• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 10 Ago 2023

Discrezionalità tecnica nella valutazione didattica e presupposti per tutela cautelare monocratica. Analisi del decreto n. 56/2023 TRGA di Trento

Modifica pagina

Andrea Galati
Laurea in GiurisprudenzaUniversità degli Studi di Catania



La discrezionalità tecnica nella valutazione scolastica e i presupposti per la concessione della tutela cautelare ex art. 56 C.p.a nella analisi del recente decreto n. 56 del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento del 29 giugno 2023.


ENG

Technical discretion in the formative assessment and requirements for monocratic precautionary measures. Analysis of the decree n. 56/2023 TRGA of Trento.

Technical discretion in school assessment and the conditions for monocratic precautionary measures provided by art. 56 C.p.a. The study of the recent decree n. 56 of the Regional Court of Administrative Justice of Trento on 29 June 2023.

Sommario: 1. Analisi dei fatti; 2. La discrezionalità tecnica nel processo di valutazione degli studenti; 3. I presupposti per la concessione della tutela cautelare ex art. 56 C.p.a.; 4. Conclusioni.

1. Analisi dei fatti

Con decreto n. 56 del 29 giugno 2023 il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento in composizione monocratica ha ammesso a seguito di istanza cautelare ex art. 56 c.p.a. la ricorrente, una studentessa di un istituto secondario di secondo grado trentino, a sostenere con riserva le prove suppletive per l’Esame di Stato. Tale sessione è stata indetta per il mese di luglio 2023 ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 dell’Ordinanza del Ministero dell’Istruzione e del Merito n. 45 del 9 marzo 2023 la cui applicazione nella province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinata dalla Circolare prot. 21259 del 12 marzo 2023 emanata dal Dirigente dell’Ufficio Esami di Stato ed abilitazioni professionali facente capo all’Amministrazione provinciale[1].

Dal testo del decreto si evince che la ricorrente ha agito nell’interesse di ottenere «la previa sospensione dell’efficacia e inaudita altera parte, della decisione di non ammissione [...] all’esame di maturità, come riportato nel verbale di scrutinio finale [...], nonché di ogni altro atto antecedente e consequenziale» [2].

La studentessa, infatti, non è stata ammessa all’esame di stato in quanto nel corso dell’ultimo anno scolastico ha mantenuto un rendimento didattico «sostanzialmente discontinuo, riportando peraltro valutazioni costantemente negative in materie importanti nel contesto degli studi propri [...], quali fisica, scienze naturali e diritto, alle quali nella seconda parte dell’anno si sono aggiunti anche la matematica (materia nella quale peraltro aveva già in passato riportato insufficienze) e l’italiano; né va sottaciuto che lo stesso giudizio di non ammissione riferisce anche di numerose assenze e ritardi da parte della studentessa, in ordine ai quali nulla viene obiettato nel ricorso presentemente in esame» [3].

Invero il principale motivo lamentato dalla ricorrente si incentra sulle «disfunzioni organizzative verificatesi nel corso dell’anno scolastico». Circostanze che hanno impedito la predisposizione degli «strumenti idonei a consentire il recupero dello studente ed il suo inserimento nell’attività di classe a livelli di preparazione pari o prossima a quella degli altri studenti della stessa classe» [4].

La ricorrente deduceva inoltre «l’esito dichiaratamente favorevole da lei medio tempore ottenuto in sede di superamento dell’esame di ammissione presso l’Università di Trento al Corso di Laurea in Economia aziendale»5].

D’altro canto il giudice monocratico ha osservato che la mancata attivazione delle iniziative di recupero e le disfunzioni organizzative verificatesi nel corso dell’anno scolastico «non sono sufficienti a modificare l’esito negativo delle prove sostenute dallo studente nel corso dell’anno scolastico, atteso che il giudizio di non ammissione alla classe superiore o all’Esame di Stato si fonda esclusivamente sulla constatazione sia dell’insufficiente preparazione dello studente medesimo, sia dell’incompleta preparazione personale ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi» [6].

Ancora, il giudice, richiamando autorevole giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha avuto modo di rilevare che «la valutazione del Consiglio di classe sul livello di preparazione e di apprendimento concretamente raggiunto da un alunno al termine dell’anno scolastico non può dipendere da un’eventuale difetto nella relazione scuola - famiglia o dalla mancata attivazione di specifici interventi di recupero atti a favorire il recupero scolastico dello stesso: ossia - e concludendo sul punto - le eventuali carenze della scuola nel predisporre tutti gli strumenti idonei a consentire il recupero dello studente ed il suo inserimento nell’attività di classe a livelli di preparazione pari o prossima a quella degli altri studenti della stessa classe non incidono sull’autonomia del giudizio di ammissione che deve essere effettuato, come indicato, sulla base della preparazione e della maturità comunque raggiunte dallo studente» [7].

Per un migliore quadro di ragionamento vale la pena evidenziare che la circostanza concernente l’ammissione della ricorrente presso l’Università di Trento al Corso di laurea in Economia Aziendale si evince «non risulta [...] allo stato idoneamente comprovata, essendo stato prodotto agli atti [...] soltanto un tabulato recante le iniziali ma non i nomi e cognomi completi dei candidati che hanno superato con esito favorevole le relative prove» [8].

In definitiva, nonostante la fondata ed evidenziata presenza di elementi che hanno potuto indurre a prevedere un esito negativo del successivo giudizio il giudice «ha ritenuto tuttavia, esclusivamente in considerazione del pregiudizio dedotto dalla ricorrente, di eccezionalmente accordare [...] la tutela dell’ammissione con riserva alla sessione suppletiva dell’Esame di Stato» [9].

Dal dispositivo del decreto emergono, pertanto, alcuni profili di rilevante interesse giuridico ed amministrativo su cui soffermarsi. Si vogliono analizzare la natura tecnica del procedimento di valutazione degli studenti, ma anche i presupposti necessari per consentire al giudice il riconoscimento della tutela cautelare ai sensi dell’art. 56 c.p.a.

2. La discrezionalità tecnica nel processo di valutazione degli studenti

Nel disposto del decreto in analisi, il giudice amministrativo ha avuto modo di evidenziare il già consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinale che riconosce nella valutazione degli studenti poste in essere dalle Commissioni d’esame e dai Consigli di classe una espressione di discrezionalità tecnica.

In tal senso la dottrina maggioritaria evidenzia che la discrezionalità tecnica è il risultato di un giudizio di ordine tecnico. Esso deriva dall’applicazione della norma conseguente ad un accertamento di fatto, in cui viene rilevata l’applicazione di criteri e parametri scientifici e tecnici. Dunque, la discrezionalità tecnica non è solo espressione di un potere di scelta in ordine al migliore perseguimento dell’interesse pubblico[10].

Recentemente il T.A.R. Sicilia ha avuto modo di evidenziare che il procedimento di valutazione degli studenti si sostanzierebbe in «giudizi analitici formulati in ciascuna materia dai rispettivi docenti, dai quali emerge una globale valutazione del livello di apprendimento e preparazione degli alunni; tali apprezzamenti sono insindacabili in sede giurisdizionale, con l’ovvia eccezione dell’illogicità e contraddittorietà manifeste» [11].

Viene così ripreso il già consolidato orientamento giurisprudenziale che distingue tra giudizi tecnici opinabili, anche definiti soggettivi, e giudizi tecnici non opinabili, od oggettivi. Per i primi è previsto un sindacato del giudice c.d. "debole", mentre per i secondi è previsto un sindacato c.d. "forte"[12].

In questo senso si è ritenuto che lo svolgimento di esami, concorsi e lo stesso procedimento di valutazione degli studenti negli istituti scolastici appartenga alla categoria dei giudizi tecnici opinabili. Infatti, chi svolge l’attività di valutazione è influenzato anche da fattori valoriali e, quindi, eminentemente soggettivi. Ne discende che le ipotesi tipiche di sindacato del giudice si limitano all’eccesso di potere. Diversamente si sostituirebbe un giudizio di per sé opinabile fornito dal soggetto preposto alla valutazione, ad un altro giudizio opinabile ricostruito dal giudice[13].

Si rileva che in ambito scolastico il docente, nello svolgimento dell'attività didattica, compie anche una fase di valutazione. Tutto questo è frutto dell’agire amministrativo e si fonda su scelte di tipo tecnico legate a criteri normativi, pedagogici, disciplinari, didattici e valoriali[14].

Per questo motivo, bisogna evidenziare che il tessuto normativo in cui si inquadra la valutazione è composto da diverse disposizioni di legge. In particolare, si rileva che la valutazione, lungi dall’essere oggetto di arbitrio, deve far parte di un processo formativo che concorra al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo. Essa mira a documentare lo sviluppo dell’identità personale, promuovendo l’autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze[15].

Il processo di valutazione deve essere coerente con l’offerta formativa erogata dall’istituzione scolastica. Deve inoltre essere aderente con la personalizzazione dei percorsi e con le Indicazioni Nazionali per il curriculum e le Linee guida emanati contestualmente alla riorganizzazione del sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore e costituzione degli istituti tecnici superiori[16].

Come si diceva, la fase valutativa degli studenti si inquadra all’interno dell’azione didattica impartita dal docente. Si osservi che il nostro ordinamento costituzionale, nel riconoscere il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero e la libertà di insegnamento, non li rende esenti da ogni limite o condizione.

La Corte costituzionale ha infatti avuto modo di precisare che «la previsione costituzionale del diritto di manifestare il proprio pensiero non integra una tutela incondizionata e illimitata della libertà di manifestazione del pensiero, giacché, anzi, a questa sono posti limiti derivanti dalla tutela del buon costume o dall’esistenza di beni o interessi diversi che siano parimenti garantiti o protetti dalla Costituzione» [17]

Tale principio è ripreso ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 297 del 1994 nella misura in cui è affermato che «nel rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti è garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. L’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni. È garantita l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca» [18].

Non a caso, il riferimento all’autonomia professionale investe anche il processo valutativo che deve essere effettuato in conformità con i criteri e le modalità definiti dal collegio dei docenti e inseriti nel piano triennale dell'offerta formativa[19].

In definitiva il processo di valutazione, dal punto di vista della discrezionalità tecnica che connota l’attività amministrativa non è oggetto di libere scelte. Esso si inquadra in un preciso contesto dominato da norme che ne indicano gli obiettivi, le finalità, le possibili metodologie e il ventaglio strumenti utilizzabili dall’insegnante[20]. La libertà di insegnamento è quindi strumentale all’attività didattica e si svolge entro i precisi contorni delineati dalle regole e dai principi che governano l’intero consorzio scolastico.

Si tratta comunque di un processo che esige di essere svolto nel pieno rispetto del principio di trasparenza che fa da bordone a tutta l’azione amministrativa. Non a caso, la filiera che consente di documentare la fase valutativa offre la possibilità di ricostruire gli iter procedurali e decisionali seguiti nello svolgimento dell’attività didattica[21].

3. I presupposti per la concessione della tutela cautelare nel procedimento ex art. 56 c.p.a.

L’art. 56 c.p.a. introduce la possibilità per il ricorrente di ottenere delle misure cautelari provvisorie in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio. Egli, infatti, può chiedere il riconoscimento di tali misure al presidente del T.A.R. o della Sezione cui il ricorso è assegnato, con la domanda cautelare o con distinto ricorso notificato alle controparti.[22].

Il presidente o un magistrato da lui delegato verifica che la notificazione del ricorso si sia perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica e di uno dei controinteressati e provvede con decreto motivato non impugnabile[23].

Qualora l'esigenza cautelare non consenta l'accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente, il presidente può comunque provvedere, fatto salvo il potere di revoca. Ove ritenuto necessario il presidente, fuori udienza e senza formalità, sente, anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima dell'emanazione del decreto[24].

Dall'analisi della norma si evince che la ratio dell'art. 56 c.p.a. è quella di evitare che si creino contesti pregiudizievoli e irreversibili a danno del ricorrente. In ogni caso, si deve trattare di situazioni che non possono essere più sanate nel corso del tempo e neppure con provvedimento collegiale emesso alla prima camera di Consiglio[25].

Da tale premessa è quindi pacifico affermare che l’organo monocratico nel riconoscimento della misura cautelare è tenuto alla valutazione dell’estrema gravità ed urgenza tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio. Tuttavia, si discute sia in dottrina, sia in giurisprudenza la necessità dell’esame del fumus boni iuris, ossia i profili e gli elementi che inducono a prevedere un possibile esito positivo del ricorso.

Una parte di dottrina, fra cui Scoca, ritiene che al presidente, quando ciò si evince dal ricorso, non è preclusa l’analisi del fumus boni iuris. Sebbene l’indagine più importante e comunque sufficiente riguarderebbe la valutazione della estrema o eccezionale gravità ed urgenza[26].

Altra parte della dottrina ritiene invece che coerentemente con la portata della norma l’unico presupposto essenziale per il riconoscimento della misura cautelare sarebbe legata all’accertamento dell’estrema gravità ed urgenza[27].

In ultimo si rileva che recentemente il Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Siciliana ha avuto modo di ritenere che «anche in sede di tutela cautelare monocratica non si possa prescindere dal vaglio, oltre che del periculum in mora, anche del fumus boni iuris, perché, ad accogliere la tesi opposta della sufficienza del periculum in mora, si darebbe al giudice monocratico (il cui ruolo nel processo amministrativo è assolutamente residuale ed eccezionale rispetto a quello insostituibile del Collegio) un potere quasi sovrano di incisione e invasione sulla funzione pubblica non consentito al Collegio e del tutto eccentrico rispetto al principio costituzionale di divisione dei poteri» [28].

4. Conclusione

Dallo studio del decreto alla nostra analisi emergono alcuni profili di studio di particolare interesse per la legislazione scolastica.

Intanto la giurisprudenza amministrativa chiarisce ancora una volta che il procedimento di valutazione degli studenti è caratterizzato dalla discrezionalità tecnica e come tale non è frutto di scelte arbitrarie dell’insegnante. Questi, infatti, nell’esercizio dell’attività didattica e del potere valutativo deve indubbiamente tener conto dei fattori normativi, didattici, metodologici e valoriali che caratterizzano il tessuto normativo e amministrativo della scuola.

La valutazione deve inoltre essere frutto di un processo che sia dominato dal principio di trasparenza. Invero ogni interessato - studente, famiglie o tutori, scuola - deve essere messo nelle condizioni di poter risalire intelligibilmente all’iter logico seguito dall’insegnante nella fase valutativa.

Coerentemente con l’art. 3 della L. 241 del 1990, si richiede che l’esito del processo di valutazione - assunto singolarmente da ogni insegnante o collegialmente dal Consiglio di classe o da una Commissione d’esame - sia debitamente motivato con l’illustrazione dei presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato l’adozione di una specifica decisione[29].

Dalle analisi sin qui condotte è d’uopo chiedersi se il dilagante utilizzo delle griglie di valutazione quale summa dell’iter di valutazione assolva agli obblighi di motivazione previsti dal predetto art. 3.

Sotto questo punto di vista non si rileva univocità di pensiero in giurisprudenza. Infatti, una parte di essa è concorde nel ritenere che la valutazione sintetica frutto di articolati indici e descrittori contenuti nella griglia di valutazione opportunamente condivisa con i candidati sia di per sé sufficiente ad assolvere agli esplicitati obblighi di motivazione e consenta di apprezzare l’iter seguito dal soggetto preposto alla valutazione nell’attribuzione della stessa[30].

Diversamente un altro e più risalente filone giurisprudenziale ritiene che al di là del dato numerico o del giudizio ricavabile dalla griglia di valutazione, sia necessario esplicitare l’iter logico seguito dal soggetto preposto alla valutazione[31].

Tuttavia, ad opinione di chi scrive, bisogna sempre tenere presente che nel contesto scolastico la valutazione deve tener conto delle esigenze di personalizzazione e di individualizzazione che caratterizzano il contesto metodologico e didattico di riferimento. Essa deve avere l’obiettivo di garantire un processo formativo che concorra al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo, documentando lo sviluppo dell’identità personale e promuovendo l’autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze[32].

A ciò si aggiunga che nella prassi portata avanti dalla gran parte degli istituti scolastici, le griglie di valutazione possiedono un gran numero di indici, sottoindici, rubriche e voci. Per certe modalità di valutazione, oltre a tali griglie sono spesso previste anche schede di osservazione e di processo. Tali documenti così articolati possono impedire allo studente di avere piena consapevolezza del significato che si cela dietro un semplice numero o giudizio.

Per questo motivo si ritiene preferibile l’opinione di recente espressa dal Consiglio di Stato il quale ha avuto modo di sostenere che «quando la stessa commissione si è auto-vincolata prevedendo una griglia articolata di criteri di valutazione con un punteggio massimo assegnabile e con eventuali sotto punteggi, la stessa deve poi esplicitare le ragioni dell’assegnazione di quel determinato voto e indicare, ove previsti, i singoli voti assegnati per ciascuna sub-voce. Se la commissione si limita ad indicare, accanto alla “grande voce” un voto complessivo numerico il candidato non riesce a comprendere i motivi per i quali si è pervenuto a quel risultato»[33].

Altro aspetto rilevante che emerge dall’analisi del presente decreto riguarda l’indagine sui presupposti che devono essere considerati dal giudice monocratico nell’accordare la tutela cautelare ai sensi dell’art. 56 c.p.a.

A fronte di una evidente eterogeneità di pensiero sia in dottrina, sia in giurisprudenza, sarebbe da accogliere l’orientamento più rigoroso da ultimo offerto dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana. Invero, accogliendo questa soluzione più garantista, il riconoscimento delle misure cautelari sarebbe subordinato al vaglio sia dell'estrema gravità ed urgenza, sia del fumus boni iuris.

Nel decreto de qua è apparso singolare concedere alla ricorrente la possibilità di sostenere le prove dell’Esame di stato, nonostante la sommaria ed anticipata valutazione fornita dal giudice nel provvedimento da cui non sembrerebbe trasparire alcuna aspettativa positiva circa l’esito del successivo giudizio.

Una decisione in tal senso potrebbe provocare nella ricorrente una vana aspettativa di successo che comunque rischierebbe di essere travolto all’esito del giudizio di merito. D’altro canto, una risposta giudiziaria di questa portata andrebbe a detrimento della stessa funzione pubblica che si trova soggiacere a un provvedimento che sembrerebbe essere stato motivato esclusivamente da ragioni di urgenza.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Cfr. TRGA di Trento, Sez. Unica, 29-06-2023, n. 56.

[2] Ibid.

[3] Ibid.

[4] Ibid.

[5] Ibid.

[6] Ibid.

[7] Ibid. Il giudice monocratico richiama: Cons. St., Sez. I, 12-04-2019, n. 1115 nel quale fra le altre cose viene sostenuto che «per costante giurisprudenza amministrativa il giudizio di non ammissione di uno studente alla classe superiore del consiglio di classe è espressione di discrezionalità tecnica e, in quanto tale, non sindacabile dal giudice di legittimità se non sotto il profilo della manifesta irragionevolezza e dell'errore sui presupposti rilevabili dagli atti. In particolare, il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione riservata dalla legge al suddetto organo collegiale il cui giudizio riflette specifiche competenze solo da esso possedute. Al giudice della legittimità spetta, pertanto, di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme al parametro normativo ovvero ai criteri deliberati preventivamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Va rilevato che il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione della sua insufficiente preparazione e dell'incompleta maturazione personale, necessarie per accedere alla successiva fase di studi. In particolare, la valutazione di legittimità di tale giudizio deve essere condotta avendo esclusivo riguardo agli elementi che denotano, alla conclusione dell'anno scolastico, la presenza o meno di un sufficiente livello di preparazione e di maturità dell'alunno senza che su di essa possa incidere il livello della comunicazione scuola-famiglia intervenuta nel corso del medesimo anno scolastico. Allo stesso modo, sulla legittimità del giudizio finale espresso in sede di valutazione per l'ammissione alla classe successiva non possono in alcun modo incidere la mancata attivazione nel corso dell'anno scolastico delle iniziative di sostegno consistenti in appositi corsi di recupero, che non sono di per sé sufficienti a giustificare o a modificare l'esito negativo delle prove atteso che, come anzidetto, il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa esclusivamente sulla constatazione sia dell'insufficiente preparazione dello studente sia dell'incompleta maturazione professionale, ritenute necessarie per accedere alla successiva fase di studi. Le eventuali carenze della scuola nel predisporre tutti gli strumenti idonei a consentire il recupero dell'alunno ed il suo inserimento nell'attività di classe a livelli di preparazione pari o prossima a quella degli altri studenti della stessa classe non incidono, dunque, sull'autonomia del giudizio di ammissione dell'alunno stesso alla classe superiore che deve essere effettuato, come indicato, sulla base della preparazione e della maturità comunque raggiunte dallo studente».

[8] Ibid.

[9] Ibid.

[10] F. G. Scoca (a cura di), Diritto Amministrativo, Torino, 2020. Per una migliore analisi della discrezionalità amministrativa si veda: D.J. Gallingan, La discrezionalità amministrativa, Milano, 1999.

[11] T.A.R., Sicilia, Palermo, Sez. II, 22-05-2023, n. 1700. Nel predetto provvedimento viene richiamato: T.A.R., Piemonte, Sez. II, 20-10-2022, n. 871 nella quale viene tra l’altro evidenziato che «tali considerazioni e limiti valgono anche nel caso della valutazione di studenti con PDP, con riferimento al complessivo rispetto delle misure ivi previste».

[12] F. G. Scoca (a cura di), Diritto Amministrativo, Torino, 2020 nella parte in cui precisa che «[Per i giudizi tecnici non opinabili] è previsto un sindacato di tipo forte per cui il giudice può sostituirsi all’amministrazione nell’esprimere il giudizio che si risolve nell’accertamento di una regola tecnica non controversa, mentre per i [giudizi tecnici opinabili]  un sindacato di tipo debole, attraverso l’eccesso di potere e le sue figure c.d. sintomatiche».

Si veda anche: Cons. St., Sez. VI, 1-10-2002, n. 5156 che nell’accertamento della posizione dominante di una determinata impresa ha modo di affermare che «[Ed infatti, quello riguardante l’evidenza o meno, di una posizione dominante di una determinata impresa] non costituisce un accertamento di mero fatto, né la sussistenza di tale posizione può risolversi in un semplice presupposto di fatto che può essere travisato o ignorato nella sua realtà o nella sua esistenza storica; al contrario, essa implica un apprezzamento significativo che si risolve in una valutazione tecnica complessa, fondata, come è stato osservato, non su regole scientifiche esatte e non opinabili, ma sull'applicazione di regole proprie di scienze inesatte ed opinabili come quelle economiche, ed implica, per di più una vera e propria valutazione prognostica circa gli effetti che in un determinato mercato un comportamento, di per sé lecito, come una concentrazione, è destinato ad operare. In nessun caso, pertanto, quello connesso con l'affermazione dell'esistenza di una posizione dominante può essere considerato un mero fatto od un accertamento di fatto; al contrario, esso si risolve 27 N.R.G. 2378/2002 in un giudizio tecnico discrezionale, basato sia sul previo accertamento dei fatti presupposti che sull'applicazione di regole tratte dalle scienze economiche, sia infine, su una valutazione prognostica degli effetti che l'operazione è destinata a produrre sul mercato preso in considerazione».

[13] F. G. Scoca (a cura di), Diritto Amministrativo, Torino, 2020 nella parte in cui precisa che «siccome il giudizio [tecnico opinabile] è rimesso all’amministrazione, apparendo non possibile sostituire il giudizio soggettivo ed opinabile del giudice a quello altrettanto opinabile dell’amministrazione cui, però, è attribuito il potere di provvedere».

Si veda anche: Cons. St., Sez. IV, 27-03-2008, n. 1237 nella parte in cui viene sostenuto che «la commissione giudicatrice di concorso esprime un giudizio tecnico discrezionale caratterizzato da profili di puro merito […] non sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti manifestamente viziato da illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti».

[14] A. Armone, La discrezionalità tecnica dei docenti nel procedimento valutativo degli studenti, in Dirigere la scuola, 2022, 9.

[15] Cfr. D.lgs. n. 62 del 13-04-2017 rubricato «Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107».

[16] Ibid.

[17] Cfr. Corte Cost., 21-03-1974, n. 86.

[18] Cfr. D.lgs. n. 297 del 16-04-1994 rubricato «Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione».

[19] Cfr. D.lgs. n. 62 del 13-04-2017 rubricato «Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107».

[20] A. Armone, La discrezionalità tecnica dei docenti nel procedimento valutativo degli studenti, in Dirigere la scuola, 2022, 9

[21] Circolare del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca n. 349 del 7-08-1998 in cui si chiarisce che «Tutti gli altri adempimenti amministrativi cui sono tenuti i docenti non soggiacciono a vincoli di modulistica predefinita e vige quindi al riguardo il principio della libertà delle forme, tanto più in una fase nella quale le scuole stanno progressivamente avviandosi verso l’autonomia sancita dall’art.21 della legge 15 marzo 1997, n.59. Occorre, ovviamente, fare salvo il principio inderogabile di apprestare nella scuola una documentazione che offra possibilità di ricostruire gli iter procedurali e decisionali seguiti nello svolgimento dell’attività didattica, al fine di rispondere ai principi di trasparenza e visibilità dell’azione sanciti dalla legge 241/90».

[22] Cfr. Art. 56 del d.lgs. n. 104 del 2-07-2010 rubricato «Codice del Processo Amministrativo».

[23] Ibid.

[24] Ibid.

[25] F. G. Scoca (a cura di), Giustizia Amministrativa, Torino, 2020.

[26] Ibid.

[27] E. Leotta, Considerazioni sulle misure cautelari monocratiche: contraddittorio, istruttoria, temporaneità, competenza territoriale, giurisdizione, contributo unificato, in Norma quotidiano di informazione giuridica, 2013. Sul punto vedi anche: R. De Nictolis, Processo Amministrativo. Formulario commentato, IV ed., Torino, 2019. Per una analisi dell’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale della tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, si veda R. LEONARDI, La tutela cautelare, Milano, 2011.

[28] Cfr. CGARS, Sez. Giurisdizionale, 10-12-2020, n. 812.

[29] Cfr. L. n. 241 del 7 agosto 1990 rubricata «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi».

[30] Si segnala in tal senso Cons. St., Sez. V, 23-03-2018, n. 1860 nella parte in cui afferma che «è sufficiente osservare che, in base ad un condivisibile orientamento giurisprudenziale, la votazione numerica attribuita alle prove o ai titoli di un concorso pubblico, in mancanza di una norma contraria, esprime e sintetizza il giudizio tecnico della Commissione, atteso che esso già contiene in se stesso, senza necessità di ulteriori spiegazioni, la motivazione della scelta compiuta. Ciò, tuttavia, a patto che siano stati precedentemente fissati, dal medesimo organo collegiale, criteri di massima e parametri di riferimento sufficientemente specifici e dettagliati per l’attribuzione dei voti, in modo che sia consentito percepire, con evidenza, la graduazione e l'omogeneità delle valutazioni effettuate (Cons. Stato, Sez. IV, 5/12/2016, n. 5099; Sez. V, 22/12/2014, n. 6306)”. Ancora, Consiglio di Stato, Sezione VI, 27 agosto 2014, sentenza n. 4348 nella parte in cui afferma che “il voto numerico costituisce in sé adeguata e sufficiente motivazione del giudizio, espresso in base al un codice diverso da quello letterale in maniera sintetica e specifica, alla luce dei criteri e della relativa griglia di valutazione elaborati dalla commissione”. Ancora T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I ter, 29 novembre 2014 sentenza n. 12000 in cui si rileva che “il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa e, dunque, mediante esso è da ritenere assolto l’obbligo di motivazione, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, anche in relazione alla prefissazione di appositi criteri di massima (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, 9 giugno 2014, n. 2899; C.d.S., Sez. V, 17 gennaio 2014, n. 181; TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 15 gennaio 2014, n. 121; TAR Sicilia, Catania, Sez. VI, 9 febbraio 2012, n. 357».

[31] In tal senso si segnala TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 9-09-2009, n. 1492 la quale richiamando eminente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che «il Consiglio di Stato ha avuto modo di confermare il principio di diritto in virtù del quale la Commissione esaminatrice deve “rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quantomeno mediante taluni elementi che concorrono ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell’apprezzamento sinteticamente espresso con l’indicazione numerica", con l’ulteriore specificazione che “gli elementi valutativi alla cui luce "leggere" il giudizio valutativo compendiato nel voto numerico non devono necessariamente essere formulati ad opera della Commissione esaminatrice, ma ben possono desumersi, purchè in modo trasparente e inequivoco, dagli atti pregressi della procedura concorsuale, ed in particolare dallo stesso bando indittivo della selezione” (Cons. Stato, sez. VI, 08 luglio 2009, n° 4384, che richiama Cons. Stato, Sez. VI, 08.05.2008 n. 2128). Le summenzionate precisazioni chiarificatrici sviluppano l’orientamento in base al quale “ove ai prestabiliti criteri di massima non si raccordino puntuali indicatori della misura in cui nel loro concorso si riflettano sul merito della prova - così da creare un griglia che renda stringente e comprensibile la sfera di discrezionalità valutativa esercitata dalla commissione di esame – il giudizio valutativo espresso in soli termini numerici non soddisfa la regola della congruità e sufficienza della motivazione, che deve assistere ogni determinazione provvedimentale dell’ amministrazione e rendere comprensibile l’ “iter” logico osservato. [...] Pertanto, in assenza per quanto in precedenza esposto di criteri di valutazione stringenti e dettagliati e che esprimano l’incidenza del livello qualitativo della prova sul punteggio, il solo punteggio numerico non soddisfa il principio di trasparenza che deve presiedere l’operato della commissione esaminatrice; ciò impone l’ esternazione di ulteriori elementi in base ai quali sia possibile ricostruire le ragioni del giudizio di segno negativo formulato nei confronti del candidato (cfr. in fattispecie analoghe Cons. Stato, Sez. VI, 08.05.2008 2128; V, 25.06.2008 n. 4657)” (Cons. Stato, sez. VI, 16 dicembre 2008 n° 6228)».

[32] Cfr. D.lgs. n. 62 del 13-04-2017 rubricato «Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107».

[33] Cons. St., Sez. VI, 27-04-2015, n. 2119.