Pubbl. Lun, 18 Mar 2024
Per la Cassazione è reato non corrispondere l´assegno di mantenimento mensile al coniuge separato
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Valentina Ciracì
Il presente contributo, partendo da un’analisi degli elementi costitutivi della fattispecie di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o scioglimento del matrimonio, analizza la recente sentenza della Corte di Cassazione n.2098 del 17 gennaio 2024 che, disattendendo la tesi difensiva, afferma il principio di diritto secondo cui integra il reato di cui all’art. 570 bis c.p. la condotta del coniuge che non adempie all’obbligo economico imposto in favore del coniuge separato, pur senza privarlo dei mezzi di sussistenza.
Sommario: 1. Premessa: analisi della fattispecie; 2. L’impossibilità economica assoluta ed incolpevole dell’obbligato quale causa di esclusione dell’elemento soggettivo nel delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio; 3. La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. VI, 17 gennaio 2024, n. 2098: il fatto; 3.1. La tesi difensiva; 3.2. L’orientamento avallato dalla Corte di Cassazione; 4. Conclusioni.
1. Premessa: analisi della fattispecie
I delitti di violazione degli obblighi di assistenza familiare (570 c.p.) e di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o scioglimento del matrimonio (570 bis c.p.) sono disciplinati dal capo IV, titolo XI, relativo ai delitti contro la famiglia: entrambe le fattispecie configurano un’ipotesi di reato proprio, realizzabile solo dal membro della famiglia in capo al quale gravano gli obblighi di assistenza familiare. Nello specifico, ai sensi dell’art. 570, co. 1, c.p., chiunque, abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da euro 103 ad euro 1.032.
Le medesime pene, ai sensi dell’art. 570, co. 2, c.p., si applicano a chi malversa o dilapida i beni del figlio o fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti, ovvero al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Diversamente, il delitto di cui all’art. 570 bis c.p., introdotto dall’art. 2, co. 1, lett. c), d. lgs. 1 marzo 2018 n. 21, estende l’ambito di applicazione delle pene previste dall’art. 570, c.p., al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli. In quest’ottica, la disposizione riprende il contenuto delle fattispecie incriminatrici già previste dall’art. 12 sexies, l. 898/1970 e dall’art. 3, l.54/2006, norme espressamente abrogate dall’art. 7, lett. b) e d) del medesimo d. lgs. Nella sua attuale formulazione, la norma configura un’ipotesi di reato proprio (del coniuge) omissivo, consistendo nell’inadempimento dell’obbligo economico fissato dal giudice con provvedimento.
Quanto all’individuazione degli elementi costitutivi, la condotta illecita è integrata non dalla mancata prestazione dei mezzi di sussistenza ma dalla mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile in favore dei figli minori, cosicché l’inadempimento costituisce di per sé l’oggetto del penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato di operarne una riduzione e non essendo necessario verificare se per tale via si sia prodotta o meno la mancanza dei mezzi di sussistenza[1]. In altri termini, assume rilievo penale tanto l’inadempimento totale dell’obbligo economico quanto l’inadempimento parziale, consistente nella riduzione dell’importo dovuto.
2. L’impossibilità economica assoluta ed incolpevole dell’obbligato quale causa di esclusione dell’elemento soggettivo nel delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio
Ai fini della configurazione della fattispecie in esame è richiesto il dolo generico, ovvero la volontà e la consapevolezza in capo all’agente di sottrarsi agli obblighi economici sul medesimo incombenti. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità - secondo un orientamento costante - ha statuito che, per la valutazione dei presupposti necessari per l'integrazione del delitto di cui all'art. 570 bis, c.p., è necessario, a monte, effettuare un bilanciamento tra i doveri di solidarietà verso la prole da un lato e le esigenze di sopravvivenza del genitore tenuto al pagamento dell’assegno di mantenimento dall’altro.
Ed invero, diversamente opinando, si configurerebbe una responsabilità “automatica” del coniuge obbligato ogni qualvolta che, attesa la conoscenza delle prescrizioni imposte con provvedimento del Tribunale, si sottrae all’obbligo economico.
Secondo l’indirizzo avallato dalla giurisprudenza di legittimità, assume rilievo determinante la sussistenza di una causa di impossibilità che preclude al coniuge l’opportunità di adempiere agli obblighi di mantenimento imposti dal giudice civile; tale impossibilità deve essere assoluta, non potendo desumersi automaticamente neppure da una condizione di disoccupazione dell'obbligato (non potendo escludere, in ipotesi, che questi possa godere di rendite finanziarie, dominicali o comunque di introiti diversi dai redditi da lavoro).
Tuttavia, il concetto di assolutezza non deve essere calibrato al livello dell'indigenza totale, dovendo essere inteso, piuttosto, secondo un'accezione di tipo assiologico, in coerenza con il generale principio di offensività del diritto penale. Invero, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, incombe sull'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talché la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale dello stato di disoccupazione[2].
Ai fini dell’esclusione dell’elemento soggettivo della fattispecie di cui all’art. 570 bis c.p., occorre tenere in considerazione i beni giuridici in conflitto, assegnando certamente prevalenza alla tutela della prole e, comunque, del familiare c.d. "debole", in ragione dei doveri di solidarietà imposti dalla legge civile (art. 433 c.c. ss.), ma individuando il punto di equilibrio tra i medesimi, secondo il canone generale della proporzione e tenendo conto di tutte le peculiarità del caso specifico: importo delle prestazioni imposte, disponibilità reddituali dell'obbligato, necessità per lo stesso di provvedere a proprie spese alle esigenze di vita egualmente indispensabili (vitto, alloggio, spese inevitabili per la propria attività lavorativa), solerzia, da parte sua, nel reperimento di possibili fonti di reddito (eventualmente ulteriori, se necessario, rispetto a quelle di cui già disponga), contesto socio-economico di riferimento e quant'altro sia in condizione d'influire significativamente sulla effettiva possibilità di assolvere al proprio obbligo, se non a prezzo di non poter provvedere a quanto indispensabile per la propria sopravvivenza dignitosa[3].
In tal senso, il diritto dell’obbligato ad un livello di vita dignitoso costituisce un limite invalicabile, trattandosi di un diritto non comprimibile, all’interno del quale non può imputarsi alcuna responsabilità penale in capo al coniuge che ometta (totalmente o parzialmente) di provvedere al mantenimento della prole per far fronte alle proprie esigenze primarie.
3. La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. VI, 17 gennaio 2024, n. 2098: il fatto
La Corte di appello di Ancona confermava la condanna emessa in primo grado per il reato di cui all’art. 570 bis, c.p., nei confronti dell’imputato che per un verso faceva mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore e alla moglie separata, omettendo di versare (da gennaio ad aprile 2018) l'assegno di mantenimento mensile fissato in euro 500 euro e non contribuendo al pagamento delle spese straordinarie per il figlio minore (fissate nella misura del 50%) e per altro violava il provvedimento del Tribunale che prevedeva il diritto/dovere dell'imputato difare visita al figlio almeno due pomeriggi alla settimana.
3.1 La tesi difensiva
L’imputato proponeva ricorso per Cassazione deducendo, tra l’altro, il vizio di violazione di legge in relazione alla configurabilità del reato di cui all'art.570 bis, c.p. per le condotte compiute in danno del coniuge. In particolare, secondo la tesi avallata dalla difesa, il legislatore delegato - introducendo il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio, in attuazione della legge delega 23 giungo 2017, n. 103, in ossequio al c.d. principio della riserva di codice - violava per eccesso la delega, non limitandosi a “trasferire” all’interno del codice le fattispecie penali pre-esistenti, ma incriminando un fatto in precedenza non previsto dalla legge come reato, quale, appunto, quello della violazione degli obblighi di natura economica nei confronti del coniuge separato. Invero, prima dell’entrata in vigore dell’art. 570 bis c.p., le condotte commesse dal coniuge in danno del coniuge separato potevano essere incriminate ai sensi dell'art.570, co. 2, n. 2, c.p., solo nell’ipotesi in cui il comportamento avesse determinato la mancanza dei mezzi di sussistenza.
In questa prospettiva, secondo la ricostruzione difensiva, la riqualificazione da parte del Tribunale è da ritenersi illegittima, giacché la condotta del soggetto che viola gli obblighi di natura economica nei confronti del coniuge separato ma non fa mancare i mezzi di sussistenza non può considerarsi attualmente reato.
3.2 L’orientamento della Corte di Cassazione
La questione affrontata dalla Corte di Cassazione attiene ai rapporti tra il reato introdotto all'art. 570bis c.p. e la fattispecie dapprima disciplinata dagli artt. 3 e 4 I. 8 febbraio 2006, n.54, che sanzionava l'omessa corresponsione dell'assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione. Nello specifico, l'art. 3 I. n.54/2006, estendeva l’ambito di applicazione della sanzione prevista dall'art. 12sexies l. 1 dicembre 1970, n.898 (norma che sanziona il coniuge divorziato che si sottrae dall’obbligo di corresponsione dell’assegno) statuendo che, in materia di separazione dei genitori e di affidamento condiviso dei figli, in caso di violazione degli obblighi di natura economica trova applicazione la disposizione di cui all’art. 12 sexies. In siffatto panorama normativo, prima dell’entrata in vigore dell’art. 570 bis c.p., occorreva distinguere tre differenti ipotesi: a) i soggetti coniugati in costanza di coabitazione per i quali trovava (e trova tutt’oggi) applicazione l'art. 570 c.p., incluso il comma 2, n. 2, nell'ipotesi in cui si facciano mancare i mezzi di sussistenza; b) i soggetti divorziati per i quali trovava applicazione la legge n. 898 del 1970, con la conseguenza che anche una sola violazione degli obblighi assumeva rilievo penale; c) i separati per i quali, secondo l’interpretazione giurisprudenziale prevalente, trovava applicazione solo l'art. 570, comma 2, n. 2, c.p., prevedendo un riferimento espresso al coniuge il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Le altre fattispecie di cui all'art. 570 c.p., secondo l’opinione prevalente, trattandosi di soggetti separati, non potevano essere applicate. Allo stesso modo, non poteva trovare applicazione la legge n. 898 del 1970, poiché riferita ai soli divorziati. Altresì, occorreva escludere l’ipotesi dell’applicazione della l. n. 54/2006, giacché relativa agli obblighi di natura economica fissati a carico di un genitore (divorziato, separato, ex convivente di fatto) nei confronti dei figli e non a favore del coniuge o del convivente. In sintesi, secondo tale indirizzo, la mera violazione di un obbligo a carico di un coniuge separato a favore dell'altro coniuge separato non risultava punibile.
Ai fini del rilievo penale, ai sensi dell’art. 570, co. 2, n. 2, occorreva un quid pluris: era punibile la violazione reiterata che avesse determinato una mancanza dei mezzi di sussistenza. Tale interpretazione restrittiva, in forza di un'esegesi fondata sull'iter normativo che aveva condotto all'approvazione della legge n. 54 del 2006, escludeva l’applicazione dell’art. 3 l. 54/2006 ai rapporti patrimoniali tra coniugi, restringendo l'ambito applicativo della norma incriminatrice al solo inadempimento dell’obbligo economico imposto nei confronti dei figli[4].
L’attuale formulazione dell’art. 570bis, c.p. ha razionalizzato la disciplina, racchiudendo in un'unica previsione sanzionatoria la condotta del coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero di violazione degli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
Tuttavia, la norma, in attuazione del principio della riserva di codice, si è limitata a realizzare un riordino nella disciplina, riconducendo nell'alveo del codice penale le norme incriminatrici precedentemente contenute nella legislazione speciale, senza apportare alcuna modifica sostanziale.
Quanto ai rapporti tra l’art. 3 l. 54/2006 e l’attuale art. 570 bis c.p., in virtù della conclamata continuità normativa, l’interpretazione giurisprudenziale restrittiva (di cui sopra) dovrebbe ritenersi riferita anche alla nuova previsione.
Pertanto, i fatti in esame non dovrebbero ritenersi incriminati nemmeno oggi: diversamente opinandosi determinerebbe una nuova incriminazione e quindi, si sfocerebbe, in un vero e proprio eccesso di delega. Tale assunto, ad avviso della Corte di Cassazione, non può essere condiviso. Secondo un diverso orientamento[5] avallato dalla Corte di legittimità con la pronuncia in esame, l'art. 3, l. 5 4/200, estendendo l'applicabilità dell'art. 12 sexies, l. n. 898/1970 all’ipotesi di violazione degli obblighi di natura economica discendenti dal provvedimenti adottati in sede di separazione tra i coniugi, ha equiparato il rilievo penale dell’omesso versamento dell'assegno nei confronti del coniuge e/o dei figli, sia quando stabilito in sede di separazione che quando previsto in sede di divorzio[6]. In altri termini, secondo tale indirizzo, l’art. 3 l. 54/2006 ha uniformato la posizione dei coniugi legalmente separati a quella dei coniugi divorziati; ed invero, la norma menziona genericamente i casi di violazione degli obblighi di natura economica originati dal procedimento di separazione dei coniugi, senza effettuare alcuna distinzione in ordine ai soggetti beneficiari.
Ancora, in tal senso, occorre valorizzare il richiamo all’art.12 sexies l. 898/1970 (oggi trasfuso nell’attuale formulazione dell’art. 570 bis), norma che puniva gli inadempimenti degli obblighi di natura economica originati da provvedimenti adottati nel corso del procedimento di scioglimento o cessazione degli effetti del matrimonio non solo quando tali obblighi fossero stabiliti in favore dei figli, ma anche allorquando essi fossero imposti in favore dell'altro coniuge[7].
Peraltro, secondo la ricostruzione della Corte di legittimità, la separazione legale presenta caratteristiche assimilabili al divorzio: sul piano formale, in entrambi i casi possono derivare obblighi di corresponsione giudizialmente stabiliti a carico di unconiuge e a favore dell'altro. Inoltre, se si assume come ratio della tutela di queste situazioni la vulnerabilità di una delle due parti, si deve osservare come la situazione del coniuge separato sia diobiettiva vulnerabilità e necessiti tutela, al pari del coniuge divorziato.
4. Conclusioni
Seguendo tale iter argomentativo, la Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui il reato di cui all’art. 570 bis c.p. è configurabile anche nel caso in cui l’omesso versamento abbia ad oggetto l’assegno previsto in favore del coniuge separato, così equiparando sul versante penale l’omissione dell’obbligo economico nei confronti del coniuge e dei figli stabilito tanto in sede di separazione quanto in sede di divorzio. I giudici di legittimità hanno superato l’interpretazione restrittiva dell’art. 3 l. 54/2006, ritenendo che la norma, sin dalla sua entrata in vigore, rispondesse all’esigenza di eguagliare la posizione dei coniugi separati a quella dei coniugi divorziati.
In tal senso, l’attuale formulazione dell’art. 570 bis c.p., si pone in linea di continuità con la disposizione precedente. Giova evidenziare che l’art. 3, in tema di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, sanzionava genericamente la violazione degli obblighi di natura economica, senza effettuare qualsivoglia tipologia di distinzione.
Aderendo all’interpretazione restrittiva, la norma originaria stessa (l’art. 3) risulterebbe contraddittoria: attribuirebbe rilievo penale alle omissioni economiche del coniuge separato nei confronti dei figli ma escluderebbe la responsabilità del coniuge che si sottrae all’obbligo finanziario statuito in favore del coniuge separato, in assenza di un espressa precisazione normativa in tal senso, vanificando l’essenza del richiamo all’art. 12 sexies l. 898/1970.
Per tutti questi motivi, secondo i giudici di Piazza Cavour, l’art. 570 bis c.p. sanziona la condotta omissiva del coniuge che si sottragga all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli, ponendosi in continuità con le fattispecie incriminatrici già previste dall’art. 12sexies, l. 898/1970 e dall’art. 3, l. 54/2006, senza eccedere i limiti della delega ed in conformità al principio della riserva di codice.
Alla stregua di ciò, integra il reato di cui all’art. 570 bis c.p. la condotta del coniuge inadempiente che si sottrae all’obbligo economico imposto in favore del coniuge separato con provvedimento del Tribunale in sede di separazione, pur senza privarlo dei mezzi di sussistenza. In quest’ottica, secondo tale orientamento,assume rilievo penalela “mera” violazione.
[1]Sul punto, Cass. pen., Sez. VI, Sent. 19 gennaio 2021, n. 4677.
[2]Al riguardo, Cass. pen., Sez. VI, Sent. 12 giugno 2023, n. 25290; Cass. pen., Sez. VI, Sent. 29 gennaio 2019, n. 7372.
[4]In questo senso, seppur con differenti declinazioni motivazionali, Sez. 6, n.36263 del 22/09/2011, Rv. 250879; Sez. 6, n. 34181 del 19/6/2014, non mass.; Sez.6, n.41832 del 30/9/2014, non mass.; Sez.6, n.10800 del 28/11/2013, dep.2014, non mass.
[5]In contrasto con l’indirizzo precedente, Cass. pen., Sez. VI, Sent. n. 36205 del 16/12/2020, A., Rv. 280179.
[6]Nello stesso senso, Corte Cost., Sent. n. 189 del 2019, secondo cui «l'art. 3 della legge n. 54 del 2006 stabilì l'applicabilità dell'art. 12 sexies della legge n. 898 del 1970 per il caso di violazione degli obblighi di natura economica discendenti dalla sentenza di separazione tra i coniugi equiparando cosi integralmente sul piano penale il mancato versamento dell'assegno nei confronti del coniuge e dei figli, stabilito tanto in sede di separazione quanto di divorzio».
[7]In questa prospettiva,Cass. pen., Sez. 6, n. 43341 del 27/09/2016, D.C., Rv. 268506, che in motivazione ha affermato che il citato art. 3 assiste con sanzione penale gli inadempimenti agli obblighi stabiliti con qualunque intervento, volontario o coattivo, dettati in materia economica nel corso della separazione; altresì, Cass. pen., Sez. 6, n. 1653 del 24/10/2013, dep. 2014, F., Rv. 258132, che in motivazione ha precisato che il citato art. 3 sanziona la violazione degli "obblighi di natura economica", senza operare alcuna distinzione quanto alla loro fonte; sulla stessa linea, Cass. pen., Sez.6, n.18106 del 10/5/2021, che ha ritenuto che il reato di cui all'art. 570-bis cod. pen. sia configurabile anche nel caso in cui l'omesso versamento abbia ad oggetto l'assegno previsto in favore del coniuge separato.