Pubbl. Dom, 24 Gen 2016
Prescrizione dell´azione di responsabilità contro gli amministratori in carica delle S.N.C.
Modifica paginaUn giudizio di incostituzionalità della Corte Costituzionale segna una svolta in materia di prescrizione dell´azione di responsabilità nei confronti degli amministratori delle società in nome collettivo ancora in carica,
Premessa
In data 11 dicembre 2015, la Corte Costituzionale emette una sentenza, la numero 262, di grande rilievo per l'ambito del diritto societario, in quanto interviene su di una palese incongruenza tra il regime riguardante la prescrizione delle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori in carica nelle persone giuridiche e la prescrizione delle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori operanti in centri di imputazione che difettano della personalità giuridica.
Partendo da questa premessa, si può già in apertura rilevare come la questione, ora risolta tramite la pronuncia, vada ad incidere e ad arricchire un tema delicato ed irto di problemi interpretativi, quello della soggettività o personalità giuridica.
La conoscenza di tale problematica è fondamentale per una buona comprensione dell'argomento che ci si appresta a svolgere, in quanto il difficile equilibrio tra l'aspetto nozionistico e l'ambito pratico che tale nozione permea tutta la materia del diritto societario, e giustifica (l'espressione è da intendersi nell'accezione di "legalità", quindi "fonda") la disparità di disciplina per i diversi tipi di società in vari ambiti.
La personalità giuridica è l'attitudine ad essere soggetto di rapporti giuridici. Ciò è senz'altro vero per tutti i tipi di società, dalle società di persone a quelle di capitali, ma lo è anche per gli enti, le associazioni non riconosciute e per il condominio negli edifici. Essi sono tutti centri di imputazione, capaci di essere soggetti di rapporti giuridici e ai quali tali rapporti vengono imputati, dei quali quindi risponderanno.
Il problema nasce da alcune espresse previsioni del legislatore con le quali mostra la volontà di considerare persone giuridiche solo le società di capitali e non le società di persone (si veda, ad esempio, l'art. 2331, comma primo, c.c.: "Con l'iscrizione nel registro la società acquista la personalità giuridica").
La norma censurata
Compiuto un breve ripasso della distinzione che si trova a fondamento del nodo sciolto dal giudice delle leggi, passiamo ora all'esame della norma oggetto dell'intervento correttivo della Corte.
L'art. 2941, primo comma, n. 7) si trova all'interno del sesto libro del codice civile, e fa parte del titolo V "Della prescrizione e della decadenza". Esso dispone che: "La prescrizione rimane sospesa: ... tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi".
Quindi, la possibilità di esperire un'azione di responsabilità contro l'amministratore non è soggetta ai termini di prescrizione, in quanto essi non iniziano a decorrere finché l'amministratore svolge il proprio operato presso una persona giuridica. L'azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica (art. 2393, comma quarto, c.c.).
Alla luce di quanto esposto nel precedente paragrafo appare evidente che le società di persone, non dotate di personalità giuridica, rimangono fuori dall'ambito di applicazione della norma, creando così una situazione di disparità tra i due tipi societari. La prescrizione quinquennale si applica infatti anche alle azioni di responsabilità esperite dalle società di persone, ma a loro non si applica la sospensione di tale prescrizione.
Ora, con la pronuncia n. 322 del 1998, la Corte aveva assorbito nel novero dei soggetti a cui veniva applicata la sospensione della prescrizione anche la società in accomandita semplice, basando tale assorbimento sul dato per cui tale tipo di società è contraddistinto da uno speciale assetto organizzativo dei rapporti tra amministratori e soci, affine a quello delle società di capitali, e da limitati poteri di controllo dei soci accomandanti.
Viene lamentata, dalla parte che ha adito la Corte, la lesione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, e viene, basandosi sulla pronuncia summenzionata, addotta l'argomentazione per cui vi sarebbe una identità di ratio tra il correttivo richiesto e la pronuncia che ammise la stessa tutela alla s.a.s.
La differenza nell'assetto organizzativo delle due forme societarie non sarebbe, inoltre, un valido motivo per ritenere infondata la questione, e ciò per diverse ragioni.
Innanzitutto, la coincidenza tra attore e convenuto che si determina quando la persona giuridica agisce nei confronti degli amministratori, la difficoltà di conoscere gli illeciti degli amministratori finché ricoprono l'incarico, la peculiarità dell'organizzazione corporativa, contrassegnata da una rigida separazione di competenze tra i diversi organi, tutti di istituzione obbligatoria, non danno conto della diversità di regime tra società di capitali e società di persone, in merito alla sospensione della prescrizione.
In secondo luogo, le società di persone si strutturano come fenomeni associativi a rilevanza esterna, caratterizzati da un'autonomia patrimoniale variamente modulata e da una soggettività che vale a distinguerle dai soci che le compongono. A rigore, il problema della coincidenza tra attore (società) e convenuto (amministratore) si dovrebbe prospettare in termini identici per tutti i tipi sociali.
La capacità degli amministratori delle società di capitali di occultare più agevolmente gli illeciti, finché rimangono in carica, non parrebbe poter essere addotto quale argomento risolutivo.
Anche la separazione di competenze tra gli organi non potrebbe assurgere a giustificazione plausibile. In alcune società di capitali, come la società a responsabilità limitata, la legge concede un margine piuttosto ampio di autonomia contrattuale, il quale permette a tale tipo di società di strutturarsi in modo simile ad una società di persone; nondimeno, ad essa viene applicato il regime di sospensione della prescrizione.
Infine, l'ingiustificata disparità di trattamento pregiudica il diritto di difesa della società con riferimento agli illeciti imputabili agli amministratori.
Conclusione
Per quanto riguarda la non conformità con l'art. 3 Cost., il contrasto con il principio di eguaglianza appare stridente, in particolare se si considera che alla società in accomandita semplice si applicano le norme che regolano la società in nome collettivo (art. 2315 c.c.).
Non ritiene alcuna validità neanche l'argomentazione per cui la diversità di regime troverebbe il suo fondamento nella presenza di personalità giuridica nelle società di capitali e l'assenza di essa nelle società di persone. Infatti, un fenomeno di "unificazione soggettiva" emerge anche nelle società di persone, che si pongono come autonomo centro di imputazione di diritti e obblighi, distinto rispetto alle persone dei soci.
Si veda l'art. 2266, primo comma, il quale dispone che: "La società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi".
Conclude la Corte che è, pertanto, arbitraria la scelta di diversificare la decorrenza dei termini di prescrizione in base a un elemento, la personalità giuridica, che non soltanto vede attenuarsi il suo ruolo di fattore ordinante della disciplina societaria, ma non ha portata scriminante per il diverso aspetto della responsabilità degli amministratori per gli illeciti commessi durante la permanenza in carica.
La Corte Costituzionale ha dichiarato, quindi, l'illegittimità costituzionale dell'art. 2941, comma primo, n. 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede che la prescrizione sia sospesa tra la società in nome collettivo e i suoi amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
Bibliografia
P.G. Jaeger, F. Denozza, A. Toffoletto, Appunti di Diritto Commerciale, VII ed, 2010 Milano, pp.103-105
M.E. Bagnato, Snc: l'azione di responsabilità per gli amministratori in carica non si prescrive da Altalex.it del 30/12/2015