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Pubbl. Mer, 4 Ott 2023

La direttiva 2004/109/CE e la disciplina europea delle partecipazioni rilevanti negli assetti proprietari

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Federico Cortese
Laurea in GiurisprudenzaUniversità degli Studi di Torino



Il presente contributo analizza la normativa dell´Unione europea in tema di partecipazioni rilevanti in società quotate nel mercato regolamentato. La direttiva Transparency (2004/109/CE) ha introdotto importanti criteri di armonizzazione delle singole discipline degli stati membri allo scopo di immettere un nuovo strumento legislativo adatto a uniformare il mercato azionario. La normativa è stata successivamente modificata dal legislatore con la direttiva 2013/50/UE, per limitare l´intervento degli stati membri impegnati nell´adozione di misure domestiche particolarmente restrittive


ENG

The directive 2004/109/CE and the european regulation of major holdings in the ownership structures

This paper analyzes the European Union´s regulations on major holdings in companies listed on the regulated market. The Transparency directive (2004/109/EC) introduced important criteria for harmonizing the individual disciplines of member states with the aim of introducing a new legislative instrument suitable for unifying the stock market. The legislation was subsequently amended by the legislator with directive 2013/50/EU to limit the intervention of member states engaged in the adoption of particularly restrictive domestic measures

Sommario: 1. La direttiva 2004/109/CE: una disciplina comunitaria per le partecipazioni rilevanti; 2. Le modifiche alla direttiva Transparency ad opera della direttiva 2013/50/UE; 3. Conclusioni. 

1. La direttiva 2004/109/CE: una disciplina comunitaria per le partecipazioni rilevanti

Nel panorama unionale il riferimento normativo primario nell’ambito della disciplina della regolazione degli assetti proprietari delle società quotate è la direttiva 2004/109/CE, meglio conosciuta come direttiva “Transparency”.

La direttiva costituisce un pilastro legislativo importante in tema di obblighi di comunicazione, in un tentativo di unificare le discipline e le impostazioni normative dei diversi stati membri dell’Unione Europea sotto un unico insieme1.

L’obiettivo primario della direttiva era quello di incrementare gli obblighi di informazione in capo agli emittenti quotati e agli azionisti per proteggere gli investitori e indirizzarli verso l’assunzione di decisioni ragionate sui loro piani di investimento.

Nel disposto legislativo originario la direttiva Transparency introduceva innanzitutto un obbligo di comunicazione delle partecipazioni che erano considerate rilevanti e comprese direttamente o indirettamente all’interno del capitale di un emittente quotato; il legislatore ha fissato una soglia piuttosto elastica compresa tra il 5% e il 75% per la comunicazione della partecipazione se la percentuale dei diritti di voto che incombevano su quella stessa partecipazione fossero stati superiori, inferiori o compresi in quella soglia.

La direttiva ha preso successivamente in esame un’altra tipologia di obblighi di notificazione che riguardavano in special modo la stipulazione di accordi sull’esercizio del diritto di voto in sede di assemblea. In particolare, è fatto accenno all’esercizio di concerto dei diritti di voto attraverso l’utilizzo di patti parasociali sottoscritti fra soci, accordi per l’alienazione dei diritti di voto, contratti di deposito di titoli sui quali il depositario potesse esercitare il suo nuovo diritto di voto, contratti di pegno e garanzia sull'esercizio del diritto di voto al creditore pignoratizio o al creditore garantito2.

Gli obblighi di comunicazione dovevano essere inoltre adempiuti da quei soggetti che detenevano partecipazioni in strumenti finanziari, ai sensi dell’art.13 della direttiva Transparency: «gli obblighi di notifica si applicano altresì alla persona fisica o giuridica che detiene, direttamente o indirettamente, strumenti finanziari che conferiscono il diritto di acquisire, su iniziativa esclusiva del possessore, in virtù di un accordo formale, azioni, già emesse, che conferiscono diritti di voto di un emittente le cui azioni sono ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato»3.

Relativamente alle «procedure di notifica e pubblicazione delle partecipazioni rilevanti» di cui all’art.12 commi 1, 2 e 3, la direttiva evidenzia un’elencazione di informazioni che devono essere elaborate, raccolte e comunicate: «a) la situazione risultante dall'operazione, in termini di diritti di voto; b) la catena di imprese controllate mediante le quali i diritti di voto sono effettivamente detenuti; c) la data alla quale è stata raggiunta o superata la soglia; d) l’identità dell’azionista, anche se quest’ultimo non ha diritto ad esercitare i diritti di voto alle condizioni previste dall’art.10, e della persona fisica o giuridica avente il diritto di esercitare i diritti di voto per conto dell’azionista»4.

ll legislatore riservava anche un’ipotesi alla presentazione della notifica, per quanto riguardava le imprese la cui notificazione fosse già stata effettuata dall’ “impresa madre” o se quest’ultima fosse a sua volta controllata da un’altra società, la notificazione dovrebbe essere adempiuta dall’impresa che controllava l’“impresa madre"5.

La direttiva Transparency prendeva in esame anche gli obblighi di informazione per quegli emittenti le cui azioni erano ammesse alla negoziazione all’interno di un mercato regolamentato, per cui «l'emittente di azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato garantisce parità di trattamento per tutti i possessori di azioni che si trovano in condizioni identiche»6.

Il legislatore ha stabilito a questo proposito che l’emittente aveva il dovere di mettere nella disponibilità di ogni stato membro qualsiasi strumento e tutte le informazioni necessarie per la salvaguardia degli azionisti affinché potessero esercitare pienamente i loro diritti sociali e posizionarsi sul mercato in modo sicuro.

Il testo della direttiva, al comma 2 dell’art.17, statuiva che l’emittente dovesse rendere disponibili «le informazioni sul luogo, sulla data e sull'ordine del giorno delle assemblee, sul numero complessivo di azioni e di diritti di voto e sui diritti dei possessori di azioni di partecipare alle assemblee; mettere a disposizione di ciascuna persona avente diritto di voto in un'assemblea degli azionisti, unitamente all'avviso di convocazione di assemblea o su richiesta degli interessati dopo l'annuncio di un'assemblea, un modulo di delega su supporto cartaceo o, se possibile, elettronico; designare come suo agente un istituto finanziario presso il quale gli azionisti possano esercitare i loro diritti finanziari; pubblicare le comunicazioni o distribuisce le circolari relative all'assegnazione e al pagamento dei dividendi nonché alle emissioni di nuove azioni, comprese le informazioni sulle modalità di attribuzione, di sottoscrizione, di cancellazione e di conversione».

Lo stato membro d’origine dava facoltà agli emittenti, nel trasferire le informazioni agli azionisti, di utilizzare i mezzi telematici più aggiornati, con l’impiego di mezzi di identificazione digitale delle persone fisiche e giuridiche coinvolte nelle informazioni, e con l’introduzione del consenso prestato per iscritto dagli azionisti sulle pratiche di voto telematico.

In questo frangente è da evidenziare in particolare la compresenza, nell’ampio quadro del regime della trasparenza, del diritto comunitario e dell’opera normativa e di vigilanza di ogni singolo stato membro; tale duplicità di funzioni, rintracciabile da quanto è stato esposto sopra relativamente alle disposizioni della direttiva, consente di esprimere un giudizio di merito sulla funzione del diritto unionale limitatamente a questo campo. Infatti, il diritto sovranazionale è intervenuto sul regime della trasparenza in un’ottica di armonizzazione delle normative nazionali, ma anche nel segno dell’adeguamento del ruolo dello stato membro, che è passato da un mero compito di produzione normativa, lineare e domestica, in tema di obblighi di trasparenza, ad una vera e propria funzione di controllo e vigilanza, grazie all’intervento modernizzatore della direttiva Transparency.

L’art.19 della direttiva che disciplina il controllo ad opera dello stato membro d’origine ha evidenziato che, «quando l'emittente, o la persona che ha chiesto, senza il consenso dell'emittente, l'ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato dei suoi valori mobiliari, comunica le informazioni previste dalla regolamentazione, le deposita al contempo presso l'autorità competente del suo stato membro d'origine. Tale autorità competente può decidere di pubblicare le predette informazioni nel suo sito Internet»7.

Per quanto concerne invece l’eventuale modificazione da parte dell’emittente del proprio atto costitutivo o dello statuto della società, questo deve presentare e comunicare il proprio progetto di modifica alla Consob, limitatamente al caso italiano, e anche al mercato regolamentato, mai oltre il giorno di convocazione dell’assemblea sociale che voterà sulle modificazioni.

Inoltre, è compito della Commissione europea indicare precisamente «la procedura secondo la quale l'emittente, il possessore di azioni o di altri strumenti finanziari, o la persona fisica o giuridica di cui all'articolo 10, deposita le informazioni presso l'autorità competente dello stato membro d'origine in conformità, rispettivamente, dei paragrafi 1 o 3, al fine di: a) consentire il deposito con mezzi elettronici nello stato membro d’origine; b) coordinare il deposito della relazione finanziaria annuale di cui all’articolo 4 della presente direttiva con il deposito delle informazioni annuali di cui all’articolo 10 della direttiva 2003/71/CE»8.

Le regole di cui all’art.19 rappresentano il quadro del nuovo ruolo affidato dalla direttiva 2004/109/CE in capo allo stato membro, amplificando l’opera di vigilanza sugli obblighi di comunicazione degli emittenti e facendo intervenire direttamente l’autorità di vigilanza nazionale per prevenire situazioni di vuoti di tutela in capo agli investitori e al mercato, bisognosi di un ancoraggio sicuro che una previsione sovranazionale è in grado di fornire, in un rapporto di costante interscambio funzionale tra Unione Europea e stato membro.

Relativamente a questa “autorità competente”, la direttiva ne descrive le funzioni e ne delimita il potere rispetto alle prerogative di indirizzo cui è chiamata la Commissione.

All’art. 24, infatti, il legislatore attribuisce agli stati membri la facoltà di poter prevedere strumenti di delega che l’autorità competente possa utilizzare in specifici campi. Nel tratteggiare i margini di questa delega è opportuno sottolineare che, sempre al comma 2 dell’art. 24, il legislatore ha previsto che «tali condizioni includono una clausola che impone all'ente a cui sono delegati i compiti una forma di organizzazione tale da evitare che vi siano conflitti di interesse e che le informazioni ottenute nello svolgimento dei compiti delegati non siano utilizzate in modo scorretto o per impedire la concorrenza».

Una così forte delimitazione del margine di operatività della delega scongiura un’eventuale ipotesi di straripamento di potere da parte dello stato membro, che potrebbe attribuire prerogative ingiustificate ad altri organi non propriamente individuati dalla direttiva.

Il potere dell’autorità competente, dunque, è ben esplicato dal provvedimento, che ne elenca le specifiche funzioni all’art. 24 comma 4: per esigenze di brevità, si riportano qui di seguito le tre limitazioni che appaiono più significative in relazione ai poteri più incisivi concessi all’autorità, dal momento che il tema portante in questo contesto è il rapporto di forza tra l’autorità nazionale e quella europea9.

Dunque, alla lettera b) si legge che è compito dell’autorità competente «imporre all'emittente di rendere pubbliche le informazioni di cui alla lettera a) con i mezzi ed entro i termini che l'autorità ritiene necessari»10.

La lettera d), invece, impone di «sospendere o richiedere che il mercato regolamentato interessato sospenda la negoziazione di valori mobiliari per un massimo di dieci giorni per volta, se ha motivi ragionevoli di sospettare che le disposizioni della presente direttiva, o della legislazione nazionale adottata in attuazione della presente direttiva, siano state violate dall'emittente».

In questo modo si può constatare come il campo d’azione dell’autorità nazionale sia piuttosto largo, fino a spingersi all’applicazione di un intervento sospensivo diretto sul mercato regolamentato. Alla lettera i) il comma 4 dell’art. 24 della direttiva attribuisce all’autorità dello stato membro un potere ispettivo, attraverso l’eventuale espletamento di «ispezioni in loco nel proprio territorio conformemente alla legislazione nazionale, allo scopo di verificare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva e delle sue misure di esecuzione»11.

Un’altra interessante ipotesi che il legislatore unionale ha introdotto nel testo della direttiva Transparency all’art. 25 è una previsione sul segreto d’ufficio e sulla cooperazione tra stati membri, dove «tutte le persone che lavorano o hanno lavorato per l'autorità competente o gli enti cui le autorità competenti abbiano eventualmente delegato determinati compiti sono vincolate al segreto d'ufficio».

Le informazioni coperte dal segreto d'ufficio non possono essere comunicate ad alcun altro soggetto o autorità se non in forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno stato membro12.

Le disposizioni finali della direttiva prevedono invece l’adozione di provvedimenti cautelari (art. 26) e misure di esecuzione (art. 27).

Per quanto concerne i provvedimenti cautelari, il legislatore ha previsto un dovere d'informazione in capo all’autorità competente di uno stato membro se un emittente abbia commesso delle irregolarità13.

L’art. 27 invece ha introdotto una «procedura di comitato», che è una misura di esecuzione messa in atto dalla Commissione europea su parere del Comitato europeo dei valori mobiliari14 relativamente agli atti esecutivi e che prevede una procedura consultiva sugli atti in oggetto.

 La direttiva contempla altresì delle sanzioni di carattere amministrativo e civile per «le persone che si rendono responsabili di una violazione delle disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva. Gli stati membri provvedono a che le predette misure siano effettive, proporzionate e dissuasive»15.

Gli stati hanno tuttavia il compito di rendere note al pubblico degli investitori le misure che sono state comminate in capo ai soggetti che hanno violato i precetti della presente direttiva, ma «salvo il caso in cui la comunicazione possa turbare gravemente i mercati finanziari o possa arrecare un danno sproporzionato alle parti coinvolte»16.

Infine, il legislatore ha introdotto all’art. 29 della direttiva il diritto di impugnare dinnanzi all’autorità giudiziaria le decisioni scaturite dalla corretta applicazione della direttiva Transparency, in capo a chi ne abbia ricevuto pregiudizio.

Merita osservare che alcuni stati membri hanno deciso di emanare, dopo l’entrata in vigore della direttiva, una serie di «misure domestiche volte ad ampliare la portata degli obblighi comunicativi, in modo da ricomprendervi anche le posizioni detenute mediante derivati con regolamento per differenziale»17.

A titolo esemplificativo si evidenzia che il Regno Unito18 è stato il primo stato membro ad aprire a nuove regole per l’utilizzo dei contratti derivati cosiddetti “cash-settled”, introdotti sia in riferimento alla disciplina delle offerte pubbliche d’acquisto sia nei confronti delle regole sulla trasparenza degli assetti proprietari19.

 

2. Le modifiche alla direttiva Transparency ad opera della direttiva 2013/50/UE

La direttiva 2013/50/UE nel modificare la direttiva 2004/109/CE ha inteso avvicinare ulteriormente le legislazioni degli stati membri in materia di trasparenza.

Tale azione aveva come obiettivo primario di non lasciare totale campo aperto agli stati membri per l’adozione di misure nazionali più o meno restrittive, che avrebbero potuto nuocere al mercato regolamentato europeo, privilegiando in questo senso principalmente il mercato interno.

Il corpo centrale del testo di riforma del 2013 ha interessato il paragrafo 1 dell’art. 13 della direttiva Transparency. Si è intervenuti sull’«estensione degli obblighi di reporting», che è stata realizzata «affiancando alle partecipazioni cosiddette potenziali, anche le altre partecipazioni in altri strumenti finanziari che, a prescindere dalle modalità di regolamento siano collegati ad azioni incorporanti diritti di voto e che abbiano un effetto economico simile a quello degli strumenti ricompresi nella definizione di partecipazione potenziale»20.

Si evidenzia che l’art. 13 per come è stato riformato si è discostato dagli scopi che erano stati analizzati al considerando numero 9 della direttiva in esame, dato che in quel contesto si volevano ampliare gli obblighi di reporting per tutti gli strumenti finanziari, come ad esempio i titoli azionari.

Solamente con una lettura estensiva della norma, ma non con un’interpretazione letterale si può sostenere che la direttiva estenda gli obblighi di comunicazione a tutti quegli strumenti finanziari particolarmente onerosi21.

Un altro aspetto che nell’ambito della riforma apportata dalla direttiva 2013/50/UE merita di essere trattato è quello inerente al metodo di calcolo delle partecipazioni che sono detenute attraverso strumenti finanziari (i cosiddetti derivati cash-setted)22; le modalità di calcolo che la direttiva ha introdotto per gli strumenti che scaturiscono da contratti derivati utilizzano un metodo denominato “delta adjusted"23.

La presente formula consiste nel valersi di un coefficiente rappresentato da un delta che costruisce un indice di variabilità del valore derivato rispetto alle variazioni del nozionale di riferimento. Con tale applicazione il delta è perciò in grado di stimare il quantitativo di azioni sottostanti lo strumento finanziario, determinando quali azioni convenga acquisire e quali invece alienare, nel tentativo di ridurre le perdite scaturenti da una troppo prolungata detenzione di un’azione in "caduta libera"24.

Anche nel campo delle esenzioni la nuova direttiva 2013/50/UE ha ampliato il quadro della normativa precedente, introducendo nuove ipotesi di esenzione. Viene inserita, per esempio, l’esenzione per le attività di riacquisto di azioni ai fini della ristabilizzazione25, che vengono definite operazioni "buy back".

L’European Securities and Markets Authority ha il compito di circoscrivere quelle ipotesi in cui vi possa essere un’applicazione pratica delle esenzioni nei casi in cui le operazioni vengano effettuate per esecuzione di ordini ricevuti dai clienti, nella situazione in cui si instauri una negoziazione con il cliente a titolo non proprietario26.

In linea di massima si può osservare che «il nuovo regime delle esenzioni appaia strutturato in maniera tale da sottrarre alle maglie della disciplina sulla disclosure degli assetti proprietari quello spettro di situazioni irrilevanti ai fini dell'influenza sulla corporate governance degli emittenti quotati»27.

Infatti, per dare applicazione a questi propositi è necessario aver predisposto e collaudato un regime di esenzioni articolato e in grado di prevedere tutte le situazioni limite che si possano verificare, nel perseguimento delle esigenze di tutela del mercato e degli investitori, anche per evitare una presenza informativa eccessiva di documentazione del mercato, come sottolineato da certa dottrina28. Nella direttiva del 2013 non compare nessun rimando alle comunicazioni sulle posizioni corte di cui gli emittenti quotati fanno utilizzo; stando a quanto rilevato in dottrina, «dette posizioni assumono una valenza fondamentale nel contesto dei fenomeni di empty voting, rappresentando il mezzo principale mediante il quale una partecipazione azionaria può risultare più o meno svuotata della proprietà economica a questa originariamente connessa»29.

A questo proposito è opportuno sottolineare che il Committee of European Securities Regulators in sede di discussione della direttiva 2013/50/UE30 si era espresso in favore dell'esclusione dagli obblighi di comunicazione della disciplina delle posizioni corte, sostenendo che questi tipi di partecipazioni sarebbero stati inseriti nella nascente disciplina dello shortselling, la cosiddetta “vendita allo scoperto”, ma questa disciplina alla fine ha solamente ricompreso le “posizioni nette corte” solamente in riferimento al fenomeno dell’empty voting, ovvero il caso in cui il voto venga espresso in assenza di un autentico interesse economico.

 

3. Conclusioni 

Tutte le previsioni introdotte dalla direttiva 2013/50/UE afferiscono totalmente al regime della trasparenza della governance dei gruppi societari, in un’operazione già iniziata dalla direttiva Transparency per rendere il più possibile omogenea la normativa sulla pubblicità dovuta sulle partecipazioni rilevanti per tutti gli stati membri, mirando sempre di più alla piena funzionalità del mercato unico di capitali.

Importante, infine, il tema contenuto nella direttiva del 2013 sugli abusi prodotti dall’utilizzo improprio degli equity derivatives, che essa ha cercato di ridurre attraverso l’introduzione di un sistema di reporting più veloce ed aggiornato.

Ciò ha generato un progressivo aumento degli obblighi di comunicazione, consentendo agli investitori di mercato di agire in una condizione di piena consapevolezza dell’operazione imbastita, disponendo di maggiori strumenti per riconoscere e prevenire i rischi31.

L’apporto della direttiva del 2013 qui analizzata «dimostra una spiccata sensibilità verso le esigenze degli operatori di mercato e, nello specifico, degli intermediari finanziari», come è stato rilevato in dottrina32.

La riforma del 2013, dunque, oltre che agli indiscussi interventi di rinnovamento ha prodotto zone di incertezza normativa: i fenomeni dell’empty voting ne sono un esempio, dato che la direttiva non ha previsto obblighi di comunicazione per quei soggetti che potrebbero esercitare il diritto di voto pur non avendo un peso rilevante nella società.


Note e riferimenti bibliografici

1 La direttiva in esame è stata promulgata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’U.E. il 15 dicembre 2004, recante disposizioni per l’ «armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato». La direttiva, inoltre, interveniva a modificare la direttiva 2001/34/CE sull’«ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l'informazione da pubblicare su detti valori».  

2 Questa previsione è ricavabile ai sensi dell’art. 9 comma 1 della direttiva, che stabilisce che lo «stato membro d'origine assicura che un azionista, qualora acquisisca o ceda azioni di un emittente le cui azioni sono ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato e che conferiscono diritti di voto, notifichi all'emittente la percentuale di diritti di voto dell'emittente che esso detiene, risultante dall'acquisizione o dalla cessione laddove tale percentuale raggiunga, superi o scenda al di sotto di una delle seguenti soglie: 5%,10%,15%, 20%, 25%, 30%, 50% e 75%».

3 Gli elementi che sono stati elencati in questo periodo sono da ritenersi esemplificativi dell’applicazione della disciplina. Per l’elencazione completa si fa rimando all’art.10 della direttiva 2004/109/CE comma 1, lettere da a) a h).  

4 Il disposto dell’art.13 impone inoltre alla Commissione europea di adottare misure di esecuzione degli obblighi stabilendo la documentazione da utilizzare in formato unico standard per tutti gli stati membri e i soggetti a cui deve essere inoltrata la notifica. 

5 A questo deve aggiungersi che il legislatore unionale ha stabilito che la notifica debba essere effettuata «il più presto possibile, ma comunque entro quattro giorni di negoziazione», ai sensi dell’art.12 comma 2 della direttiva. 

6 Questo caso di esenzione è oggetto del comma 3 dell’art.12 della direttiva. 

7 Art.17 comma 1 della direttiva 2004/109/CE.  

8 Disposto di cui all’art.19 comma 1. Si osserva che nel testo dell’articolo in esame viene menzionata l’«autorità competente del suo stato membro d’origine», che nel caso italiano è evidentemente la Consob.  

9 Le presenti procedure sono tratte dal testo dell’art.19 comma 4.  

10 Per un’elencazione completa si fa rimando al testo della direttiva. 

11 In aggiunta, è opportuno che l’autorità competente renda note al pubblico le informazioni se gli emittenti o i soggetti titolati a gestire l’apparato informativo non l’abbiano già effettuato come previsto dal legislatore.

12 Il legislatore specifica, inoltre, che è possibile in casi di particolare necessità e nel pieno rispetto delle leggi dello stato membro ricorrere all’organo giurisdizionale competente per l’applicazione delle previsioni di cui sopra.

13 Art. 25 comma 1. Il presente articolo inoltre prevede la facoltà per gli stati membri di concludere accordi di cooperazione per lo scambio di informazioni con le autorità competenti, ma tali patti restano coperti dal segreto d’ufficio (art. 25 comma 4). 

14 L’autorità competente nazionale «adotta tutte le misure opportune per tutelare gli investitori conformemente all'articolo 3 comma 2», garantendo una corretta informazione alla Commissione sull’applicazione dei provvedimenti cautelari. 

15 Questo organo, formato da rappresentanti degli stati membri, è stato istituito dall’art. 1 della decisione 2001/528/CE, ed ha la funzione di produrre pareri non vincolanti alla Commissione europea in ambito di regolamentazione dei mercati mobiliari e degli strumenti finanziari.  

16  Art. 28 comma 1. 

17  Art. 28 comma 2.

18 L. LO PÒ, F. STOPPELLO, Il nuovo regime normativo europeo in materia di trasparenza delle partecipazioni rilevanti, in Riv. soc., 2014, 3, 315 ss.

19 La citazione relativa a questo stato è chiaramente riferita al lasso temporale antecedente all’uscita del Regno Unito dall’U.E.  

20 Tali interventi normativi sono stati effettuati ad opera delle modifiche al Takeover Code del 2005 e delle novelle del 2009 alle Disclosure and Trasparency Rules.

21 La direttiva in esame è stata emanata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’U.E. il 22 ottobre 2013, «recante modifica della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, la direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, e la direttiva 2007/14/CE della Commissione, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2004/109/CE».

22  L. LO PÒ, F. STOPPELLO, op. cit., 317 ss. 

23 È bene specificare in questo contesto che le informazioni sulle partecipazioni in strumenti finanziari che hanno caratteristiche di composizione diverse devono essere comunicate separatamente, a seconda che queste rientrino nel gruppo “partecipazioni potenziali” oppure che siano detenute in strumenti finanziari simili. 

24 Tale riforma è stata apportata rivisitando l’art. 13 comma 1 bis della direttiva Transparency, attraverso l’art. 1 comma 1 lettera b) della direttiva 2013/50/UE. 

25  L. LO PÒ, F. STOPPELLO, op. cit., 317 ss.  

26 Questo metodo di calcolo per i derivati introdotto dalla direttiva è stato fortemente criticato in sede di discussione legislativa; in particolar modo la Commissione europea aveva già propeso per un orientamento che intendeva utilizzare il metodo di computazione “nominale”, che consisteva nel calcolare un numero massimo di titoli che sottostanno allo strumento derivato. Il metodo nominale è stato applicato per il calcolo delle partecipazioni derivanti da contratti physically settled

27 Queste nuove modifiche interessano il paragrafo 6 della direttiva Transparency. Più in particolare il testo della direttiva al punto 6 suggerisce che «il presente articolo non si applica ai diritti di voto detenuti nel portafoglio di negoziazione, quale definito all’articolo 11 della direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006 relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, di un ente creditizio o di un’impresa di investimento, purché: a) i diritti di voto detenuti nel portafoglio di negozia zione non superino il 5 %, e b) i diritti di voto inerenti alle azioni detenute nel portafoglio di negoziazione non siano esercitati né altri menti utilizzati per intervenire nella gestione dell’emittente». 

28 È necessario evidenziare che questo grande spazio di autonomia lasciato all’ESMA presta il fianco all’identificazione delle esenzioni di cui sopra, per esempio, operazioni di acquisto di azioni anche per mezzo di intermediari, come limitazioni autonome che non debbano per forza essere collegate ad altri casi di esenzione, come ad esempio la client serving exemption, introdotta dall’ESMA e che permette di escludere o limitare la responsabilità di una parte verso la sua controparte. 

29  L. LO PÒ, F. STOPPELLO, op. cit., 317 ss.   

30 I. PORCHIA, L. LO PÒ, Le nuove regole CONSOB in materia di partecipazioni cash-settled, in Riv. soc., 2012, 6, 683 ss. 

31  L. LO PÒ, F. STOPPELLO, op. cit., 317 ss. 

32 CESR, Proposal to extend major shareholdings notifications to instruments of similar economic effect to holding shares and entitlements to acquire shares, in www.esma.europa.eu, 2010

 

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