Pubbl. Mer, 28 Gen 2015
Precari P.A.: la Cassazione condanna l´abuso
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Giuseppe Ferlisi
Ebbene, tale importantissima pronuncia è stata richiamata, seppur solo implicitamente, dalla Cassazione con la sentenza 23\12\2014 n. 27363, nella quale viene dichiarato che costituisce "abuso dei contratti a termine per contrasto alla direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999", la ripetizione dei contratti a termine nel settore pubblico oltre i trentasei mesi.
Abbiamo già analizzato la sentenza con cui la Corte di giustizia dell'Unione Europea condannava l'Italia per l'abuso dei contratti precari nella P.A. (v. qui).
La Cassazione ha esortato il legislatore ad applicare serie sanzioni per evitare la perpetuazione di tale abuso, anche se la parte della sentenza appena citata costituisce "obiter dictum", e quindi una questione affrontata solo incidentalmente, che non sarà coperta dal giudicato.
La Cassazione si è pronunciata dopo oltre sei anni, superando i termini ragionevoli del processo fissati dalla “legge Pinto” (tre anni per il primo grado, due per il secondo ed uno per il giudizio di legittimità) e ha evitato la domanda giudiziale, dando un parere non richiesto su questione estranea al processo.
Il caso riguarda una infermiera che negli anni ’90 era stata assunta con contratti precari vari in sequenza, per essere infine assunta a tempo indeterminato tramite concorso. Quando ormai era stata collocata a riposo, la donna ha chiesto il risarcimento dei danni per quei vecchi contratti di precariato, ma i giudici dei due primi gradi di giudizio avevano respinto la domanda, affermando che, incontestata l’illegittimità dei contratti, comunque mancava il danno.
L’infermiera ha proposto, quindi, ricorso per Cassazione per il risarcimento del danno e la Corte ne ha approfittato per affermare, aderendo alla più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, che, se il precariato supera complessivamente trentasei mesi, si avrebbe diritto all’immissione in ruolo senza concorso specifico.
Nella decisione in commento la Cassazione cita la sentenza “Carratù” e l’ordinanza “Papalia” della Corte di giustizia dell'Unione Europea, ma vi è la sensazione che la Suprema Corte abbia tenuto conto soprattutto della sentenza del 26 novembre scorso; infatti, la Cassazione ha ripetuto riferendole genericamente a tutto il pubblico impiego, le parole della Corte europea sull’applicabilità del tetto dei trentasei mesi, oltre il quale scatterebbe l’immissione “in ruolo” senza concorso specifico.
Ciò potrebbe risultare ben strano, dato che la decisione della Cassazione è precedente a quella della Corte Europea, tuttavia la sua pubblicazione è successiva e ciò dimostra come la giurisdizione, con la velocità del web, è diventata ancor più delicata e difficile.
(Giuseppe Ferlisi)