifascist principles enshrined in the Constitution. The case arose from a challenge brought by an association against a resolution by the Municipality of Brescia, which required applicants to explicitly declare their commitment to renouncing fascism and Nazism in order to obtain temporary concessions.

Sommario: 1. Il caso giurisprudenziale. 2. Discrezionalità amministrativa e limiti della libertà di espressione 3. Principio di proporzionalità 4. Valori costituzionali, l'ordine pubblico e accesso ai beni pubblici 5. Il principio della discrezionalità, della proporzionalità e dell'adeguatezza secondo l'esperienza europea. 6. Considerazione conclusive.

1. Il caso giurisprudenziale.

Con la sentenza n. 7687 del 19 settembre 2024, il Consiglio di Stato ha esaminato un tema di notevole complessità e di rilevante importanza costituzionale: il rifiuto del fascismo e la protezione dello Stato democratico. La questione si concentra sulla salvaguardia dei valori di libertà e democrazia, potenzialmente compromessa da attività ispirate a ideologie contrastanti.

Il caso specifico ha avuto origine dalla contestazione di una delibera del Comune di Brescia (n. 781 del 19 dicembre 2017), che impone ai richiedenti di concessioni temporanee per occupare spazi pubblici il dover dichiarare il proprio rispetto per la Costituzione e di ripudiare il fascismo e il nazismo. L’associazione ricorrente ha impugnato tale delibera presso il Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) della Lombardia, sostenendo che l’obbligo di rinnegare il fascismo costituisse una violazione della libertà di espressione e di associazione.

Il T.A.R. ha rigettato il ricorso, giudicando legittimo l’obbligo e coerente con il carattere antifascista della Costituzione italiana. La decisione appare anche giustificata dal potere discrezionale dell’ente pubblico nella gestione degli spazi pubblici. L’associazione ha in seguito presentato appello al Consiglio di Stato contro la pronuncia di primo grado, sostenendo che la delibera violasse diversi articoli costituzionali e il principio di proporzionalità, imponendo, infatti, limitazioni ingiustificate alla libertà di espressione e dichiarazioni personali non necessarie.

Nel corso del procedimento di primo grado, merita di essere anche citata, la decisione del giudice amministrativo di aver respinto la richiesta dell’associazione di sospensione dell’efficacia della delibera, considerando la domanda priva del c.d. fumus boni juris, richiesto per l’applicazione di misure cautelari.

2. Discrezionalità amministrativa e limiti della libertà di espressione.

La giurisprudenza riconosce che l’Amministrazione possiede un certo margine di discrezionalità nel regolare l’uso degli spazi pubblici, inclusa la facoltà di poter inserire delle clausole che riflettano e promuovano i valori costituzionali. Nel caso del Comune di Brescia, il rifiuto del fascismo è stato considerato non soltanto un requisito fondamentale, ma anche di idoneità per le associazioni richiedenti l’utilizzo di suolo pubblico. Questa decisione mette in luce il sottile equilibrio, tra la discrezionalità amministrativa e i diritti di associazione e di espressione, evidenziando come i valori antifascisti costituiscano un limite inderogabile e si intrinsecano anche con il potere decisionale dell’Amministrazione.

In un contesto ordinario, la pubblica Amministrazione, di norma, non può entrare nel merito delle attività per cui viene richiesta una concessione, limitandosi ad una valutazione di legittimità che verifichi la conformità delle richieste alle leggi vigenti e l'assenza di rischi per l'ordine pubblico o il buon costume.

In generale, l’Amministrazione non ha facoltà di giudicare il valore degli obiettivi per cui un soggetto richiede l'occupazione di uno spazio pubblico. Tuttavia, la normativa, come previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645, vieta esplicitamente qualsiasi comportamento che possa favorire la ricostituzione del partito fascista. Questa legge impone una protezione preventiva dell’ordine costituzionale, che la sentenza riconferma come misura necessaria per evitare manifestazioni pubbliche interpretabili come sostegno a ideologie antidemocratiche, in linea con la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione del 1948.

Ciò implica che la finalità per cui si richiede una concessione può essere valutata in funzione dei principi antifascisti, poiché l’ordinamento giuridico ne vieta esplicitamente la promozione. Il potere discrezionale della p.A. rimane in tal caso entro i confini della legittimità, senza sconfinare nel merito delle attività.

3. Principio di proporzionalità.

Nel diritto amministrativo, il principio di proporzionalità impone che le Amministrazioni adottino misure strettamente necessarie e proporzionate all’obiettivo che intendono raggiungere, riducendo al minimo l’impatto sui diritti e le libertà individuali. In altre parole, gli interventi della p.A. devono essere adeguati e non eccedere lo scopo perseguito. Bisogna far prevalere l’interesse pubblico sull’interesse privato entro i limiti di vera necessità, con il minor sacrificio per il singolo.

L’obbligo di dichiarare il rifiuto di fascismo e nazismo può essere percepito per alcuni come una limitazione significativa della libertà di pensiero, poiché vincola le persone a esprimere pubblicamente determinate posizioni. In ambito giuridico, un elemento particolarmente discusso è l’aderenza di tale misura al principio di proporzionalità. L’associazione ricorrente ha argomentato che l’obbligo di esprimere un’esplicita condanna del fascismo risulta eccessivo rispetto alle finalità previste. Tuttavia, il T.A.R. ha ritenuto questa disposizione giustificata nel contesto storico e sociale italiano, in cui il fascismo costituisce una minaccia potenziale alla democrazia e all’ordine costituzionale. La proporzionalità della norma, dunque, non è valutata solo in termini di restrizioni alla libertà di espressione, ma anche in base all’esigenza di tutelare i principi costituzionali. 

Ciò significa che il sacrificio richiesto al privato non è eccessivo rispetto al fine seguito dalla p.A. di garantire e tutelare l’interesse generale. 

Alcuni sostengono che tale obbligo sia inefficace nel prevenire comportamenti antidemocratici, poiché non consente di monitorare effettivamente le convinzioni personali. Tuttavia, la disposizione è considerata dal tribunale uno strumento indispensabile per prevenire il rischio di riorganizzazione di movimenti di stampo fascista.

Di conseguenza, il giudice amministrativo ha stabilito che l’obbligo imposto dalla Giunta comunale non risulta sproporzionato, anche considerando che la dichiarazione richiesta non è da intendersi come una “professione di fede” fine a sé stessa. Essa è, piuttosto, una condizione strettamente collegata all’uso dello spazio pubblico richiesto, basata sulla presunzione ragionevole che chi si rifiuti di rinnegare il fascismo possa utilizzare tale spazio per scopi antidemocratici.

La sentenza si basa su una logica preventiva, ritenendo che l'uso di spazi pubblici da parte di associazioni che promuovono ideali fascisti o nazisti potrebbe compromettere l'ordine costituzionale, e che tali situazioni non sempre possono essere riparate solo attraverso misure ex post, come la revoca di concessioni già rilasciate. Da un punto di vista giuridico, questo approccio solleva una riflessione sulla proporzionalità della misura: il vincolo imposto dal Comune di Brescia, infatti, non è una restrizione arbitraria, ma una condizione ragionevole e proporzionata a prevenire il rischio di un uso distorto degli spazi pubblici.

4. Valori costituzionali, l’ordine pubblico e l’accesso ai beni pubblici.

La pronuncia del T.A.R. mette in luce come i diritti costituzionali, pur essendo principi fondamentali ed assoluti debbano essere sempre contestualizzati in relazione al quadro sociale e politico. In questo caso, i giudici hanno stabilito che la libertà di espressione non può essere invocata per legittimare la promozione di ideologie contrarie ai valori fondanti della Costituzione. Di conseguenza, l’accesso ai beni pubblici, considerati risorse comuni, è subordinato al rispetto di tali principi.

Questo scopo si configura come un interesse pubblico di rilievo. La stessa giurisprudenza costituzionale ha definito la Costituzione come ispirata a principi antifascisti (sentenza n. 254 del 1974). La dottrina sottolinea infatti che la matrice antifascista della Costituzione repubblicana emerge non soltanto dalla sua origine, ma anche dalla sua struttura e dai suoi contenuti, che segnano una chiara rottura con il regime precedente, riconoscendo diritti e libertà violati dal fascismo e garantendone la tutela, anche tramite il controllo di costituzionalità delle leggi.

L'assetto costituzionale prevede una clausola di salvaguardia per prevenire qualsiasi ritorno, in qualsiasi forma, del fascismo, poiché ciò rappresenterebbe una negazione dei valori democratici e dei diritti acquisiti. La legge n. 645 del 1952 definisce come illegale la riorganizzazione del partito fascista sotto qualsiasi forma, includendo anche tutte quelle manifestazioni che siano idonee a raccogliere consensi e diffondere idee favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste.

L'ordine pubblico democratico e costituzionale, nel sistema giuridico italiano, trova ispirazione e legittimità nella matrice antifascista della Costituzione repubblicana. Questo concetto di ordine pubblico non si limita alla sicurezza e alla tranquillità sociale, ma si estende alla protezione dell’integrità dei principi democratici e alla prevenzione della rinascita di ideologie contrarie all’ordinamento costituzionale. Tale concetto è radicato nella genesi stessa della Costituzione, nella sua struttura e nei suoi contenuti.

La Costituzione italiana, entrata in vigore nel 1948, è stata concepita all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e della caduta del regime fascista, con l’obiettivo di impedire il ritorno di regimi totalitari e di tutelare i valori democratici. L’assemblea costituente ha voluto stabilire principi inderogabili che sancissero una chiara rottura con il passato autoritario. Questa volontà è evidente nella XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta esplicitamente la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista.

Questa disposizione fornisce una base giuridica per la protezione dell’ordine democratico contro tentativi di ricostituzione di partiti o movimenti che richiamano ideologie fasciste. Non si tratta di un mero principio formale: il rifiuto dell’ideologia fascista è un elemento sostanziale della Costituzione, la quale, per sua natura, è antifascista e orientata alla difesa dei diritti fondamentali e della pluralità democratica. Questa posizione si riflette anche nella legge 20 giugno 1952, n. 645 (la “legge Scelba”), che attua la XII disposizione vietando manifestazioni pubbliche che inneggiano al fascismo o promuovono la ricostituzione del partito fascista.

La legge Scelba, specificando e rafforzando la XII disposizione, mira a prevenire ideologie e comportamenti fascisti, sanzionando chiunque promuova la riorganizzazione del partito fascista. Essa non si limita alla ricostituzione in senso stretto, ma estende la tutela dell’ordine democratico anche a simboli e manifestazioni che possano richiamare o favorire la rinascita di tali ideologie. In tal modo, la legge Scelba svolge una funzione di tutela preventiva dell’ordine pubblico democratico e costituzionale, un concetto che va oltre il mantenimento della pace e della sicurezza per garantire che l’ordine sociale si fondi sui principi democratici e repubblicani.

Questo concetto di ordine pubblico democratico e costituzionale si distingue dal tradizionale concetto di ordine pubblico, poiché non si limita alla sicurezza fisica e alla tranquillità sociale, ma abbraccia la protezione dei valori democratici fondanti. Tale principio si è evoluto per includere la difesa contro ogni tentativo di destabilizzare l’assetto costituzionale e minacciare la democrazia.

Per definire il perimetro operativo di questo concetto, la giurisprudenza amministrativa e costituzionale si fonda sull’idea che l’ordine pubblico democratico richieda un intervento preventivo dello Stato, volto a evitare l’uso improprio degli spazi pubblici e a impedire manifestazioni che possano sostenere ideologie antidemocratiche. In questo senso, le autorità locali, nel concedere l’uso degli spazi pubblici, possono esercitare una discrezionalità “rafforzata” per escludere attività che promuovano simboli o discorsi fascisti, poiché tali manifestazioni minacciano l’ordine pubblico democratico.

La protezione dell’ordine pubblico democratico e costituzionale deve comunque essere bilanciata con la libertà di pensiero e di espressione, garantite dall’art. 21 della Costituzione italiana e dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ammette limitazioni alla libertà di espressione qualora siano necessarie per proteggere valori fondamentali, come l’ordine pubblico democratico. In questi casi, la Corte riconosce agli Stati un “margine di apprezzamento” per decidere in che misura limitare l’espressione di ideologie contrarie alla democrazia, come quelle fasciste, purché le limitazioni siano proporzionate e necessarie.

La CEDU consente quindi agli Stati di imporre restrizioni alla libertà di espressione per proteggere l’ordine democratico e costituzionale, quando tali restrizioni servono a evitare rischi concreti per la stabilità del sistema democratico. In questo contesto, il concetto di ordine pubblico democratico assume un ruolo centrale, giustificando misure preventive dirette a contrastare ogni minaccia all’assetto costituzionale e a impedire la diffusione di ideologie fasciste.

5. Il principio della discrezionalità, della proporzionalità e dell’adeguatezza, secondo l'esperienza europea.

La giurisprudenza europea, in particolare quella della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), ha costruito un quadro interpretativo che bilancia i diritti fondamentali e la discrezionalità amministrativa. La CEDU, nell’applicazione dell’art. 10 sulla libertà di espressione, stabilisce che ogni restrizione a tale libertà deve essere necessaria e proporzionata rispetto agli obiettivi legittimi perseguiti. A tal fine, agli Stati membri viene riconosciuto un “margine di apprezzamento” per interpretare i limiti della libertà di espressione in relazione alle specifiche esigenze sociali e storiche. Questo approccio consente agli Stati di adottare misure contro ideologie antidemocratiche, come il fascismo, purché tali misure rispettino il principio di proporzionalità e non impongano restrizioni eccessive.

La giurisprudenza europea considera quindi il rifiuto di ideologie fasciste compatibile con i principi euro-unitari, a condizione che le restrizioni siano mirate, necessarie e adeguate alla tutela dell’ordine democratico. Il Consiglio di Stato italiano, in linea con questo principio, ha stabilito che il rischio di diffusione di idee antidemocratiche e la minaccia all’ordine costituzionale giustifichino un controllo preventivo che limiti moderatamente la libertà di espressione in nome della protezione di interessi collettivi fondamentali.

In Europa, la discrezionalità amministrativa si riferisce alla libertà concessa alle autorità pubbliche per adattare l'applicazione delle leggi a contesti specifici, come l'uso di spazi pubblici, in modo da affrontare fenomeni che possono minacciare la coesione democratica. Tuttavia, tale discrezionalità deve essere esercitata nel rispetto dei principi di necessità e proporzionalità, evitando di ledere arbitrariamente diritti fondamentali.

Quando si tratta di manifestazioni che evocano ideologie fasciste, la discrezionalità permette agli enti locali di rifiutare concessioni per spazi pubblici se esiste un rischio concreto per l’ordine pubblico democratico. La CEDU ha stabilito che gli Stati membri possiedono un “margine di apprezzamento” che permette loro di adottare misure specifiche per proteggere i valori costituzionali e prevenire la ricomparsa di ideologie fasciste, con un margine di azione più ampio quando i diritti di espressione e di riunione entrano in conflitto con i valori democratici.

Il principio di proporzionalità richiede che le misure adottate dalle amministrazioni per limitare un diritto fondamentale siano strettamente proporzionate all’obiettivo perseguito. Nel contesto delle concessioni di spazi pubblici, questo principio implica che le restrizioni alla libertà di espressione siano limitate al necessario per prevenire minacce reali all’ordine democratico. Le misure restrittive devono essere adeguate allo scopo, come evitare la diffusione di ideologie antidemocratiche, e non eccedere quanto è necessario per mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza collettiva.

La CEDU ha inoltre ribadito che le misure restrittive devono essere proporzionate: un divieto assoluto potrebbe risultare eccessivo rispetto ai rischi posti da una manifestazione. Tuttavia, se simboli o messaggi fascisti sono presenti, il principio di proporzionalità può giustificare divieti più rigorosi per salvaguardare l’ordine democratico e prevenire incitamenti all’odio e alla discriminazione.

Infine, il principio di adeguatezza richiede che le misure siano idonee al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Nel caso delle manifestazioni di stampo fascista, l’adeguatezza si riferisce alla capacità del divieto di prevenire la diffusione di idee contrarie ai valori costituzionali. La CEDU considera che il divieto di tali manifestazioni sia adeguato se rappresentano un pericolo concreto per l’ordine democratico. In contesti con un rischio elevato di ritorno a ideologie antidemocratiche, il margine di apprezzamento per le autorità locali si amplia, permettendo misure più severe per proteggere l'ordine pubblico.

6. Considerazione conclusive.

La decisione del T.A.R., confermata dal Consiglio di Stato, rappresenta un significativo progresso nel riconoscimento dell’antifascismo come principio cardine dell’ordinamento giuridico. I giudici amministrativi, avallando le misure introdotte dall’amministrazione comunale, hanno dimostrato una particolare attenzione alla necessità di tutelare l’ordine democratico, anche laddove ciò richieda limitazioni proporzionate e motivate di alcuni diritti fondamentali.

Questa pronuncia, benché riferita a un caso specifico, traccia una linea giurisprudenziale di grande rilevanza, potenzialmente influente sulle prassi amministrative future. La legittimazione di clausole antifasciste per l’accesso agli spazi pubblici potrebbe costituire un precedente significativo per altre amministrazioni locali che intendono proteggere i valori costituzionali. Tale orientamento, basato su un’interpretazione ampia dei principi costituzionali, potrebbe favorire la crescita di una prassi amministrativa sempre più attenta alla prevenzione di fenomeni di intolleranza e discriminazione. 

I giudici, nel riconoscere la necessità di salvaguardare l’ordine democratico, hanno posto l’accento sull’importanza del principio di proporzionalità, garantendo che le limitazioni siano strettamente indispensabili e adeguate al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

La sentenza del Consiglio di Stato rappresenta un esempio di come il diritto alla libertà di espressione possa essere limitato in presenza di interessi pubblici di rango superiore, come la tutela dell'ordinamento democratico. La Costituzione italiana, all’art. 21, garantisce la libertà di espressione, ma la stessa Costituzione si fonda su principi antifascisti (art. 1 e disposizioni transitorie), che possono giustificare limitazioni all'esercizio di tale libertà quando queste siano volte a prevenire l’abuso degli spazi pubblici per promuovere ideologie antidemocratiche.


Note e riferimenti bibliografici

[1] M. ALTAMURA, F. MUNEROL, Principio di precauzione, proporzionalità ed azione cautelativa nel regime delle acque. Spunti per una ricostruzione (critica) del Sistema della gestione del rischio «sostenibile» a margine della sentenza del TSAP 31 marzo 2023, n. 73, in Federalismi.it, 2024.

[2] M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, 2019.

[3] F. FIORUCCI, Tutela D'Urgenza Ex Art. 700 C.P.C., Giuffré Editore, 2014.

[4] L. GALLI, Il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica: pienezza e bilanciamento del controllo, rivista in ANCE. [4]

[5] M. MIIRI, Libertà d’innovare e servizi pubblici: la Corte si pronuncia su taxi, NCC e molto altro (Corte cost., sent. 36/2024 e ord. 35/2024), in Federalismi.it, 2024.

[6] G. MONTEDORO, Beni pubblici e dismissioni, pp. 510-520, in Urbanistica e appalti, 2008.

[7] M. SANDULLI, Principi e regole dell’azione amministrativa, Giuffré Francis Lefebvre, 2020.

[8] T. TESANO, Analogie e similitudini tra trasparenza amministrativa e bilancio come beni pubblici: profili di diritto positivo e future prospettive, rivista della Corte dei Conti, 2021.

[9] A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, G. Giappichelli Editore, 2021.