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Pubbl. Mar, 30 Apr 2024

Evoluzione dell´istituto del subappalto e relative problematiche giuridiche

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Francesco Andreano
Funzionario della P.A.Alma mater studiorum - Università di Bologna



L’elaborato vuole illustrare i motivi per cui il subappalto è sin dalla sua introduzione nell’ordinamento italiano legato alla normativa antimafia e come mai viene mal visto dal legislatore nazionale. Verrà analizzato il suo sviluppo nel tempo, sia dal punto di vista normativo che giurisprudenziale.


ENG

Evolution of the institution of subcontract and the relative legal problems

The essay aims to illustrate the reasons which is why subcontracting has been linked to anti-mafia legislation from its introduction into Italian law and why it is frowned upon by the national legislator. Its development over time will be analyze, both from a regulatory and jurisprudential point of view.

Sommario: 1. Introduzione al Subappalto; 1.1. Il Subappalto quale fattore di rischio di distorsione della concorrenza; 2. Sviluppo storico del Subappalto: le direttive europee del 2004; 2.1. Un'occasione persa per definire dettagliatamente il Subappalto; 3. Panoramica degli interventi giurisprudenziali susseguitisi negli ultimi anni; 3.1. Gli sviluppi normativi recenti fino al D.lgs. 36 del 2023; 4. Conclusioni;

1. Introduzione al Subappalto

Il presente istituto viene definito come un tipo di contratto d’appalto dove l’appaltatore devolve al subappaltatore (soggetto terzo ed estraneo all’originario rapporto contrattuale) l’esecuzione di parte delle prestazioni.

Dato che per alcuni autori è “nel mondo degli appalti delle opere pubbliche che le organizzazioni malavitose cercano di ottenere un illecito profitto”1 le imprese che non posseggono i requisiti per partecipare ad una procedura di affidamento possono entrare in gioco durante l’esecuzione del contratto sfruttando il subappalto. E’ dunque a causa dello sfavore del legislatore nazionale che si rende necessaria una preventiva autorizzazione da parte della stazione appaltante. Quest’ultima, era prevista sin dalla legge sulle opere pubbliche n. 2248 del 1865 all. F ed è stata poi inserita nel codice civile all’art. 1656 (l'appaltatore non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio se non è stato autorizzato dal committente).

Un ulteriore elemento da tenere in considerazione è la differenza con l’ordinamento europeo. Mentre l’Unione Europea (UE) con il libro verde sugli appalti pubblici (COM/2011/15) sosteneva tale strumento il nostro ordinamento mostrava una maggiore cautela.

1.1. Il Subappalto quale fattore di rischio di distorsione della concorrenza

Nell’ordinamento italiano la disciplina del subappalto si è intrecciata con la nascita della normativa antimafia. Sarà grazie alla l. 55 del 1990 che la normativa sul subappalto sarà influenzata per i prossimi trent’anni in merito all’individuazione della categoria prevalente ed al relativo importo da indicare nel progetto e nel bando di gara. Agendo però in questo modo si svilupperanno attriti con le Istituzioni Europee.

A livello europeo vi è un forte sostegno a questo istituto visto che la “Corte di Giustizia Europea (CGUE) lo vede come uno strumento per garantire la concorrenza effettiva tra i potenziali contraenti”2. È della stessa opinione l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) la quale evidenzia come un suo errato utilizzo possa portare alla lesione della concorrenza con la spartizione del mercato. L’eventuale accordo anticoncorrenziale per essere poi definito tale non deve però limitarsi alla mera sottoscrizione di un contratto di subappalto ma deve scaturire da precedenti accordi illeciti presi tra le parti facendo così venir meno il confronto di gara tra gli operatori economici (OE).

Il mercato e la concorrenza non sono gli unici valori che vengono perseguiti dal legislatore europeo anche perché vanno conciliati con il contrasto a distorsioni e degenerazioni derivanti da un errato utilizzo del subappalto. L’individuazione di un equilibrio viene alla fine rimesso agli stati membri con l’attuazione delle direttive i quali devono però rispettare il principio di proporzionalità. Il rigore applicato dovrà di conseguenza variare sulla base di considerazioni giuridiche, economiche e sociali.

2. Sviluppo storico del Subappalto: le direttive europee del 2004

Le prime direttive comunitarie sui contratti pubblici “non guardavano tanto alla parte esecutiva (fase in cui si concretizza l’istituto)...in quanto, non veniva considerata immediatamente collegata al raggiungimento di una maggiore concorrenza”3. Per lo stesso subappalto erano presenti limitate indicazioni. È in questa circoscritta regolamentazione europea che il legislatore italiano troverà ampi margini di manovra per limitarne l’utilizzo anche perchè è stato spesso utilizzato come strumento per sfruttare le PMI abbassando così il livello qualitativo delle prestazioni. In contrapposizione, i subappaltatori hanno sempre trovato attraente questo istituto poiché grazie ad esso non hanno una responsabilità diretta verso la stazione appaltante.

Con le direttive europee 2004/17/CE e 2004/18/CE si voleva ulteriormente favorire l’acceso delle PMI agli appalti pubblici in modo da valorizzare il libero mercato per renderlo più competitivo. Gli artt. 25 della direttiva 2004/18/CEE e 37 della direttiva 2004/17/CEE statuiscono che l’amministrazione aggiudicatrice nel capitolato d’oneri può chiedere o può essere obbligata da uno stato membro a chiedere all’offerente di indicare nella sua offerta quali parti intende subappaltare come pure i subappaltatori proposti.

Per attuare e recepire le due direttive bisognerà aspettare la legge comunitaria n. 62 del 2005 che porterà all’adozione del D.lgs. 163 del 2006. Questo codice verrà aspramente criticato visto l’inserimento di un limite quantitativo al subappalto e l’imposizione (indiretta) tramite una clausola nel capitolato d’oneri dell’esecuzione di una parte dei lavori avvalendosi di risorse proprie.

La giurisprudenza italiana si è poi posta il problema se con le direttive del 2004 fosse lecito adottare soluzioni più restrittive per limitare l’utilizzo dell’istituto. Con l’art. 118 del D.lgs. 163 del 2006 furono inserite condizioni volte a “tutelare l’amministrazione aggiudicatrice non tanto dall’immutabilità dell’affidatario ma...per evitare che, nella modifica degli assetti sostanziali che scaturiscono dalla gara pubblica, venisse inficiato quell’interesse pubblico che ha portato allo svolgimento di una gara pubblica”4.

Sull’art. 118 c. 2 del D.lgs 163 del 2006 tornò l’Ad. Plen del Cons. di Stato con la sent. 9 del 2015 affermando che il non prevedere l’indicazione del nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta fu sinonimo di una “scelta chiara e cosciente”5. Inoltre, la tassatività dell’elenco presente al succitato comma non permetteva di compiere un’ulteriore attività ermeneutica visto com’erano circoscritte le condizioni di efficacia del subappalto. Successivamente, prenderà atto della volontà del legislatore nazionale a voler introdurre l’indicazione del nominativo del subappaltatore a seguito dell’approvazione delle tre direttive del 2014 viste le esigenze più garantistiche, conservatrici e probabilmente meno concorrenziali.

2.1. Un’occasione persa per definire dettagliatamente il Subappalto

Nella direttiva 2014/24/UE all’art. 71 non si darà la possibilità al singolo Stato membro di introdurre un limite generale ed astratto però all’art. 105 del D.lgs. 50 del 2016 il subappalto sarà sottoposto a misure più stringenti rispetto a quanto previsto dalla direttiva. Qui il Consiglio di Stato, con il parere 855/2016, specificò che il maggior rigore era giustificato per tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica da “un’ipotesi di gold plating tramite i contro-limiti di diritto interno presenti nell’art. 36 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)”6. Questo limite però penalizzò le PMI a cui si limitava (o addirittura si precludeva) l’accesso al mercato. In risposta a questo problema si cercò di coinvolgerle nelle procedura di gara grazie alla possibilità fornita dal raggruppamento temporaneo di imprese (RTI).

Successivamente, il Consiglio di Stato con il parere n. 782/2017 specificò che “rispetto alle direttive del 2004, quelle del 2014 danno più libertà nel prevedere una maggiore restrizione all’utilizzo dell’istituto”7 in quanto, nonostante non sia prevista esplicitamente la possibilità di inserire un limite quantitativo, vi è una maggiore attenzione alla tutela del lavoro, alla trasparenza e all’accesso delle PMI.

I singoli Stati membri potevano prevedere quindi limiti qualitativi “da un punto di vista oggettivo limitando ad esempio l’istituto a definite categorie di appalti oppure da un punto di vista soggettivo circoscrivendone l’utilizzo a determinate amministrazioni aggiudicatrici o OE”8. Si individuò lo Stato membro come soggetto giuridico idoneo all’inserimento di restrizioni per motivazioni storiche, giuridiche, economiche e sociali. Già il fatto che lo stesso legislatore europeo dia questa possibilità implica che vi sia anche da un punto di vista sovra-nazionale una certa “diffidenza” nei confronti dei subaffidamenti.

I vincoli posti dal Codice del 2016 però causarono un “aggravio di costi per i committenti visto che non si possono avvalere delle specializzazioni di altre imprese portando così anche ad una restrizione delle professionalità negli appalti pubblici”9. Inoltre, con un limite al 30% si impedisce alle PMI di partecipare per erogare quel 70% di prestazioni richieste (ostacolando l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi) precludendo alle amministrazioni aggiudicatrici di ricevere un adeguato numero di offerte.

Bisogna inoltre considerare che, ragionevolmente e non solo da un punto di vista prettamente giuridico, si fa fatica a capire il motivo per cui un OE che possiede tutte le caratteristiche per ricevere in subappalto una prestazione o un lavoro sia in grado di essere idoneo moralmente solo sotto una determinata percentuale e non lo sia più per quote maggiori.

Rimettendo alla CGUE la complessa questione legata al subappalto si evidenzia come uno strumento volto a poter ampliare la partecipazione alle procedure di gara delle PMI porti ad un erroneo utilizzo per distorcere le regole dell’evidenza pubblica.

Bisogna comunque dire che, visti gli obblighi previsti dall’art. 71 della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 105 del D.lgs. n. 50 del 2016, in termini di adempimenti procedurali il subappaltatore risulta essere soggetto a controlli simili a quelli compiuti nei confronti dell’aggiudicatario. La stazione appaltante riesce ormai a conoscere anticipatamente all’esecuzione quali parti del contratto saranno subappaltate e a chi potendo quindi verificare il possesso della qualifica per quelle prestazioni, la regolarità contributiva, il rispetto degli obblighi di sicurezza e l’assenza di motivi di esclusione.

3. Panoramica degli interventi giurisprudenziali susseguitisi negli ultimi anni

La CGUE con la causa C-406/14 aveva ribadito che il diritto europeo non prevede la possibilità per gli Stati membri di limitare quantitativamente il subappalto. Un’amministrazione aggiudicatrice pertanto non può imporre all’aggiudicatario lo svolgimento di una parte dei lavori grazie ad una clausola presente nel capitolato d’oneri. Non è neanche possibile l’obbligo di realizzazione dell’opera principale in caso di ricorso a subappaltatori (causa C-298/15) in quanto ostacola e lede l’esercizio della libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi.

Con la sent. 63 del 2019 inoltre, la sez. V della CGUE affermò che una rigida limitazione al 30% risulta essere incompatibile con la direttiva 2014/24/UE anche qualora la stazione appaltante “sia in grado di verificare l’idoneità degli interessati subappaltatori e laddove ritenga che tale divieto (dopo aver esperito le opportune verifiche) non sia necessario al contrasto della criminalità organizzata”10.

Con la sentenza Vitali (C-63/18) venne accertato il contrasto con gli artt. 57 e 71 della direttiva 2014/24/UE riguardo al limite del 30% dell’istituto. L’art. 71 prevede la possibilità alle amministrazioni aggiudicatrici di chiedere (o di essere obbligate dallo Stato membro) all’OE offerente che intenzioni abbia in materia di subappalto per poi vedere la presenza di possibili cause di esclusione ai sensi dell’art. 57 della direttiva. Questa previsione però non dà alcuna possibilità ai singoli Stati membri di poterne limitare il ricorso in un modo così astratto.

Il governo italiano non sarà in grado di dimostrare che, nonostante sia prevista dalla normativa europea la possibilità di limitare l’utilizzo di questo strumento, “la normativa italiana non riesce a raggiungere l’obiettivo che si prefigge di perseguire”11 rischiando di colpire anche chi è estraneo a fenomeni malavitosi.

Nella causa C-402/18 oltre a ribadire l’illegittimità del limite del 30% è stato considerato in contrasto rispetto a quanto previsto dalla normativa europea anche il limite del 20% del ribasso dei prezzi legati alle prestazioni conferite in subappalto. Il fatto che nel rapporto tra appaltatore e subappaltatore non possa essere prevista la possibilità di applicare prezzi non inferiori all’80% rispetto a quelli praticati tra appaltatore e committente non è affatto compatibile con le direttive europee. La Corte non reputò che tale limitazione, volta a tutelare i livelli salariali dei lavoratori coinvolti nel contratto di subappalto e a garantire la redditività e la corretta esecuzione dell’appalto, sia idonea.

In merito al ribasso la CGUE affermò che nel momento in cui un offerente riesca a ridurre i costi negoziati con i subappaltatori non si viola in sé la parità di trattamento ma si ottiene una concorrenza rafforzata permettendo di perseguire le finalità dettate dalle direttive.

Inoltre, il TAR del Lazio con la sent. n. 6010 del 2018 e la Corte con la causa C-395/18 hanno sentenziato riguardo all’obbligo dell’indicazione di una terna di subappaltatori specificando che vi è una lesione del principio di proporzionalità. Si prevede ai sensi dell’art 80 c. 5 del D.lgs. 50 del 2016 l’esclusione automatica non soltanto nei confronti del subappaltatore ma anche verso il contraente originale. L’art. 57 della direttiva 2014/24/UE però prevede la possibilità per l’OE di produrre prove a dimostrazione della sua affidabilità (introducendo quindi una sorta di self cleaning). In conclusione, non si possono prevedere restrizioni eccessive per tutelare l’interesse pubblico che quella determinata autorità deve realizzare.

La Commissione Europea con una lettera del 24 gennaio 2019 aprì quindi una procedura di infrazione (n. 2018/2273) nei confronti della Repubblica italiana indicando in mora la normativa non conforme del D.lgs. 50 del 2016. Venne evidenziato come nelle tre direttive del 2014 non fosse previsto alcun limite all’utilizzo dell’istituto.

Infatti, il limite del 30% viola le disposizioni comunitarie in quanto è previsto per ogni contratto di appalto e non per quelle situazioni in cui risulta necessario. Incompatibile è anche l’indicazione di una terna di subappaltatori poiché serve indicarne tre anche se all’OE ne occorrono meno. Infine, viene specificato con le direttive del 2014 che non viene preclusa a priori la possibilità di usufruire del cosiddetto “subappalto a cascata” nonostante l’ordinamento italiano vieti questa possibilità.

A fronte quindi delle sentenze della CGUE il provvedimento amministrativo di diniego al subappalto adottato in contrasto con la normativa europea risulterebbe annullabile (art. 21-octies della l. 241 del 1990) e quindi sindacabile innanzi al giudice amministrativo. Tramite quindi la sentenza avente effetto caducatorio dell’atto annullabile la stazione appaltante dovrebbe provvedere nuovamente tenendo conto dei rilievi evidenziati dalla sentenza. Nel caso in cui però se una delle parti non impugnasse l’atto questo risulterebbe valido seppur contrastante con il diritto comunitario.

In conclusione, le pronunce della CGUE affiancate dagli interventi emergenziali attuati durante la pandemia di Covid-19 causarono una particolare incertezza normativa la quale oltre ad aumentare potenzialmente il rischio di infiltrazioni criminose poteva determinare anche una perdita di risorse europee. Difatti, all’art 8 comma 5 del d.l. 77 del 2021 (decreto Semplificazioni) si prevedevano per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR clausole di riduzione o revoca dei contributi in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi previsti nei tempi assegnati.

3.1. Gli sviluppi normativi recenti fino al D.lgs. 36 del 2023

Gli effetti di queste sentenze sono erga omnes pertanto, il “legislatore nazionale ha finito con l’essere vincolato dagli orientamenti della CGUE”12. Inoltre, avendo efficacia ex tunc si consolida il valore della norma europea ancora prima della conclusione della sentenza interpretativa la quale avrà valenza in tutti quei rapporti che si sono già costituiti. In definitiva, il nostro ordinamento dovrà essere adeguato alla normativa europea.

A seguito però della sentenza Vitali, il Dipartimento delle Politiche Europee ha riferito che non sono state intraprese iniziative legislative per dare attuazione a quanto ribadito dalla CGUE (cosa che sarebbe dovuta avvenire con la legge annuale europea grazie alla l. n. 234 del 2012). Pertanto, nel 2020 circolerà una bozza di disegno di legge di approvazione della legge europea 2019-2020 ma vi saranno forti rallentamenti a causa della pandemia di Covid-19.

L’ANAC formulò poi delle proposte per modificare la normativa nazionale con l’atto di segnalazione n. 8 del 13 novembre 2019. Individuò alcuni punti di intervento per trovare un equilibrio tra le esigenze nazionali di sicurezza pubblica e la flessibilità imprenditoriale riconosciuta a livello europeo.

L’ANAC propose i seguenti criteri per circoscriverne l’utilizzo: il settore merceologico di riferimento, la natura della prestazione (prevalente o accessoria), l’esigenza di non parcellizzazione dell’appalto per eseguire in modo veloce ed efficiente il contratto ed infine il valore e la complessità dell’accordo.

Il d.l. 32 del 2019 (decreto Sblocca Cantieri) inoltre, provava ad alzare la soglia all’istituto (passando dal 30% al 40%) ma al contempo eliminava la verifica dei requisiti del subappaltatore in gara (posticipandola alla fase dell’esecuzione) e tali modifiche “non rispondevano alle osservazioni avanzate in sede di procedura di infrazione”13.

A livello europeo non era presente una restrizione al subappalto perché vi era la necessità che il bando di gara imponesse agli OE di indicare in sede di offerta l’intenzione di subappaltare ed i subappaltatori proposti in modo tale che la stazione appaltante fosse messa nelle condizioni di verificarne le capacità durante la valutazione dell’offerta e della selezione dell’aggiudicatario.

Sono state fatte poi ulteriori modifiche con il d.l. 77 del 2021 grazie alle quali il legislatore italiano ha provato a dare una risposta alle critiche mosse dalla CGUE. Inoltre, lo stesso limite imposto al 50% risultò essere incompatibile con il diritto europeo data la sent. n. 4150 del 2021 del Cons. di Stato sez. V.

Dal 1° novembre 2021 verranno rimossi i limiti percentuali massimi generali ed astratti e quelli relativi alla percentuale massima di ribasso che si pratica sui prezzi del contratto di subappalto. Sarà onere della stazione appaltante indicare le possibili restrizioni in base alle peculiarità di quel determinato affidamento.

Inoltre, con la legge 238 del 2021 (anche il codice del 2023 recepirà questa impostazione) verrà meno il divieto di subappalto per quell’OE che ha partecipato alla procedura di affidamento. La CGUE ha appoggiato questa posizione in quanto, nonostante la possibile collusione che può presentarsi nel corso di una procedura di appalto, le amministrazioni aggiudicatrici non devono basarsi su una presunzione generale per cui un comportamento collusivo possa presentarsi in ogni procedura di gara.

Il nostro ordinamento, dopo le sentenze della CGUE, ha dato una risposta definitiva con l’approvazione del nuovo codice degli appalti pubblici. Con il D.lgs. 36 del 2023 finalmente potremo vedere capitolati al cui interno saranno presenti limiti al subappalto ma che dipendono da analisi compiute nel caso concreto.

Con il nuovo codice all’art. 119 è stato finalmente eliminato quel limite quantitativo che si applicava in qualsiasi procedura di appalto indipendentemente al settore economico. Questo, oltre a penalizzare l’OE colpiva anche le stazioni appaltanti rimanendo senza il benché minimo margine di valutazione. In questo modo, si dà una maggiore discrezionalità alle amministrazioni aggiudicatrici dando loro la possibilità di effettuare le opportune valutazioni sulla base delle caratteristiche dell’appalto. Le eventuali limitazioni dovranno pertanto essere specificate e motivate rispettando i principi di trasparenza e tutela del mercato del lavoro.

Rimarrà la restrizione del 50% per le prestazioni riguardanti la categoria prevalente e quelle ad alta intensità di manodopera la quale, viene collegata alla “previsione dell’attuale sistema di qualificazione degli OE in quanto si prevede un’unica categoria prevalente”14.

Restano comunque alcune condizioni infatti nell’offerta bisogna indicare quei lavori, servizi e forniture che si intende subappaltare. Inoltre, il subappaltatore deve essere qualificato per svolgere la prestazione da eseguire e non devono esserci a suo carico le cause di esclusione previste al Capo II del Titolo IV della parte V del medesimo libro. Nella decisione a contrarre la stazione appaltante, anche avvalendosi delle Prefetture competenti, deve indicare quelle prestazioni che dovranno essere erogate dal contraente principale. Almeno 20 giorni prima dell’inizio dei lavori l’OE trasmetterà il contratto di subappalto e la dichiarazione del subappaltatore che attesti l’assenza delle clausole di esclusione. La verifica di quest’ultima dichiarazione verrà effettuata dalla stazione appaltante per il tramite della Banca dati Nazionale dei Contratti Pubblici. Inoltre, come ribadito dalla Sent. del Cons. di Stato n. 10675/2023, rimane elemento imprescindibile l’autorizzazione della stazione appaltante.

Con l’approvazione del nuovo codice le stazioni appaltanti possono dare la possibilità agli OE di avvalersi del subappalto a cascata (comma 17 dell’art. 119) che diventerà la regola e dovrà essere regolamentato nel dettaglio in quanto la norma non disciplina diversi aspetti quali regime autorizzatorio, pagamenti, ecc. Per evitarlo è necessario che ne si specifichi le ragioni nella lex specialis di gara. Allo stato attuale purtroppo non risulta essere presente un indirizzo giurisprudenziale sulla questione e questo causa non pochi malumori. Sulla base di come si svilupperà la prassi si avranno delucidazioni sulle modalità di applicazione dell’istituto.

4. Conclusioni

A livello europeo la disciplina dell’istituto si è dimostrata abbastanza essenziale pervasa dai principi di trasparenza, concorrenza, proporzionalità favorevole in modo incondizionato a tutte le prestazioni presenti nel contratto. A livello nazionale però la sua regolamentazione è risultata molto più complessa per il fatto che si è cercato di coniare i principi europei con le necessità di garantire un’adeguata partecipazione delle PMI evitando altresì potenziali infiltrazioni di tipo criminale nelle procedure d’appalto.

Dare una maggiore discrezionalità dimostra come le singole pubbliche amministrazioni non soltanto non attribuiscono a priori pregiudizi a soggetti esterni (visto che in sede di offerta vengono esperiti i dovuti controlli) ma garantiscono il raggiungimento dell’interesse pubblico che deve essere tutelato sulla base della norma attributiva di potere. Questa discrezionalità delle stazioni appaltanti viene conferita dal nuovo codice dal momento che favorisce la loro libertà di iniziativa e di auto-responsabilità “fornendo strumenti e regole generali ed astratte per regolare la realtà” 15 in un settore che, con la presenza di regole rigide e dettagliate, ha creato ritardi ed incertezze.

In conclusione, è da considerare ormai superata anche la diffidenza nei confronti dell’OE. Le istanze di subappalto venendo opportunamente valutate in sede di offerta per evitare eventuali infiltrazioni di tipo criminale rinsaldando la reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta della stazione appaltante e degli OE coinvolti nella procedura.


Note e riferimenti bibliografici

1 A. VALLETTI, Il Subappalto, Giuffrè Editore, Milano, 2005, p. 1;

2 R. BARATTA, Legislazione europea e disciplina interna del subappalto: un’aporia culturale?, in www.rivista.eurojust.it, n. 2/2020, p. 13;

3 D. GALLI, D. GENTILE, Paoletti Gualandi V., Appalti Pubblici, Ipsoa, Aprile 2015, p. 3;

4 D. GALLI, D. GENTILE, V. PAOLETTI GUALANDI, Op. Cit., p. 1026;

5 L. PERGOLIZZI, Il subappalto e la legge europea, in www.ildirittoamministrativo.it, n. 6/2023, p. 14;

6 R. GRECO, Il Subappalto nei contratti pubblici: prospettive in chiave di compatibilità eurounitaria, in Rivista Trimestrale degli Appalti, n. 4/2020, p. 1645;

7 P. MANTINI, Il Subappalto “italiano” rinviato alla Corte di Giustizia Europea, in www.giustamm.it, n. 3/2018, p. 19;

8 E. CONCILIO, Limiti al subappalto: le pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in www.giustamm.it, n. 12/2019, p. 3;

9 M. FRONTONI e L. SAVELLI, Op. Cit., p. 20;

10 A. CASTELLI e M. LOCHE, L’istituto del subappalto nel sistema normativo italiano: tra dubbi interpretativi e problemi di conformità, in Urbanistica e Appalti IPSOA, n 5/2020, p. 654;

11 G. PASANISI, Il subappalto scivola verso la deregulation, in www.giustamm.it, n. 3/2020, p. 3;

12 I. DEL VECCHIO, Op. Cit., p. 40;

13 N. FONTANA, Provvedimenti di autorizzazione e di diniego al subappalto Brevi riflessioni sul relativo riparto di giurisdizione, in www.amministrativamente.com, n. 2/2023, p. 17;

14 A. MASSARI, Il nuovo codice dei contratti pubblici 2023 bollinato dalla ragioneria dello Stato, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, Febbraio 2023, p. 412;

15 A. MASSARI, Il nuovo codice dei contratti pubblici 2023 bollinato dalla ragioneria dello Stato, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, Febbraio 2023, p. 52;

Bibliografia

Paragrafo 1

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Paragrafo 2

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Paragrafo 3

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Paragrafo 4

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