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Pubbl. Gio, 14 Set 2023

Alle Sezioni Unite la questione sulla continuità normativa tra il traffico di influenze illecite e il millantato credito

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Editoriale a cura di Ilaria Taccola



Va rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione: se sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all´art. 346, comma 2, c.p., abrogato dall´art. 1, comma 1, lett. s), l. 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di traffico di influenze illecite di cui al novellato art. 346-bis c.p. (Cassazione penale sez. II, 28/06/2023, (ud. 28/06/2023, dep. 19/07/2023) n. 31478.


La questione di diritto oggetto di dibattito

A seguito dell'abrogazione del millantato credito ex art. 346 c.p. e della modifica del traffico illecito ex art. 346 bis c.p. per opera della Legge 9 gennaio 2019, n. 3, si è creato un dibattito in merito al rapporto tra le norme citate.

Infatti, in merito all'esistenza o meno del nesso di continuità normativa tra la formulazione vigente dell'art. 346-bis c.p. e l'ormai abrogato secondo comma dell'art. 346 c.p. si sono registrate interpretazioni contrastanti che si incentrano rispettivamente sul requisito delle relazioni con il pubblico ufficiale o con l'incaricato di pubblico servizio: requisito, questo, certamente previsto dall'art. 346- bis c.p. che viene diversamente inteso nella giurisprudenza di legittimità.

L'orientamento a favore della continuità normativa

L'orientamento che propende per la continuità normativa è stato inaugurato dalla sesta sezione della Corte di cassazione n. 17980 del 14 marzo 2019 che ritiene il reato di traffico di influenze illecite modificato dalla Legge 3/2019 comprenda anche la condotta del soggetto che si sia fatto dare o promettere da un privato vantaggi personali, di natura economica o meno, rappresentandogli la possibilità di intercedere a suo vantaggio presso un pubblico funzionario, a prescindere dall'esistenza o meno di una relazione con quest'ultimo.

Ciò a condizione, prevista dalla clausola di riserva ("fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322-bis "), che l'agente non eserciti effettivamente un'influenza sul pubblico ufficiale o sul soggetto equiparato e non vi sia mercimonio della pubblica funzione, dandosi, altrimenti, luogo a taluna delle ipotesi di corruzione previste dai suddetti articoli.

Secondo quest'interpretazione, la norma equiparerebbe, dunque, sul piano penale la mera vanteria di una relazione o di credito con un pubblico funzionario soltanto asserita ed in effetti insussistente (dunque la relazione solo millantata) alla rappresentazione di una relazione realmente esistente con il pubblico ufficiale da piegare a vantaggio del privato.

La Corte di cassazione con sentenza del 12 luglio 2021 (ud. 8 giugno 2021), n. 26437 aveva stabilito che sussistesse la continuità normativa tra le norme in esame, poiché 

"l’art. 346-bis cod. pen., riformulato dalla I. n. 3 del 9 gennaio 2019, sanziona le medesime condotte già contemplate dall’art. 346 cod. pen. abrogato; in particolare, la nuova norma punisce anche la condotta del soggetto che si sia fatto dare o promettere da un privato vantaggi personali, di natura economica o meno, rappresentandogli la possibilità di intercedere a suo vantaggio presso un pubblico funzionario, indipendentemente dall’esistenza o meno di una relazione con quest’ultimo, a condizione – oggetto di un’espressa clausola di riserva (…) – che l’agente non eserciti effettivamente un’influenza sul pubblico ufficiale o sul soggetto equiparato e non vi sia mercimonio della pubblica funzione, altrimenti ricorrendo una delle ipotesi di corruzione”. 

L'orientamento contrario, invece, ritiene che non sussista continuità normativa tra l'abrogato millantato credito e il traffico di influenze illecite riformulato ad opera della Legge 3/2019 perché all'interno dell'art. 346 bis c.p. non viene riportata esattamente la condotta prevista in precedenza dalla norma abrogata del millantato credito nella parte in cui è stato riprodotto il sintagma: "sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis cod. pen., indebitamente fa dare o promettere a sé o ad altri, denaro o altra utilità (...) per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sui funzioni o dei suoi poteri".

Infatti, confrontando le norme dopo la mofidica, si deduce che nell'art. 346 bis c.p. non viene riportato il termine "pretesto" utilizzato nel secondo comma dell'art. 346 c.p. 

Ebbene, parte della giurisprudenza ha sempre ritenuto prima dell'abrogazione che il delitto di truffa dovesse ritenersi assorbito in quello di millantato credito previsto dall'art. 346, comma secondo, c.p. proprio per l'impossibilità di configurare il concorso formale tra i due reati; ciò in quanto la condotta sanzionata dall'art. 346, comma secondo, c.p., a differenza di quella prevista dal primo comma, consiste in una forma di raggiro nei confronti del soggetto passivo che viene indotto ad un accordo che lo impegna ad una prestazione patrimoniale in quanto determinato da una falsa rappresentazione della realtà.

Di conseguenza non trovando applicazione il novellato delitto di traffico di influenze illecite secondo la teoria che esclude la continuità normativa, si dovrebbe applicare il delitto di truffa a chi si fa promettere o dare denaro o altre utilità con il pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare.

Ragione per cui, secondo l'ordinanza di remissione alle Sezioni Unite, la mancata riproposizione del termine "pretesto" contenuto nella precedente ipotesi di reato o che fondava il carattere autonomo della fattispecie di reato di cui all'art. 346, comma secondo, c.p. inserendo la stessa in una particolare ipotesi di truffa, tanto da ritenersi l'assorbimento della fattispecie di cui all'art. 640 c.p. quando nessuna relazione tra millantatore ed il pubblico ufficiale o impiegato sussisteva, fa supporre che non vi sia identità tra la norma abrogata e quella oggi prevista dall'art. 346-bis c.p. per come modificata dalla I. 9 gennaio 2019, n. 3. 

Pertanto, il Collegio ha rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito

«Se sussista continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all'art. 346, comma secondo, cod. pen., abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s), legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quello di traffico di influenze illecite di cui al novellato art. 346- bis cod. pen».


Note e riferimenti bibliografici