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Pubbl. Mer, 3 Lug 2024

Il TAR Napoli sul risarcimento del danno da annullamento di un provvedimento ampliativo

Mario Piroli
Laurea in GiurisprudenzaUniversità degli Studi di Cassino



Il presente contributo mira a chiarire quanto di recente stabilito dal TAR Napoli in relazione al risarcimento del danno da annullamento di un provvedimento ampliativo. Invero, con sentenza del 3 giugno 2024, n. 3528, il TAR Napoli, ha individuato la giurisdizione ordinaria quale competente a giudicare sulla domanda risarcitoria proposta nei confronti dell’amministrazione per i danni subiti dal privato, che abbia fatto incolpevole affidamento su un provvedimento ampliativo illegittimo.


Sommario: 1. La vicenda processuale; 2. Il provvedimento adottato in autotutela quale causa della cessazione della materia del contendere; 3. La competenza del giudice ordinario in relazione al risarcimento del danno scaturente dall'annullamento di un provvedimento ampliativo; 4. Osservazioni conclusive.

Sommario: 1. La vicenda processuale; 2. Il provvedimento adottato in autotutela quale causa della cessazione della materia del contendere; 3. La competenza del giudice ordinario in relazione al risarcimento del danno scaturente dall'annullamento di un provvedimento ampliativo; 4. Osservazioni conclusive.

1. La vicenda processuale

Una società operante nel settore della emodialisi aveva, originariamente, ottenuto dal Comune di Benevento l’autorizzazione sanitaria per erogare servizi di emodialisi. In specie, tale autorizzazione comprendeva 14 posti rene ordinari e un posto rene contumaciale. Dopo l’ottenimento dell’autorizzazione sanitaria, la società ricorrente aveva richiesto al SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive) del Comune di Benevento l’autorizzazione, ai sensi del D.P.R. n. 59/2013, per lo svolgimento dell’attività di dialisi. 

Avviato l’iter per il rilascio dell’autorizzazione unica ambientale per l’attività di dialisi, il SUAP, in relazione allo scarico delle acque reflue, ha coinvolto la Provincia di Benevento, l’Ente Idrico Campano, la GE.SE.SA. s.p.a. ed il Settore Ambiente, per l’acquisizione dei pareri di competenza. In tal contesto, la GE.SE.SA. s.p.a. aveva riscontrato le seguenti criticità: “1. la Ditta non scarica i propri reflui all’interno di una infrastruttura di proprietà comunale e gestita dalla scrivente; 2. La Ditta, attualmente scarica i propri reflui all’interno della rete di scarico condominiale, a servizio dell’edificio, dove sono ubicati i locali adibiti all’esercizio dell’attività, tali scarichi, come sopra indicato, non scaricano all’interno di una infrastruttura di proprietà comunale e gestita dalla scrivente”, di talché - prescriveva il gestore del S.I.I. - “4. la Ditta dovrà far confluire i reflui prodotti, all’interno del collettore comunale principale di proprietà comunale e gestito da GE.SE.SA. S.p.A., presente lungo Via …, in prossimità dell’immobile all’interno del quale sono ubicati i locali dove viene esercitata l’attività in questione; 5. La Ditta dovrà installare un impianto di trattamento dei reflui prodotti, il quale dovrà essere in grado di garantire il rispetto di tutti i parametri normativi previsti dall'allegato 5 dello stesso D. Lgs. 3 aprile 2006 n.152 per lo scarico in corpo idrico superficiale, poiché la rete fognaria comunale presente lungo Via …, non ha come recapito terminale un impianto di depurazione comunale”. Di seguito, il SUAP comunicava alla società ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca dell’autorizzazione per l’esercizio di prestazioni di emodialisi ambulatoriali, al contempo disponendo il divieto di prosecuzione delle prestazioni sanitarie di emodialisi ambulatoriali. 

In tal contesto, la società ricorrente aveva provveduto a predisporre un sistema alternativo di smaltimento delle acque reflue, anche in virtù del Decreto Presidenziale n. 143/2023, di accoglimento della misura cautelare monocratica ex art. 56 cod. pro. amm. ed il Comune di Benevento aveva disposto la prosecuzione dell’attività di emodialisi fino al completamente dell’iter autorizzato afferente al rilascio dell’autorizzazione per lo scarico dei reflui in pubblica fognatura. 

Così ricostruite le fasi della vicenda processuale e fattuale, la società ricorrente, sostiene, in primo luogo, l’illegittimità per difetto di motivazione e di istruttoria e per palese contraddittorietà dei provvedimenti impugnati rilasciati dal Comune di Benevento e dal SUAP. In particolare, la formulata censura è stata fondata sul rilievo della intrinseca contraddittorietà della condotta azione amministrativa poiché il SUAP, da un lato, aveva comunicato l’avvio del procedimento per la revoca dell’autorizzazione sanitaria e, dall’altro, disposto, nelle more del perfezionamento della procedura di rilascio dell’autorizzazione unica ambientale, il divieto di prosecuzione delle prestazioni di emodialisi ambulatoriali. Pertanto, essendo l’originaria autorizzazione sanitaria ancora valida ed efficace, avrebbe dovuto ritenersi illogico ed immotivato l’ordine di sospensione dell’attività di erogazione delle prestazioni sanitarie comminato nei confronti della ricorrente. Inoltre, il contestato provvedimento si configurava come un’ordinanza contingibile ed urgente, adottata da un organo incompetente quale il dirigente comunale che l’aveva sottoscritta.

In secondo luogo, la società censura l’impugnato provvedimento del SUAP in quanto assunto in aperta violazione dei principi di proporzionalità e razionalità dell’azione amministrativa, avendo l’amministrazione comunale disposto l’interruzione dell’attività sanitaria, senza né garantire l’erogazione delle prestazioni ai pazienti della ricorrente presso altri Centri Sanitari, né vagliare soluzione alternative, sebbene il mancato allaccio alla rete di scarico comunale dovesse ascriversi alla vetustà della licenza edilizia dell’immobile, e quindi alle medesime autorità pubbliche che non avevano mai collegato il pozzetto di proprietà Comunale all’infrastruttura pubblica. 

Con successivi motivi aggiunti, la società ricorrente, prendendo atto dell’avvenuto rilascio dell’autorizzazione unica ambientale e della revoca dell’adottato provvedimento di sospensione dell’attività, ha insistito per la condanna degli enti resistenti al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della condotta dagli stessi tenuta, avendo dapprima autorizzato, lo svolgimento dell’attività degli indicati locali e, soltanto successivamente, rilevato l’assenza dei presupposti per il rilascio della necessaria autorizzazione unica ambientale.

2. Il provvedimento adottato in autotutela quale causa della cessazione della materia del contendere

In via preliminare, il Collegio giudicante ha dichiarato cessata la materia del contendere in quanto, successivamente all’instaurazione del giudizio, il Comune di Benevento ha comunicato alla società ricorrente l’archiviazione del procedimento finalizzato alla revoca dell’autorizzazione sanitaria, avendo, il SUAP rilasciato, alla società ricorrente, l’autorizzazione unica ambientale per lo scarico in pubblica fognatura dei reflui. Sul punto, va osservato che un fatto sopravvenuto all’instaurazione del giudizio — così come lo ius superveniens — può essere idoneo a modificare l’assetto di fatto o di diritto esistente al momento in cui era proposta l’originaria impugnazione e, pertanto, può incidere sull’interesse a ricorrere.

Tra i fatti sopravvenuti idonei a modificare l’assetto di fatto rientrano i provvedimenti adottati in autotutela, tra i quali si colloca certamente la revoca, con una peculiarità: essi possono comportare la piena realizzazione dell'interesse del ricorrente, e così dar luogo a cessazione della materia del contendere, ovvero non condurre a tale piena realizzazione e pur tuttavia rendere inutile la pronuncia del giudice, dando luogo, così ad una carenza sopravvenuta di interesse (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2018, n. 1100; IV, 14 aprile 2014, n. 1825). Nel caso de quo, è evidente che l’intervenuta revoca dell’impugnato provvedimento di sospensione dell’attività, unitamente al rilasciato dell’autorizzazione unica ambientale, configurano degli atti con contenuto del tutto satisfattivo della pretesa azionata dalla ricorrente.

3. La competenza del giudice ordinario in relazione al risarcimento del danno scaturente dall’annullamento di un provvedimento ampliativo

Va, anzitutto, premesso che, nonostante sia stata dichiarata cessata la materia del contendere, la domanda risarcitoria può comunque trovare ingresso nel giudizio, allorquando il ricorrente deduca che il provvedimento sostituito abbia, medio tempore, prodotto degli effetti pregiudizievole.

Ciò posto, il Collegio giudicante si è ritenuto incompetente in merito alla suddetta domanda risarcitoria. Al riguardo, nonostante la sentenza n. 20 del 20 novembre 2021 del Consiglio di Stato, che ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo anche nei casi in cui il comportamento dell'amministrazione non si sia manifestato in atti amministrativi, perché “l'operato dell'amministrazione costituisce comunque espressione dei poteri ad essa attribuiti per il perseguimento delle finalità di carattere pubblico devolute alla sua cura”, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno confermato l’orientamento risalente alle ordinanze del 23 marzo 2011, nn. 6594, 6595 e 6596 (poi ribadite da Cass. civ., Sez. Un., ord. 24 aprile 2023, n. 10880; Cass. civ., Sez. Un., ord. 6 febbraio 2023, n. 3514; Cass. civ., Sez. Un., ord. 24 gennaio 2023, n. 2175, Sez. Un., n. 13595/2022, n. 12428/2021, n. 14231/2021, n. 14324/2021, n. 21768/2021, n. 28979/2020), che ha radicato la giurisdizione del giudice ordinario nel caso di domande risarcitorie connesse alla lesione dell'affidamento derivata da un comportamento scorretto dell’amministrazione.

L’indirizzo della Suprema Corte è stato seguito anche dalla recente giurisprudenza amministrativa, la quale ha avuto modo di precisare, che “l'oggetto del giudizio di risarcimento del danno da lesione dell'affidamento del privato nella legittimità di un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica che sia stato annullato, in autotutela o dal giudice amministrativo, non è il modo in cui l'amministrazione ha esercitato il proprio potere con il provvedimento poi annullato, né è il modo in cui l'amministrazione ha esercitato il proprio potere con il provvedimento di annullamento del primo (ove l'annullamento sia avvenuto in autotutela e non in sede giurisdizionale); l'illegittimità del provvedimento annullato e la legittimità dell'eventuale provvedimento di annullamento in autotutela costituiscono, infatti, presupposti della lite, che restano all'esterno del perimetro della regiudicanda; l'oggetto del suddetto giudizio, invece, è il modo in cui l'amministrazione - nonché lo stesso privato destinatario del provvedimento - hanno o non hanno osservato le regole di correttezza nei reciproci rapporti” (cfr. TAR Sicilia - Catania, sez. I, sentenza 7 agosto 2023, n. 2492).

Nel caso de quo, pertanto, a parere del Collegio giudicante, deve trovare piena applicazione quanto statuito dalla Suprema Corte in relazione ai provvedimenti ampliativi: “la situazione giuridica la cui lesione costituisce la causa della pretesa del privato di vedersi risarciti i danni causati dall'annullamento di un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica non è l'interesse legittimo alla conservazione del bene della vita acquisito con tale provvedimento, bensì l'affidamento (incolpevole) dal medesimo riposto nella legittimità di tale provvedimento” (cfr. p. 7 della sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, del 24.01.2023, n. 2175).

In definitiva, il Collegio giudicante, nel dichiarare inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito la domanda risarcitoria, ha ulteriormente precisato — richiamando Cassazione civile, sez. I, 6/3/2023, n. 6649 — che la domanda risarcitoria proposta nei confronti dell’amministrazione per i danni subiti dal privato che abbia fatto incolpevole affidamento su un provvedimento ampliativo illegittimo rientra nella giurisdizione ordinaria, non trattandosi di una lesione dell'interesse legittimo pretensivo del danneggiato.

4. Osservazioni conclusive

La pronuncia in commento ha evidenziato che, con riferimento al riparto della giurisdizione, l’attrazione della tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo può verificarsi esclusivamente qualora il danno patito dal privato sia una conseguenza immediata, nonché diretta, della dedotta illegittimità del provvedimento impugnato, ciò in virtù del fatto che il risarcimento del danno ingiunto non costituisce una materia di giurisdizione esclusiva, ma solo uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello demolitorio.

Per contro, la domanda risarcitoria vantata nei confronti dell’amministrazione per i danni subiti dal privato, che abbia fatto affidamento in buona fede su di un provvedimento ampliativo che si è poi rilevato illegittimo, è da ricondursi alla giurisdizione ordinaria. Invero, in tale fattispecie non si assiste alla lesione della conservazione del bene della vita acquisito con tale provvedimento, bensì alla lesione scaturente dall’affidamento incolpevole del privato nella legittimità di tale provvedimento. In relazione agli interessi legittimi pretensivi, infatti, l’interesse del privato all'ampliamento della propria sfera giuridica è soddisfatto quando l’amministrazione, all’esito del procedimento, emani il provvedimento che produce l'effetto positivo, senza che rilevi, dal punto di vista del medesimo privato, se tale emanazione sia legittima o illegittima; al privato interessa soltanto di poter vedere ampliata la propria sfera giuridica, cioè acquisire un bene della vita. 


Note e riferimenti bibliografici