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Pubbl. Gio, 25 Apr 2024

La centralizzazione obbligatoria delle committenze per i comuni non capoluogo e la sfida del P.N.R.R.

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Federico Napoli
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Palermo



L’articolo si occupa del rapporto tra la centralizzazione obbligatoria delle committenze per i comuni non capoluogo di provincia, introdotta dal D. L. 2011 n. 201 ma la cui entrata in vigore è stata più volte prorogata fino al 2023, e la necessità di portare a termine gli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’analisi si sviluppa a partire dalle indicazioni delle direttive e della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea; prosegue con l’elencazione obblighi di acquisto posti dal legislatore nazionale e i rapporti tra le centrali nazionali e quelle regionali. Alla fine, viene proposta una tesi circa la legge applicabile ai procedimenti afferenti al P.N.R.R.


ENG The paper addresses the ongoing conflict between the Italian centralized purchasing system, mandatory for the smallest municipalities since the enactment of D. L. 2011 n. 201, and the goal of going forward with the investments of the Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, financed by the EU Recovery and Resilience Fund. The analysis comes from the EU directives and decisions of European Court of Justice on the matter; continues with the description of the Italian centralized purchasing system as such and the relationship between national and regional authorities. In conclusion, it is staten a thesis on the law applicable to the P.N.R.R. purchases’ procedures.

Sommario: 1. Premesse; 2. Le centrali di committenza nel diritto europeo; 3. La centralizzazione delle committenze nell’ordinamento italiano; 3.1 Quadro normativo; 3.2 Gli acquisti tramite CONSIP S.p.A.; 3.3 Gli acquisti tramite le centrali regionali; 4. L’obbligo di aggregazione per i comuni non capoluogo di provincia; 5. Legge applicabile alle procedure P.N.R.R.; 6. Conclusioni.

1. Premesse

Il decreto legislativo n. 36/2023, c.d. nuovo Codice appalti, definisce all’allegato I1.1, lett. i), la missione istituzionale delle centrali di committenza come l’erogazione di attività di centralizzazione delle committenze in favore di altre stazioni appaltanti e, se del caso, attività di supporto a queste ultime. Ai sensi della successiva lett. z), si tratta di aggiudicare appalti pubblici o di concludere accordi quadro per lavori, forniture e servizi per conto di altri.

Tale indicazione è stata ripresa anche dalla giurisprudenza. Ad esempio, nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. V,  6 maggio 2021 n. 3538, si precisa che «L'attività svolta da Asmel Consortile in favore della stazione appaltante non è né un'attività di centralizzazione della committenza (in termini di acquisizione di beni o servizi destinati alla stazione appaltante ovvero di aggiudicazione di contratti o conclusione di accordi quadro alla stessa destinati)»[1].

L’attività delle centrali di committenza deve essere guidata da criteri di efficienza, efficacia ed economicità di cui alla legge n. 241/1990, che nel nostro ordinamento convergono nel principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione enucleato dall’art. 97 della Costituzione[2].

In tal senso, l’azione delle centrali di committenza risponde a un multiplo ordine di esigenze. Innanzitutto, il contenimento della spesa, che si è avvertita nell’ordinamento italiano a partire dalla fine degli anni ’90 ed è perdurata fino ad oggi. In secondo luogo, favorisce il controllo sull’attività di spesa della pubblica amministrazione, per evitare frodi e fenomeni di maladministration. Infine, implementa la professionalizzazione dei funzionari impiegati dell’attività contrattuale pubblica[3].

A queste tre macro-esigenze, si può aggiungere quella delle piccole stazioni appaltanti di “esternalizzare” le procedure d’acquisto verso enti dotati di un’organizzazione capace di sopportarne il peso. Non sfuggirà, infatti, che gli enti di minore dimensione hanno grande difficoltà a portare a termine le procedure di spesa, per la carenza di personale qualificato derivante dal blocco delle assunzioni perpetrato degli anni della crisi economica, a partire dal 2008.

l’ultimo rapporto ANAC sui contratti pubblici[4] riferisce che, nel quadrimestre gennaio-aprile 2023, l’importo totale dei contratti pubblici italiani superiori a 40.000 € raggiungerebbe l’enorme cifra di 81.004.489.959 €, divisi tra lavori, servizi e forniture. Di questi, la stragrande maggioranza, pari al 54,6%, è aggiudicata mediante procedura aperta; ma una quota rilevante, pari al 34,8%, appartiene alle “procedure sottosoglia” più comuni, cioè le procedure negoziate e gli affidamenti diretti. Di queste ultime due, gli affidamenti diretti fanno la parte del leone col 21,3% e l’importo di 17.292.407.992 € in termini assoluti. È importante segnalare che sono proprio le procedure negoziate e gli affidamenti diretti che hanno registrato, da un punto di vista comparativo con l’anno precedente, l’incremento maggiore: rispettivamente del 37,8% e 29,9%.

Da questo dato, l’ANAC ha estrapolato[5] le sole procedure d’appalto riferibili ai Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il cui importo aggregato è 5.236.860.172 €. Le procedure più utilizzate da questi enti sono l’affidamento diretto e la procedura negoziata senza bando, che comportano maggiore velocità nella fase di valutazione delle offerte e di aggiudicazione ma anche un minore accesso al mercato per le imprese operanti nel settore di riferimento.

Da ultimo, la Corte dei conti, in sede di commento sul grado di attuazione del PNRR, ha evidenziato che più del 50% delle misure prevista dal piano riguardano i comuni come soggetti attuatori[6]. Inoltre, la spesa dei progetti del PNRR rappresenta la maggior parte della spesa per investimenti di questi enti, addirittura l’83%. Come si vede, l’attuazione del PNRR e dei suoi obiettivi di coesione territoriale[7] passa dai piccoli comuni quali stazioni appaltanti, e si connette al tema della qualificazione e dell’obbligo di rivolgersi alle centrali di committenza di cui si dirà nel prosieguo.

2. Le centrali di committenza nel diritto europeo

La prima direttiva europea che si è occupata del tema delle centrali di committenza è la Direttiva 18/2004/CE del 30 aprile 2004 sul coordinamento degli appalti di lavori, forniture e servizi, in attuazione della quale è stato adottato il decreto legislativo n. 163/2006.

La direttiva era volta ad armonizzare il frastagliato quadro nazionale dell’approvvigionamento di beni e servizi da parte del settore pubblico, con finalità di tutela del mercato unico e, in particolare, ai sensi del Considerando (2), ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 28, 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Il tutto in conformità ai principi, ricavati induttivamente dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, di parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza.

La direttiva seguiva i primi provvedimenti sul coordinamento delle procedure di appalto, emanate con le direttive del ’92 e del ’93[8], con finalità di semplificazione degli adempimenti e di modernizzazione complessiva del settore, sulla base delle istanze avanzate sia dagli operatori economici che dalla parte pubblica dopo la pubblicazione del Libro verde adottato dalla Commissione il 27 novembre 1996[9].

Per ciò che ci interessa, la direttiva menzionava la centralizzazione delle committenze ai considerando (15) e (16) affermando che, rispetto alle tecniche di centralizzazione delle committenze sviluppatesi in alcuni Stati, occorre lasciare ampio margine nel prevedere il ricorso a tale modello, nell’ottica però di un suo utilizzo volto a garantire gli obiettivi complessivamente perseguiti dal diritto europeo [10].

La successiva direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, che ha abrogato la direttiva 2004/18/CE[11], si è mantenuta sulla sua scia per quanto riguarda la regolamentazione del fenomeno della centralizzazione delle committenze: l’art. 2, co. 16, definisce infatti ‘centrali di committenza’ le amministrazioni che forniscono attività, appunto, di centralizzazione delle committenze “principali” e ausiliarie. Le prime sono definite sempre dall’art. 2, al co. 14[12] quali attività istituzionali che comprendono l’acquisizione di forniture o di servizi ad altre amministrazioni aggiudicatrici; le altre, dal co. 15, quali attività di supporto alle attività di committenza principali, quali le attività di gestione di infrastrutture tecniche e le attività di consulenza[13].

In sostanza, il diritto europeo non ha fornito una definizione in termini chiari e unitari di centrali di committenza, ma ha mantenuto la potestà di definirne almeno i requisiti minimi. Tra questi, è utile rilevare la necessità che le attività di centralizzazione “principale” siano svolte su base permanente, a differenziare le centrali di committenza dai semplici appalti congiunti occasionali.

3. La centralizzazione delle committenze nell’ordinamento italiano

3.1 Quadro normativo

Il primo testo di legge in materia è la Legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Finanziaria per l’anno 2000), che ha attribuito per la prima volta al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica la facoltà di stipulare accordi quadro, cioè convenzioni con cui l’operatore economico aggiudicatario si obbligava a prestare una determinata quantità di beni e servizi a richiesta degli enti pubblici statali, per una durata anch’essa predeterminata[14].  Ciò al fine precipuo di realizzare economie di scala sul fronte dell’approvvigionamento di beni e servizi dei ministeri e degli enti statali, per contenere la spesa pubblica relativa ma anche per massimizzare l’efficienza dei procedimenti d’acquisto. Il Ministero, per far ciò, inizialmente ha operato attraverso tramite il Provveditorato generale dello Stato e, successivamente, ha istituito la società pubblica per azioni CONSIP S.p.A. A CONSIP, i commentatori riconoscono affidato un ruolo più dinamico, legato all’utilizzo delle nuove tecnologie[15].

In adesione alle aspettative riposte, e sulla base del combinato disposto dell’art. 83 co. 13 D. Lgs. 2006 n. 131, Codice degli appalti), e dell’art. 328 del d.P.R. 2010 n. 207, suo regolamento d’attuazione, CONSIP S.p.A. ha predisposto il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, abbreviato in “MePA”. Nelle intenzioni dei compilatori del codice, doveva trattarsi di un’infrastruttura che consentisse alle amministrazioni aderenti di compiere acquisti in maniera esclusivamente telematica[16]. Il regolamento d’attuazione ha poi precisato che le procedure sul MePA avrebbero dovuto svolgersi secondo i principi fondamentali di trasparenza e semplificazione delle procedure, ma anche parità di trattamento e non discriminazione[17].  Le funzioni svolte da CONSIP S.p.A. tramite il MePA si possono classificare, secondo la tassonomia del capitolo precedente, come funzioni di committenza ausiliarie.

3.2 Gli acquisti tramite CONSIP S.p.A.

Ai sensi della Legge 2006 n. 296 (Finanziaria dell’anno 2007), tutte le amministrazioni hanno la facoltà di avvalersi degli accordi quadro stipulati da CONSIP S.p.A. Possono dunque prescinderne, salvo l’obbligo di utilizzare i prezzi come parametro di riferimento[18]. L’eccezione a quest’ultima regola è contenuta nell’art. 1 co. 510 L. 2015 n. 108, secondo il quale l’obbligo di utilizzare i prezzi delle convenzioni come parametro non opera quando l’amministrazione, nell'esercizio del proprio potere discrezionale, ritenga che la prestazione oggetto della convenzione non soddisfi il proprio fabbisogno per la mancanza di caratteristiche essenziali[19]. Proprio in quanto eccezione, va interpretata restrittivamente.

Invece, alcune amministrazioni hanno l’obbligo di avvalersi degli accordi quadro di CONSIP S.p.A. È il caso delle amministrazioni statali e periferiche, comprese le scuole e le università, gli enti statali di previdenza e assistenza e le agenzie fiscali[20], e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, qualora non siano attivi accordi quadro stipulati dalle Centrali di committenza regionali per le medesime prestazioni[21].Inoltre, per le convenzioni relative ai “beni ad alta economia di scala”, sono tenuti ad avvalersi delle convenzioni e degli accordi quadro tutte le pubbliche amministrazioni e le società inserite nel conto economico consolidato della p.a., come individuate dall'ISTAT[22]. Per beni ad alta economia di scala si intendono quelli il cui costo marginale è in rapporto di proporzionalità inversa alla quantità prodotta, ma che, in concreto, sono individuati da decreti attuativi. Il primo D.P.C.M. a riguardo è stato emanato il 24 dicembre 2015, che ha individuato diciannove categorie merceologiche. Con il successivo D.P.C.M. dell'11 luglio 2018 si sono aggiunte sei categorie all’elenco. Non ci sono stati poi ulteriori decreti[23];Infine, per i beni o servizi informatici, tutte le PP. AA. salvo determinazione dell'organo di vertice amministrativo con onere motivazione “rinforzato”: è necessario che il bene o il servizio non sia disponibile; se disponibile, che non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell'amministrazione; ovvero, se disponibile e idoneo, che ci si trovi in casi di necessità ed urgenza comunque funzionali ad assicurare la continuità della gestione amministrativa. Oltre all’onere motivazionale rinforzato di cui si è detto, la norma prevede anche un onere di comunicazione sia all'Autorità nazionale anticorruzione che all'AGID[24].

Un argomento collegato con quello appena trattato è l’obbligatorietà dell’utilizzo di MePA o analoghe infrastrutture informatiche predisposte dalle centrali di committenza regionali. In questi ultimi casi, le procedure d’acquisto sono espletate autonomamente dalle stazioni appaltanti le quali, quindi, individuano in autonomia l’operatore economico affidatario del contratto, ma per il tramite delle piattaforme di cui sopra.

Dapprima, l’obbligo era limitato alle seguenti categorie merceologiche: energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile, autoveicoli di vario genere (sia pure con esclusioni espresse, come per i mezzi di soccorso[25]).

Oggi, ai sensi della L 2006 n. 296 cit. come modificata da ultimo dalla L 30 dicembre 2018 n. 145, (c.d. legge di bilancio 2019), l’utilizzo del MePA e piattaforme similari è obbligatorio per tutte le pubbliche amministrazioni nei casi di acquisti oltre la soglia di 5.000 €[26].

La giurisprudenza contabile ha comunque evidenziato la possibilità per le stazioni appaltanti di operare fuori dal MePA pur sopra la soglia dei 5.000 € in presenza delle seguenti condizioni: che il ricorso all’esterno del mercato elettronico consenta di contenere ancor di più la spesa pubblica, e quindi che le condizioni dell’offerta siano migliorative; che il provvedimento sia motivato in maniera “rafforzata” circa il contenimento della spesa di cui sopra. Ciò sulla base dell’interpretazione sistematica dell’art. 1 co. 450 L 2006 cit. con il precedente co. 449[27].

3.3 Gli acquisti tramite le centrali regionali

Già l’art. 328 del DPR 2010 n. 207, dava alle Regioni la facoltà di istituire centrali di committenza di ambito regionale. La ratio di questa norma e delle altre che commenteremo non è d’immediata comprensione, in quanto favorisce la formazione di squilibri interregionali riguardo ai prezzi degli stessi beni e servizi. È probabile che tale profilo fosse dovuto all’idea del legislatore di non accentuare il centralismo istituzionale, anche in conformità ai principi fondamentali di decentramento e sussidiarietà di cui agli articoli 5 e 118 della Costituzione.

Tra le centrali di committenza d’ambito regionale che sono state istituite in quegli anni si ricordano la S.C.R. Piemonte, la Regione Lazio quale soggetto aggregatore e gli Uffici Regionali Espletamento Gare d’Appalto in Sicilia, questi ultimi oggetto di apposita trattazione.

Alle centrali regionali è attribuito un ruolo di primo piano nella gestione della spesa degli enti pubblici di livello regionale e locale: l’adesione agli accordi quadro da esse stipulati e l’utilizzo delle piattaforme telematiche di negoziazione da esse predisposte è prioritario rispetto a quelli di CONSIP S.p.A.[28]. In altre parole, tutti gli enti pubblici la cui sede si trovi nel territorio di una regione in cui è attiva una centrale di committenza regionale, la quale abbia stipulato accordi quadro relativi ad una certa categoria merceologica, sono tenuti a formulare ordini d’acquisto verso questi ultimi piuttosto che verso quelli di CONSIP. La sanzione per l’inadempienza, a giudizio di chi scrive, sarebbe l’annullabilità della determina a contrarre per violazione di legge e la responsabilità dirigenziale.

A questa conclusione è pervenuta la giurisprudenza amministrativa, che a più riprese è stata chiamata a pronunciarsi sul coordinamento tra le discipline regionali con quella nazionale in materia di acquisti tramite CONSIP e MePA. In particolare, quanto agli enti del Servizio Sanitario Nazionale, l’approdo cui si è giunti è il seguente: è data prevalenza delle convenzioni quadro stipulati dalle centrali di committenza regionali. Solo in caso di assenza di queste ultime e solo per scongiurare l’assenza di “approvvigionamenti di estremo interesse”, è consentito il ricorso agli accordi quadro stipulati da CONSIP. Il tutto sulla base del principio fondamentale di sussidiarietà, che connota non solo i rapporti tra enti statali e regionali, ma anche tra Unione Europea e Stati membri, e comporta l’attribuzione delle funzioni al livello territoriale più adeguato al loro svolgimento[29].

I principi di diritto di cui sopra sono stati ribaditi anche in materia di enti pubblici regionali: l’obbligo di ricorrere agli accordi quadro CONSIP si “riespande” solo in caso di assenza di corrispondenti convenzioni quadro stipulate dalle centrali regionali, sulla base della loro funzione suppletiva e cedevole rispetto a queste ultime[30]. Si ritiene che il legislatore abbia valutato a priori la maggiore convenienza degli accordi quadro regionali rispetto a quelli CONSIP per l’aderenza all’area di riferimento e all’andamento dei prezzi[31].

Come suggerisce qualche autore, sarebbe il caso di coordinare le offerte di CONSIP con quelle degli aggregatori regionali, ancora poco rilevanti per importo e accesso al mercato, per evitare duplicazioni e conseguente spreco di denaro pubblico[32].

Gli Uffici Regionali Espletamento Gare, comunemente abbreviati nell’acronimo UREGA, sono stati istituiti con L. rg. Sicilia 26 gennaio 2017 n. 1, rubricata “Modifiche alla legge regionale 12 luglio 2011, n. 12 e alla legge regionale 17 maggio 2016, n. 8 in materia di UREGA”. È importante sottolineare che non hanno autonomia organizzativa, essendo articolazioni funzionali dell’Assessorato delle infrastrutture e della mobilità della Regione Sicilia.

La base normativa della potestà legislativa regionale in materia di contratti pubblici è l’art. 117, co. 4 della Costituzione, il quale attribuisce competenza residuale alle regioni in materia di organizzazione amministrativa. Infatti, lo Stato ha competenza legislativa esclusiva nella materia della tutela della concorrenza e, inoltre, la disciplina sulla selezione del contraente nei contratti pubblici va ricondotta alle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, nonché alle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea[33].

Proprio per questo, la disciplina regionale deve rispettare i limiti rappresentati dalle le norme fondamentali delle riforme economico- sociale come sopra, i vincoli derivanti dall’ordinamento internazionale, i principi dell’’ordinamento giuridico nazionale ed i suoi interessi[34].

Gli UREGA sarebbero, quindi, centrali di committenza a adesione obbligatoria al ricorrere di determinati presupposti ovvero che le gare d’appalto siano d’interesse interprovinciale od anche intercomunale e che l’importo a base d’asta sia superiore alla soglia comunitaria determinata dal codice dei contratti pubblici[35]. È comunque consentito alle stazioni appaltanti siciliane di rivolgersi agli UREGA indipendentemente dall’importo della gara[36], con evidente funzione di efficientamento e professionalizzazione delle procedure d’appalto.

Con l’avvento del nuovo Codice dei contratti, D. Lgs. 2023 n. 36, che reca un nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, si è reso necessario l’adeguamento della disciplina posta dalla L. rg. Sicilia 2011 n. 12 sui contratti pubblici. Perciò, è stata emanata la L. rg. Sicilia 2023 n. 12, che dispone l’istituzione della “Centrale unica di committenza regionale dei contratti pubblici”, qualificata di diritto ai sensi del nuovo codice dei contratti[37].

Quest’ultima sarà composta dagli uffici dell'Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità, Dipartimento regionale tecnico (DRT) per i lavori pubblici, il quale si avvarrà, a sua volta, dell’Ufficio Regionale Contratti già UREGA; da uffici dell’Assessorato regionale dell'economia, Centrale unica di committenza, per beni e servizi[38].

4. L’obbligo di aggregazione per i comuni non capoluogo di provincia

L’art. 33 del D. Lgs. 2006 n. 163, primo codice dei contratti pubblici, consentiva alle stazioni appaltanti di ricorrere alle centrali di committenza senza null’altro aggiungere. L’impostazione, come si vede, era parecchio liberale, in linea con le indicazioni del diritto europeo di cui si è dato conto nel primo capitolo.

La novella del D. L. 2011 n. 201, conv. in L. 2011 n. 214, intervenuta nel contesto della crisi dei debiti sovrani iniziata nel 2008, ha condotto all’introduzione dell’art. 33 il co. 3 bis, il quale imponeva ai comuni non capoluogo il ricorso a unioni di comuni o consorzi, o, altrimenti, l’utilizzo di MePA o altre infrastrutture elettroniche[39].

La norma, con spiccate finalità di contenimento della spesa, non è praticamente mai entrata in vigore: il termine, originariamente fissato al 31 marzo 2012, è stato più volte prorogato, fino al 1° novembre 2015[40]. Ad ogni proroga si sono escluse le procedure di gara nel frattempo pendenti ed, inoltre, gli interventi emergenziali per il sisma in Abruzzo del 2009[41].

Il Codice dei contratti del 2016, D. Lgs. 2016 n. 50, secondo Codice dei contratti, ha dettato una disciplina differenziata a seconda della natura della stazione appaltante: ai sensi dell’art. 37, tutte le stazioni appaltanti potevano stipulare autonomamente contratti inferiori alla soglia dell’affidamento diretto, salvi gli obblighi di utilizzare le piattaforme telematiche di negoziazione. Per importi superiori, invece, dovevano essere in possesso della qualificazione ai sensi del successivo art. 38, o altrimenti, rivolgersi ad una centrale di committenza oppure, ancora, aggregarsi ad enti che possedessero la qualificazione[42].

Ai comuni non capoluogo di provincia era specificamente prescritto o di ricorrere ad una centrale di committenza, o ad un’unione dei comuni qualificata, o, infine, di rivolgersi alla stazione appaltante unica presso le province o le città metropolitane, laddove già istituite[43].

Le ratio delle norme commentate, in combinato disposto con il sistema di qualificazione previsto dall’art. 38 del Codice, era il contenimento dei costi attraverso l’efficientamento dei procedimenti d’acquisto, che nell’intenzione del legislatore dovevano essere affidate a pochi enti “specializzati”. Si perseguiva, inoltre, la semplificazione dei controlli successivi.

Il sistema appena delineato ha subìto pesanti critiche, in quanto dava per presupposta la capacità delle piccole stazioni appaltanti, tra cui i comuni, di associarsi in enti più grandi cui fare gestire le procedure d’acquisto più rilevanti. Il risultato è stato un nuovo c.d. “blocco dei cantieri”, cui ha dato risposta il governo Gentiloni adottando il D.L. 18 aprile 2019, n. 32, “Sblocca cantieri”, convertito con modificazioni dalla L. 14 giugno 2019, n. 55, che ha disposto la sospensione dell’obbligo di aggregazione sic et simpliciter, indirettamente indicandolo come principale responsabile della situazione di stallo[44].

La pandemia da Covid-19, che ha travolto il mondo negli anni 2020-2021, ha modificato le priorità dei leader europei, accentuando alcune linee di tendenza già presenti[45]. Il Recovery and Resilience Facility, cui il P.N.R.R. italiano rappresenta l’attuazione, è la prima forma di debito comune europeo, focalizzata esclusivamente sulla spesa per investimento.

Il piano si compone di una serie di misure, ciascuna delle quali suddivisa in componenti, riforme ed investimenti. Ad ogni riforma ed investimento corrisponde una dettagliata individuazione di milestones e target, cioè, rispettivamente, scadenze temporali e obiettivi da raggiungere[46]. Per fare un esempio, la Misura 4, Componente 1, Investimento 1.1, denominata “Piano per gli asili nido e le scuole dell’infanzia”, ha in sé delle milestones, tra cui l’aggiudicazione dei lavori al 20 giugno 2023, e dei target specifici per ogni intervento, cioè i numeri dei posti negli asili nido creati[47].

La natura giuridica del PNRR è in corso di dibattito tra gli studiosi[48] Il discorso non è scevro di conseguenze pratiche, perché dalle risposte dipende la vincolatività o meno delle disposizioni del Piano che siano prive di attuazione a livello nazionale. Secondo alcuni, si tratterebbe di un atto “legificato”, perciò obbligatorio in ogni sua parte secondo il principio del primato del diritto europeo su quello italiano; secondo altri, un allegato ad un accordo interistituzionale; secondo altri ancora, un mero atto di programmazione, perciò di per sé non vincolante. Le argomentazioni riposano sui meccanismi di modifica dell’atto[49].

Il governo Draghi, nel frattempo in carica, ha assunto degli impegni PNRR relativamente al settore dei contratti pubblici: il rispetto dei principi trasversali e del Do Not Significant Harm, discendenti direttamente dal Regolamento europeo 2021/241, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza; la riduzione dei tempi delle aggiudicazioni e dell’esecuzione, alle milestones M1 C1-84 e M1 C1-85; la semplificazione, alla milestone M1 C1-69; la riforma del sistema dei contratti pubblici, alle milestones M1 C1-70, M1 C1-73 e M1 C1-74.

In questo contesto, è intervenuto il D. L. 2021 n. 77 (conv. con L 2021 n. 108) c.d. “Governance del PNRR”, che ha traslato nell’ordinamento nazionale gli obblighi di valorizzazione del lavoro femminile e giovanile, il tagging climatico e digitale, il DNSH. Il Decreto Governance del PNRR ha, tra l’altro, ha “sospeso la sospensione” dell’obbligo di aggregazione del Codice del 2016, ma solo per gli investimenti PNRR[50]. Le stazioni appaltanti, che avevano goduto del regime di favore del decreto “Sblocca cantieri”, sono state colte impreparate, con il rischio concreto di perdere i fondi PNRR di cui risultavano destinatarie[51].

Sempre a seguito degli impegni presi in sede europea, è intervenuta la Legge delega 2022 n. 78 e il nuovo Codice dei contratti D. Lgs. 2023 n. 36, che hanno innovato profondamente la materia in esame.

Il secondo provvedimento, in particolare, col suo impianto di allegati destinati ad essere sostituiti nel tempo da decreti ministeriali attuativi, ha l’ambizione di essere “autoapplicativo”. La parte iniziale contiene un’elencazione di principi, disposti secondo un ordine gerarchico, che devono guidare l’interprete nel colmare le lacune normative. Al vertice della piramide è posto il principio del “risultato”, inteso dai commentatori come affidamento del contratto, il quale è sovraordinato sia al principio della “fiducia” che, con decisione di non poco momento, a quello di “accesso al mercato”, cioè della concorrenza[52].

Per ciò che riguarda l’obbligo di aggregazione e al sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, l’art. 62 eleva la soglia dell’obbligo per i comuni non capoluogo di avvalersi di centrale di committenza a 500.000 €. Inoltre, stabilisce un nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti.

5. Legge applicabile alle procedure P.N.R.R.

L’applicabilità del nuovo codice dei contratti alle procedure pendenti è stata molto discussa, così come l’applicabilità alle procedure afferenti al PNRR e al PNC.

Le norme transitorie del nuovo Codice, e, in particolare, gli artt. 225-226-229, dettano il seguente sistema di entrata in vigore della disciplina:

  1. il 1° aprile 2023 per le nuove procedure. È la data di entrata in vigore del Codice;
  2. il 1° luglio 2023 anche per le procedure che dovessero ancora risultare pendenti. È la data di abrogazione del Codice dei contratti del 2016;
  3. il 1° gennaio 2024 con riguardo alle disposizioni inerenti alla pubblicità legale e la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, per le quali era necessaria la predisposizione di infrastrutture tecniche da parte di ANAC e di cui si parlerà meglio nel prosieguo[53].

L’art. 225 del nuovo Codice dei contratti, al co. 8, stabilisce che, alle procedure afferenti ai fondi PNRR e PNC, continuano ad applicarsi le disposizioni del già citato Decreto Governance PNRR, le quali rinviano in parte al Codice dei contratti 2016 abrogato. A complicare il quadro, è intervenuta la circolare MIT del 12 07 2023, nell’intento di chiarire una volta per tutte quale fosse la legge applicabile agli appalti PNRR e PNC.

Quanto all’applicabilità del nuovo Codice alle procedure pendenti, bisogna sottolineare che la successione di norme sul procedimento è pacificamente regolata dal principio tempus regit actum, all’art. 11 delle Preleggi, secondo il quale va applicata la legge in vigore nel momento in cui l’atto è emanato[54]. La pendenza di una sequenza procedimentale ha, poi, a che fare col primo atto a rilevanza esterna, che, nel caso dei contratti pubblici, è indicato espressamente nella determinazione a contrarre[55].

Per gli acquisti in attuazione del PNRR, bisogna, però, considerare come alla realizzazione di un singolo intervento concorrano più procedimenti. Ad esempio, procedimenti tesi all’individuazione del contraente per la realizzazione del progetto esecutivo; procedimenti tesi all’individuazione del contraente per la realizzazione dei lavori.

Se si applicasse il criterio della determina a contrarre senza temperamenti, si frammenterebbe la legge applicabile ad uno stesso intervento con notevoli difficoltà operative. A parere di chi scrive si dovrebbe, invece, risalire all’atto alla base del finanziamento: a seconda dei casi, atto d’obbligo, di natura unilaterale, o accordo di concessione, di natura bilaterale.

L’opinione che sembra, quindi, preferibile è quella di ritenere una procedura PNRR pendente a partire dalla stipulazione dell’atto d’obbligo unilaterale o dell’accordo di concessione bilaterale.

Quanto alla seconda delle questioni, si tratta d’individuare i confini dello “statuto speciale” delle procedure PNRR. In altre parole, si tratta di stabilire quale sia la disciplina applicabile alle procedure PNRR non ancora pendenti alla data del 1° aprile, o a quelle pendenti oltre la data del 1° luglio.

La questione si è posta, in particolare, con riferimento all’obbligo di aggregazione previsto per i comuni non capoluogo di provincia di cui si è parlato nel capitolo scorso. Si ricordi, infatti, che la soglia dell’obbligo, proprio per raggiungere il risultato dell’affidamento dei contratti e incentivare la discrezionalità delle stazioni appaltanti, è stata elevata dal nuovo Codice da 150.000 a 500.000 €. Secondo le considerazioni svolte in precedenza, la nuova soglia avrebbe potuto applicarsi: alle procedure cui l’atto d’obbligo o l’accordo di concessione non fosse stato ancora stipulato alla data del 1° aprile 2023, in numero molto poco significativo; alle procedure pendenti oltre la data del 1° luglio 2023. Il risultato interpretativo che precede è stato invece annacquato dalle indicazioni della circolare 12/07/2023 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Si ricordi che le circolari sono atti interni alle amministrazioni, e, dunque, non producono effetti al di fuori di esse, ma che hanno valore vincolante per gli uffici e gli organi cui si rivolgono[56].

Il Ministro, cogliendo le incertezze degli operatori circa il regime giuridico da applicare agli appalti PNRR e PNC, e, soprattutto, circa la necessità di rivolgersi o meno a una centrale di committenza qualificata, ha chiarito che agli appalti PNRR si applicano il Decreto Governance e, nelle parti da esso richiamate, il Codice dei contratti 2016. Le amministrazioni, seguendo le indicazioni della circolare, hanno quindi applicato il Codice dei contratti 2016 ben oltre il periodo di vigenza, in una sorta di “riviviscenza” delle norme per prassi amministrativa[57].

La circolare basa la sua interpretazione su due argomenti: il primo ha a che fare con la “specialità” della disciplina PNRR rispetto a quella ordinaria, come sarebbe evidente dalle disposizioni del Decreto Governance PNRR in materia di obblighi di valorizzazione del lavoro femminile e dei giovani, di tagging climatico e digitale e DNSH; il secondo, dell’intenzione soggettiva del legislatore del nuovo Codice dei contratti, per il quale bisognerebbe mantenere ferme le regole di affidamento degli appalti che tanta buona prova avevano dato nei mesi precedenti[58].

L’approccio è criticabile sotto almeno due aspetti. Il primo, ed il più evidente, è l’impossibilità giuridica di far rivivere una disciplina abrogata espressamente per mezzo di una circolare, secondo i fondamentali criteri cronologico e gerarchico della soluzione delle antinomie. L’applicazione del criterio di specialità, invocato dalla circolare, vale solo a disapplicare una disciplina in funzione di un'altra che si adatti meglio alla fattispecie concreta, non certo all’applicazione di una disciplina ormai abrogata.

La seconda critica che si può muovere alla circolare riguarda i mezzi per raggiungere l’obiettivo che essa stessa si era posta: i comuni non capoluogo di provincia avrebbero beneficiato, e non sarebbero stati in alcun modo penalizzati, dall’applicazione del nuovo Codice degli appalti alle procedure PNRR. Questo avrebbe consentito loro di procedere in autonomia alla selezione del contraente per le procedure PNRR inferiori a 500.000 €, invece che impelagarsi nella ricerca e nella stipula di convenzioni con una centrale di committenza qualificata. In una sorta di eterogenesi dei fini, la circolare ha finito per ostacolare proprio gli enti che avrebbe voluto agevolare.

A riprova di ciò, valgano le considerazioni fatte nel capitolo precedente sulle continue proroghe all’obbligo di aggregazione e sull’esclusione espressa dei Comuni delle zone del sisma in Abruzzo del 2009.

6. Conclusioni 

Non c’è dubbio che il quadro in materia di centrali di committenza in Italia, soprattutto con l’avvento dello “statuto speciale” del PNRR, sia complesso. Si è già avuto modo di ricordare come l’obbligo di aggregazione posto dal Codice del 2016 non sia mai, praticamente, entrato in vigore, salvo che per gli appalti PNRR in esecuzione degli accordi presi a livello europeo. L’obbligo di cui si parla è stato, poi, l’elemento che ha fatto dubitare dell’applicabilità del nuovo Codice in toto alle procedure PNRR. E, infine, bisogna aggiungere i nuovi obblighi in materia di digitalizzazione dei contratti pubblici appena entrati in vigore, che obbligano tutte le stazioni appaltanti a aderire a piattaforme di e-procurement per tutti gli acquisti indipendentemente dall’importo.

Andando con ordine, si può dire che le procedure PNRR si possono ritenere pendenti dalla stipula dell’atto d’obbligo o dell’accordo di concessione del finanziamento con l’Amministrazione che ne sia titolare. Ciò vuol dire che il nuovo Codice andava applicato solo alle procedure PNRR il cui atto d’obbligo fosse stato stipulato dopo il 1° aprile 2023. Per le altre, continuavano ad avere efficacia il Codice del 2016 e gli obblighi ad esso relativi.

Dopo il 31° giugno 2023, il nuovo Codice va applicato anche alle procedure PNRR pendenti nel senso di cui sopra: questo, a tacer d’altro, perché il Codice del 2016 è stato espressamente abrogato da quella data. Questa conclusione è supportata anche da ANAC, il quale, tramite l’applicativo SIMOG, dal 1° luglio 2023 non permette la creazione di CIG superiori a 500.000 € alle stazioni appaltanti non qualificate.

I requisiti del nuovo sistema di qualificazione, che sono stati commentati nel paragrafo precedente, sono parecchio stringenti. Perciò, alle stazioni appaltanti che non dovessero avere l’organizzazione adeguata, si consiglia l’adesione tempestiva ad una centrale di committenza qualificata o, di volta in volta, agli accordi quadro aggiudicati da CONSIP S.p.A. o soggetti aggregatori regionali.


Note e riferimenti bibliografici

[1] V. Consiglio di Stato, sez. V,  6 maggio 2021 n. 3538

[2] A riprova di ciò, si veda l’art. 1, comma 1, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 135, secondo il quale: «I contratti stipulati in violazione dell'articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ed i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa […] La disposizione del primo periodo del presente comma non si applica alle Amministrazioni dello Stato quando il contratto sia stato stipulato ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A.».

[3]Si vedano le riflessioni contenute ne A. GIANNELLI, Il PNRR come opportunità, mancata, per rileggere in chiave critica il progressivo (ma non inesorabile) accentramento delle funzioni di acquisto, in Diritto Amministrativo, 2023, fasc.3, 741 ss.

[4]Ufficio Osservatorio Studi e Analisi banche dati ANAC, Rapporto quadrimestrale sul mercato dei contratti pubblici 1° quadrimestre 2023. Il rapporto è reperibile all’indirizzo web: https://www.anticorruzione.it/, e i dati citati sono tratti dalle pagg. 22-23.

[5] Ufficio Osservatorio Studi e Analisi banche dati ANAC, Rapporto quadrimestrale sul mercato dei contratti pubblici – Focus Comuni con più di 15.000 abitanti 1° quadrimestre 2023. Il rapporto è reperibile allo stesso indirizzo di cui sopra.

[6]Si veda CORTE DEI CONTI, Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR redatta ai sensi dell’art. 7, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2021 n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108) 2023. La relazione è reperibile all’indirizzo web: https://www.corteconti.it/.

[7] Alle pagg. 8-9 della relazione di cui alla nota precedente, partendo dai dati elaborati da ReGIS -la piattaforma di monitoraggio e rendicontazione messa a punto dalla Ragioneria Generale dello Stato- la Corte dei conti sottolinea che «più del 53 per cento dei progetti e il 42 per cento del finanziamento delle misure ripartite vede come soggetto attuatore i Comuni». Inoltre, dall’analisi dei dati si evince che «tra le sfide trasversali poste dal Piano, il riequilibrio territoriale è quella che in misura più evidente intercetta i progetti dei Comuni» e «le classificazioni in base al grado di urbanizzazione e alla Strategia nazionale delle aree interne consentono di rilevarne altresì la reattività rispetto agli obiettivi di coesione tra aree interne e zone più avvantaggiate sotto il profilo dei servizi, della mobilità e del sistema produttivo».

[8] Ci si riferisce alle direttive 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, 93/36/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, e 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori.

[9] Considerando (1) della Direttiva 18/2004/CE cit.

[10] In particolare, dopo aver preso atto delle diversità esistenti negli stati membri, la Direttiva conclude che «occorre lasciare a questi ultimi la facoltà di prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere ad accordi quadro, a centrali di committenza, ai sistemi dinamici di acquisizione ad aste elettroniche e al dialogo competitivo, quali sono definiti e disciplinati dalla presente direttiva».

[11] Ci si riferisce alla Direttiva UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE

[12] In particolare, l’art. 2 co. 14 della Direttiva 2014/24/UE cit. prevede che siano attività di centralizzazione delle committenze, quelle «svolte su base permanente, in una delle seguenti forme:

a) l’acquisizione di forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici;

b) l’aggiudicazione di appalti o la conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici»

[13] In particolare, la Direttiva 2014/24/UE cit. prevede che siano attività di committenza ausiliarie:

«a) infrastrutture tecniche che consentano alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare appalti pubblici o di concludere accordi quadro per lavori, forniture o servizi;

b) consulenza sullo svolgimento o sulla progettazione delle procedure di appalto;

c) preparazione e gestione delle procedure di appalto in nome e per conto dell’amministrazione aggiudicatrice interessata»

[14] In particolare, l’art. 26 della cit. Legge 1999 n. 488 stabiliva che il Ministero poteva stipulare «convenzioni con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria»

[15] V. ALBANO, F. ANTELLINI RUSSO, Problemi e prospettive del Public procurement in Italia tra esigenze della pubblica amministrazione e obbiettivi di politica economica, in Economia Italiana, 2009, 809 ss.

[16] V. art. 83 co. 13 D. Lgs. 2006 n. 131 cit., secondo cui «per l'acquisto di beni e servizi […] le stazioni appaltanti possono stabilire di ricorrere a procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici, disciplinate con il regolamento nel rispetto delle disposizioni di cui al presente codice»,

[17] V. art. 328 d.P.R. 2010 n. 207, per cui «consente acquisti telematici basati su un sistema che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via elettronica e telematica, nel rispetto delle disposizioni e dei principi organizzativi di seguito indicati. Le procedure telematiche di acquisto mediante il mercato elettronico vengono adottate e utilizzate dalle stazioni appaltanti nel rispetto dei principi di trasparenza e semplificazione delle procedure, di parità di trattamento e non discriminazione».

[18] La norma è contenuta nell’art. 1 co. 449 L. 2006 n. 296 cit., che dispone: «le restanti amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché le autorità indipendenti, possono ricorrere alle convenzioni di cui al presente comma e al comma 456 del presente articolo, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti»

[19] V. Consiglio di Stato, sez. V, 2022 n. 4128.

[20] Ancora ai sensi dell’art. 1 co. 449 L 2006 cit., «tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, nonché gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici e le agenzie fiscali di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro»

[21] Sempre ai sensi dell’art. 1 co. 449 L 2006 cit., «Gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.»

[22] La norma è contenuta nell’art. 9 co. 3 del d. l. 24 aprile 2014 n. 66, convertito in L. 23 giugno 2014 n. 89/2014. Bisogna sottolineare che l’obbligo è amplissimo, essendo ricomprese nel conto consolidato redatto dall’ISTAT anche enti formalmente privati, come le federazioni sportive e le fondazioni lirico-sinfoniche.

[23] Sul punto, v. A. GIANNELLI, Il PNRR come opportunità, mancata, per rileggere in chiave critica il progressivo (ma non inesorabile) accentramento delle funzioni di acquisto, in Diritto Amministrativo, 2023, fasc.3, 741 ss. già cit. Per le categorie attualmente interessate dall'obbligo di adesione, il co. 3 dell'art. 9 del D.L. n. 66/2014 dispone che, in caso di violazione l’Anac non rilasci il CIG per i contratti autonomamente stipulati, e la conseguente nullità di questi per contrarietà a norme imperative ai sensi dell’art. 1418 C.c.

[24] V. art. 1 comma 516 L. 2015 n. 208, Finanziaria 2016, secondo cui «Le amministrazioni e le società di cui al comma 512 possono procedere ad approvvigionamenti al di fuori delle modalità di cui ai commi 512 e 514 esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione motivata dell'organo di vertice amministrativo, qualora il bene o il servizio non sia disponibile o idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell'amministrazione ovvero in casi di necessità ed urgenza comunque funzionali ad assicurare la continuità della gestione amministrativa. Gli approvvigionamenti effettuati ai sensi del presente comma sono comunicati all'Autorità nazionale anticorruzione e all'Agid»

[25] La norma è contenuta nell’art. 1, co. 7, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95.

[26] V. art. 1 co. 450 L 2006 n 296 cit., secondo il quale «le altre amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché le autorità indipendenti, per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328 ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure».

[27] V. Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, Deliberazione n. 286/2013/PAR, la quale esprime il seguente principio di diritto: «l’obbligo di ricorrere agli strumenti di approvvigionamento descritti va mitigato ogni qualvolta il ricorso all’esterno persegue la ratio di contenimento della spesa pubblica contenuta nella norma». Cfr. anche Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Toscana, Deliberazione n.151/2013, e Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Liguria, Deliberazione n. 64/2014.

[28] V. la nota 21 per gli accordi quadro e la nota 30 per le infrastrutture telematiche.

[29] V. Consiglio di Stato, sez. III, n. 2021 n. 7617, sugli approvvigionamenti degli enti del Servizio sanitario nazionale, secondo cui «la giurisprudenza, nell'affrontare il tema dei rapporti intercorrenti tra Consip e centrali regionali di committenza, ha preso atto di un composito quadro normativo, ispirato al principio di sussidiarietà, in base al quale:

- in via tendenziale, le gare per gli approvvigionamenti di interesse degli enti del servizio sanitario devono essere svolte dalle centrali di committenza regionali;

- in via suppletiva, ed al fine di prevenire il rischio di possibili carenze in approvvigionamenti di estremo interesse, è possibile che la centrale di committenza nazionale attivi specifiche convenzioni-quadro;

- nella seconda ipotesi, l'intervento di supplenza svolto da Consip non può giungere ad alterare in modo definitivo il carattere sussidiario e "cedevole" riconosciuto alla centrale di committenza nazionale dalle norme richiamate». Cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 5826 del 2017; Id., sez. III, n. 1329 del 2019; Id., sez. III, n. 5205 del 2020.

[30] V. Consiglio di Stato, sez. V, 2022 n. 7883, secondo la quale «sulla qualità della Regione di soggetto aggregatore, e sulla conseguente insussistenza dell'obbligo dell'Ente di aderire alle convenzioni Consip, il cui ruolo in tale eventualità si connota per cedevolezza, assumendo la funzione di "supplenza" o "sussidiarietà verticale" […]. E se è vero che, come pure nel prosieguo rileva l'appellante, tale giurisprudenza si è formata con riguardo a procedure di enti del servizio sanitario nazionale, essa esprime principi che, come meglio in seguito, non sono toccati dalle norme di rilievo del caso di specie». Cfr. Cons. Stato, III, 11 ottobre 2021, n. 6817; 25 agosto 2020, n. 5205; 26 febbraio 2019, n. 1329; V, 11 dicembre 2017, n. 5826.

[31] V. ancora Consiglio di Stato, sez. III, n. 2021 n. 7617 cit., secondo cui «l'analisi del vantaggio economico finanziario risulta effettuata in via presuntiva dal legislatore, che ha attribuito un ruolo "cedevole" agli appalti Consip rispetto a quelli delle centrali di committenza regionale, poiché (...) la gara svolta a livello regionale risponde - quanto alla aderenza alle necessità dell'area di riferimento e, ove svolta successivamente, anche per la coerenza con il mercato - ai principi di maggior efficienza, efficacia ed economicità che regolano l'azione pubblica».

[32] G. M. RACCA, La professionalità dei contratti pubblici della sanità: centrali di committenza e accordi quadro, in Foro amm. CDS, 2010, fasc.7-8, 1727 ss..

[33] V. Corte cost., sent. 2019 n. 166, secondo la quale «le disposizioni del codice dei contratti pubblici regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza; esse inoltre vanno ascritte all'area delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea» Cfr. sentenze n. 263 del 2016, n. 187 e n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010. Nella stessa sentenza, la Corte costituzionale completa il quadro sottolineando che «Le disposizioni dello stesso codice che regolano gli aspetti privatistici della conclusione ed esecuzione del contratto sono riconducibili all'ordinamento civile (sentenze n. 176 del 2018 e n. 269 del 2014); esse, poi, recano princìpi dell'ordinamento giuridico della Repubblica (sentenze n. 269 del 2014 e n. 187 del 2013) e norme fondamentali di riforma economico sociale (sentenze n. 74 del 2012, n. 114 del 2011 e n. 221 del 2010)».

[34] Sempre la Corte costituzionale, nella sentenza sent. 2019 n. 166 già cit., richiama il principio di diritto secondo cui: «in presenza di tali competenze statutarie occorrerà verificare se esse incontrino o meno i limiti propri della legislazione in questione: i principi dell'ordinamento giuridico, gli obblighi internazionali, gli interessi nazionali e le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica»

[35] V. art. 9 co. 4-5 L. rg. Sicilia 2011 n. 12, secondo cui «La sezione centrale svolge attività di espletamento delle gare d’appalto e di concessione per lavori e le opere di interesse relativo ad un territorio di due o più Città metropolitane ovvero liberi Consorzi comunali con importo a base d’asta superiore a quello individuato dall’articolo 95, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e successive modifiche ed integrazioni [soglia comunitaria, n.d.r.] nonché attività di coordinamento delle sezioni territoriali. Le sezioni territoriali svolgono attività di espletamento delle gare d’appalto e di concessione per i lavori e le opere di interesse di area vasta, intercomunale e comunale con importo a base d’asta superiore a quello individuato dall’articolo 95, comma 4, lettera a), del decreto legislativo n. 50/2016 e successive modifiche ed integrazioni»

[36] L. rg. Sicilia 2011 n. 12 cit., secondo cui «Gli enti appaltanti possono avvalersi, con motivata richiesta, dell’Ufficio regionale, indipendentemente dall’importo dell’appalto o della concessione»

[37] V. art. 9 L. rg. Sicilia 2023 n. 12, rubricato «Centrale unica di committenza regionale dei contratti pubblici, secondo il quale «la Centrale unica di committenza dei contratti pubblici della Regione siciliana, di cui agli articoli 62 e seguenti, Parte III, Titolo I, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, è qualificata secondo i requisiti e le modalità di cui all'allegato II.4, come richiamato dall'articolo 63 del medesimo decreto legislativo n. 36/2023. La Centrale unica di committenza regionale dei contratti pubblici, ai sensi del comma 4, secondo periodo, del citato articolo 63, è qualificata con riserva e garantisce il conseguimento dei livelli L1 e SF1»

[38] Sempre l’art. 9 della L. rg. Sicilia 2023 n. 12 dispone che «La Centrale unica di committenza regionale dei contratti pubblici è così articolata: a) per l'affidamento di lavori e di servizi di architettura e ingegneria, dall'Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità Dipartimento regionale tecnico (DRT), che si avvale prevalentemente delle sue strutture per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e dell'Ufficio regionale di committenza (URC), già UREGA (Ufficio regionale espletamento gare d'appalto), struttura intermedia dello stesso DRT, per l'affidamento dei lavori previsti dall'articolo 62 del decreto legislativo n. 36/2023; b) per l'acquisizione di beni e servizi, dall'Assessorato regionale dell'economia "Centrale unica di committenza per l'acquisizione di beni e servizi", istituita dall'articolo 55 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9 e successive modificazioni»

[39] V. art. 33 co. 3 bis D. Lgs. 2006 n. 163, che stabiliva che «I Comuni non capoluogo di provincia procedono all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle unioni dei comuni di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento»

[40] V., da ultimo, il D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, come modificato dalla L. 13 luglio 2015, n. 107, ha disposto (con l'art. 23-ter, comma 1) che «Le disposizioni di cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, modificato da ultimo dall'articolo 23-bis del presente decreto, entrano in vigore il 1º novembre 2015».

[41] V. ancora il D.L. 24 giugno 2014, n. 90 cit., che ha disposto (con l'art. 23-ter, comma 2) che «Le disposizioni di cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, modificato da ultimo dall'articolo 23-bis del presente decreto, non si applicano alle acquisizioni di lavori, servizi e forniture da parte degli enti pubblici impegnati nella ricostruzione delle località indicate nel decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e di quelle indicate nel decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º agosto 2012, n. 122».

[42] V. l’art. 37 del D. Lgs. 2016 n. 50, per il quale «le stazioni appaltanti, fermi restando gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, possono procedere direttamente e autonomamente all'acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro, nonché attraverso l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza e dai soggetti aggregatori. Per effettuare procedure di importo superiore alle soglie indicate al periodo precedente, le stazioni appaltanti devono essere in possesso della necessaria qualificazione ai sensi dell'articolo 38»

[43] Ancora l’art. 38 del D. Lgs. 2016 n. 50 cit., secondo cui «se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia, […] procede secondo una delle seguenti modalità: a) ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati; b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall'ordinamento. c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso le province, le città metropolitane ovvero gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56»

[44] Si v. l'art. 1, comma 1, lettera a) che «Al fine di rilanciare gli investimenti pubblici e di facilitare l'apertura dei cantieri per la realizzazione delle opere pubbliche, per le procedure per le quali i bandi o gli avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, per le procedure in relazione alle quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte, nelle more della riforma complessiva del settore e comunque nel rispetto dei principi e delle norme sancite dall'Unione europea, in particolare delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, fino al 31 dicembre 2020, non trovano applicazione, a titolo sperimentale, le seguenti norme del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50: a) articolo 37, comma 4, per i comuni non capoluogo di provincia, quanto all'obbligo di avvalersi delle modalità ivi indicate».

[45] V., ad esempio, F. SARACENO, When Keynes goes to Brussels: a new fiscal rule for the EMU, Annals of the Fondazione Luigi Einaudi, 2017, 51(2), 131-157.

[46] Il Piano aggiornato è reperibile qui: https://www.governo.it/.

[48] Si v. Clarich, M. CLARICH, Il PNRR tra diritto europeo e nazionale: un tentativo di inquadramento giuridico, in Astrid Rassegna, 2021, 12, 11 ss.; F. BILANCIA, Indirizzo politico e nuove forme di intervento pubblico nell'economia in attuazione del Recovery and Resilience Facility, tra concorrenza e nuove politiche pubbliche, in Costituzionalismo.it, 2022, 42 ss.; e E. D’ALTERIO, Riforme e nodi della contrattualistica pubblica, in Diritto Amministrativo, 2022, fasc.3, 667 ss.

[49] I meccanismi di modifica del PNRR sono previsti dall’art. 21 del Reg. UE 2021/241, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza.

[50] Continuando dall’art. 1 co. 1 lett. a) alla nota 46, relativamente al Decreto “Sblocca cantieri” come modificato dal Decreto Governance del PNRR: «lett. a) articolo 37, comma 4, per i comuni non capoluogo di provincia, quanto all'obbligo di avvalersi delle modalità ivi indicate, limitatamente alle procedure non afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 febbraio 2021 e dal Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, nonché dalle risorse del Piano nazionale per gli investimenti complementari di cui all'articolo 1 del decreto - legge 6 maggio 2021, n. 59. Nelle more di una disciplina diretta ad assicurare la riduzione, il rafforzamento e la qualificazione delle stazioni appaltanti, per le procedure afferenti alle opere PNRR e PNC, i comuni non capoluogo di provincia procedono all'acquisizione di forniture, servizi e lavori, oltre che secondo le modalità indicate dal citato articolo 37, comma 4, attraverso le unioni di comuni, le province, le città metropolitane e i comuni capoluogo di provincia».

[51] Si vedano le considerazioni poste nell’articolo: Appalti PNRR e PNC, Circolare MIT salva stazioni appaltanti. (s.d.), tratto da www.lavoripubblici.it.

[52] Si vedano il combinato disposto degli artt. 1,3 e 4 del D. Lgs. 2023 n. 36. In particolare, l’art. 4, rubricato «Criterio interpretativo e applicativo» dispone che «Le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3»

[53] V. l’art. 27 del nuovo Codice dei contratti cit. sul nuovo sistema di pubblicità legale degli atti, gli artt. 225 ss. sulla disciplina transitoria, e la Delibera ANAC n. 263 del 20/06/2023, attuativa dell’art. 27.

[54] Si v. ad esempio F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2022, per cui la successione di leggi nel tempo influenza un provvedimento amministrativo a seconda della fase di adozione in cui si trova. Nel caso che ci riguarda, le determine a contrarre sono già perfette ed efficaci; perciò, va applicato il principio tempus regit actum senza alcun temperamento.

[55] Il nuovo Codice dei contratti cit. ha disposto (con l'art. 226, comma 2) che «A decorrere dalla data in cui il codice acquista efficacia ai sensi dell'articolo 229, comma 2, le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso. A tal fine, per procedimenti in corso si intendono: a) le procedure e i contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia; b) in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, le procedure e i contratti in relazione ai quali, alla data in cui il codice acquista efficacia, siano stati già inviati gli avvisi a presentare le offerte; […]».

[56] Si tratta di atti, a seconda dei casi, di macro o di micro-organizzazione ai sensi della bipartizione proposta dall’art. 5 D. Lgs. 2001 n. 165, Testo unico sul pubblico impiego; perciò, adottati o con potere d’imperio pubblico, o coi poteri del privato datore di lavoro. In ogni caso, gli uffici destinatari non possono discostarsene salvo che non contrastino con norme di legge o regolamentari, gerarchicamente superiori.

[57] Si v. le conclusioni della Circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 12 luglio 2023, reperibile all’indirizzo https://www.mit.gov.it/, per le quali «in tema di affidamenti e contratti PNRR e assimilati, viene espressamente prorogata fino al 31 dicembre 2023, la possibilità per i Comuni di ricorrere alle modalità (derogatorie) di acquisizione di forniture, servizi e lavori di cui all’art. 1 co. 1, del D. L. 2019 n. 32 cit., così come modificato dall’art. 52 co. 1 lett. a) n. 1.2 del D. L. 2021 n. 77»

[58] V. Circolare del Ministero delle infrastrutture cit., secondo la quale: «emerge, da un lato, la chiara e perdurante volontà del legislatore di prevedere, con riferimento alle procedure afferenti alle opere PNRR e assimilate, un regime normativo “speciale” e derogatorio, allo scopo di favorire la celere realizzazione delle opere de quibus, scongiurandosi così un’eccessiva frammentazione delle stazioni appaltanti e, pertanto, un’inefficiente dispersione delle procedure di gara; dall’altro, l’indubbia volontà di cristallizzare il peculiare sistema di aggregazione delle stazioni appaltanti introdotto (seppure in vigenza del d. Lgs. n. 50 del 2016), dall’art. 52 co. 1 lett. a) n. 1.2 del D. L. n. 77/2021, anche al fine di favorire certezza del diritto e prassi consolidate»