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Pubbl. Mer, 10 Lug 2024

La tutela delle persone con disabilità nella cornice del PNNR: l´istituzione dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità

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Pasquale Abbatiello
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Napoli Federico II



Lo studio approfondisce la tematica della tutela delle persone con disabilità nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza: l’analisi si focalizza, in particolare, sull’istituzione dell’Autorità “Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità”. Il contributo esamina, nella prima parte, gli aspetti organizzativi del Garante; mentre, nella seconda parte, l’indagine si concentra sui profili funzionali dell’Autorità e, in modo particolare, sull’attività consultiva, evidenziando i lati positivi e le criticità. Infine, lo scritto riflette sui diversi meccanismi di protezione delle persone con disabilità, sia nell’ambito della funzione amministrativa che nella prospettiva della tutela giurisdizionale.


ENG

The protection of people with disabilities in the context of the Pnnr: the institution of the National Authority for the rights of people with disabilities

The essay explores on the protection of people with disabilities in the context of the National Recovery Plan. The analysis focuses on the National Authority for the rights of people with disabilities. The first part of the contribution examines its organization; in the second part, the writing puts the focus on its activities, especially on the advisory one, analyzing the positive aspects and the critical points. In the ending part, the paper examines the different mechanisms of protection of people with disabilities, in the context of the administration and in the prospective of the juicidial review.

Sommario: 1. Premessa: le ragioni di una scelta; 2. Il Garante nel contesto delle autorità amministrative indipendenti; 3. Le funzioni dell’Autorità; 3.1 I pareri del Garante; 4. Considerazioni conclusive.

1. Premessa: le ragioni di una scelta

Il d.lgs. n. 20/2024 costituisce attuazione della l. 227/2021, attraverso cui il Parlamento ha delegato il Governo a adottare uno o più decreti per la revisione e il riordino delle disposizioni normative in materia di disabilità. Tale legge delega si inserisce nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): nello specifico, il riferimento è alla Riforma 1.1 (“Legge quadro per le disabilità”), che si inserisce nel quadro della Componente 2 (“Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore”) della Missione 5 (“Inclusione e Coesione”).

La riforma si pone nella prospettiva di un miglioramento della qualità del quadro normativo relativo alla tutela dei diritti delle persone con disabilità, al fine di renderlo maggiormente conforme ai principi posti dalla Costituzione, nonché dalle fonti europee ed internazionali che ne regolano la tutela: il principale riferimento è alla Convenzione di New York del 2006 sui diritti delle persone con disabilità (CDPD)[1], che rappresenta lo standard normativo globale in relazione ai diritti delle persone con disabilità[2]. D’altronde, la tutela della persona con disabilità si collocava, prima della riforma, in un contesto normativo disorganico, privo di alcuna sistematicità: pertanto, l’intervento riformatore si è reso necessario proprio per garantire il pieno ed effettivo godimento dei diritti delle persone con disabilità[3].

Tra i diversi interventi del legislatore delegato, si pone il d.l.gs. 20/2024 che, in attuazione dell’art. 2, comma 2, lett. f) della l. n. 227/2021, istituisce una nuova autorità amministrativa indipendente: nello specifico, si tratta “dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità” (da ora, anche semplicemente Garante), la cui entrata in funzione è rinviata a partire dal 2025.

I motivi per cui legislatore ha ritenuto opportuno istituire un organismo avente le caratteristiche delle autorità amministrative indipendenti sono riconducibili a due ordini di ragioni: la prima è relativa alle caratteristiche strutturali delle autorità amministrative indipendenti; la seconda, invece, è ascrivibile all’esigenza di uniformità applicativa che solo un organismo di rilievo nazionale è capace di garantire.

In riferimento al primo profilo, è noto che la figura delle autorità indipendenti[4] deroga al generale paradigma organizzativo, di matrice cavouriana e di ispirazione francese, costituito dai ministeri: in particolare, le autorità indipendenti, sfuggono al circuito della responsabilità ministeriale di cui all’art. 95 Cost., perseguendo gli obiettivi previsti dalla legge senza l’intermediazione degli organi di indirizzo politico[5].

L’utilizzo di tale modello è avvenuto originariamente in corrispondenza della nascita dello Stato regolatore, in relazione ad importanti settori dell’economia, in riferimento ai quali l’organizzazione tradizionale si dimostrava del tutto inefficace. I motivi di tale inadeguatezza si rinvenivano essenzialmente: in primo luogo, nel vincolo che lega gli apparati pubblici tradizionali al vertice politico; in secondo luogo, nella scarsa capacità tecnica che li caratterizzava. Il ricorso al paradigma delle autorità amministrative indipendenti si è rilevato, però, necessario non solo in riferimento ai settori di rilievo economico, ma anche in riferimento ad ambiti particolarmente sensibili che, coinvolgendo valori costituzionali, necessitano altresì di un’amministrazione indipendente e dotata di determinate peculiarità tecnico-professionali: l’istituzione di un’autorità indipendente che svolge un’attività di garanzia nei confronti delle persone con disabilità si pone proprio in questo solco[6]. D’altronde, come affermato dalla Relazione al Ministro, “la ratio del decreto è riconducibile alla necessità di istituire un organismo indipendente di garanzia (...) per la tutela dei diritti umani delle persone con disabilità in coerenza con la disciplina pattizia internazionale”, che sia “funzionalmente omogeneo, per struttura e competenze, alle Autorità garanti già attive nel nostro ordinamento”[7].

In relazione al secondo aspetto, la Relazione illustrativa chiarisce come lo scopo dell’istituzione di un garante nazionale risieda nella necessità di adottare una disciplina nazionale unitaria[8]. Da questo punto di vista, infatti, nel contesto antecedente l’istituzione del Garante, la previsione di organismi di garanzia era contenuta nelle singole discipline regionali: ciò comportava un’inevitabile frammentarietà normativa, capace di generare forti incertezze e inidonea a garantire la piena realizzazione dei diritti delle persone con disabilità sanciti dalla Costituzione e dalle fonti sovranazionali.

2. Il Garante nel contesto delle autorità amministrative indipendenti

Una volta esaminate le ragioni per le quali il legislatore ha deciso di affidare ad un organismo nazionale indipendente la tutela dei diritti delle persone con disabilità, occorre analizzare le caratteristiche del Garante.

In via preliminare occorre, però, precisare come manchi una cornice normativa comune alle diverse autorità, dal momento che ognuna presenta una disciplina differente in base alla legge che l’istituisce e ne regola il funzionamento[9]. Nonostante ciò, è comunque possibile individuare una matrice comune di disposizioni che riguardano il momento istitutivo, funzionale ed organizzativo. Proprio su questi tre aspetti risulta utile focalizzare l’attenzione in riferimento al Garante dei diritti delle persone con disabilità.

In riferimento al momento costitutivo, la normativa prevede che i componenti del Garante sono scelti tra persone di specifiche e comprovate professionalità, competenze o esperienze nel campo della tutela delle persone con disabilità: la previsione si pone in linea di continuità con carattere altamente tecnico e specialistico che contraddistingue tali autorità amministrative. Al fine di garantire l’indipedenza strutturale dell’autorità, i criteri di nomina dei componenti devono essere sottratti a qualsiasi forma di ingerenza da parte degli organi di indirizzo politico: nel caso di specie, i membri del Garante sono nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento che, anche se espressione dei partiti, svolgono un ruolo separato dalla loro investitura[10]. La previsione della designazione da parte dei presidenti dell’assemblea parlamentare recepisce una segnalazione contenuta nel parere reso dal Consiglio di Stato in sede consultiva: a tal riguardo, infatti, si segnala come anche lo schema di decreto proponesse la nomina da parte dei Presidenti dei due rami del Parlamento, ma previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Come chiarito dal Consiglio di Stato, tale previsione si poneva in modo “inedito e privo di precedenti”[11] rispetto al panorama delle autorità amministrative indipendenti: infatti, il parere delle Commissioni parlamentari si rende necessario solo per le Autorità di designazione governativa, al fine di assicurare, attraverso il coinvolgimento delle opposizioni, la connotazione garantistica di tali investiture. Un’altra fondamentale requisito, che si colloca sempre nella prospettiva dell’indipedenza dell’amministrazione, riguarda la formazione collegiale del Garante: infatti, come precisato in dottrina, la natura collegiale assicura un maggior equilibrio nella fase decisionale[12]. Su questa scia si pone l’art. 2 del d.lgs. 20/2024, che dispone come il Garante sia un organo collegiale composto dal presidente e da due componenti.  

In relazione al momento dell’attività, viene previsto che il presidente e i componenti del collegio durano in carica quattro anni: si tratta anche in questo caso di una disposizione che rafforza il carattere autonomo dell’amministrazione, volta ad evitare che la durata dell’incarico coincida con la durata del mandato parlamentare e, quindi, diretta a scongiurare l’influenza dell’organo nominante nei riguardi dell’attività dell’amministrazione (cd. indipedenza funzionale[13]). Nella medesima prospettiva, si pone la garanzia dell’inamovibilità dei componenti del Collegio, cui si aggiunge il divieto di vincolo di mandato. In aggiunta, la disciplina reca una serie di incompatibilità, sia in entrata che in uscita, con il ruolo di membro del Garante: nello specifico, si tratta di divieti volti ad evitare un eventuale conflitto di interessi. In modo particolare, occorre sottolineare come l’incompatibilità cd. in uscita integri il cd. divieto di pantouflage (o revolving doors), in analogia con quanto previsto per i dipendenti pubblici dall’art. 53, comma 16-ter, del d.lgs. 165/2001: nello specifico, si dispone un cd. periodo di raffreddamento di durata annuale.

In rapporto al momento organizzativo, occorre rilevare come il Garante sia dotato di un’ampia autonomia regolamentare. Tale potestà regolamentare si esplica anche in riferimento all’adozione di un codice di condotta per i propri componenti: in tal senso, si rammenta che il d.p.r. 62/2013, che disciplina il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, non si applica alle autorità amministrative indipendenti, che adottano un proprio codice di condotta. Tale potere di normazione si ascrive al novero della funzione di regolazione interna che caratterizza le autorità amministrative indipendenti[14] e che si rende necessaria al fine di tutelarne l’autonomia, sia strutturale che funzionale.

Per quanto concerne la dotazione organica dell’autorità, le disposizioni normative prevedono come l’Ufficio del Garante includa un dirigente di livello generale, un altro di livello non generale e venti dipendenti di qualifica non dirigenziale. Occorre chiarire come tale personale viene assunto per pubblico concorso, nel rispetto del principio di cui all’art. 97 comma 4 Cost. Inoltre, è prescritta la possibilità di coinvolgere esperti esterni all’organizzazione dell’autorità, fino ad un massino di otto unità, purché dotati di comprovata esperienza in materia di disabilità, in modo da garantire l’alto profilo tecnico-professionale che contraddistingue l’attività dell’autorità. Infine, si prevede che il Garante si avvale provvisoriamente di un primo contingente di personale, selezionato dalle altre amministrazioni pubbliche, al fine di consentire l’avvio delle attività nelle more dell’espletamento delle prove concorsuali, ossia prima che l’amministrazione sia dotata di personale proprio.

3. Le funzioni dell’Autorità  

Le Autorità amministrative indipendenti sono titolari di funzioni di natura diversa: in tal senso, si rileva che tali apparati si pongono in antitesi rispetto alla tradizionale ripartizione dei poteri dello Stato[15]. Da questo punto di vista, infatti, alcune autorità indipendenti svolgono contestualmente attività di regolazione, di amministrazione attiva (provvedimentale) e para-giurisdizionale[16]. L’esercizio di tali poteri sarebbe connotato da neutralità e non dall’imparzialità, che invece contraddistingue l’esercizio della funzione amministrativa da parte degli apparati pubblici tradizionali. L’esercizio del potere neutrale implica la totale equidistanza dell’Autorità dagli interessi coinvolti: in ciò consiste la differenza con l’esercizio del potere imparziale di cui all’art. 97 Cost., che comporta la prevalenza dell’interesse pubblico, nonostante la necessaria e complessiva valutazione di tutti gli interessi pubblici e privati (primari e secondari) coinvolti nella singola fattispecie[17]. In realtà, come chiarito dalla Corte costituzionale in una nota pronuncia, le autorità indipendenti possono essere portatrici, al pari delle altre amministrazioni pubbliche, di un interesse pubblico: in alcune circostanze, infatti, la posizione di tali apparati non risulta affatto indifferente rispetto agli interessi che vengono in rilievo[18]. Tale considerazione, come si avrà modo di vedere, si rende necessaria anche per l’Autorità Garante dei diritti delle persone con disabilità.

Posto ciò, occorre esaminare il profilo relativo alle funzioni svolte dall’autorità. Innanzitutto, la normativa assegna al Garante un’ampia funzione di promozione dei diritti delle persone con disabilità: essa si pone sulla scia del nuovo approccio alla disabilità avviato dalla legge delega, nel quale le misure di protezione si integrano con le misure di promozione della persona[19]. Tale funzione si esprime sia tramite iniziative promosse dall’autorità, sia attraverso la collaborazione istituzionale con gli organismi amministrativi che, a livello locale, svolgono la propria attività per la tutela dei diritti delle persone con disabilità. Si tratta, evidentemente, di una previsione improntata al principio di leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali: la ratio della norma, però, non si inquadra soltanto nell’ottica della necessaria cooperazione istituzionale, ma anche nell’esigenza di uniformità applicativa che, come già evidenziato, si pone alla base della stessa istituzione del Garante. La disciplina, tuttavia, non prevede solo il confronto con autorità pubbliche, ma anche con enti privati, in conformità con la disposizione di cui all’art. 4, par. 3, della già richiamata Convenzione Onu. Il dialogo con il Terzo settore si inquadra nella prospettiva del canone di sussidiarietà verticale enunciato dall’art. 118, comma 4, Cost.: in questo senso, il legislatore prende atto, analogamente a quanto previsto dall’art. 4 comma 2 della l. 112/2016 (cd. legge sul “dopo di noi”)[20], della circostanza che la promozione dell’inclusione sociale, che rappresenta uno dei principali obiettivi di tutta la legislazione in materia di disabilità, si concretizza non solo per mezzo dei poteri pubblici, ma anche attraverso l’iniziativa dei privati. In tal senso, la normativa prevede l’obbligo per il Garante di realizzare forme di concertazione con gli esponenti delle associazioni più rappresentative delle persone con disabilità.

Continuando nell’analisi delle funzioni svolte dall’autorità, la normativa assegna al Garante una generale funzione di vigilanza sul rispetto dei diritti delle persone con disabilità, in considerazione dei principi espressi dalla Convenzione Onu del 2006. Tale funzione si esercita attraverso la previsione di un ampio potere istruttorio, che si sostanzia nella possibilità di svolgere verifiche, sia d’ufficio che su segnalazione. Nella medesima ottica, si pone la facoltà di accesso agli istituti penitenziari, nonché ai luoghi delle strutture che erogano servizi pubblici essenziali, indipendentemente dal regime concessorio che ne connota l’attività. Sempre nella prospettiva dell’esercizio della funzione di controllo, si inquadra l’opportunità di richiedere informazioni e documenti alle amministrazioni pubbliche e ai concessionari di pubblici servizi, che sono tenuti a rispondere nel termine di 30 giorni dalla richiesta: sul punto, la norma prevede che, in caso di silenzio, inerzia e rifiuto, il Garante può proporre l’azione in materia di accesso, secondo il rito speciale di cui all’art. 116 c.p.a.

Tra le principali prerogative del Garante rientra la possibilità di ricevere segnalazioni da un ampio novero di soggetti, pubblici e privati: in riferimento alle concrete modalità di presentazione, la norma rinvia al potere di regolazione interna del Garante. All’esito della valutazione delle segnalazioni pervenute, l’autorità esprime, con delibera collegiale, pareri motivati: essi, difatti, costituiscono “il mezzo di esternazione della volontà del Garante”[21].

3.1 I pareri del Garante

L’analisi della funzione consultiva svolta dal Garante necessita di una disamina lungo tre direttrici: la prima riguarda il contenuto, la seconda concerne la natura, la terza si focalizza sui risvolti processuali.

Per quanto riguarda il primo profilo, occorre chiarire come la disciplina normativa indichi diverse ipotesi. In primo luogo, viene previsto il caso in cui il Garante accerti, a seguito di verifiche istruttorie, che un provvedimento amministrativo o un atto amministrativo generale abbiano generato una discriminazione comportante una lesione di diritti soggettivi o di interessi legittimi delle persone con disabilità: ebbene, in tale circostanza, il parere deve indicare gli specifici profili delle violazioni riscontrate, nonché una proposta di accomodamento ragionevole, in conformità con quanto previsto dalla Convenzione Onu. In questa ipotesi, il parere si indirizza, nel rispetto del principio del contraddittorio procedimentale, solo alle amministrazioni o ai concessionari di pubblici servizi. Nel caso in cui, invece, la violazione riguardi lo specifico ambito delle barriere architettoniche, il parere del Garante si indirizza all’amministrazione competente ed è volto a proporre un “cronoprogramma” finalizzato a rimuovere l’ostacolo: in tale evenienza, la programmazione risulta necessaria nei casi in cui l’amministrazione non riesca a procedere immediatamente all’eliminazione delle barriere, per carenze finanziarie o di personale. Il principio del contraddittorio procedimentale viene derogato nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per i diritti delle persone con disabilità: in tale circostanza, il Garante può, a seguito di un sommario esame relativo alla sussistenza di una grave violazione del principio di non discriminazione, proporre l’adozione di misure provvisorie. La disposizione si pone in linea di continuità con l’art. 7 della l. 241/1990, in cui si prevede l’assunzione di misure cautelari in deroga all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, che costituisce una tipica prerogativa procedimentale: come evidenziato, la ratio della norma consiste nel non compromettere l’efficacia dell’azione amministrativa in conseguenza dei tempi necessari per consentire la partecipazione procedimentale, e non già di escluderla[22].  

Tra le diverse modalità contenutistiche che può assumere il parere motivato del Garante, particolare rilevanza assume la proposta di accomodamento ragionevole, così come definito dalla Convenzione Onu del 2006: infatti, l’art. 2 di tale accordo sovranazionale prevede che per “accomodamento ragionevole si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”. Tale definizione viene ripresa anche dal nuovo art. 5-bis della l. n. 104/1992, novellato dall’art. 17 del d.lgs. 62/2024, in cui si precisa come l’accomodamento ragionevole costituisca una misura, di carattere individuale, che si adotta nei casi i diritti delle persone con disabilità non siano in concreto pienamente esercitabili. Dalla richiamata definizione, si evince come l’accomodamento ragionevole rappresenti un istituto di natura residuale, che non sostituisce né limita il diritto al pieno accesso alle prestazioni e ai servizi previsti dalla normativa: esso viene utilizzato, previo confronto con la persona cui si indirizza o di chi ne ha la responsabilità, in riferimento a situazioni particolari[23] ed in mancanza di soluzioni alternative[24].

In relazione al secondo profilo, relativo alla natura, bisogna precisare come i pareri di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 20/2024 siano privi del carattere vincolante: infatti, non è previsto alcun obbligo di risposta né tantomeno di conformazione da parte dell’amministrazione cui viene indirizzato. La previsione si pone in linea di continuità rispetto a quanto previsto per altre autorithies: il riferimento è all’art. 21-bis, comma 2, della l. 287/1990 per quanto riguarda l’A.g.c.m. e all’art. 220, comma 3, del d.lgs. 36/2023 in relazione all’A.n.a.c.[25]. In realtà, nello schema di decreto legislativo, sebbene non fosse prevista alcuna attività di conformazione da parte delle amministrazioni cui si dirige il parere, si faceva riferimento ad una generica possibilità, per il Garante, di proporre il ricorso all’autotutela[26]. Tale facoltà è stata poi eliminata: ciò è ascrivibile ad una considerazione del Consiglio di Stato che, in sede consultiva[27], ha rimarcato come l’esercizio del potere di autotutela rientri nella discrezionalità della singola amministrazione, la quale deve valutare la sussistenza di un interesse che ne giustifichi l’adozione. Pertanto, la proposta del Garante di superare le violazioni in via di autotutela può avere soltanto una funzione di moral suasion: ciò non esclude, in ogni caso, che l’amministrazione si adegui, nell’esercizio della propria discrezionalità, al parere, magari proprio tramite l’esercizio dell’autotutela.

Per quanto concerne il terzo profilo, che si riferisce alle ripercussioni processuali dell’attività consultiva del Garante, l’art. 6 prevede due rimedi volti a rafforzare l’efficacia dei pareri del Garante, dato il loro carattere non vincolante. Nello specifico, si prevede che, nel caso in cui l’inerzia da parte delle amministrazioni cui si indirizza il parere perduri per 90 giorni, l’autorità può agire in giudizio avverso il silenzio inadempimento, secondo il disposto di cui all’art. 31 c.p.a. comma 1, 2 e 3. Inoltre, il Garante, sussistendo i presupposti di cui all’art. 21-septies della l. n. 241/1990, può esperire l’azione di nullità di cui all’art. 31, comma 4, c.p.a., entro centottanta giorni dall’adozione del provvedimento amministrativo reso sulla base di quanto contenuto nel parere emesso dall’autorità.

Le prerogative processuali del Garante impongono una doppia indagine: la prima, legata al rapporto tra l’attività consultiva dell’autorità e la proposizione dei rimedi processuali previsti; la seconda, relativa alla qualificazione giuridica delle azioni proponibili dal Garante.

In riferimento alla prima questione, l’analisi delle disposizioni normative non sembra porre dubbi sul rapporto di necessaria consequenzialità tra il procedimento di natura consultiva, che si conclude con l’emanazione di un parere motivato, e l’esperimento dei rimedi giurisdizionali. Sul punto, l’indirizzo prevalente in giurisprudenza sostiene, in riferimento ai pareri resi dall’A.g.c.m. e dall’A.n.a.c., ma con considerazioni valevoli anche per il Garante, che l’emissione del parere costituisca una condizione di ammissibilità del ricorso[28].

Per quanto concerne il secondo aspetto, la legittimazione ad agire del Garante risolleva la nota diatriba relativa alla sussistenza di una giurisdizione di carattere oggettivo, che si pone in contrasto con la connotazione soggettiva della giurisdizione amministrativa posto dalle norme costituzionali e dal codice di rito. Tuttavia, è opportuno precisare che l’opinione maggioritaria sostiene che il carattere soggettivo non risulterebbe pregiudicata da una legittimazione processuale collegata alla tutela di un interesse generale[29]. D’altra parte, la ratio che anima la previsione della legittimazione a ricorrere dell’autorità consiste nella volontà del legislatore di rafforzare le forme di tutela di diritti costituzionali, prevedendo modalità ulteriori di accesso alla giustizia amministrativa[30].

4. Considerazioni conclusive

L’istituzione del Garante non può che condurre ad una riflessione più ampia sui meccanismi di tutela dei diritti delle persone con disabilità. D’altra parte, la principale problematica non concerne il riconoscimento dei diritti, ma la loro concreta realizzazione da parte delle amministrazioni, cui si collega il tema dei rimedi giurisdizionali. Da questo punto di vista, la principale prerogativa del Garante, che consiste nell’emettere pareri contenenti proposte volte a superare la lesione di situazioni giuridiche soggettive in capo alle persone con disabilità, sembrerebbe insufficiente in assenza di un potere coercitivo che ne garantisca l’attuazione. In altre parole, a prima vista, l’emanazione di pareri che si basano esclusivamente sulla capacità persuasiva, sebbene proveniente da un organismo dotato di particolare autorevolezza, potrebbe risultare inadeguata a garantire la piena realizzazione dei diritti delle persone con disabilità. Difatti, il parere del Garante costituisce, per l’amministrazione cui si dirige, soltanto un incentivo, rappresentato dalla convenienza di evitare il ricorso innanzi al giudice amministrativo. D’altra parte, invece, la previsione del carattere vincolante del parere emesso Garante, accompagnato magari da un apparato sanzionatorio, garantirebbe maggiormente l’effettività della tutela. Inoltre, tra i rimedi esperibili dal Garante a norma dell’art. 6 del d.lgs. n. 20/2024 non rientra l’azione di annullamento di cui all’art. 29 c.p.a., che, come noto, costituisce il principale rimedio per la rimozione di atti amministrativi illegittimi[31]: ebbene, da questo punto di vista, è indubbio che la produzione, propria dell’azione di annullamento, dell’effetto demolitorio e di quello conformativo comporterebbe una tutela più intensa per i diritti delle persone con disabilità. D’altra parte, però, ad un’analisi più attenta, si nota come l’eventuale parere vincolante, unito alla previsione di un’azione di annullamento, trasformerebbe l’attività consultiva dell’autorità in un’attività di controllo, che precluderebbe ogni forma di dialogo collaborativo[32]. Ebbene, proprio la prospettiva della cooperazione tra diverse amministrazioni risulta centrale: in questo modo, infatti, la tutela delle persone con disabilità troverebbe soddisfazione all’interno della stessa amministrazione pubblica che ha prodotto la lesione, evitando così anche di risolvere la controversia innanzi agli organi giurisdizionali, in un’ottica deflattiva del contenzioso[33]. In sostanza, l’attività consultiva del Garante rappresenta uno strumento volto a favorire la leale collaborazione tra amministrazioni nella ricerca del miglior perseguimento dell’interesse pubblico.

Al di là di questa riflessione, non bisogna tralasciare la circostanza che la tutela dei diritti delle persone con disabilità non viene attuata solo attraverso gli strumenti, sostanziali e processuali, propri del diritto amministrativo, ma investe in maniera rilevante anche l’ambito del diritto civile. Nell’ambito della tutela privatistica, spicca lo strumento giurisdizionale previsto dalla l. 67/2006 indirizzata al contrasto delle discriminazioni e fondata sul richiamo espresso all’art. 3 Cost. Si tratta di un rimedio di carattere generale, in quanto si applica ad ogni tipo di discriminazione, sia essa diretta o indiretta, da esperire innanzi al giudice ordinario. Da un punto di vista processuale, si tratta di un’azione caratterizzata da una cognizione sommaria, che contempla una presunzione relativa a favore del ricorrente, ribaltando sul convenuto l’onere di provare l’insussistenza della discriminazione[34]. La legittimazione attiva spetta sia a soggetti singoli che ad enti rappresentativi delle persone con disabilità; mentre la legittimazione passiva è riservata tanto a soggetti privati quanto ad amministrazioni pubbliche. L’ordinanza che definisce il giudizio si risolve non solo nel rimedio risarcitorio, ma anche in una tutela inibitoria e ripristinatoria: la vasta gamma di poteri previsti consente al giudice di adattare la soluzione giudiziale al caso concreto.

L’ampia serie di strumenti processuali a disposizione delle persone con disabilità non deve però sminuire il fondamentale ruolo riservato gli apparati pubblici nell’esercizio della funzione amministrativa. D’altronde, l’efficienza amministrativa, che costituisce un corollario del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., non può essere intesa in senso economico, ma come capacità di incidere sui bisogni degli individui[35]: pertanto, se l’attività degli organi amministrativi non risulterà adeguata alle necessità delle persone con disabilità, non sarà possibile assicurarne la piena dignità sociale e personale richiesta dalle disposizioni costituzionali. 


Note e riferimenti bibliografici

[1] La Convenzione, ratificata dall’Italia con la l. 18/2009, afferma: “la disabilità è un concetto in evoluzione ed è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”.

[2] Sul punto, cfr. CEDU, sent. 30 aprile 2009, Glor c. Svizzera, ricorso n. 13444/04, in cui i giudici di Strasburgo sostengono che la CDPD rappresenta “il punto di riferimento, a livello europeo e mondiale, sulla necessità di proteggere le persone con disabilità da trattamenti discriminatori”.

[3] Cfr. M. INTERLANDI, Inclusione sociale e performance pubblica: i nuovi paradigmi della funzione amministrativa, in M. INTERLANDI (a cura di), Funzione amministrativa e diritti delle persone con disabilità, Napoli, 2022, p. 169.

[4] La tematica delle autorità amministrative indipendenti costituisce, sin dalla sua genesi, oggetto di un’amplissima riflessione dottrinale. Senza alcuna pretesa di esaustività, si segnala, tra gli altri: S. CASSESE - C. FRANCHINI (a cura di), I garanti delle regole. Le autorità indipendenti, Bologna, 1996, 1-232; G. AMATO, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in Riv. trim. dir. pubb., 1997, p. 645 ss.; A. PREDIERI, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti, Firenze, 1997, p. 1-152; F. MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti. Un romanzo «quasi» giallo, Bologna, 2000, p. 1-104; R. TITOMANLIO       , Autonomia e indipendenza delle authorities: profili organizzativi, Milano, 2000, p. 1-368; M. CLARICH, Autorità indipendenti: bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005, p. 1-216; G. P. CIRILLO - R. CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, Padova, 2010, p. 1-1008; M. D’ALBERTI - A. PAJNO (a cura di) Arbitri dei mercati. Le autorità indipendenti e l’economia, Bologna, 2010, p. 1-460; C. CONTESSA, Forme e metodi del sindacato giurisdizionale sugli atti delle Autorità indipendenti, in www.giustiziamministrativa.it, 2018, p. 1-26; A. CONTIERI – M. IMMORDINO – F. ZAMMARTINO (a cura di), Le autorità amministrative indipendenti tra garanzia e regolazione, Napoli, 2020, p. 1-326; F. ZAMMRTINO, Le Autorità amministrative indipendenti: aspetti problematici e nuove prospettive, in Dirittifondamentali.it, n. 1, 2020, p. 952 ss.; F.S. MARINI, Le autorità amministrative indipendenti nell’architettura costituzionale, in Riv. Corte dei conti, n. 1, 2022, p. 11 ss.; C. ACOCELLA, Le autorità amministrative indipendenti. Funzioni e rapporti, Napoli, p. 1-262; F. TAKANEN, Le autorità amministrative indipendenti, Padova, 2022, p. 1-372.

[5] Cfr., V. LOPILATO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2021, p. 372.

[6] Cfr. R. GAROFOLI – G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, Molfetta, 2023, p. 298 ss. in cui si distingue tra Autorità generaliste (o di garanzia) e Autorità di settore (o di regolazione). Le prime hanno competenza generale, in quanto esercitano funzioni trasversali prescindendo da uno specifico ambito, e svolgono le proprie funzioni al fine di salvaguardare interessi pubblici di portata generale: si pensi, in via esemplificativa, all’Autorità Garante della concorrenza o all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Le seconde, invece, svolgono la propria attività in riferimento a singoli settori: si pensi alla Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), in riferimento al settore dei mercati finanziari, o alla Autorità di regolazione dei trasporti (Art), in relazione al settore dei servizi di pubblica utilità. In base alla richiamata distinzione, risulta evidente come l’Autorità garante dei diritti delle persone con disabilità vada ascritta al novero delle autorità generaliste, in quanto svolge la propria attività in relazione alla tutela dei diritti delle persone con disabilità, indipendentemente da una specifica area di riferimento.

[7] Cit. Cons. St., comm. Spec., 10 ottobre 2023, n. 1376 in www.camera.it

[8] Cfr. Schema di decreto legislativo recante «Istituzione dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 22 dicembre 2021, n. 227”, in www.camera.it.

[9] F.S. MARINI, Le autorità amministrative indipendenti nell’architettura costituzionale, in Riv. Corte dei conti, n. 1, 2022, p. 12, in cui viene evidenziato come la disciplina di tali autorità “sfugga ad un disegno unitario”.

[10] Così, E. FRENI, Le discipline della concorrenza, in S. CASSESE (a cura di), La nuova costituzione economica, Bari, 2021, p. 146.

[11] Cit. Cons. St., comm. spec., 10 ottobre 2023, n. 1376 in www.camera.it.

[12] Cfr. M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2021, p. 343.

[13] Cfr. G. NAPOLITANO, La logica del diritto amministrativo, Bologna, 2017, p. 100, in cui l’Autore sottolinea come le authorities “non possono essere destinatarie di poteri di indirizzo ex ante o di approvazione ex post da parte degli organi politici”.

[14] Sul punto, cfr. V. CERULLI IRELLI, I poteri normativi delle Autorità amministrative indipendenti, in www.astrid-online.it, p. 6.

[15] Ex multis, cfr. M. RAMAJOLI, Attività regolatoria e norme attributive dei poteri: alcune considerazioni, in Riv. regol. merc., n. 1, 2022, p. 28.

[16] Tra i tanti, si segnala M. CLARICH – E. L. CAMILLI, I poteri quasi-giudiziali delle autorità indipendenti, in www.astrid-online.it, p. 1.

[17] Cfr. C. CONTESSA, Forme e metodi del sindacato giurisdizionale sugli atti delle Autorità indipendenti, in www.giustiziamministrativa.it, 2018., p. 5.

[18] Il riferimento è alla nota sentenza della Corte costituzionale n. 13/2019, con cui il Giudice delle leggi ha escluso la possibilità per l’A.g.c.m. di sollevare la questione di legittimità costituzionale, sulla base dell’assenza del requisito della terzietà di cui all’art. 111 Cost.: si tratta, infatti, secondo la Consulta, di una prerogativa essenziale per l’acquisto della qualifica di giudice, a sua volta presupposto indefettibile per sollevare questioni di legittimità costituzionale innanzi alla Corte.

[19] Cfr. G. RECINTO, Per una tutela complessiva e multidimensionale delle persone con disabilità, in M. INTERLANDI (a cura di), Funzione amministrativa e diritti delle persone con disabilità, Napoli, 2022, p. 23.

[20] Sul punto, si v. L. CAIANIELLO, Legge sul “Dopo di noi” e strumenti di destinazione funzionale e patrimoniale in capo ai privati: brevi riflessioni alla luce del principio di sussidiarietà orizzontale, in Labsus.it, p. 5.

[21] Cit. Cons. St., comm. spec., 10 ottobre 2023, n. 1376 in www.camera.it.

[22] Cfr. F. SAITTA, La partecipazione al procedimento amministrativo, in S. COGNETTI, A. CONTIERI, S. LICCIARIELLO, F. MANGANARO, S. PERONGINI, F. SAITTA, (a cura di), Percorsi di diritto amministrativo, Torino, 2014, p. 253.

[23] Cfr. R. BELLI, Alcune note sulla Legge delega n. 227 del 2021 che discrimina le persone disabili, in www.giustiziainsieme.it, in cui si sottolinea che l’accomodamento ragionevole non può essere un rimedio a cui far ricorso in maniera diffusa, in quanto ciò contrasterebbe con il sistema di tutele approntato dalla normativa.

[24] Cfr. D. FERRI, La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, in M. INTERLANDI (a cura di), Funzione amministrativa e diritti delle persone con disabilità, Napoli, 2022, p. 69-70.

[25] Sulla natura del parere emesso dall’A.n.a.c., la tesi maggiormente accreditata ritiene che si tratti di una vera e propria diffida, produttiva di un obbligo di provvedere in ordine alla richiesta di autotutela. Sulla ricostruzione dottrinale, cfr. L. BELVISO, La legittimazione processuale delle autorità amministrative indipendenti: un ritorno all’oggettività del giudizio amministrativo? in Riv. regol. merc., n. 1, 2019, p. 258.

[26] Cfr. Schema di decreto legislativo recante «Istituzione dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 22 dicembre 2021, n. 227”, in www.camera.it

[27] Cfr. Cons. St., comm. spec., 10 ottobre 2023, n. 1376, in www.camera.it

[28] In riferimento all’A.G.C.M., cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 gennaio 2016, n. 323.

[29] Cfr. S. TUCCILLO, La legittimazione processuale delle autorità indipendenti. Il caso ANAC, in P.A. Persona e amministrazione, n. 2, 2019, p. 188.

[30] Cfr., V. LOPILATO, op. cit., p. 298.

[31] Sul punto, cfr. Cfr. S. FOÀ, L’azione di annullamento nel Codice del processo amministrativo, in www.giustiziamministrativa.it, 2010, p. 2 ss.

[32] Cfr. S. TUCCILLO, Op. cit., p. 206.

[33] In riferimento all’A.G.C.M., cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, 6 maggio 2013, n. 4451.

[34] Cfr. F. DI LELLA, Note sull’azione civile ex lege n. 67/2006, in M. INTERLANDI (a cura di), Funzione amministrativa e diritti delle persone con disabilità, Napoli, 2022, p. 432.

[35] Cfr. M. INTERLANDI, Danno da disservizio e tutela della persona, Napoli, 2013, p. 216, il cui l’Autrice intende la funzione amministrativa in termini di servizio al cittadino.