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Pubbl. Lun, 5 Ago 2024

Il decorso dei termini di decadenza e prescrizione della responsabilità dell´appaltatore parte dalla data di esecuzione degli accertamenti tecnici

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Carmen Scarfò
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Reggio Calabria Mediterr



Con Ordinanza, n. 28958, del 18/10/2023, la Corte Suprema di Cassazione chiamata, in tema di responsabilità decennale dell’appaltatore ex art. 1669 c.c., a stabilire quando deve intendersi verificata la scoperta dei vizi a cui ancorare la relativa denunzia, che a sua volta costituisce il dies a quo del termine annuale di prescrizione, statuiva, in conformità a consolidati precedenti giurisprudenziali, che i termini di decadenza e prescrizione decorrono solo all’atto dell´acquisizione di idonei accertamenti tecnici, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo. Sulla scorta di tale dictum, scopo del presente contributo sarà quello di presentare al lettore, partendo dalla definizione del contratto di appalto di cui all’art. 1655 c.c., l’orientamento fornito nel corso del tempo dalla giurisprudenza, sia di legittimità, sia di merito, in ordine alla garanzia per rovina e difetti di cose immobili, con particolare riguardo l’ambito di applicazione della garanzia, nonché alla decadenza e prescrizione nell’azione ex art. 1669 c.c.


ENG With Ordinance, No. 28958, dated 18/10/2023, the Supreme Court of Cassation called, on the subject of the ten-year liability of the contractor under Article 1669 Civil Code, to establish when the discovery of the defects to which to anchor the related complaint should be considered verified, which in turn constitutes the dies a quo of the annual limitation period, ruled, in accordance with well-established case law precedents, that the limitation and prescription terms run only upon the acquisition of suitable technical investigations, not being able to burden the injured party to propose without due prudence generic actions of an exploratory nature. On the basis of this dictum, the purpose of this contribution will be to present to the reader, starting from the definition of the contract of contract under Article 1655 of the Civil Code, the orientation provided over time by the jurisprudence, both of legitimacy and merit, with regard to the guarantee for the ruin and defects of immovable property, with particular regard to the scope of application of the guarantee, as well as the forfeiture and prescription in the action under Article 1669 of the Civil Code.

Sommario: 1. Il contratto di appalto: natura e funzioni; 2. Le garanzie dell’appaltatore; 2.1. (Segue) La garanzia per rovina e difetti di cose immobili ex art. 1669 c.c.; 2.2. (Segue) L’ambito di applicazione della garanzia ex art. 1669 c.c.; 2.3. (Segue) Rovina, pericolo di rovina e gravi difetti; 3. La decadenza e la prescrizione nell’azione ex art. 1669 c.c.; 4. Conclusioni.

1. Il contratto di appalto: natura e funzioni

L’articolo 1655 c.c. definisce l’appalto come un contratto con il quale un committente affida ad un appaltatore il compimento di un’opera (es. la costruzione di un edificio) o lo svolgimento di un servizio (per esempio la pulizia di uno stabilimento) verso un corrispettivo in danaro[1].

Il contratto di appalto, in guisa della nozione data dall’art. 1655 c.c., può qualificarsi come un contratto di scambio (o sinallagmatico) che realizza un “do ut facias[2]”, che, in quanto tale, si differenzia dal contratto di compravendita- che ha ad oggetto un dare (art. 1470 ss. c.c.) -, dal contratto d’opera[3] (art. 2222 ss. c.c.)- in cui l’opera o il servizio possono essere compiuti con lavoro prevalentemente proprio e senza bisogno di disporre di appositi complessi produttivi – e dal contratto di lavoro subordinato[4], il cui oggetto è la prestazione di un lavoro eseguito sotto il potere direttivo e di controllo del datore di lavoro (art. 2094 ss. c.c.).

Gli appalti si distinguono in appalti pubblici, ove la scelta dell’appaltatore - per evitare comportamenti discriminatori o preferenziali - avviene mediante apposite procedure di selezione del contraente, e privati, nei quali la stipulazione del contratto è oggetto di libera negoziazione tra le parti[5].

Caratteristica dell’appalto privato è la gestione « a rischio » dell’appaltatore, il quale provvede ad organizzare tutti i mezzi necessari per l’esecuzione del contratto, sia nell’ipotesi in cui è rimessa all’appaltatore tutta l’attività occorrente per l’esecuzione dell’opera – ivi compreso il reperimento e l’apprestamento dei materiali -, sia nell’ipotesi in cui è devoluta allo stesso la sola attività consistente nella messa in opera degli elementi costruttivi secondo i dettami della tecnica[6].

Il contratto di appalto, oltre ad essere oneroso, è commutativo[7], in quanto l’oggetto del medesimo, in base al combinato disposto degli artt. 1346 c.c. e 1418 c.c., deve essere determinato o determinabile, pena la sua nullità.

Normalmente, con riferimento alla prestazione di fare, l’oggetto (i.e. il compimento dell’opera o la prestazione del servizio[8]) è definito da un progetto procurato dal committente, che deve essere sufficientemente dettagliato per consentirne la realizzazione[9] ed al quale l’appaltatore ha diritto di pretendere che siano apportate le modifiche necessarie per l’esecuzione dell’opera « a regola d’arte[10] », pena la sua responsabilità[11].

Con riferimento alla prestazione di dare, l’oggetto (i.e. il correspettivo in danaro) è stabilito « a forfait[12] » oppure a « a misura[13] » e, in mancanza di determinazione delle parti, stabilito con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi ovvero dal Giudice (art. 1657 c.c.[14]).

Tuttavia, qualora dovessero verificarsi, per eventi sopravvenuti ed imprevedibili, aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare una variazione superiore al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente – ai sensi dell’art. 1664, c. I, c.c. – hanno diritto di chiedere una revisione del prezzo, solo per quella differenza che eccede il decimo; se poi in corso d’opera dovessero manifestarsi difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste e non prevedibili dalle parti al momento della conclusione del contratto, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore, questi ha diritto ad un equo compenso. (art. 1664, c. II, c.c.)[15].

2. Le garanzie dell’appaltatore

Il breve accenno alle caratteristiche principali del contratto di appalto consente di richiamare e di dare visione alle garanzie cui l’appaltatore, a seguito della conclusione del contratto d’appalto, è tenuto nei confronti del committente, la cui disciplina è da rinvenirsi negli artt. 1667, 1668 e 1669 c.c., disciplinanti rispettivamente le condizioni di esercizio ed il contenuto della garanzia per vizi e difformità dell’opera (artt. 1167 e 1668 c.c.) e per rovina e difetti di cose immobili (art. 1669).

Ai fini dell'applicabilità delle citate garanzie si ritiene costituire presupposto indefettibile l'avvenuto completamento dell'opera appaltata, risultando, diversamente, azionabile l’ordinario rimedio della risoluzione del contratto per inadempimento di cui agli artt. 1453 ss. c.c.[16], applicabile anche in ipotesi di mancata o ritardata consegna dell'opera nei termini pattuiti[17].

Ciò posto, con riferimento agli artt. 1167 e 1668 c.c. l’appaltatore, senza bisogno di specifica pattuizione, è tenuto a garantire il committente per eventuali difformità o vizi dell’opera, salvo che l’appaltante abbia accettato l’opera oppure le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili (art. 1667, c. I, c.c.)[18].

Tuttavia, l’appaltatore è tenuto alla garanzia di cui supra, soltanto se il committente denuncia l’esistenza delle difformità o dei vizi entro sessanta giorni dalla scoperta[19], fatti salvi i casi in cui l’appaltatore abbia occultato i vizi[20] ovvero abbia riconosciuto le difformità o i vizi dell’opera[21], ed eserciti la relativa azione entro due anni, decorrenti dal giorno della consegna dell’opera.

L’art. 1668 c.c. articola il contenuta della garanzia di cui all’art. 1667 c.c. in ragione della gravità delle difformità o i vizi.

Difatti, il committente ha diritto di pretendere che l’appaltatore elimini le difformità o i vizi, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore, se le difformità o i vizi non sono tali da rendere l’opera inadatta all’uso cui è destinata; viceversa, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.

2.1. (Segue) La garanzia per rovina e difetti di cose immobili ex art. 1669 c.c.

Una diversa e più grave responsabilità per l’appaltatore, rispetto a quella per vizi e difformità sin d’ora esaminata, è contemplata dall’art. 1669 c.c., il quale a favore del committente e dei suoi aventi causa prevede una garanzia decennale per l’ipotesi di rovina e difetti di cose immobili[22].

Nello specifico, l’art. 1669 c.c. dispone che quando l’appalto riguarda edifici o altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, qualora l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, vada in « rovina » in tutto o in parte, ovvero presenti evidente pericolo di rovina o  « gravi difetti », la responsabilità dell'appaltatore « dura dieci anni dal compimento dell’opera », purché « sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta » e la relativa azione sia esercitata  « entro il termine di un anno dalla denunzia »[23].

È di tutta evidenza, dunque, che la garanzia in esame costituisce una manifestazione particolare e tipica della generale e ordinaria responsabilità dell’appaltatore per la buona riuscita dell’opera[24], siccome dimostrato anche dalla legislazione succedutasi nel corso del tempo.

Difatti, la costruzione delle opere di lunga durata e la corretta esecuzione della stessa era oggetto di considerazione già in una costituzione romana del 385 d.C. (successivamente « trapiantata nel codice Giustinianeo alla Legge 8, De operibus publicis »), ove si prevedeva una prima forma di responsabilità finanziaria in capo a coloro che si fossero occupati della costruzione di « opere pubbliche stabili », i quali potevano essere chiamati a rispondere nel caso in cui si fosse presentato un qualche difetto costruttivo nella predetta opera entro il quindicesimo anno dalla data di completamento di quest'ultima; successivamente, veniva confermata all'interno del Codice Napoleonico all’art. 1792[25] e infine ripresentata dal legislatore italiano nel codice civile del 1865 con l'art. 1639[26].

Esposti i tratti essenziali della garanzia di cui all’art. 1669 c.c., ai fini di un corretto inquadramento dell’istituto, è necessario operare un’analisi dettagliata del contenuto e delle modalità di esercizio della detta garanzia.

2.2. (Segue) L’ambito di applicazione della garanzia ex art. 1669 c.c.

Da una lettura ragionata del dato normativa in esame risultano essere oggetto della tutela codicistica gli « edifici » e le « altre cose immobili destinate per loro natura[27] a lunga durata », quest'ultime a loro volta identificate, in relazione alle indicazioni generali previste dall'art. 812 c.c., nelle costruzioni incorporate al suolo non a scopo transitorio e negli atri beni che vengono reputati immobili[28].

Giova sottolineare, prima di addentrarci nell’analisi delle nozioni di « rovina », « pericolo di rovina » e « gravi difetti », che ai fini della riconduzione della cosa nel concetto di edificio non rileva la maggiore o minore grandezza del manufatto oggetto dell’obbligazione di « facere », essendo attività di competenza esclusiva del giudice di merito l'accertamento e la valutazione, nel caso concreto, relativi alla riconducibilità o meno della specifica cosa appaltata nell’alveo della tutela di cui all'art. 1669 c.c. [29].

A ciò si aggiunga che tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, aleggiava un contrasto interpretativo circa la riconducibilità nell'ambito dell' art. 1669 c.c. anche di quelle fattispecie aventi ad oggetto un evento lesivo derivante dall'esecuzione di opere di riparazione o modificazione apportate ad un edificio preesistente o ad altre preesistenti cose immobili, anche se destinate per loro natura a lunga durata[30].

Sulla specifica questione intervenivano le SS.UU. della Corte di Cassazione, le quali con sentenza n. 7756/2017, dopo aver operato una ricostruzione del dato letterale, storico e teologico della norma, giungevano rettamente ad affermare il seguente principio di diritto: « L’art. 1669 è applicabile, ricorrendo tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo », aderendo così all’orientamento favorevole di una lettura estensiva della norma.

La risalente giurisprudenza di legittimità ricomprende, inoltre, nell'ambito della garanzia de quo non soltanto l’opera – ab ovo – oggetto del contratto d'appalto, ma anche quella che sia stata ricostruita dallo stesso appaltatore nell’assolvimento dell’obbligo di garanzia per eliminare i vizi costruttivi[31].

2.3. (Segue) Rovina, pericolo di rovina e gravi difetti

Tracciato l’ambito di applicazione della garanzia in commento, può procedersi alla disamina degli eventi che in astratto costituiscono la ragione dell’eventuale attivazione in concreto della garanzia per rovina e difetti di cose immobili.

Sul punto, la risalente giurisprudenza di legittimità riteneva che « La responsabilità del costruttore, ai sensi dell’art. 1669 c.c., ricorre in tre distinte ipotesi: 1) avvenuta rovina totale o parziale dell’edificio; 2) attuale pericolo certo ed obiettivo che in un futuro piò o meno prossimo possa verificarsi la rovina totale o parziale; 3) esistenza di gravi difetti della costruzione, che ne pregiudichino la possibilità di lunga durata che dovrebbe caratterizzarla[32] »; legati da un nesso di causalità ad un difetto di costruzione o ad un vizio del suolo preesistente alla costruzione stessa[33].

Tale assunto giurisprudenziale, ancorché utile per fornire all’interprete una prima chiave di lettura, richiede di essere approfondito in relazione al concetto di rovina (totale o parziale), pericolo di rovina e gravi difetti, anche alla luce delle ultime pronunce in tema pubblicate. 

Orbene, la giurisprudenza ritiene sussistere « rovina totale o parziale » dell'immobile quando l’edificio cessi di esistere, in tutto o in parte, per disintegrazione degli elementi che ne compongono le strutture necessarie alla stabilità, oppure quando la compromissione dei suoi elementi necessari e fondamentali influisca negativamente sulla sua durata e solidità[34].

Quanto al concetto di « evidente pericolo di rovina », la giurisprudenza e la dottrina maggioritarie osservano che siffatto pericolo è da considerarsi « evidente » nel caso in cui sia « manifesto per segni visibili ed esteriori » che, « in un futuro più o meno prossimo », l’opera o parte di essa rovinerà[35].

Da ultimo, la garanzia per rovina e difetti di cose immobili, ricorre in presenza di gravi difetti della costruzione, i quali, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura[36].

La nozione (o definizione) di gravi difetti, fonte di responsabilità per il costruttore solo a seguito dall'entrata in vigore del codice civile del '42[37], in quanto precedentemente assente nella formulazione dell'ormai abrogato art. 1639 del Codice Pisanelli[38], ha per lungo tempo occupato dottrina e giurisprudenza, talché si è giunti a parlare di casistica di « gravi difetti », al fine di « stemperare la vaghezza del concetto giuridico col calore dei fatti ».

Negli approdi giurisprudenziali più risalenti e conservativi erano pacificamente considerati gravi esclusivamente quei difetti incidenti in modo profondo sugli elementi essenziali dell'immobile e, dunque, sulla stabilità e solidità di quest'ultimo. [39]

A tale orientamento, che operava un’interpretazione letterale e restrittiva della norma in commento, si contrapponeva un orientamento che, interpretando in modo più elastico l’art. 1669 c.c., iniziava con il ricondurre ai gravi difetti « qualsiasi alterazione rispetto allo stato normale della costruzione, che influisca sulla sua solidità compromettendone la conservazione ».

Siffatto orientamento veniva, nel corso del tempo, definito ed ampliato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale affermava costituire gravi difetti della costruzione « le carenze costruttive dell'opera che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento o la funzionalità o l'abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione sia avvenuta con materiali inidonei o non a regola d'arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell'opera, purché tali da influire negativamente ed in modo considerevole sul suo godimento e da comprometterne la normale utilità in relazione alla sua destinazione economica e pratica, e per questo eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici[40]».

A ciò si aggiunga che si ritengono insiti nella nozione di gravi difetti anche quei vizi che, pur riguardando direttamente singole unità immobiliari ovvero una parte dell’opera, incidano sulla sua struttura e funzionalità globale, menomano in modo rilevante la funzionalità della singola unità oppure determinino un’apprezzabile menomazione del godimento dell’intero immobile[41].

Sulla scorta di siffatti orientamenti, numerosi sono gli approdi giurisprudenziali di legittimità e di merito successivi che hanno, oramai pacificamente, incluso nella nozione di « gravi difetti » della costruzione anche quelle deficienze (o vizi) che inficiano su elementi secondari ed accessori della medesima.

Così, si è ritenuta sussistere la presenza di gravi difetti nel caso di[42]: deficienze costruttive causate dalla realizzazione dell’opera con materiale inidonei e non a regola d’arte o nell’assenza dei livelli prestabiliti di sicurezza garantiti dal rispetto di prescrizioni tecniche uniformi[43]; carenze costruttive riconducibili ad erronee previsioni progettuali o a prescrizioni esecutive del committente, accettate e condivise dall’appaltatore[44]; vizi di costruzione dell’impianto di riscaldamento centralizzato[45]; inadeguatezza ricettiva ed errata pendenza delle tubazioni della rete fognaria con conseguente fuoriuscita dei liquami[46]; insufficienza dell’impianto idrico[47]; crollo o rifacimento esterno dell’edificio[48]; vizi o inefficienza della canna fumaria dell’impianto di riscaldamento centralizzato[49]; vizi del tetto o del terrazzo di copertura di un edificio, tali da provocare infiltrazioni di acqua all’interno degli appartamenti sottostanti[50] o di altre strutture condominiali[51]; infiltrazioni di acqua nelle pareti esterne dell’edificio in misura tale da rendere un appartamento inabitabile o di penosa abitazione[52]; infiltrazioni di acqua nel pianerottolo dell’ingresso e un velo d’acqua con forte odore di muffa[53]; infiltrazioni di acqua determinate da carenze d’impermeabilizzazione, perché incidono sulla funzionalità dell’opera menomandone il godimento[54]; il passaggio di acqua piovana attraverso la porta dei garage con deflusso all’interno dei locali oppure infiltrazioni di acqua e umidità nelle murature del vano scala, causata dalla non corretta tecnica dei pannelli di copertura[55]; la pendenza dei balconi verso l’interno del fabbricato con conseguenti infiltrazioni e ristagni di acqua nei muri di tamponamento; mancanza di battiscopa sui terrazzi di copertura, provocanti infiltrazioni di umidità; il distacco di parte della stilatura dei giunti di recinzione del giardino condominiale; caduta dell’intonaco ovvero scollamento e/o rottura, in misura percentuale notevole rispetto alla superficie rivestita, delle mattonelle del pavimento dei singoli appartamenti di un’unità condominiale per infiltrazioni di umidità[56];  mancata protezione del fabbricato dalle infiltrazioni di acqua provenienti da un fondo contiguo dovute alla mancata predisposizione di idonei sistemi di protezione dell'opera rientranti nella normale tecnica di costruzione, oppure la presenza di infiltrazioni d'acqua dovute all'innalzamento di una falda acquifera sottostante l'edificio realizzato[57]; violazione delle prescrizioni dettate, in base alla L. 64/1974 ss.mm.ii., per la progettazione e l’esecuzione delle costruzioni soggette ad azione sismica, incidendo esse sulla sostanza e stabilità degli edifici o delle altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata[58].

Conclusivamente, è necessario osservare che l'indagine relativa all'accertamento dei gravi difetti e alla loro incidenza sull'immobile costituisce « un apprezzamento di fatto riservato al sindacato dei giudici di merito, incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato[59]». Parimenti, sarà compito del giudice l’indagine volta a stabilire se i denunciati difetti costruttivi ricadano nella disciplina dell’art. 1669 – che comporta la responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore -, o in quella posta dagli artt. 1667 e 1668 c.c. in tema di garanzia per difformità e vizi dell’opera[60].

3. La decadenza e la prescrizione nell’azione ex art. 1669 c.c.

La responsabilità dell’appaltatore per rovina e difetti di cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, può essere fatta valere, per espresso disposto dell’art. 1669 c.c., dal committente e dai suoi aventi causa – nelle ipotesi esaminate nei paragrafi che precedono[61] – entro dieci anni, decorrenti dall’ultimazione dell’opera appaltata.

Il termine decennale di cui all’art. 1669 c.c., dunque, pone soltanto un limite di tempo alla responsabilità dell’appaltatore[62], la quale « rimane sospensivamente condizionata al verificarsi di uno degli eventi lesivi coperti dalla garanzia speciale de qua, dando luogo a una fattispecie a formazione successiva[63]».

Difatti, siffatto termine decennale, secondo il granitico e risalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, attiene al verificarsi delle condizioni di fatto che danno luogo alla responsabilità del costruttore, nel senso che questi non può più essere chiamato a rispondere dei danni se la rovina dell’edificio o la manifestazione dei gravi difetti siano avvenute oltre il decennio del compimento dell’opera, e non anche all’esercizio dell’azione di garanzia, la quale può essere iniziata anche dopo la scadenza del suddetto termine, purché entro il termine di un anno dalla denunzia, la quale, a sua volta, può essere fatta dopo la scadenza del decennio, purché entro un anno dalla scoperta della rovina o del difetto dell’opera.[64]

Ne discende che la copertura decennale della garanzia de qua non esclude la presenza ed il di ulteriori termini, al fine dell'eventuale utile proposizione dell'azione ex art. 1669 c.c..

Nello specifico, la norma in commento prevede due ulteriori termini: un primo termine annuale di decadenza per la denuncia della rovina, dell’evidente pericolo di rovina e dei gravi difetti, decorrente dalla scoperta dei vizi o dei difetti; un secondo termine annuale di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità, decorrente dal giorno della denuncia all'appaltatore.

I detti termini, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, sono « interdipendenti », in quanto il mancato rispetto di uno di essi, né il committente, né i suoi aventi causa possono far validamente valere l’azione di responsabilità nei confronti dell’appaltatore[65].

Particolarmente controversa nell’applicazione pratica della garanzia de qua, difatti, è l’effettiva decorrenza dei termini annuali di decadenza, per la denuncia della rovina, pericolo di rovina e gravi difetti che inficiano l’immobile, e di prescrizione, per l’esercizio dell’azione di responsabilità.

Sul punto, la Corte Suprema di Cassazione, con Ordinanza n. 28958, del 18.10.2023, ribadiva che il dies a quo per la denuncia dei vizi, per far decorrere il successivo termine prescrizionale, debba identificarsi con il momento nel quale il committente abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza (seria ed obiettiva) dell’entità del difetto, dell’incidenza di esso sulla statica e sulla possibilità di godimento dell’immobile secondo la sua destinazione, della sua gravità, delle sue cause, non trovandosi il predetto, in caso contrario, nella condizione di stabilire se il vizio sia o meno imputabile all’appaltatore.

Tale orientamento risulta essere conforme ai precedenti indirizzi giurisprudenziali – sia di legittimità, sia di merito– secondo cui non sono sufficienti a far decorrere il termine annuale di decadenza previsto dall’art. 1669 c.c., per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, né manifestazioni di vizi di scarsa rilevanza, né semplici sospetti degli stessi; di tal guisa, il menzionato termine di decadenza dovrà intendersi posticipato fino a che non si sarà manifestata la gravità dei difetti o fino a che il committente non avrà acquisito una piena comprensione degli stessi per mezzo dell'espletamento e ricezione di una perizia tecnica, « non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo[66] ».

I richiamati approdi giurisprudenziali, a loro volta, sono coerenti con il principio per cui la manifestazione del pericolo di rovina o dei gravi difetti deve essere commisurata alle cognizioni del committente, che normalmente non è dotato di conoscenze tecniche[67].

Ne consegue che, nell’ipotesi di gravi vizi dell’opera la cui entità e le cui cause abbaino reso necessarie indagini tecniche, si deve ritenere che « la conoscenza completa idonea a provocare la decorrenza del doppio termine (decadenziale e prescrizionale) deve ritenersi acquisita, in assenza di anteriori esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione delle disposte relazioni peritali [68]».

In altri termini,  « la denunzia di gravi vizi da parte del committente può implicare un’idonea ammissione di valida scoperta degli stessi, tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione, e, a maggior ragione, tale da far supporre una conoscenza dei difetti di tanto antecedente da implicare la decadenza, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause, per l’un effetto, alla data della denunzia e, per l’altro, a data ad essa convenientemente anteriore[69]».

Tuttavia, il ricorso ad una consulenza tecnica non può considerarsi strumento di rimessioni in termini a favore del danneggiato allorquando si tratti di vizi la cui entità e le cui cause sono manifestamente riconducibili all’appaltatore[70].

A ciò si aggiunga che, ai fini dell'accertamento della responsabilità in capo all'appaltatore e agli altri soggetti legittimati passivi, risulta essere marginale l'avvenuto positivo collaudo o l’accettazione senza riserve dell'opera[71].

Il committente, accertato il vizio, dovrà procedere alla denuncia, la quale è, per sua natura, una dichiarazione recettizia, che non può produrre effetti fino a che non sia portata a conoscenza, effettiva o presunta, del destinatario[72]; inoltre, per sua validità non è richiesta alcuna forma speciale, spettando al committente o al sua dante causa l'onere di provare di aver denunciato all’appaltatore i vizi entro il termine di un anno dall’obiettiva scoperta dell’esistenza delle cause del vizio di costruzione, nell'eventualità che la parte evocata in giudizio eccepisse la decadenza, non potendo il giudice di merito rilevarla d'ufficio, trattandosi di decadenza posta a tutela di interessi individuali e concernente diritti disponibili[73].

4. Conclusioni

La responsabilità dell’appaltatore costituisce uno degli argomenti più importanti del diritto civile e particolarmente discussa tra gli interpreti ed operatori del diritto.

Particolare rilevanza assume, per come è stato tratteggiato nel corso della presente trattazione, la responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, ex art. 1669 c.c., il cui l’ambito di applicazione, le sue condizioni di esercizio e la sua natura « extracontrattuale » venivano definite dalle numerose pronunce della giurisprudenza di legittimità e di merito, in tema pronunciatesi.

L’azione prevista dall’art. 1669 c.c. è diretta ad ottenere la condanna dell’appaltatore il risarcimento del danno o, alternativamente, la condanna dello stesso ad eseguire direttamente le opere necessarie ad eliminare i vizi oppure di pagare una somma di denaro corrispondente al costo dei lavori.

In relazione al concreto esercizio dell’azione de quo, secondo la citata norma legittimati attivi sono il committente e i suoi aventi causa, mentre i legittimati passivi sono l’appaltatore e, secondo parte della giurisprudenza, anche il costruttore-venditore, il progettista e il direttore dei lavori.

L’azione risarcitoria, siccome specificato nei paragrafi che precedono, deve essere esercitata nel rispetto di tre termini tra loro collegati: la rovina, il pericolo di rovina dell’immobile o la manifestazione dei vizi devono avvenire entro dieci anni dal compimento dell’opera; la denuncia della rovina, del pericolo di rovina o dei gravi difetti che inficiano l’immobile deve avvenire entro il termine di decadenza di un anno dalla scoperta degli stessi; l’azione diretta a far valere la responsabilità dell’appaltatore e degli altri legittimati passivi si prescrive entro un anno dalla denuncia dei vizi o dei difetti.

La mancata osservanza dei termini riportati fa venir meno per il danneggiato il diritto al risarcimento del danno o ai rimedi alternativi allo stesso.

Per tal ragione, l’effettiva decorrenza dei tre termini e, segnatamente, del termine annuale di decadenza entro cui effettuare la denuncia dei vizi che inficiano la costruzione costituiva una vexata quaestio tra gli operatori del diritto.

L’aspra questione via, via veniva sopita dalle numerose pronunce, dapprima di legittimità e poi di merito citate, con le quali si affermava «Poiché la disciplina concernente la decadenza e la prescrizione per l’esercizio dell’azione (n.d.r. di responsabilità) ha lo scopo di non onerare il danneggiato della proposizione di domande generiche a carattere esplorativo, è necessario che la denuncia (n.d.r. dei vizi che inficiano l’opera), per far decorrere il successivo termine prescrizionale, riveli una conoscenza sufficientemente completa del vizio e della responsabilità per lo stesso».

Sulla scia di tale orientamento, l’Ordinanza della Corte di Cassazione in conferma che la ratio di un indirizzo di tal fatta risiede nell’impossibilità di « onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo », rilevando, a parere di chi scrive, che la questione non avrebbe più senso di porsi essendo divenuta oramai pacifica.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Cfr. Cass. Civ. n. 5397/79. In dottrina per un corretto inquadramento sistematico dell’istituto si veda A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di Diritto Privato, a cura di F. Anelli e C. Granelli, Milano 2021, 780 ss.

[2] Cass. Civ. n. 2573/83 afferma che «  L’appalto è contratto a prestazioni corrispettive ». In dottrina ANNETTE CAPURSO,  ”La responsabilità dell´appaltatore e l´estensione applicativa della nozione di gravi difetti dell´opera” in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2532-9871 Fasc. 04/2018 afferma che « Invero, il contratto potrà ritenersi adempiuto solo allorquando l’appaltatore abbia compiuto l’opera o prestato il servizio secondo quanto pattuito e il committente abbia pagato il corrispettivo stabilito ».

[3] Per le differenze tra contratto di appalto e contratto d’opera si vedano Cass. Civ. ex aliis nn. 27258/17; 12519/10; 7307/01; 9237/09 ove si specifica che da un lato, il contratto di appalto e il contratto d’opera hanno in comune l’obbligo verso il committente di compiere dietro corrispettivo un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi esegue; dall’altro, il contratto di appalto e il contratto d’opera si differenziano per il fatto che nel primo l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa in cui l’obbligato è preposto e nel secondo con il prevalente lavoro di quest’ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore secondo il modulo organizzativo della piccola impresa desumibile dall’art. 2083 c.c.

[4] Per le differenze tra contratto di appalto e contratto di lavoro subordinato si v., in particolare, Cass. Civ.

n. 2396/71, la quale afferma che « Mentre oggetto del contratto d’appalto è la prestazione, dietro corrispettivo, di un determinato risultato, della cui produzione il rischio economico sia esclusivamente a carico della parte che è obbligata a fornirlo, oggetto del contratto di lavoro subordinato, invece, è la prestazione di un lavoro eseguito alle dipendenze di un datore di lavoro, nella cui organizzazione l’attività del prestatore di lavoro venga ad inserirsi, senza che, di regola, egli concorra a sopportare i rischi ».

[5]  Sic Cass. Civ. nn. 3916/2014, 9077/03 secondo cui « La stipulazione del contratto di appalto non richiede la forma scritta ad substantiam, né ad probationem, potendo lo stesso essere concluso anche per facta concludentia ». In dottrina si veda A. Torrente, P. Schlesinger, cit., a cura di F. Anelli e C. Granelli, Milano 2021, 781, ove definisce l’appaltatore come un « Imprenditore ».

[6] Cfr. Cass. Civ. nn. 5397/79; 4339/79. In dottrina si veda A. Torrente, P. Schlesinger, cit., a cura di F. Anelli e C. Granelli, Milano 2021, 781, afferma che « l’appaltatore deve impiegare capitali ed organizzare i fattori della produzione (si pensi alla costruzione di un edificio o di una strada) e quindi assume un rischio maggiore: se i costi non sono stati correttamente stimati dall’appaltatore, o se lievitano durante l’esecuzione, l’appaltatore potrà vedersi ridotto il profitto atteso o addirittura subire una perdita ».

[7] ANNETTE CAPURSO,  ”La responsabilità dell´appaltatore e l´estensione applicativa della nozione di gravi difetti dell´opera” in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2532-9871 Fasc. 04/2018 , la quale alla nota 1 richiama F. Caringella, L. Buffoni, Manuale di diritto civile, ed. 2016, 1242.

[8] Cass. Civ. n. 5609/01 rileva che « La distinzione tra appalto d’opera e di appalto di servizi l’oggetto del contratto che può consistere sia in opere che in servizi, intendendosi per opera qualsiasi modificazione dello stato materiale di cose preesistenti e per servizio qualsiasi utilità che può essere creata da un altro soggetto, diversa dalle opere. » In dottrina si vedano M. Fratini, Il sistema del diritto civile 5, I singoli contratti, 117; ANNETTE CAPURSO,  ”La responsabilità dell´appaltatore e l´estensione applicativa della nozione di gravi difetti dell´opera” in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2532-9871 Fasc. 04/2018.

[9] Quanto al compimento dell’opera Cass. Civ. n. 133/20 giunge ad affermare «Per la determinazione dell’oggetto non è necessario che l’opera sia specificata in tutti i suoi particolari, ma è sufficiente che ne siano fissati gli elementi fondamentali. Ne consegue che eventuali deficienze ed inesattezze riguardanti taluni elementi costruttivi non costituiscono causa di nullità, quando non siano rilevanti ai fini della realizzazione dell’opera e non ne impediscano l’agevole individuazione, nella sua consistenza quantitativa o qualitativa, mediante il ricorso ai criteri generali della buona tecnica costruttiva ed ai criteri della c.d. regola d’arte, le quali devono adeguarsi alle esigenze e agli scopi cui l’opera è destinata »; in senso conforme v. Cass. 4697/84, 3849/63.

[10] In tema di esecuzione del contratto di appalto, Cass. Civ. n. 5694/79 chiarisce che « le regole dell’arte non vanno intese in modo assoluto, con riferimento cioè ai criteri generali della tecnica e con portata invariabile; esse devono invece adeguarsi alle esigenze ed agli scopi cui l’opera è destinata secondo la sua funzione tipica, ed a quegli altri risultati che siano stati menzionati o siano impliciti nel contratto come elementi rilevanti ».

[11] In tal senso, la giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. nn. 16323/18, 23594/17; in senso conforme v. Cass. Civ. nn.7515/05, 5099/95) ha rilevato come « L’appaltatore che debba eseguire un progetto fornitogli dal committente è responsabile verso quest’ultimo per i vizi dell’opera derivanti da errori dello stesso progetto, sia nel caso in cui pur essendosi accorto di tali errori non li abbia tempestivamente denunziati al committente, sia se non li abbia rilevati, ma avrebbe dovuto e potuto riconoscerli con la normale diligenza nei limiti delle sue cognizioni tecniche. L’appaltatore è invece esentato da responsabilità se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguire il progetto come nudus minister per le insistenze del committente ed a rischio del medesimo ».

[12] I.e. Per tutta l’opera nel suo complesso

[13] Es. Tanto al metro quadrato

[14] Con riferimento ai criteri di determinazione del prezzo Cass. Civ. n. 19413/14 afferma che « Nel contratto d’appalto l’art. 1657 c.c. deroga alla disposizione generale dell’art. 1346 c.c. nel senso che la mancata determinazione del corrispettivo non è causa di nullità del contratto, potendo la determinazione avvenire a posteriori in base alle tariffe esistenti, ovvero agli usi o da parte del giudice ». Con riferimento all’intervento del giudice nella determinazione del corrispettivo del contrato di appalto Cass. Civ. n. 3208/88 afferma che  « La determinazione giudiziale del corrispettivo ha carattere dichiaratamente sussidiario e, pertanto, non è applicabile allorché le parti in via preventiva o nel corso, ed anche ad avvenuta esecuzione, dell’opera, abbiano raggiunto un’intesa sull’entità del compenso spettante all’appaltatore, fissandone l’importo o stabilendo i criteri (dati o parametri di riferimento) in base ai quali pervenire alla sua concreta determinazione ».

[15] Attraverso il meccanismo della revisione dei prezzi di cui all’art. 1664 c.c. il Legislatore tende a mantenere saldo l’equilibrio delle prestazioni durante lo svolgimento del contratto, così neutralizzando il rischio di una rilevante sproporzione fra il valore delle due prestazioni che potrebbe portare una delle parti a chiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, ai sensi dell’art. 1467 c.c.. Sul punto, in Giurisprudenza v. Cass. CIv. n. 9060/94; n. 4603/84; in dottrina vedi ANNETTE CAPURSO,  ”La responsabilità dell´appaltatore e l´estensione applicativa della nozione di gravi difetti dell´opera” in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2532-9871 Fasc. 04/2018; M. Fratini, cit., 119

[16] Sul punto si vedano, ex plurimis, Cass. civ., 21 febbraio 2022, n. 5643; Cass. civ., 14 febbraio 2019, n. 4511.

[17] In giurisprudenza v. tra le altre Cass. civ., 22 ottobre 2019, n. 26862; Cass. civ., 27 gennaio 2015, n. 1509. Secondo Cass. Civ. 13983/11; Cass. civ., 6 aprile 2006, n. 8103; Cass. civ., 17 maggio 2004, n. 9333; Cass. civ., 9 agosto 1996, n. 7364 , « la comune responsabilità dell'appaltatore, ai sensi degli art. 1453 e 1455 c.c., non è esclusa dalle speciali disposizioni contenute negli artt. 1667 e 1668 c.c., e non è da queste ultime disciplinata, perché esse integrano (senza escluderla) l'applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale, che rimangono perciò applicabili nei casi in cui l'opera non sia stata eseguita o non sia stata completata o quando l'appaltatore ha realizzato l'opera con ritardo o, pur avendo eseguito l'opera, si rifiuti di consegnarla ». In dottrina sul tema v. D. Tessera, Appalto: decadenza e prescrizione nelle azioni di responsabilità, Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 2, 2014, 0416B, il quale alla nota n. 4 richiama Luminoso (a cura di), Codice dell'appalto privato, Milano, 2010, 574 s..

[18] Cass. Civ. n. 1981/16 conf. Cass. Civ. nn. 22036/14, 12995/06 precisa che « La diligenza qualificata ex art. 1176, c. II, c.c., che impone all’appaltatore […] di realizzare l’opera a regola d’arte impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell’attività esercitata, onde soddisfare l’interesse creditorio ed evitare possibili eventi dannosi, rileva anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui, sicché, ove sia il committente a predisporre il progetto e a fornire indicazioni per la realizzazione, l’appaltatore risponde dei vizi dell’opera se, fedelmente eseguendo il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientrano nella sua prestazione, mentre è esente da responsabilità ove il committente, edotto di tali carenze ed errori, richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o ribadisca le indicazioni, riducendo così l’appaltatore a proprio mero nudus minister, direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico »

[19] Cass. Civ. n. 11520/11 afferma che « In tema d’appalto, ai fini di cui all’art. 1167 c.c. non è necessaria una denuncia specifica ed analitica delle difformità e dei vizi dell’opera, tale da consentire l’individuazione di ogni anomalia di quest’ultima, essendo, per converso, sufficiente ad impedire la decadenza del committente dalla garanzia cui è tenuto l’appaltatore una pur sintetica indicazione delle difformità suscettibile di conservare l’azione di garanzia anche con riferimento a quei difetti accertabili, nella loro reale sussistenza, solo in un momento successivo ». Cass. Civ. nn. 14584/04, 9174/87 specificano « Con riguardo ai vizi dell’opera riconosciuti o riconoscibili, il committente che non abbia accettato l’opera medesima non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell’appaltatore, poiché, ai sensi dell’art. 1667, c. I., c.c., solo tale accettazione comporta liberazione da quella garanzia. Pertanto, prima dell’accettazione e consegna dell’opera non vengono in rilievo problemi di denuncia e di prescrizione per i vizi comunque rilevabili, i quali, se non fatti valere in corso d’opera, possono essere dedotti alla consegna: ma prima dell’accettazione non vi è onere di denuncia, e prima della consegna non decorrono i termini di prescrizione ».

[20] Cfr. Cass. Civ. n. 5285/80 secondo cui la garanzia dell’appaltatore per i difetti dell’opera rimane integra allorché, pur avendo il committente accettato l’opera senza riserva, i vizi dell’opera debbano ritenersi occulti o, se riconoscibili, siano stati taciuti in male fede dall’appaltatore.

[21] In giurisprudenza Cass. Civ. n. 809/60 sul riconoscimento delle difformità o dei vizi da parte dell’appaltatore asserisce che « Nel contratto d’appalto, al fine dell’esonero del committente dall’onere della denuncia all’appaltatore dei vizi dell’opera, non è sufficiente la conoscenza dei vizi da parte dell’appaltatore, occorrendo il riconoscimento di essi, ossia una dichiarazione di scienza con la quale l’appaltatore, dopo l’accettazione dell’opera da parte del committente, manifesti di essere a conoscenza delle difformità e dei vizi […] »

[22] D. Tessera, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 2, 2014, 0416B, afferma che l’art. 1669 c.c. « ha un ambito applicativo differente rispetto a quello degli artt. 1667-1668 c.c., essendo rivolto a disciplinare i vizi di maggiore gravità che si possono verificare nel caso di appalti aventi ad oggetto beni immobili  ». In senso conforme v. in giurisprudenza Cass. civ., 1° marzo 2001, n. 3002, secondo cui « le disposizioni contenute nell'art. 1669 c.c. tendono essenzialmente a disciplinare le conseguenze dannose dei vizi costruttivi che incidono negativamente in maniera profonda sugli elementi essenziali di struttura e di funzionalità dell'opera, influendo sulla sua solidità, efficienza e durata, mentre si ha azione di garanzia per vizi e difformità a norma dell'art. 1667 c.c. quando la costruzione non corrisponde alle caratteristiche del progetto e del contratto di appalto ovvero è stata eseguita senza il rispetto delle regole della tecnica ». Per un corretto inquadramento dei rapporti tra la garanzia per rovina e difetti di cose immobili e la garanzia per difformità e vizi exartt. 1667-1668 c.c. v. S. Macrì, La disciplina della garanzia per rovina e difetti di cose immobili, Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118.

[23] Sic. A. Torrente, P. Schlesinger, cit., a cura di F. Anelli e C. Granelli, Milano 2021, 784.

[24] In giurisprudenza Cfr. Cass. civ., 7 ottobre 1970, n. 1834; Cass. civ., 4 novembre 2010, n. 22490. In dottrina in senso conforme. S. Macrì, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118

[25] L’art. 1792 del Codice Napoleonico stabiliva che  « Si l’edifice construit a prix fait, perit en tout ou en partie par le vice de la costruction, meme par le vice du sol, les architecte et entrepreneur en sont responsables pendant dix ans ».

[26] L’art. 1639 del c.c. del 1865 così recitava: «  Se nel corso di dieci anni dal giorno in cui fu compiuta la fabbricazione di un edificio o di altra opera notabile, l’uno o l’altro rovina in tutto o in parte, o presenta evidente pericolo di rovinare per difetto di costruzione o per vizio del suolo, l’architetto e l’imprenditore ne sono responsabili ». Cass. Civ., SS. UU., n. 7756/2017 precisa che rispetto all’ascendente francese, l’art. 1639 del codice civile del 1865 aveva aggiunto un quid pluris (cioè le altre opere notabili e il pericolo di rovina), mantenendo inalterato il soggetto della seconda proposizione subordinata (“ … l’uno o l’altro …). In dottrina V. S. Macrì, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118.  

[27] In dottrina V. S. Macrì, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118, afferma che  « Il riferimento nella norma alla « natura » della cosa immobile serva ad escludere eventuali pattuizioni convenute tra le parti allo scopo di derogare alla disciplina codicistica. Così, circa la natura oggettiva a lunga durata richiesta dalla norma e oggetto del giudizio di merito, si è correttamente ritenuto che la circostanza che l'immobile fosse stato costruito sopra un'area demaniale marittima, oggetto — in quanto tale — di concessione precaria, fosse da ritenersi irrilevante ai fini della oggettiva destinazione a lunga durata della costruzione ».

[28] Cfr. Cass. Civ. 152/17 secondo cui ai sensi dell’art. 812 bene immobile è soltanto quello incorporato o materialmente congiunto al suolo, e non anche quello meramente aderente ad esso con mezzi aventi la sola funzione di ottenerne la stabilità necessaria all’uso in termini.

[29] Secondo Cass. Civ. n. 538/1959, nell'espletamento delle sue funzioni, il Giudice dovrà procedere avendo « riguardo al tipo ed al modo della costruzione, obbiettivamente considerata, e non anche alla destinazione che le parti vi abbiano dato, cioè all'uso che il committente si riprometta di farne, neppure se detto uso sia stato esplicitamente previsto in contratto »

[30] Contrarie alla riconducibilità di tali opere sotto l'art. 1669 c.c., Cass. civ., 22 maggio 2015, n. 10658; Cass. civ., 20 novembre 2007, n. 24143 secondo cui « Tale responsabilità trova applicazione esclusivamente quando sia riscontrabili vizi riguardanti la costruzione dell’edificio stesso o di una parte di esso, ma non anche in caso di modificazioni o riparazioni apportate ad un edificio preesistente o ad altre preesistenti cose immobili, anche se destinate per loro natura a lunga durata ». Tali pronunce, favorevoli all'interpretazione restrittiva della norma, non esitavano, tuttavia, a riconoscere alla sopraelevazione di un edificio, il carattere nuovo e autonomo rispetto alla parte sottostante. Favorevoli all'orientamento estensivo, già prima della decisione delle Sezioni Unite, Cass. civ., 4 novembre 2015, n. 22553 la quale giungeva ad affermare che  « rilevano le opere su preesistente edificio, allorché queste incidano sugli elementi essenziali dell’immobile o su elementi secondari rilevanti per la funzionalità globale ».

[31] Sic Cass. Civ. n. 13/93 la quale specifica relativamente all’opera ricostruita che il termine decennale durante il quale è tenuto a garantire l’integrità dell’opera inizia a decorrere ex novo dall’ultimazione degli interventi ricostruttivi per effetto del nuovo rapporto di garanzia sorto con la ricostruzione, totale o parziale,

dell’edificio destinato a lunga durata.

[32] Cfr. Cass. Civ. 3184/82.

[33] Com’è noto, l’azione prevista dall’art. 1669 mira ad ottenere solo il risarcimento del danno, il cui ammantare varia in ragione della natura della gravità e dei difetti dell’immobili ne caso concreto. Ne discende che il risarcimento in caso di: a) rovina totale dell’immobile sarà pari all’intero valore di quest’ultimo; b) rovina parziale avrà un valore della parte crollata; c) evidente pericolo di rovina andrà commisurato al costo dei lavori necessari per eleminare il pericolo stesso; d) gravi difetti sarà uguale alla differenza tra il valore che l’immobile avrebbe qualora fosse senza difetti e quello che effettivamente ha a causa della presenza dei medesimi. 

[34] In giurisprudenza, Cfr. Cass. Civ. nn. 261/70; Cass. civ. n. 1686/91. In dottrina v. S. Macrì, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118; ed ANNETTE CAPURSO, ”La responsabilità dell´appaltatore e l´estensione applicativa della nozione di gravi difetti dell´opera” in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2532-9871 Fasc. 04/2018.

[35] In giurisprudenza Cfr. Cass. Civ. nn. 3184/82; 2861/58; 1034/51. In dottrina v. S. Macrì, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118 ed ANNETTE CAPURSO, ”La responsabilità dell´appaltatore e l´estensione applicativa della nozione di gravi difetti dell´opera” in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2532-9871 Fasc. 04/2018, i quali precisano che il pericolo di rovina per essere evidente non debba necessariamente essere riconosciuto dall’uomo medio, dovendo sussistere la sicurezza, fornita dalle conoscenze della tecnica edilizia, che l’edificio crollerà in un momento più o meno prossimo.

[36] Cfr. ex multis Cass. Civ. 84/2013; Cass. Civ. 20307/11; Cass. Civ. 19868/09. In dottrina v. ANNETTE CAPURSO, ”La responsabilità dell´appaltatore e l´estensione applicativa della nozione di gravi difetti dell´opera” in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2532-9871 Fasc. 04/2018.

[37] Si legge nella relazione del Guardasigilli (par. 704):  « Innovando poi al codice del 1865 si è creduto di non dover limitare la sfera di applicazione della norma in questione alle sole ipotesi di rovina di tutto o parte dell’opera o di evidente pericolo di rovina, ma si è estesa la garanzia anche alle ipotesi in cui l’opera presenti gravi difetti. Naturalmente questi difetti devono essere molto gravi, oltre che riconoscibili al momento del collaudo, e devono incidere sempre sulla sostanza e sulla stabilità della costruzione, anche se non minacciano immediatamente il crollo di tutta la costruzione o di una parte di essa o non importano evidente pericolo di rovina. Non vi è dubbio che la giurisprudenza farà un’applicazione cauta di questa estensione, in conseguenza del carattere eccezionale della responsabilità dell’appaltatore ».

[38] Cfr. Cass. Civ., SS.UU., 7756/17; In dottrina v. S. Macrì, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118.

[39] Cfr. ex aliis Cass. civ., 20 luglio 1962, n. 1974.

[40] Sic Cass. civ., 19 ottobre 2021, n. 28859; in tal senso, si vedano anche Cass. Civ., Sez. Un., 27 marzo 2017, n. 7756, cit.; Cass. civ., 9 settembre 2013, n. 20644; Cass. civ., 8 maggio 2007, n. 10533. Cass. civ. n. 18205/2020 specifica che costituiscono gravi difetti dell’edificio, ai fini della responsabilità dell’appaltatore ex art. 1669 c.c., anche quei vizi costruttivi che alterando lo stato di godimento del bene, « giustificano il timore di vederne compromessa la solidità e la conservazione ».

[41] Cass. Civ. n. 21351/05; in senso conforme Cass. Civ. 1686/91.

[42] In giurisprudenza Cass. Civ., Sez. Un., 27 marzo 2017, n. 7756. Per un’elencazione esaustiva dei gravi difetti che integrano la responsabilità dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 1669 c.c., Cfr. in dottrina S. Macrì, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118.

[43] Cfr. Cass. Civ. 22036/14.

[44] Cfr. Cass. Civ. 2123/91.

[45] Cfr. Cass. Civ. nn. 1081/95; 5002/94.

[46] Cfr. Cass. Civ. n. 3339/90.

[47] Cass. Civ. 1751/18; Cass. Civ. 3752/07.

[48] Cass. Civ. n. 6585/86.

[49] Cass. Civ. nn. 5252/86; 7924/92.

[50] Cass. Civ. nn. 13112/92; 2431/86.

[51] Cass. Civ. n. 9082/81.

[52] Cass. Civ. nn. 187/2020; 206/79.

[53] Cass. Civ. nn. 187/2020; 10218/94.

[54] Cass. Civ. nn. 29218/2017; 84/13; 21351/05; 117/00; nella giurisprudenza di merito Cfr. Trib. sez. II – Bari, 14.07.2022, n. 2859; Trib. sez. VII – Milano, 03.06.2019, n. 5252. Cass. Civ. n. 24230/18 specifica che allorquando tali difetti si manifestano in un edificio condominiale essi devo incidere soltanto sulle parti comuni dell’edificio - in modo tale da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione - e non sulle singole proprietà dei condomini.

[55] Cass. Civ. n. 84/13.

[56] Cass. Civ. nn. 3301/96; 8140/04; 11740/03; 1154/02; nella giurisprudenza di merito Cfr. Trib. sez. VII – Milano, 03.06.2019, n. 5252.

[57] Cass. civ., 29 luglio 1992, n. 9081; Cass. civ., 15 settembre 2009, n. 19868.

[58] Cfr. Cass. Civ. 14812/08.

[59] Cass. Civ. n. 39599/2021; In senso conforme Cfr. Cass. Civ. Ord. nn. 30792/2023; 10255/22; 18205/2020; 22093/2019.

[60] Cass. Civ. Ord. nn. 18205/2020; 20184/2019; sul punto v. anche Cass. Civ. 7537/2004.

[61] V. § 2.3 ove si procede ad una disamina degli eventi che in astratto costituiscono la ragione dell’eventuale attivazione in concreto della garanzia per rovina e difetti di cose immobili.

[62] Cfr. Cass. Civ. n. 7400/86.

[63] Sic. S. Macrì, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.4, 1 aprile 2022, 1118.

[64] V., ex plurimis Cass. Civ.  n. 5920/93; Cass. Civ. 7400/86.

[65] Cass. Civ. nn. 14561/04; 903/89.

[66] Cfr. tra le tante, nella giurisprudenza di legittimità, Cass. Civ., Ord., n. 13707/2023; Cass. Civ. n. 35781/2022; Cass. Civ. n. 777/2020; Cass. Civ. 10048/2018; Cass. Civ., Ord., n. 24486/2017; nella giurisprudenza di merito, Trib. Torino, Sez. IV,, 02.05.209, n. 2095; Corte App. Milano, Sez. IV, 15.01.2020, n. 492; Trib. Milano, Sez. VII, 08.04.2020, n. 2314; Corte App. Ancona, Sez. I, 22.06.2021, n. 749; Trib. Vasto, Sez. I, 10.05.2023, n. 140; Trib. Novara, 24.08.2023, n. 579; Trib. Torino, Sez. IV, 05.09.2023, n. 3419.

[67] Così D. Tessera, cit., Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 2, 2014, 0416B.

[68] Cass. Civ. 11034/2022; in senso conforme v. anche Cass. Civ. 11740/03.

[69] Cass. Civ. 11034/2022; in senso conforme v. anche Cass. Civ. Cass. Civ. 11740/03.

[70] Cass. Civ. nn. 27693/2019, 9966/2014 precisano che il termine annuale di decadenza per la denuncia dei vizi decorre immediatamente allorquando di un << problema di immediata percezione sia nella sua reale entità che nelle sue possibili origini >>.

[71] In termini, Cass. Civ. 2861/59.

[72] Cfr. art. 1335 c.c.. In giurisprudenza, ex aliis, Cfr. Cass. Civ. 22707/17.

[73] Cfr. Cass. Civ. 18078/12; Cass. Civ. 10624/96; Cass. Civ. 101106/92. Da ultimo, Cass. civ., 16 gennaio 2020, n. 777, sull'esecuzione della denuncia entro il termine annuale, precisa che sarà competenza del giudice di merito accertare in quale momento sia stata acquisita la conoscenza a fini dell'individuazione del dies a quo relativo al termine decadenziale di un anno, in quanto accertamento di fatto, non sindacabile come tale in sede di legittimità qualora adeguatamente motivato e scevro da vizi logici o giuridici.