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Pubbl. Mar, 12 Dic 2023

Il contenzioso in materia di contratti pubblici, i rimedi alternativi e il Collegio Consultivo Tecnico

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Luigi Martini
Laurea in GiurisprudenzaUniversità degli Studi di Roma La Sapienza



L’articolo indaga il sistema del processo dei contratti pubblici alla luce delle recenti modifiche normative. In particolare, viene ricostruita la disciplina dei meccanismi di Alternative dispute resolution.


ENG

The public procurement trial, Alternative dispute resolution and the ”CCT”

This paper analyze the system of public procurement trial after the new legislation. It is focused on the Alternative dispute resolution.

Sommario: 1. Il processo in materia di contratti pubblici; 2. L’emergenza pandemica e il sistema dei contratti pubblici; 3. Il nuovo codice dei contratti pubblici e i rimedi alternativi al processo; 4. Il Collegio Consultivo Tecnico; 5.Conclusioni

1. Il processo in materia di contratti pubblici

Il processo sui contratti pubblici costituisce l’ambito prediletto per testare le novità introdotte nel sistema di giustizia amministrativa[1]. La specialità della disciplina in esame si manifesta come una tendenza all’anticipazione di fenomeni che transitando per il rito speciale sui contratti pubblici vengono introiettati dal sistema generale di giustizia amministrativa.

Le complessità del rito sono anche il frutto dell’eterna ricerca di un equilibrio tra l’interesse dell’impresa a un’effettiva tutela e l’interesse generale alla realizzazione dell’opera in favore dell’utilità collettiva[2].

La dottrina ha sottolineato i rischi di questa disciplina speciale: (i) una legislazione frammentaria e incerta che costringa il legislatore stesso a produrre molte altre leggi "inutili [che] indeboliscono quelle necessarie” secondo la nota definizione di Montesquieu; (ii) una eccessiva specializzazione del giudizio da cui le controversie in materia godono di una corsia preferenziale a discapito del contenzioso “ordinario”.

Non vi sono dubbi del ruolo di avanguardia della materia dei contratti pubblici nel sistema di giustizia amministrativa. Già con la direttiva n. 865 del 1989 e poi con la legge n. 142 del 1992, fu introdotto un modello di tutela risarcitoria delle posizioni soggettive verso la PA solo in questo specifico settore e ben prima della svolta della Cassazione n. 500 del 1999, con cui la tutela risarcitoria degli interessi legittimi diverrà il modello di riferimento del sistema amministrativo[3]. Il rito sui contratti pubblici è stato anche usato come trampolino per l’introduzione delle forme di tutela cautelare monocratica ante causam e inaudita altera parte, proprio dal diritto comunitario[4].

Il dibattito intorno all’effettività della tutela e all’attuazione del diritto di difesa nel diritto amministrativo trova un terreno ideale per germogliare nell’art. 125 c.p.a. che regola le controversie aventi ad oggetto le infrastrutture “strategiche”. Nel periodo dell’emergenza Covid l’estensione da parte del legislatore nazionale di questo regime a tutti i contratti pubblici ha sollevato numerose critiche[5]. La prospettiva di un’estensione del regime dell’art. 125 c.p.a. indica l’intento del legislatore nazionale di comprime ulteriormente la tutela interinale e marginalizzare l’annullamento del contratto a favore di forme di tutela per equivalente nella materia dei contratti pubblici.

In particolare, le novità del rito devono essere lette alla luce del principio di concorrenza da un lato e dell’esigenza di assicurare di una tutela effettiva del complesso degli interessi sottesi alla stipulazione del contratto e alla sua stabilità. Il primo di questi principi discende dal diritto europeo, con riferimento alle direttive 89/665/CEE, 92/13/CEE e 2007/66/CEE in tema di effettività della tutela giurisdizionale, intesa come aspirazione concreta ad ottenere il bene della vita, e di concorrenza nel settore appalti. Queste rendono inadeguate qualunque forma di tutela meramente obbligatoria e soprassesoria[6].

L’altra contrapposta tendenza, che condiziona la normativa del rito speciale, consiste nel patrocinio da parte del legislatore domestico della stabilità del contratto e di tutti gli interessi legati a questo all’esito della procedura. Esigenza quest’ultima condizionata dall’intervento del g.a. che assicura l’interesse a un’effettiva tutela dei partecipanti alla gara[7]. È evidente che le giuste esigenze del mercato si legano alla tempestività dell’azione amministrativa sulla quale incide il giudizio sui contratti pubblici.

Queste spinte contrapposte finiscono per “canalizza[are] i problemi politici e sociali verso il giudizio amministrativo, giustifica l’attribuzione al giudice di poteri […] che gli consentono di contemperare le esigenze del ricorrente con quelli di conservazione del contratto”[8].

Il sistema così costruito predilige la stabilità degli effetti del contratto a discapito dell’effettività della tutela. L’attribuzione al giudice del potere di dichiarare o meno inefficacia del contratto implica una valutazione dei limiti entro cui il ripristino di un sistema di concorrenza possa essere sopraffatto dalla stabilità dei rapporti. La particolare natura del giudizio amministrativo e della sua relazione con il sistema economico influiscono con più forza nel rito speciale preso in esame[9].

2. L’emergenza pandemica e il sistema dei contratti pubblici

L’emergenza pandemica da Covid-19 ha avuto un significativo impatto anche sul rito dei contratti pubblici. In particolare, il rito ha vissuto due distinti periodi: il primo è stato il periodo dell’emergenza; il secondo è stato il tempo della ripresa e del PNRR[10]. La prima fase è stata caratterizzata da interventi temporanei e contingenti volti ad assicurare il funzionamento minimo del sistema processuale. La seconda fase invece ha trasformato gli interventi temporanei in strutturali, proiettando il rito verso la nuova normativa codicistica.

L’emergenza pandemica da Covid-19 ha inciso oltre che sul piano sanitario anche sull’assetto economico e sociale[11]. L’interruzione delle catene di approvvigionamento, il rallentamento della produzione industriale, l’arresto quasi totale dell’interscambio commerciale e in definitiva lo stallo delle attività produttive e dei consumi ha portato il legislatore ad assumere dei provvedimenti temporanei e urgenti per far fronte a un catastrofico scenario di crisi.

La situazione emergenziale ha avuto risposta con norme derogatorie che hanno comportato una compressione della tutela dei diritti e delle libertà, giustificata dalla situazione contingente[12].

Il legislatore ha proceduto per mezzo di decreti-legge, D.P.C.M., ordinanze e circolari con un utilizzo combinato di atti aventi forza di legge e atti amministrativi atipici[13]. Questi atti normativi hanno previsto deroghe abrogazioni e sospensioni della disciplina vigente[14].

La crisi globale, che è scaturita dalla pandemia, ha portato a una energica reazione sul piano europeo. Le istituzioni europee si sono impegnate in primis ad assumere provvedimenti atti a mantenere l’integrità delle catene di approvvigionamento del sistema sanitario. Sul medio periodo le istituzioni europee hanno sviluppato delle misure di contrasto all’incombente recessione economica. Gli strumenti impiegati hanno coinvolto il meccanismo degli aiuti di stato; la disciplina europea in materia finanziaria; l’approntamento di un piano straordinario di aiuti pubblici attraverso il regolamento UE 2021/241, c.d. Next generation EU[15].

L’innovazione più rivoluzionaria è quella di predisporre un programma di investimenti pubblici finanziato con risorse proprie reperite sul mercato privato del debito e non più solo con risorse degli stati conferite al bilancio dell’Unione[16].

Per accedere alle risorse così messe a disposizione ogni Stato ha dovuto presentare un programma di investimenti, c.d. Piano nazionale di ripresa e resilienza, indicando le riforme e gli investimenti da compiere per assicurare una forte crescita economica atta a ripagare il debito contratto.

Il PNRR italiano ha confermato la centralità del sistema di giustizia nelle moderne economie di mercato, ponendolo come una delle missioni fondamentali del progetto[17]. Il PNRR ha catalizzato circa 190 miliardi di euro degli oltre 750 miliardi previsti complessivamente dal Next generation EU (NGEU) a cui si devono sommare 30 miliardi del c.d. “Piano nazionale complementare al PNRR” (PNC). Circa la meta di questi investimenti è indirizzata a interventi infrastrutturali legati al settore dei contratti pubblici[18].

Gli appalti pubblici hanno assunto nella fase pandemica il delicato ruolo di contrastare la crisi del sistema economico iniettando risorse e investimenti nel sistema produttivo. Sintomo di questa funzione è l’accresciuta rilevanza dell’interesse nazionale alla realizzazione delle opere[19].

Il codice dei contratti pubblici d.l. n. 50/2016 contiene alcune misure emergenziali, si pensi all’art. 63 (procedure senza bando) e all’art. 163 (appalti della protezione civile). Rispetto alla fase pandemica, il codice offriva alcuni strumenti atti a farvi fronte[20]. Ciò nonostante, il legislatore italiano ha ritenuto necessario intervenire sul settore in esame con una disciplina ad hoc[21]. Il legislatore domestico ha previsto strumenti specifici per fare fronte a situazioni critiche del mercato degli appalti aggravate dall’emergenza pandemica[22].

Sul piano processuale sono state introdotte una serie di modifiche alla disciplina del rito speciale in materia di contratti pubblici attraverso l’art. 4 del d.l. 76/2020[23]. Il legislatore con il decreto citato ha perseguito diversi obiettivi: (i) impedire che la pendenza del giudizio potesse pregiudicare il preminente interesse pubblico alla realizzazione dell’opera; (ii) incentivare la rapida e certa definizione del giudizio anche in sede cautelare[24].

L’emergenza pandemica ha richiesto un intervento molto incisivo del legislatore nel settore degli appalti per far fronte a un generale contesto di crisi. L’art. 4 c. 2 d.l. 76/2020 costituisce sicuramente l’apporto più interessante in questa direzione.

Nel dettaglio, il comma 2, dell’art. 4 del decreto semplificazioni, stabilisce che il giudice deve applicare l’art. 125 c.p.a. in caso di impugnazione di atti della procedura di affidamento relative “ai contratti per l’incentivazione degli investimenti pubblici relativi all’emergenza” come definiti dagli artt. 1 e 2, comma 2 del decreto stesso, rientranti nelle materie dell’art. 119 c. 1 c.p.a. [25].

La norma stabilisce che in sede cautelare il giudice deve tener conto del preminente interesse alla sollecita realizzazione dell’opera prima di disporre le misure interinali. L’obiettivo del legislatore appare quello di limitare l’accoglimento della domanda cautelare in continuità con la generale tendenza di questo settore.

Il comma 3 dell’art. 4 del decreto semplificazioni prevede che, per quanto riguarda gli appalti connessi con l’emergenza di cui all’art. 2 comma 3 del decreto, la tutela venga limitata ai profili risarcitori escludendo la possibilità di incidere sul contratto[26].

Le opere connesse con l’emergenza sono quelle poi inserite nel PNRR presentato dal Governo italiano. L’estensione dell’art. 125 c.p.a. in questo caso va ben oltre la mera materia cautelare essendo questo richiamato per intero[27]. Si applicherebbe anche il comma 3 del richiamato art. 125 per quanto riguarda la tutela caducatoria a seguito dell’illegittimità dell’aggiudicazione, riproponendosi il rapporto problematico tra interesse generale alla stabilità del contratto e diritto di difesa. Il legislatore dell’emergenza estende a gran parte del settore dei contratti pubblici il regime speciale previsto dall’art. 125 c.p.a. e la conseguente insensibilità del contratto alle illegittimità.

La Corte Cost. sent. n. 160 del 25 giugno 2019 ha ammesso la compatibilità tra diritto di difesa e tutela risarcitoria in sostituzione della tutela caducatoria[28]. Seppur il caso oggetto della pronuncia riguardava l’ordinamento sportivo, l’arresto del Giudice delle leggi è rilevante anche nel sistema del processo sui contratti pubblici[29].

Il problema del rapporto tra rimedi risarcitori ed effettività della tutela in giudizio si ripropone relativamente all’equilibrio tra tutela cautelare e tutela cassatoria. La messa a regime dell’estensione dell’art. 125 c.p.a. da parte dell’art. 4 c. 3 d.l. semplificazioni è stata ritenuta condivisibile a condizione che venga modificata la disciplina cautelare del comma 2 della stessa norma. Secondo una certa dottrina la compatibilità tra immunità del contratto e principio di difesa si regge su un ragionevole bilanciamento con le prospettive di tutela cautelari e cassatoria precedenti alla stipulazione del contratto. In questo senso il citato orientamento dottrinale è critico verso un’assolutizzazione del principio di effettività della tutela rispetto al contesto sociale ed economico, che rischierebbe di svuotare dell’anima pragmatica il giudizio amministrativo rendendolo un meccanismo sterile e vuoto[30].

Secondo un diverso orientamento della dottrina l’estensione del regime dell’art.125 c.p.a. a procedure diverse dal peculiare contesto delle infrastrutture strategiche non sembra essere adeguatamente giustificata[31].

Sul versante dei contratti pubblici il periodo pandemico ha presentato un’incessante opera di normazione del legislatore. Oltre agli interventi del 2020 sopra ricordati il legislatore ha introdotto il d.l. n. 77 del 31 maggio 2021, c.d. “semplificazioni-bis”, convertito con modificazioni dalla legge n. 108 del 29 luglio 2021[32]. La novella da ultimo ricordata è strettamente correlata con i programmi di attuazione del PNRR. L’obiettivo principale del decreto è quello di conferire alle PA strumenti adeguati alla gestione delle incombenze previste dal PNRR[33].

Nell’ambito della Missione 1, Componente 1 del PNRR è prevista la riforma 1.10, rubricata “Riforma delle norme in materia di contratti pubblici e concessioni”. L’arco temporale dell’intervento è quello del biennio 2021-2023. Nel periodo 2021-2022 devono essere assunte alcune modifiche urgenti. Alla fine del 2023 dovrebbero entrare in vigore i decreti esecutivi di un nuovo complesso normativo della materia. L’apice della riforma sarà la predisposizione di un nuovo codice dei contratti pubblici. Il decreto n. 77/2021 si inserisce nella prima fase di intervento insieme al d.l. semplificazioni.

La dottrina ha sottolineato un disallineamento tra obiettivi del PNRR e il decreto semplificazioni-bis[34]. Quest’ultimo in alcuni casi tende a rinviare alcune modifiche previste come urgenti dal PNNR, in altri casi anticipa interventi strutturali che dovrebbero essere oggetto del nuovo codice. Ciò è dovuto al fatto che il d.l. n. 77/2021 è stato emanato nel maggio del 2021 quando ancora gli obiettivi del PNRR non erano consolidati. Infatti, la versione definitiva del PNRR è stata inviata all’UE solo nel luglio 2021.

Risulta evidente come se da un lato il PNRR miri a rimuovere inefficienze strutturali del sistema dei contratti pubblici dall’altro la non perfetta coincidenza dell’intervento del decreto semplificazioni-bis con gli obbiettivi del PNRR ne riduce notevolmente la portata “semplificatrice”.

Il preambolo del decreto dà conto delle straordinarietà che sono a fondamento della novella. Oltre all’esigenza di definire modelli di governance nazionale circa l’attuazione del PNRR, il legislatore assume come improrogabile l’obiettivo di imprimere un’accelerazione alle procedure per la realizzazione dei progetti previsti dal PNRR. Nello specifico l’art. 1 comma 2 del decreto sancisce “il preminente valore [del]l’interesse nazionale alla sollecita e puntuale realizzazione” degli interventi compresi nel PNRR.

Esemplare in questo senso è la previsione del comma 3 dell’art. 48 del d.l. n.77/2021 che concentra la disciplina derogatoria intorno al prevalente interesse nazionale alla realizzazione delle opere[35]. L’interesse nazionale assurge a motivo conduttore dell’intera disciplina.

Il decreto semplificazioni-bis opera su quattro piani normativi: (i) introduce una serie di norme derogatorie del codice dei contratti pubblici; (ii) interviene con modifiche sulla disciplina del decreto-legge n. 32/2019 e del d.l. n. 76/2020; (iii) proroga i regimi temporanei introdotti dalla disciplina pandemica e pre-pandemica; (iv) introduce una vera e propria novella normativa generale[36].

L’approccio innovativo del legislatore della semplificazione ha avuto il plauso di parte della dottrina[37]. Infatti, se gli interventi precedenti di semplificazione della normativa erano concentrati soprattutto sulla fase di aggiudicazione e del contenzioso. Il decreto n. 77/2021 mira ad accelerare le fasi preliminari della procedura con particolare riguardo alle fasi della progettazione e dell’affidamento.

Il decreto interviene direttamente anche in materia processuale l’art. 48 del decreto n. 77/2021 stabilisce che per le tipologie di appalti ivi disciplinate si applica l’art. 125 c.p.a. La logica che muove il legislatore segue l’indirizzo già espresso dall’art. 4, comma 2, del d.l. n. 76/2020. Le opere prese in considerazione dalla norma sono quelle finanziate anche solo in parte dal PNRR, dal PNC e in generale dai fondi strutturali UE. Il giudice amministrativo in sede cautelare dovrà tenere conto delle conseguenze del provvedimento e del preminente interesse nazionale alla realizzazione dell’opera[38].

Sul punto si sono presentati due diversi orientamenti. Secondo una prima ricostruzione non appare irragionevole estendere il regime peculiare dell’art. 125 c.p.a. nella situazione di emergenza della pandemia[39]. Un secondo orientamento invece sottolinea il rischio di una compressione delle posizioni soggettive e dei correlati bisogni di tutela[40].

Il tentativo di risolvere problemi strutturali della pubblica amministrazione attraverso la decretazione d’urgenza non è affatto una novità. Nel settore dei contratti pubblici la tendenza derogatoria alla normativa codicistica si è manifestata con estrema continuità. La sovrapposizione di numerosi sub-sistemi processuali con intenti di “semplificazione” ha come conseguenza la frammentazione del tessuto normativo.

In questo senso sembra illuminante ricostruire sommariamente gli interventi derogatori intervenuti sul codice dei contratti pubblici. Dopo l’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici d.l. n.50/2016 e il successivo decreto correttivo d.lgs. n. 56/2017, il legislatore è intervenuto con una disciplina derogatoria della normativa codicistica in occasione del crollo del ponte “Morandi” (viadotto Polcevera) di Genova. Il legislatore ha emanato il decreto-legge n. 109/2018 convertito dalla l. n. 96/2018, c.d. “decreto Genova”. Il decreto ha previsto un regime derogatorio “forte” di natura commissariale per la ricostruzione del ponte (oggi viadotto San Giorgio).

Il decreto Genova non è stato un unicum nel panorama normativo. L’anno successivo il legislatore ha emanato il d.l. n. 32/2019 convertito dalla l. n. 55/2019, c.d. decreto Sblocca cantieri. L’obiettivo della normativa derogatoria era di accelerare le numerose opere rimaste incompiute e rilanciare gli investimenti nel settore.

Il decreto semplificazione ha “stabilizzato” il regime commissariale del decreto Genova. L’art. 4 del d.l. n. 32/2019 prevede che il Presidente del Consiglio nomina dei commissari per le realizzazioni di opere di prioritaria importanza. L’impostazione derogatoria è stata confermata dai decreti Semplificazione e Semplificazione-bis, rispettivamente 2020 e 2021.

In cinque anni, ogni anno, è intervenuta una modifica normativa della disciplina del codice. Ciò ha finito per svuotarne la portata generale a favore di molteplici sub-modelli derogatori. Questa tendenza sembra assurgere a modello generale di disciplina dei contratti pubblici. In questo senso si è parlato di “normalizzazione” del paradigma derogatorio[41].

In linea con la politica normativa precedente il legislatore ha ulteriormente esteso il paradigma derogatorio nel corso del 2022. In particolare, è intervenuto con il d.l. n. 68 del 16 giugno 2022, rubricato “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili” (d’ora in poi solo decreto “infrastrutture”) convertito con modifiche dalla legge n. 108 del 5 agosto 2022[42].

Originariamente il decreto infrastrutture era affiancato dal decreto-legge n. 85 del 7 luglio 2022 che prevedeva una disciplina speciale in materia di infrastrutture autostradali e di disciplina processuale[43]. La legge di conversione ha travasato la normativa del d.l. n. 85/2022 nel decreto infrastrutture.

Il decreto infrastrutture come modificato dalla legge di conversione n. 108/2022 è intervenuto anche sotto il profilo processuale dei contratti pubblici. L’art. 12-bis, rubricato “Accelerazione dei giudizi amministrativi in materia di PNRR”, prevede una serie di disposizioni derogatorie rispetto alla disciplina ordinaria del processo dei contratti pubblici. La ratio complessiva della norma è quella di assicurare una pronta realizzazione degli obiettivi fissati dal PNRR. In questo senso si pone in linea con i precedenti interventi normativi del 2021 e del 2022. L’ambito oggettivo della norma si estende a “qualsiasi procedura amministrativa” che riguarda interventi finanziati anche solo in parte dai fondi del PNRR.

Nel pronunciarsi sull’istanza cautelare il giudice deve adeguatamente motivare la compatibilità tra provvedimento cautelare e le esigenze del PNRR, così il comma 2 dell’art. 12-bis. Il giudice della cautela deve compiere una valutazione di compatibilità tra l’interesse cautelare del ricorrente e il preminente interesse alla realizzazione delle opere connesse con il PNRR.

Potrebbe sembrare che il rispetto dei termini previsti dal PNRR sia diventato un terzo presupposto necessario per l’accoglimento dell’istanza cautelare, ulteriore al fumus boni iuris e al periculum in mora. Le prerogative del PNRR assurgono non tanto a tertium genus delle condizioni cautelari, ma a valore preminente nel bilanciamento del giudice circa le conseguenze della misura cautelare.

L’intervento più incisivo è disposto dal comma 7 dell’art 12-bis che integra il comma 4 dell’art. 48 del d.l. semplificazioni-bis. Il legislatore estende il giudizio di cui l’art. 125 c.p.a. a tutti i procedimenti amministrativi che riguardino interventi finanziati anche solo in parte dal PNRR. Viene ribadito che il giudice nell’adottare la decisione cautelare deve tener conto della compatibilità di questa con i termini del PNRR.

Immediatamente dopo l’entrata in vigore del decreto infrastrutture si sono avute in giurisprudenza le prime pronunce in applicazione della suddetta norma.

Il TAR Puglia, Bari, Sez. III, ord., 1° luglio 2022, n. 295, sospendeva per difetto di motivazione una delibera della giunta regionale Puglia che riguardava il nodo ferroviario di Bari. Il giudice sospendeva un provvedimento amministrativo che riguardava un’infrastruttura finanziata dal PNRR. Avverso questa pronuncia cautelare veniva proposto appello al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, Sez. IV, ord., 15 luglio 2022, n. 3387, ha ritenuto che nel caso di specie occorresse ripristinare la compatibilità della misura cautelare con il PNRR. In questo senso il Supremo Consesso ha segnalato che le esigenze cautelari che avevano portato il giudice del primo grado ad accogliere l’istanza cautelare di sospensione “sembrano prima facie necessariamente recessive” se confrontate con la necessità di assicurare comunque il rispetto delle scadenze previste dal PNRR.

Da ultimo il Cons. St., Sez. VI, ord., 7 ottobre 2022, n. 4832, si è pronunciato sulla disciplina combinata del d.l. semplificazioni-bis e d.l. infrastrutture. Il Supremo Consesso ha sancito che l’applicazione “delle regole di cui all'art. 125 c.p.a. impone di tener conto, in sede di pronuncia del provvedimento cautelare, della coerenza della misura adottata con la realizzazione degli obiettivi e il rispetto dei tempi di attuazione del PNRR”. Il giudice deve immediatamente verificare il fumus boni iuris dell’istanza cautelare, atteso che “eventuali misure non sorrette da una simile valutazione rischiano, comunque, di incidere inutilmente sull'attività amministrativa e sulla relativa tempistica che è essenziale per la realizzazione delle varie misure previste dal Piano”.

Da ultimo è intervenuto il d.l. 24 febbraio 2023, n. 13 decreto “Attuazione PNRR”. Convertito con modificazioni dalla legge n. 41 del 21 aprile 2023 rubricato “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché' per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune”. Il decreto citato si pone in stretta continuità con i precedenti decreti costituendo un ideale chiusura al periodo emergenziale.

In particolare, Art. 14 comma 1 lett. d) estende il regime dell’art. 48 del decreto semplificazioni-bis in materia cautelare anche alle infrastrutture di supporto connesse con gli interventi finanziati dal PNRR, PNC e fondi strutturali europei, “anche se non finanziate con dette risorse”.

Completa l’estensione della disciplina cautelare speciale dell’art. 125 c.p.a. fino a ricomprendere i controversi sui progetti del PNRR, sui procedimenti amministrativi connessi alle opere finanziate dal PNRR e sulle opere di supporto ai progetti anche se non finanziati dal PNRR.

3. Il nuovo codice dei contratti pubblici e i rimedi alternativi al processo

La crisi pandemica e la svolta solidaristica della politica europea hanno portato all’adozione del PNRR attraverso il quale lo Stato ha l’opportunità di finanziare progetti necessari alla ripresa economica e strutturale del paese.

Le importanti modifiche intervenute in funzione del PNRR sono il volano per una riforma strutturale della pubblica amministrazione e nello specifico della disciplina sui contratti pubblici. Una delle riforme previste dal piano riguarda la modifica del codice dei contratti pubblici, confermando l'importanza strategica della disciplina in esame.

La legge n. 78 del 21 giugno 2022, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 146 del 24 giugno 2022, entrata in vigore il 9 luglio 2022, delega il governo a adottare entro sei mesi una nuova disciplina dei contratti pubblici al fine di adeguare la disciplina vigente ai principi europei e alla giurisprudenza domestica ed europea[44]. Ciò a causa del fatto che il Codice del 2016 avendo subito diverse modifiche ha perso la sua organicità.

Infatti, come chiarito anche dall’ANAC[45], l’elemento più critico del sistema dei contratti pubblici in Italia è costituita dalla disorganicità del Codice del 2016. Quest’ultimo ha subito in pochissimi anni numerose modifiche e correzioni rendendone incerta l’applicazione. In questa direzione il legislatore ha adottato la legge n. 78/2022 con cui ha conferito la delega al governo per adottare, attraverso uno o più decreti legislativi, un nuovo codice dei contratti pubblici. La revisione del codice rientra tra gli obiettivi assunti con il PNRR nel complesso di una revisione del quadro normativo sui contratti pubblici.

In attuazione dell’art. 1 della legge 78/2022, il 20 ottobre 2022 il Consiglio di Stato ha presentato al governo una bozza di decreto dal titolo “Schema preliminare di Codice dei contratti pubblici”. Sulla base di questo schema è stato adotta il d.lgs. n. 36 del 31 marzo 2023 "Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici".

Il nuovo codice dei contratti pubblici prevede una disciplina innovativa delle ADR nella materia in esame. In particolare, la nuova disciplina è prevista dagli articoli 210 e ss. Il precedente codice dei contratti pubblici prevedeva la disciplina dei rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale un autonomo capo II nel titolo I della Parte IV. Le alternative dispute resolutions in materia di contratti pubblici sono l’accordo bonario, la transazione, il collegio consultivo tecnico, l’arbitrato e il parere di precontenzioso dell’ANAC.

L’accordo bonario[46] previsto dall’articolo 205 del precedente codice è il procedimento volto ad evitare che la formulazione di riserve possa dar luogo a divergenze e controversie tra le parti, attraverso la formulazione di un accordo strumentale alla definizione del rapporto contrattuale.

L’articolo 210 del nuovo codice prevede che se vi sono riserve iscritte per maggiori costi in misura tra il 5 e il 15% del valore del contratto può essere avviato il procedimento di accordo bonario. Il procedimento ha quindi un massimale del 15% del valore, ma può essere reiterato. Rimane irrisolto il problema della possibilità di cumulo di procedimenti che superano la soglia del 15%. Il RUP chiede la nomina di un esperto alla Camera arbitrale istituita presso l’ANAC che redige una proposta da inviare alle parti.

La transazione previsto dall’articolo 208 del precedente codice deriva dall’istituto civilistico. Questo già nella vigenza del codice del 2016 era diventato residuale e applicabile a una serie limitata di fattispecie a causa della diffidenza verso lo strumento stesso.

Il nuovo codice dei contratti pubblici disciplina la transazione all’articolo 212. Questa si applica alla fase esecutiva dei contratti pubblici. Il codice conferma la funzione residuale in quanto enunciato il principio per cui la transazione in questo settore è ammessa solo ove non siano esperibili altri rimedi alternativi al ricorso giudiziale.

L’arbitrato regolato dall’articolo 209 del precedente codice come un rimedio alternativo al contenzioso che consente di definire una controversia su diritti soggettivi derivante dall’esecuzione del contratto deferendola ad un giudice privato, in sostituzione dei giudici dello Stato[47]. Si tratta di un istituto che trova il suo fondamento nell’autonomia delle parti di un rapporto giuridico che possono rimettere la definizione della questione ad un organo terzo individuato di comune accordo.

L’articolo 213 del codice dei contratti pubblici 2023 disciplina l’arbitrato. La clausola compromissoria inserita nel bando (o nell’invito nei casi di bando senza gara) deve essere espressamente autorizzata dall’organo di governo della stazione appaltante. L’articolo contiene una minuziosa normativa sulla nomina degli arbitri.

L’articolo 213 del codice prevede l’impugnabilità del lodo tanto per motivi di nullità, quanto per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. È previsto un peculiare rito d’impugnazione dinanzi alla Corte d’appello al fine di garantire una massima celerità nella definizione della vicenda, nonché una più ampia possibilità di sospensione dell’efficacia esecutiva del lodo, che deve essere seguita da un ancor più rapida definizione della controversia.

L’arbitrato nel settore degli appalti pubblici coesiste con l’arbitrato nel processo amministrativo, di cui all’art. 12 c.p.a., posizionandosi rispetto ad esso in un rapporto di specialità. Si applica, inoltre, la disciplina prevista dal Codice di procedura civile, con le deroghe del codice dei contratti pubblici.

L’articolo 211 del precedente codice stabilisce che l’ANAC, “su iniziativa delle stazioni appaltanti e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione”. Il parere precontenzioso ha una funzione deflattiva che lo accumuna alle altre ADR. L’ambito applicativo risulta limitato in quanto può avere ad oggetto solo le controversie sulla procedura di gara e non sull’esecuzione del contratto. Le parti possono convenire che il parere abbia effetti obbligatori, ma il parere quando obbligatorio è impugnabile davanti al giudice amministrativo.

Il nuovo codice dei contratti pubblici disciplina il parere precontenzioso all’articolo 220. in attuazione del criterio direttivo contenuto nell’art. 1, comma 2, lett. ll) della l. delega n. 78 del 14 giugno 2022, che assegna al legislatore delegato il compito di provvedere all’estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto.

Rispetto al precedente codice la nuova disciplina elimina la possibilità di rendere il parere vincolante su accordo delle parti. Inoltre, l’articolo 220 comma 1 limita i motivi di impugnazione del parere unicamente ai profili sostanziali e non anche per vizi formali o procedurali nell’emissione del parere stesso. Viene rafforzato il ruolo dell’ANAC in particolare se la stazione appaltante non si vuole adeguare al parere deve comunicarlo all’Autorità che può impugnare la determinazione negativa.

4. Il Collegio Consultivo Tecnico

Il codice del 2016 prevede all’articolo 207 il Collegio Consultivo Tecnico come mezzo di risoluzione delle controversie[48]. Al fine di prevenire le controverse relative all’esecuzione del contratto le parti possono costituire un collegio consultivo tecnico. Organo in grado di formulare delle soluzioni transattive a dispute insorte in fase d’esecuzione.

Il CCT favorisce la rapida risoluzione delle controversie e delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto. La proposta transattiva presentata dal CCT, in forma scritta e con sintetica motivazione è sottoposta all’approvazione delle parti, libere di aderivi o di rigettarla.

Già il Consiglio di Stato[49] aveva sollevato alcuni profili di criticità sul meccanismo del collegio consultivo tecnico. In particolare, Il presupposto di applicabilità, individuato ne “l’assistenza per la rapida risoluzione delle dispute di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto”, non risultava espresso in modo chiaro, non essendo agevolmente definibili i casi di “dispute” che il Collegio sarebbe stato chiamato a comporre; la norma non chiariva se il ricorso al Collegio costituisse un sistema alternativo all’accordo bonario e quale fosse il rapporto tra i due istituti. Inoltre, il Collegio avrebbe potuto influire sui compiti della Camera arbitrale.

Dopo essere stato abrogato dall’art. 121 c. 1 del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. Decreto correttivo), il CCT fu nuovamente reintrodotto dall’art. 1 comma 11-14 d.l. 32 del 2019, convertito con l. 55 del 2019, modificandone parzialmente l’originaria disciplina[50].

L’art. 6 del d.l. “semplificazione” del 16 luglio 2020, n.76 è nuovamente intervenuto sull’istituto, abrogando proprio l’art. 1 del d.l. 32 del 2019, nei suoi commi dall’11 al 14, fornendo una disciplina “innovativa”. Il legislatore intende attribuire al CCT un ruolo di promozione dell’economia nello scenario post pandemico[51].

Per i lavori diretti alla realizzazione di opere pubbliche sopra soglia fino al 30 giugno 2023 diventa obbligatoria presso ogni stazione appaltante la costituzione di un collegio consultivo tecnico 10 giorni prima dell’avvio dell’esecuzione. Ai sensi del comma 4, art 6 cit., rimane invece facoltativa la costituzione del CCT per gli appalti di lavori sottosoglia e in relazione alla risoluzione di controversie antecedenti all’esecuzione del contratto[52].

Il decreto semplificazione lascia impregiudicata la questione circa la qualificazione delle “dispute tecniche”. Queste possono essere individuate in quei contrasti di natura tecnica, i quali sono comunque suscettibili di trasmodare anch’essi in vere e proprie controversie qualora non pervengano ad una composizione.

A differenza di quanto previsto dalla previgente disciplina introdotta dal Decreto Sblocca cantieri, il Decreto Semplificazioni attribuisce al Collegio un vero e proprio potere deliberante riconoscendo alle relative determinazioni natura di lodo contrattuale ex art. 808 ter c.p.c. È fatta salva la possibilità per le parti di manifestare espressa e motivata volontà contraria. In tal caso l’inosservanza delle determinazioni del Collegio “viene valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce … grave inadempimento degli obblighi contrattuali”.  

Le linee guida del MIMS chiariscono che possono essere decise con valore di lodo irrituale le sole questioni che sarebbero altrimenti oggetto semplicemente di un parere facoltativo, da rendere su “controversie e dispute tecniche di ogni natura” ai sensi dell’art 6 dl 76/2020.

Restano infatti escluse le questioni che sono oggetto di parere obbligatorio ai sensi dell’art 5 co. 1 del dl 76/2020 per i casi di sospensione volontaria o obbligatoria dell’esecuzione dei lavori. Quest'ultimo articolo si occupa della sospensione dell'esecuzione dell'opera pubblica, prevedendo al comma 1 che “la sospensione, volontaria o coattiva, dell’esecuzione di lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del d.lgs. 50/2016, anche se già iniziati, può avvenire, esclusivamente, per il tempo strettamente necessario al loro superamento, per le seguenti ragioni: a) cause previste da disposizioni di legge penale, dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché da vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea; b) gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica o dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle opere, ivi incluse le misure adottate per contrastare l’emergenza sanitaria globale da COVID-19; c) gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d’arte dell’opera, in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti; d) gravi ragioni di pubblico interesse”.

Il CCT quindi “nelle ipotesi previste dal comma 1, lettere b) e d), su determinazione del collegio consultivo tecnico, le stazioni appaltanti o le autorità competenti, previa proposta della stazione appaltante, da adottarsi entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione allo stesso collegio della sospensione dei lavori, autorizzano nei successivi dieci giorni la prosecuzione dei lavori nel rispetto delle esigenze sottese ai provvedimenti di sospensione adottati, salvi i casi di assoluta e motivata incompatibilità tra causa della sospensione e prosecuzione dei lavori; nelle ipotesi previste dal comma 1, lettera c), il collegio consultivo tecnico, entro quindici giorni dalla comunicazione della sospensione dei lavori ovvero della causa che potrebbe determinarla, adotta una determinazione con cui accerta l’esistenza di una causa tecnica di legittima sospensione dei lavori e indica le modalità, tra quelle di cui al comma 4, con cui proseguire i lavori e le eventuali modifiche necessarie da apportare per la realizzazione dell’opera a regola d’arte; nel caso in cui la prosecuzione dei lavori, per qualsiasi motivo, ivi incluse la crisi o l’insolvenza dell’esecutore anche in caso di concordato con continuità aziendale ovvero di autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impresa, non possa procedere con il soggetto designato, né, in caso di esecutore plurisoggettivo, con altra impresa del raggruppamento designato, ove in possesso dei requisiti adeguati ai lavori ancora da realizzare, la stazione appaltante, previo parere del collegio consultivo tecnico, salvo che per gravi motivi tecnici ed economici sia comunque, anche in base al citato parere, possibile o preferibile proseguire con il medesimo soggetto, dichiara senza indugio, in deroga alla procedura di cui all’articolo 108, commi 3 e 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la risoluzione del contratto, che opera di diritto.

Salvo la sola ipotesi di cui alla lett. C) dell’art. 5 co. 1 del d.l. 76/2020 (“sospensione per gravi ragioni d’ordine tecnico … in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti”) non possono essere quindi decise con efficacia di lodo arbitrale irrituale le questioni relative a interessi non disponibili delle parti.

Nulla è invece espressamente detto con riferimento all’ipotesi di cui al comma 4 dell’art. 5 del dl 76/2020, che prevede che il CCT renda “parere” preliminare rispetto alla decisione di risolvere il contratto. La possibilità di pronunciare in tal caso con efficacia di lodo irrituale sembrerebbe preclusa dal termine “parere”[53]. Una pronuncia del Consiglio di Stato[54] ha invece escluso anche la possibilità del CCT di provvedere con parere sulla risoluzione del contratto in casi di grave inadempimento non ritenendo che tale ipotesi rientri tra i casi di “qualsiasi altro motivo” dell’art. 5 co. 4 d.l. 76/2020.

L’art. 6 c. 5 prevede la facoltà delle stazioni appaltanti di “costituire un Collegio consultivo tecnico formato da tre componenti per risolvere problematiche tecniche o giuridiche di ogni natura suscettibili di insorgere anche nella fase antecedente all’esecuzione del contratto, ivi comprese le determinazioni delle caratteristiche delle opere e le altre clausole e condizioni del bando o dell’invito, nonché la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione e dei criteri di selezione e di aggiudicazione”.

Nella fase antecedente all’esecuzione il Collegio assume il ruolo di organo ausiliario della sola stazione appaltante (due membri vengono nominati dalla stazione appaltante e nessuno dal privato essendo ancora in una fase antecedente all’aggiudicazione) che supporta nelle fasi di predisposizione della lex specialis e di gestione della procedura di gara in sede di verifica dei requisiti e di applicazione dei criteri di selezione degli operatori e delle offerte[55].

I componenti del CCT possono essere scelti “dalle parti di comune accordo, ovvero le parti possono concordare che ciascuna di esse nomini uno o due componenti. Nel caso in cui le parti non trovino un accordo sulla nomina del presidente entro il termine indicato al comma 1, questo è designato entro i successivi cinque giorni dal Ministero delle infrastrutture”.

Tra il CCT obbligatoria del co. 4 e il CCT facoltativo del co. 5 rimane possibile una forma di raccordo attraverso la permanenza nel collegio dei membri precedentemente nominati. Fermo restando “l’eventuale necessità di sostituzione di uno dei componenti designati dalla stazione appaltante con uno di nomina privata”.

I componenti del collegio devono essere selezionati tra soggetti “dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell’opera, tra ingegneri, architetti, giuristi ed economisti con comprovata esperienza nel settore degli appalti, delle concessioni e degli investimenti pubblici, anche in relazione allo specifico oggetto del contratto”. La stazione appaltante e le parti possono indicare i propri dipendenti come componenti del collegio ovvero come Presidente dello stesso. Il rapporto di lavoro tra membri del collegio e parti del contratto rafforza l’idea di un CCT con funzioni consultive.

I requisiti professionali e i casi di incompatibilità nonché i criteri di preferenza devono essere definiti con apposite Linee guida del MIMS parere dal Consiglio superiore dei lavori pubblici. Ad oggi non risulta ancora adottato il parere del CSLP né le linee guida del MIMS. In attesa delle nuove linee guida continuano ad applicarsi le linee guida del MIMS adottate nel gennaio 2022.

I componenti del collegio hanno diritto ad un compenso a carico delle parti e proporzionato al valore dell’opera, al numero, alla qualità e alla tempestività delle determinazioni assunte. È prevista una decurtazione del compenso in caso di ritardo nell’assunzione delle determinazioni, da un decimo a un terzo per ogni ritardo. Ai sensi del comma 7-bis, introdotto dall’art. 6-quater della legge n. 233 del 2021, i compensi dei componenti del collegio consultivo tecnico non possono superare certe soglie[56].

Oggi l’Allegato V.2 del codice disciplina il regime applicabile agli arbitri del CCT. In particolare, stabilisce che ai componenti del collegio si applica l’art 813 c.p.c. Questo prevede la possibilità della ricusazione e della decadenza dell’arbitro nelle forme dell’art. 813-bis c.p.c. per omissione dei suoi doveri. Le parti possono proporre ricorso al presidente del tribunale dove è stata stipulato l’arbitrato. Il presidente decide con ordinanza inoppugnabile e dichiara la decadenza dell’arbitro. Nello specifico costituisce causa di responsabilità per i membri del CCT il ritardo nell’adozione della deliberazione.

Sembra applicabile l’art. 814 per quanto riguardano i controversi sui compensi degli arbitri. L’ammontare delle spese e degli onorari è determinato con ordinanza del presidente del tribunale anche per gli arbitri che terminano la loro attività con lodo irrituale (come nel caso del CCT).

La decisione del collegio avviene con atto sottoscritto dalla maggioranza dei componenti, entro il termine di 15 giorni (o 20 se ci sono particolari esigenze istruttorie) decorrenti dalla data della comunicazione dei quesiti.

L’ANAC ha sottolineato alcune criticità circa le regole sulla composizione del CCT, in particolare evidenziando come l’iter di formazione del CCT non sia in grado di assicurare un clima di collaborazione e fiducia e di appropriata comunicazione tra le parti contrattuali (ANAC, Esame e commento degli articoli del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale», 2020). In questo senso sembra disatteso lo stesso principio della fiducia ex art. 5 del codice in quanto le parti prima ancora dell’esecuzione del contratto hanno l’obbligo di indicare un organo deputato a risolvere le controversie che insorgeranno.

Dubbi circa l’obbligatorietà del collegio sono stati sollevati dall’ANAC[57] con documento del 4 agosto 2020, nel quale si sottolinea come tale sua natura contrasta con i due elementi essenziali dei rimedi alternativi al contenzioso: la volontarietà per entrambe le parti e la consensualità, che certamente non possono essere accantonati in ragione dell’eccezionalità del contesto emergenziale. La stessa Corte Costituzionale si è più volte pronunciata in senso non favorevole a forme di ADR obbligatorie poiché la Costituzione garantisce ad ogni soggetto il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, «il fondamento di qualsiasi arbitrato è da rinvenirsi nella libera scelta delle parti» (Corte Cost., n. 123, del 9 maggio 2018). Il problema centrale il CCT è un modello ibrido di lodo contrattuale che non dipende dalla volontà delle parti e per il quale non è prevista la possibilità di una impugnazione piena dello stesso ex 808-ter cpc.

Il nuovo codice dei contratti pubblici con gli articoli 215-219 stabilizza e conferma la disciplina del CCT contenuta nel d.l. 76/2020 come integrato dal decreto del MIMS 2022[58]. Il comma 1 rinvia a un apposito allegato V.2 la disciplina di dettaglio sulle modalità di costituzione del Collegio. Queste ricalcano sostanzialmente la precedente disciplina.

Il nuovo codice ammette sia il CCT obbligatorio sia il CCT facoltativo. L’art. 216 prevede le ipotesi di CCT obbligatoria. Quando la determinazione è obbligatoria questa ha valore di lodo contrattuale tra le parti salvo che almeno una si sia espressa in senso contrario. Basta il dissenso di una sola delle parti. In particolare, l’art. 218 attribuisce al RUP la possibilità di nominare un CCT facoltativo per la soluzione delle controversie di qualsiasi natura anche nella fase antecedente l’esecuzione del contratto.

Da un lato l’inosservanza della decisione del CCT è valutata ai fini di responsabilità erariale. Dall’altro l’osservanza della determinazione del CCT esclude la responsabilità erariale salvo i casi di dolo. In questo modo il codice crea una causa di esclusione della responsabilità erariale del RUP per superare il fenomeno della “fuga dalla firma” ritenuto foriero di rallentamenti della realizzazione delle opere.

Un punto rilevante nel funzionamento del CCT è il rapporto con gli altri strumenti alternativi. In questo senso il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile ha approvato delle linee guida che hanno esplicitato il rapporto tra CCT e accordo bonario.

Nella vigenza del precedente regime non era chiaro se l’accordo bonario fosse prioritario rispetto al CCT.

Nello specifico, in caso di attribuzione della natura di lodo contrattuale, la decisione del CCT è da ritenersi alternativa all’accordo bonario. Laddove i lavori siano già in corso d’esecuzione alla data di entrata in vigore del d.l. 76 del 2020, il CCT potrà operare esclusivamente in relazione a questioni che non siano state già devolute all’autorità giudiziaria o per le quali non siano in corso delle procedure di accordo bonario. Si conclude, dunque, per l’alternatività tra questi rimedi.

La dottrina ha adottato una soluzione simile per quanto concerne il rapporto tra arbitrato e CCT. L’alternatività tra i due rimedi si può cogliere dalla differenza tra le soluzioni adottate. Infatti, l’arbitrato si conclude di regola con un lodo avente efficacia di una sentenza di primo grado, mentre il Collegio consultivo tecnico può adottare determinazioni che diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse” abbiano natura di lodo contrattuale previsto dall’art. 808 ter c.p.c. e, dunque, gli stessi effetti del lodo emesso a conclusione di un arbitrato irrituale.

L’obbiettivo del legislatore sembra essere di creare un organismo consultivo, di mediazione e conciliazione destinato ad accompagnare l’esecuzione del contratto sin dal momento iniziale e per tutta la sua durata, è volta appunto ad evitare che dispute e contrasti che possono insorgere tra le parti ritardino o ostacolino l’esatto adempimento della prestazione contrattuale.

Il CCT formalmente assume le vesti di un organo di facilitazione della composizione delle controversie con funzione non decisoria. In sostanza l’obbligatorietà del CCT e l’efficacia di lodo irrituale delle deliberazioni rivelerebbe un carattere decisorio, ovvero aggiudicativo, che mal si concilierebbe con una pura e semplice funzione di assistenza per la rapida risoluzione delle “dispute”[59].

Se le parti instaurano un contenzioso sulla materia del lodo del CCT il giudice esclude la ripartizione delle spese se la parte vincitrice non ha rispettato il lodo. Inoltre, è posto a carico della parte vittoriosa una sanzione processuale di valore equivalente al contributo unificato.

Dalla ricostruzione della normativa emerge che il CCT costituisce una innovativa ipotesi di ADR nell’ambito pubblico. Fino all’introduzione del citato istituto le uniche forme di giurisdizione alternativa erano in ambito amministrativo erano i ricorsi e gli arbitrati rituali[60]. Va considerato organo consultivo necessario, che però non rende solo pareri, ma può anche assumere vere e proprie decisioni. Il modello ibrido consultivo-decisorio non è assolutamente una novità nel panorama nazionale.

I veri elementi di novità sono essenzialmente due. Il primo è quello della necessaria partecipazione di membri nominati dall’operatore economico. La decisione, parere o determinazione che sia, non viene presa più unilateralmente dalla sola amministrazione. Rispetto al sistema dei ricorsi amministrativi, s’introduce l’elemento della consensualità, in luogo della unilateralità, nella decisione sul ricorso.

La seconda decisiva novità riguarda la possibilità d’impiego della forma dell’arbitrato irrituale. La rottura rispetto all’impiego tradizionale del modello arbitrale risiede nel fatto che una norma di legge consente che dispute o controversie con la PA possano essere decise anche a mezzo di un arbitrato irrituale. La previsione legislativa predetermina chiaramente requisiti e modalità di scelta degli “arbitri” (art 6, comma 2) e delinea i tratti essenziali del procedimento (art. 6, comma 3), sottraendo entrambi i profili ad una assoluta libertà negoziale.

5. Conclusioni

Come è stato sottolineato da autorevole dottrina il CCT non ha una funzione deflattiva del contezioso, ma va nella direzione di prevenire l’insorgere di situazioni contenziose e ove necessario risolverle con lodo irrituale. La peculiare composizione del CCT serve per conciliare la competenza tecnica con la funzione arbitrale del collegio. Il fulcro dell’istituto è quindi la composizione del collegio e la qualificazione dei suoi membri[61].

Sul punto è intervenuta T.A.R. Lazio sez. III - Roma, 19/04/2022, n. 2585 che ha statuito l’illegittimità dell'esclusione degli avvocati del libero Foro dalla possibilità di diventare Presidenti del comitato tecnico esecutivo in materia di appalti. La corte regionale ha ritenuto che “escludere gli avvocati del libero Foro dal novero dei giuristi che possono ottenere l'incarico di presidente del Collegio consultivo tecnico non sia espressione di un corretto e ragionevole esercizio della discrezionalità riconosciuta al Ministero dall'art. 6, comma 8-bis, d.l. n. 76/2020 in relazione all'individuazione dei requisiti professionali del presidente dell'anzidetto Collegio, presentando, per converso, aspetti di discriminatorietà e illogicità per via, da un lato, della ingiustificata equiparazione alle categorie di personale in regime di diritto pubblico legato allo Stato-apparato dal ridetto legame di funzionalizzazione con il correlato statuto giuridico e il conseguente rispetto di inderogabili obblighi di rango costituzionale; dall'altro, poiché la categoria dei dirigenti di stazioni appaltanti con personalità giuridica di diritto privato soggette all'applicazione del codice dei contratti pubblici, non risulta suscettibile di essere ricondotta nell'alveo degli stessi pubblici dipendenti”.

Alla luce della ricostruzione sopra operata può sostenersi che il CCT nella disciplina del processo in materia di contratti pubblici costituisca un profilo di primario interesse per la realizzazione degli obbiettivi di riduzione del contenzioso.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Cfr. M.A. SANDULLI, Il rito speciale dei contratti pubblici nel primo decennio del cpa: tra progresso e involuzione, in Diritto processuale amministrativo, n. 1, 2021, p. 184.

[2] Sul tema si veda G. TAGLIANETTI, Il rito speciale in materia di contratti pubblici: ratio e profili applicativi, in Diritto processuale amministrativo, n. 1, 2019, p. 132.

[3] In questo senso M.A. SANDULLI, Il rito speciale dei contratti pubblici nel primo decennio del cpa: tra progresso e involuzione, op. cit. p. 191; M. D’ALBERTI, Lezioni di diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, 2021.

[4] Su questo punto E. FOLLIERI, La fase cautelare, in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, Giappichelli, 2014.

[5] Sul punto si rinvia ampliamente a M. LIPARI, Il nuovo rito degli appalti nel d.l. 16 luglio 2020, n. 76, in giustizia-amministrativa.it, 2020; A. COIANTE, Decreto semplificazioni, concorrenza e tutela, in Giustiziainsieme.it, 2020.

[6] Sul punto, si veda M.A. SANDULLI, Diritto europeo e processo amministrativo, in federalismi.it, n. 20, 2007; G. Severini, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici, in giustizia-amministrativa.it, 2016, p. 1.; in generale sul principio di effettività della tutela si rinvia a M. LUCIANI, Garanzie ed efficienza nella tutela giurisdizionale, in rivistaaic.it, 2014.

[7] Si rinvia, sul tema a G. TAGLIANETTI, Il rito speciale in materia di contratti pubblici, op. cit., p. 131.; F. CINTIOLI, Le innovazioni del processo amministrativo sui contratti pubblici (ancora in difesa del processo di parti), in Diritto Processuale Amministrativo, 2012, p. 6.

[8] Cit. G. TAGLIANETTI, Il rito speciale in materia di contratti pubblici, op.cit., p. 150.

[9] Sul punto, si rinvia a G. VERDE, L’effettività della tutela giudiziaria, in Diritto Processuale Amministrativo, 2018.

[10] A. AVERARDI e altri, Cronache amministrative 2020-2021, in Riv. Trim. dir. pubbl., n. 3, 2022, p. 815 ss. Per una panoramica generale degli interventi normativi intervenuti in questo biennio.

[11] L. TORCHIA, Dall’amministrazione dell’emergenza all’amministrazione della ricostruzione: responsabilità, controlli, tempestività, in IRPA.eu, 2020.

[12] M. MAGRI, Il “collasso” del sistema degli appalti nella prima fase dell’emergenza sanitaria, in Istituzioni del Federalismo, 2021, p. 77 ss. in particolare 87.

[13] M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in rivistaaic.it, n. 2, 2020. Si può fissare al 31 gennaio 2020 l’inizio della fase pandemica nel sistema normativo con la delibera del Consiglio dei Ministri, “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”, pubblicata in G.U., Serie gen., 1° febbraio 2020, n. 26.

[14] In argomento M.C. COLOMBO, M. CASATI, Guida agli appalti pubblici: le nuove regole transitorie alla luce del PNRR: procedure aggiornate al Decreto Semplificazioni 2021, Milano, Gruppo 24 ore, 2021, p. 4.

[15] Chiaramente sul punto veda C. CONTESSA, A. LALLI, Manuale di diritto amministrativo aggiornato con il D.L. semplificazioni 31 maggio 2021, n. 77, Piacenza, La Tribuna, 2021, p. 996 ss.

[16] Ibidem, p. 1013 ss.

[17] Ampliamente in questo senso G. NAPOLITANO, Giustizia amministrativa e ripresa economica, in Giornale di diritto amministrativo, n. 3, 2021.

[18] In generale sul PNRR e sul NGEU si veda M.C. MANCA, PNRR: guida all'applicazione del Recovery Plan negli enti della P.A., Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2021. I dati inerenti al Next generation EU possono essere consultati sul sito della Commissione europea europa.eu. Per un’analisi econometrica delle conseguenze del NGEU sull’economia italiana si rinvia a CDP, Next generation EU, cosa significa per l’economia italiana? 2020. Mentre il sito osservatoriorecovery.it realizza un monitoraggio permanente dei fondi del PNRR.

[19] Amplius sulle linee di sviluppo principale si veda D. CAPOTORTO, A. MASSARI (a cura di), Appalti pubblici dopo la conversione del decreto "semplificazioni" (D.L. 76/2020 conv. in L. 120/2020), Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2021, p. 7 ss. in particolare 8.

[20] ANAC, Documento concernente le disposizioni acceleratorie e di semplificazione contenute nel codice dei contratti e in altre fonti normative, in anticorruzione.it, 2020. Anche la Commissione europea (Comunicazione 2020/C 108 I/01, in europa.eu) ha ritenuto idonei ad affrontare la situazione pandemica gli strumenti già previsti in conformità alla normativa europea.

[21] De NICTOLIS R., Gli appalti pubblici dell’emergenza sanitaria, Bologna, Zanichelli, 2021, p. 2 ss. Per una ricognizione degli interventi normativi in materia di contratti pubblici intervenuti nel periodo pandemico.

[22] Sul punto si segnalano P. ROSSI, Gli appalti pubblici pre e post Covid: luci e ombre del consolidamento del “modello” derogatorio, in Amministrazione in cammino, 2021; L. TRAMONTANO, Compendio dei contratti pubblici, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2021; F. CINTIOLI, Il decreto semplificazioni (decreto legge 76 del 2020), gli appalti pubblici e il riparto di giurisdizione, in federalismi.it, n 7, 2021; G.F. MAIELLARO, Le novità sul termine di stipula dei contratti pubblici e sul rito speciale “appalti”, in D. CAPOTORTO, M. MASSARI (a cura di), Appalti pubblici dopo la conversione del decreto "semplificazioni", op. cit.; ANAC, Esame e commento degli articoli del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale» in tema di contratti pubblici, trasparenza e anticorruzione, in anticorruzione.it, 2020.

[23] In argomento si veda R. DE NICTOLIS, Gli appalti pubblici dell’emergenza sanitaria, Bologna, Zanichelli, 2021, p. 77 ss.

[24] M. LIPARI, Il rito appalti nel d.l. 16 luglio 2020, n. 76: I limiti all’inefficacia del contratto. La pronuncia cautelare e la definizione immediata del merito. L’accelerazione della pubblicazione della sentenza, in giustizia-amministrativa.it, 2020.

[25] L. TRAMONTANO, Compendio dei contratti pubblici, op. cit., p. 725.

[26] Ibidem, p. 726.

[27] M. LIPARI, Il rito appalti nel d.l. 16 luglio 2020, n. 76, op. cit., p. 9.

[28] E. LUBRANO, La giurisdizione meramente risarcitoria del giudice amministrativo in materia disciplinare sportiva: la Corte costituzionale (n. 160/2019) “spreca” un’occasione per la riaffermazione dell’effettività e della pienezza della tutela e della giurisdizione, in federalismi.it, 2019; P. TOMAIUOLI, Il diritto amministrativo nella più recente giurisprudenza della Corte costituzionale, in Questione giustizia, n. 4, 2020.

[29] Il TAR Lazio, Sez. I-ter, ord., 11 ottobre 2017, n. 10171, metteva in discussione un precedente orientamento del Supremo Consesso amministrativo. In particolare, per il giudice regionale i dubbi di costituzionalità si ponevano sotto il profilo della compatibilità tra una tutela meramente risarcitoria e il principio dell’effettività della tutela. Il giudice amministrativo ha rimesso la questione alla Corte costituzionale. Il caso di specie riguardava il ricorso davanti al giudice amministrativo avverso le sanzioni del Giudice sportivo. Questo sono pacificamente riconosciute come provvedimenti amministrativi, espressione di poteri autoritativi e incidenti su interessi legittimi. Il giudice amministrativo in caso di cassazione della sanzione non ha la possibilità di impartire una tutela ripristinatoria ma solo risarcitoria. La sentenza Corte Cost. 160/2019 ha confermato l’orientamento della precedente Corte Cost., 16 febbraio 2011, n. 49. Il giudice delle leggi ha respinto “la tesi del carattere costituzionalmente necessitato della tutela demolitoria degli interessi legittimi” (Cfr. punto 3.2.3. della Corte Cost. 160/2019.). Il giudice costituzionale ha affermato che la protezione dell’interesse legittimo può essere assicurata anche in mancanza di forme di tutela demolitoria. Tale limitazione è giustificata dal bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti. La Corte ha affermato che “il legislatore ben può, nell’esercizio della sua discrezionalità, prevedere un meccanismo di tutela anche solo risarcitorio-monetario purché un tale meccanismo si articoli nel rispetto del principio di ragionevolezza”. In questo modo ha confermato un consolidato orientamento Corte Cost., 11 novembre 2011, n. 303; ID, 26 settembre 2018, n. 194; Cass., Sez. Un., 13 dicembre 2018, n. 32358. Cfr. E. LUBRANO, La giurisdizione meramente risarcitoria del giudice amministrativo, op. cit., p. 19. Amplius sull’ordinamento sportivo e i rapporti tra giustizia sportiva e giustizia amministrativa, M. SANINO, F. VERDE, Il diritto sportivo, Padova, CEDAM, 2015, p. 509 ss.

[30] G. GRECO, Coronavirus e appalti (a proposito dell’art. 125 cpa), in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, n. 3-4, 2021, p. 517 ss.

[31] G.F. MAIELLARO, Le novità sul termine di stipula dei contratti pubblici, p. 80.

[32] Per un’analisi complessiva degli interventi inerenti al piano di governance del PNRR si veda D. CAPOTORTO, A. MASSARI (a cura di), Gli appalti pubblici nella ripresa post-pandemica: commento alla normativa speciale per l'attuazione del PNRR e alle altre disposizioni del Decreto Semplificazioni-bis, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2022, p. 9 ss.

[33] C. CONTESSA, La nuova governance del PNRR e gli interventi in materia di contratti pubblici, in Urb. App., n. 6, 2021, p.751.

[34] Ibidem.

[35] D. CAPOTORTO, A. MASSARI (a cura di), Gli appalti pubblici nella ripresa post-pandemica, op. cit., p. 12.

[36] S. BARDELLONI, Il decreto “semplificazioni-bis”: prime misure di attuazione del PNRR italiano nel sistema dei contratti pubblici, in D. CAPOTORTO, A. MASSARI (a cura di), Gli appalti pubblici nella ripresa post-pandemica, op. cit., p. 31 ss.; Per una ricostruzione dettagliata e schematica degli interventi normativi apportati dal d.l. semplificazioni-bis si veda O. CATUJAR, A. MASSARI, Codice dei contratti pubblici, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2022, p. 1683 ss.

[37] Si rinvia per un approfondito esame del nuovo procedimento di progettazione a C. CONTESSA, La nuova governance del PNRR, op. cit., p. 757.

[38] P. ROSSI, Gli appalti pubblici pre e post Covid, op. cit., p. 10.

[39] G. DELLA CANANEA, M. DUGATO, A. POLICE, M. RENNA, Semplificare la disciplina degli appalti pubblici si può. Meglio agire subito, in Il Foglio, 2 aprile 2020.

[40] G. CORSO, F. FRANCARIO, G. GRECO, M.A. SANDULLI, A. TRAVI, In difesa di una tutela piena nei confronti della pubblica amministrazione, in Il Foglio, 8 aprile 2020; G. GRECO, Coronavirus e appalti, op. cit.

[41] P. ROSSI, Gli appalti pubblici pre e post Covid, op. cit., p. 13.

[42] M.A. SANDULLI, Il contenzioso sui contratti pubblici, in giustizia-amministrativa-it, 2023.

[43] G.F. MAIELLARO, Le misure speciali varate di recente per il contenzioso PNRR, in appaltiecontratti.it, 2022.

[44] B.G. MATTARELLA, La delega (in bianco) per la riforma dei contratti pubblici, in Giornale diritto amministrativo, n. 5, 2022.

[45] ANAC, Relazione annuale al parlamento, in anticorruzione.it, 2020.

[46] Sul Accordo bonario si veda  A. MALTONI, I rimedi nell’esecuzione del contratto, in M. CLARICH (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, pp. 1446 ss.; G. VELTRI, Accordo bonario, in M.A. SANDULLI – R. DE NICTOLIS (a cura di), Trattato sui contratti pubblici. Volume V, pp. 439 ss.

[47] M. CORSINI, Arbitrato, in M.A. SANDULLI – R. DE NICTOLIS (a cura di), Trattato sui contratti pubblici. Volume V cit., pp. 477 ss.;

[49] Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale del 21 marzo 2016, parere n. 855 del 1° maggio 2016.

[50] F. CAMPIONE, Il c.d. decreto semplificazioni e la figura del collegio consultivo tecnico: fugaci spunti critici, in judicium.it, 2020;

[51] F. FRANCARIO, Il collegio consultivo tecnico. Misura di semplificazione e di efficienza o inutile aggravamento amministrativo?, in giustiziainsieme.it, 2023.

[52] F. CUSANO, La complicata semplificazione della contrattualistica pubblica: poveri fiori, gemme de’ prati, pur ieri nati, oggi morenti, in Federalismi.it, n. 13, 2021, p. 100 ss.; F. FRANCARIO, Il collegio consultivo tecnico. Misura di semplificazione e di efficienza o inutile aggravamento amministrativo?, in giustiziainsieme.it, 2023; F. CAMPIONE, Il c.d. decreto semplificazioni e la figura del collegio consultivo tecnico: fugaci spunti critici, in judicium.it, 2020.

[53] F. FRANCARIO, Il collegio consultivo., op. cit.

[54] Cons. St., Sez. V, 7 giugno 2022 n. 4650 con nota di D. ANSELMI e F. SMERCHINICH, Il Collegio Consultivo Tecnico tra natura, obblighi e ambito applicativo: una prima pronuncia del Consiglio di Stato, in Urbanistica e Appalti, n. 5, 2023. 

[55] F. CUSANO, La complicata semplificazione, op. cit.

[56] a) in caso di collegio consultivo tecnico composto da tre componenti, l’importo corrispondente allo 0,5 per cento del valore dell’appalto, per gli appalti di valore non superiore a 50 milioni di euro; tale percentuale è ridotta allo 0,25 per cento per la parte eccedente i 50 milioni di euro e fino a 100 milioni di euro e allo 0,15 per cento per la parte eccedente i 100 milioni di euro; b) in caso di collegio consultivo tecnico composto da cinque componenti, l’importo corrispondente allo 0,8 per cento del valore dell’appalto, per gli appalti di valore non superiore a 50 milioni di euro; tale percentuale è ridotta allo 0,4 per cento per la parte eccedente i 50 milioni di euro e fino a 100 milioni di euro e allo 0,25 per cento per la parte eccedente i 100 milioni di euro.

[57] ANAC, Esame e commento degli articoli del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, cit.

[58] Decreto 17 gennaio 2022 n. 12, del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili recante “Adozione delle linee guida per l’omogenea applicazione da parte delle stazioni appaltanti delle funzioni del collegio consultivo tecnico” con relativo Allegato A (Linee Guida) e del Decreto 1° febbraio 2022 n. 23 del medesimo Ministero, recante “Istituzione dell’osservatorio permanente per assicurare il monitoraggio dell’attività dei collegi consultivi tecnici”.

[59] F. FRANCARIO, Il collegio consultivo tecnico, op. cit.

[60] Ibidem.

[61] Ibidem.