Anche gli spazi necessari alla sosta e all´accesso dei veicoli rientrano nelle aree parcheggio pertinenti a fabbricati urbani
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Aurora Di Maio
L´articolo si concentra sull´analisi della sentenza della Corte di Cassazione del 27 ottobre 2022 n. 31799 pronunciatasi sulla definizione degli spazi di parcheggio, nella quale, come disposto dalla Circolare del Ministero dei lavori pubblici del 28 ottobre 1967 n. 3210, sono rimpresi anche gli spazi destinati alla manovra e al transito dei veicoli
The spaces necessary for parking and accessing vehicles also fall within the parking areas pertaining to urban buildings
The article focuses on the ruling of the Court of Cassation of October 27, 2022, no. 31799, regarding the definition of parking spaces, which, as stated by Circular of the Ministry of Public Works of October 28, 1967, no. 3210, also includes areas intended for vehicle maneuvering and transitSommario: 1. Introduzione. I fatti; 2. Inquadramento normativo. Il vincolo di pertinenzialità secondo la Legge 765/1967: dall’entrata in vigore ai successivi problemi interpretativi; 2.1 La «liberalizzazione» ad opera della Legge 246/2005; 2.2 I parcheggi di cui alla Legge 122/1989 (Legge Tognoli) e il doppio tentativo di liberalizzazione; 3. La definizione di «parcheggio» secondo la Cassazione.
1. Introduzione. I fatti.
Il caso posto al vaglio della Corte di Cassazione, la quale, si è pronunciata con la sentenza del 27 ottobre 2022 n.31799, riguarda il contenzioso che ha visto protagonisti, da un lato, un soggetto che ha agito al fine di ottenere il riconoscimento della proprietà e/o diritto d’uso di un posto auto scoperto situato in un cortile condominiale e di un garage posto al piano seminterrato, nonché il risarcimento dei danni per il loro mancato utilizzo, dall’altro, due soggetti che hanno disposto per donazione del suddetto locale ad uso garage.
In particolare, l’attrice ha convenuto, con atto di citazione notificato il 23 dicembre 2005, donante e donataria dinanzi al Tribunale di Cagliari basando la propria pretesa sui seguenti fatti: la stessa con atto pubblico stipulato in data 3 febbraio 2003 aveva acquistato dal donante l’unità immobiliare di cui era proprietario; il donante-venditore era, al tempo, altresì proprietario del posto auto e del garage rivendicato dall’attrice, siti nello stesso fabbricato dell’immobile venduto.
I cespiti immobiliari erano pervenuti all’alienante in virtù della successione del coniuge, la quale, a sua volta li aveva acquistati da una società costruttrice con compravendita conclusa in data 6 maggio 1994.
Al riguardo l’attrice ha sostenuto che entrambi i posti auto fossero gravati dal vincolo pertinenziale di cui all’art. 18 della L. 765/1967 (Legge Ponte) e che, pertanto, non solo dovessero considerarsi trasferiti ope legis - quandanche non menzionati nell’atto di compravendita - ma, altresì, doveva statuirsi la nullità della donazione - avente ad oggetto uno dei posti auto rivendicati - stipulata il 22 novembre 2005, ciò in quanto la donataria non era proprietaria di alcuna abitazione posta all’interno del fabbricato.
Il donante, costituendosi in giudizio congiuntamente alla donataria, ha sostenuto che il vincolo e le limitazioni introdotti dalla Legge Ponte all’art. 41-sexies della Legge urbanistica 1150/1942, non gravavano sui posti auto di sua proprietà, in quanto, realizzati dalla società costruttrice al tempo venditrice, in eccedenza rispetto allo standard urbanistico imposto dalla legge.
A seguito di apposita consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale adito ha dichiarato la donazione de qua nulla nella parte in cui non erano stati trasferiti i posti auto oggetto di causa e, conseguentemente, ha disposto il trasferimento a favore dell’attrice di dette pertinenze con obbligo, per la stessa, di pagarne il sovrapprezzo.
Proseguendo il giudizio per la determinazione dell’ammontare dovuto dai convenuti a titolo di risarcimento danni per il mancato utilizzo dei posti auto, la donataria e l'altro erede dell’ormai defunto donante, hanno proposto appello avverso la sentenza non definitiva n. 2566 del 2012 pronunciata in primo grado.
La Corte d’Appello di Cagliari ha riformato completamente la decisione impugnata.
Più in particolare, si è rilevato, anzitutto, che il giudice di primo grado non avesse provveduto ad incaricare un consulente tecnico d’ufficio al fine di verificare l’«effettiva cubatura dei fabbricati realizzati e della corrispondente superficie vincolata per legge a posti auto, aree di parcheggio e di manovra, al fine di verificare se vi fossero ulteriori aree e garage per i quali il costruttore avrebbe potuto validamente trattenere la proprietà̀ e disporne liberamente a favore di terzi»[1]; di contro, in primo grado si era semplicemente fatto riferimento alla effettiva cubatura riportata nel progetto presentato dall’allora società costruttrice e, dal quale, si è desunta l’applicazione del Decreto Floris[2] che impone un vincolo pubblicistico di 80 mq per ogni 100 mq di superfice da destinarne la metà alla realizzazione di aree di sosta.
Secondo la Corte d’Appello adita, invece, si sarebbe dovuto procedere ad una verifica dello stato concreto dei luoghi, così come richiesto dagli appellanti, i quali, hanno fatto presente di aver richiesto, ed ottenuto, la concessione edilizia in sanatoria l’11 febbraio 1999 stante le incongruità tra lo stesso progetto e lo stato di fatto del piano terra e seminterrato del fabbricato.
In ogni caso il giudice di secondo grado ha statuito che i) per i posti auto in parola si sarebbe dovuta applicare «ratione temporis, la disciplina di cui alla L. n. 122 del 24 marzo 1989, (legge Tognoli), sicché̀ l'edificio realizzato non era tenuto al rispetto degli standard urbanistici previsti dal "decreto Floris"»; ii) che dai risultati della rinnovata consulenza è emersa un’eccedenza di superfice pari a 387,60 mq e che, essendo il posto auto scoperto ed il garage oggetto di causa dell’estensione complessiva di 40 mq, ne consegue che gli stessi ben potevano essere trasferiti a terzi dal costruttore.
Di conseguenza, la Corte di Appello ha concluso dichiarando la legittimità della vendita del posto auto scoperto e del garage dall’allora società costruttrice al compratore che, a sua volta, legittimamente ne ha disposto a favore dell’appellante.
A questo punto dell’ iter processuale, la proprietaria dell’immobile certa di quanto rivendicato, è ricorsa alla Corte di Cassazione, la quale, ha concluso la vicenda con la statuizione di cui in prosieguo.
2. Inquadramento normativo. Il vincolo di pertinenzialità secondo la Legge 765/1967: dall’entrata in vigore ai successivi problemi interpretativi
Le questioni affrontate dalla sentenza in commento rendono necessario ripercorrere l’iter normativo che ha avuto ad oggetto le aree destinate a parcheggio.
Un tema la cui discussione è iniziata alla fine degli anni ’70 quando per esigenze urbanistiche, maturate all’insorgere dei problemi di viabilità dovuti all’incessante traffico nei centri abitati, si è dovuti intervenire al fine di rimediare alla carenza di spazi destinati alla sosta degli autoveicoli.
È stata la L. del 6 agosto 1967 n.765 (cd. Legge Ponte) ad introdurre per la prima volta nella normativa dettata in materia urbanistica (L. n.1150 del 17 agosto 1942) degli standards da seguire nella realizzazione dei fabbricati per quanto concerne la destinazione di appositi spazi da riservare alla sosta.
Infatti, con l’art. 41-sexies si è stabilito che «nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione»[3].
Si tratta di parcheggi privati da realizzarsi contestualmente all’edificazione di un nuovo fabbricato che sia successiva all’entrata in vigore della suddetta norma (segnatamente per le costruzioni iniziate dopo il primo settembre 1967[4]).
Già all’indomani dell'entrata in vigore della disposizione in commento si discuteva sulla natura del vincolo imposto dal legislatore e sul relativo regime di circolazione di dette aree di cui, invece, nulla era stato precisato.
A tal riguardo, secondo una prima interpretazione fornita dalla dottrina, definita oggettiva o liberista, l’art. 41-sexies non è stato introdotto nella materia urbanistica al fine di incidere nei rapporti tra privati ma unicamente in quelli sorti tra costruttore e pubblica amministrazione.
In altri termini, la norma avrebbe imposto sugli spazi da destinare a parcheggio un vincolo oggettivo di destinazione e non di pertinenzialità, senza ciò comportare limitazioni per quanto concerne l’alienabilità degli stessi tra i privati[5] dal momento che, non avrebbe avuto rilievo l’effettiva utilizzazione dei posti auto da parte dei condomini[6].
Da ciò sarebbe derivata la libera commerciabilità degli stessi, i quali ben potevano, quindi, essere esclusi dall’eventuale contratto di vendita dei singoli appartamenti o dell’intero fabbricato di cui erano parte[7].
Risolvere il problema della viabilità nei centri urbani limitata dalla sosta indiscriminata degli autoveicoli si riteneva essere l’unico fine perseguito dal legislatore del tempo e, pertanto, la realizzazione dei parcheggi sarebbe dovuta essere solo la condizione per ottenere la licenza o la concessione edilizia per la costruzione di nuovi fabbricati a pena di illegittimità del provvedimento comunque rilasciato[8].
Altro orientamento sul tema, sviluppatosi in giurisprudenza con accezione soggettiva o vincolista, non era d’accordo nell’ammettere che l’autonomia privata potesse vanificare l’intento del legislatore impedendo l’utilizzazione dei posti auto di pertinenza delle unità immobiliari da parte dei condomini del fabbricato e di cui si è resa obbligatoria la realizzazione.
Pertanto, non solo si sarebbe dovuto rispettare il vincolo di destinazione degli spazi da riservare alle aree di sosta, ma sarebbe stata certamente necessaria l’utilizzazione dei parcheggi realizzati da parte di coloro che vi abitassero.
In altri termini, si sosteneva che se il problema da risolvere era quello di ridurre il traffico nelle aree urbane, causato da coloro che nelle stesse abitualmente vi sostavano, i parcheggi allora divenuti obbligatori non potevano non essere utilizzati da quegli stessi soggetti che ne erano la causa[9].
Si concludeva, al riguardo, che i posti auto potevano essere alienati separatamente dall’immobile a cui accedevano o, comunque, poteva essere riservata al proprietario la nuda proprietà.
Di contro, invece, non si poteva ammettere una deroga al diritto di uso a favore dei proprietari od utilizzatori delle unità immobiliari principali.
In particolare, verrebbe a costituirsi ex lege un diritto reale d’uso del posto auto a favore di taluni soggetti con il conseguenziale riconoscimento del diritto in capo al venditore di ottenere una maggiorazione del prezzo pattuito a titolo di supplemento e al fine di riequilibrare le prestazioni contrattuali.
Tali conclusioni sono state oggetto di un iter giurisprudenziale ben conosciuto da chi ha seguito la querelle avutasi sul tema ed il quale ha condotto le Sezioni unite della Cassazione a sancire, seppur non ancora definitivamente, il principio secondo cui l’art. 41-sexies operi, da un lato, come norma di azione nei rapporti tra il costruttore e la pubblica amministrazione, e dall’altro, come norma di relazione tra i privati, così decretando l’inderogabilità circa l’utilizzazione dei parcheggi a favore dell’edificio condominiale e, di conseguenza, l’impossibilità di poter alienare gli stessi senza anche trasferire un diritto di godimento sulla relativa area di sosta[10].
Le stesse Sezioni Unite non sono riuscite, però, a fornire una qualificazione giuridica univoca del vincolo allora imposto.
Infatti, hanno previsto diverse ipotesi.
Innanzitutto, il posto auto collocato all'interno dell'edificio dovrebbe considerarsi come bene comune condominiale oggetto di un diritto di godimento a favore di tutti i condomini.
In secondo luogo, il posto auto esterno all'edificio dovrebbe ritenersi pertinenza dell’immobile principale.
Infine, se il costruttore si è riservato la proprietà dei parcheggi, su questi grava una servitù a favore dell’intero edificio (e quindi delle singole unità immobiliari).
Secondo la Corte questa diversità di ipotesi configurabili avrebbe avuto dei riflessi anche in ordine al loro regime di circolazione.
Postulato che, salvo patto contrario, la vendita della singola unità immobiliare comprende i connessi diritti accessori, accessioni e pertinenze, nonché la quota condominiale delle cose comuni al fabbricato di cui è parte (come indicate dall’art. 1117 cod. civ.), l’omessa menzione del diritto gravante sul parcheggio costituirebbe un’ipotesi di integrazione del contratto (art. 1374 cod. civ.).
Diversamente, se le parti si fossero servite del patto contrario per escluderlo espressamente, la relativa clausola sarebbe stata nulla perché contraria ad una norma imperativa.
Una nullità, però, secondo le pronunce del tempo, soltanto parziale e, quindi, sanabile ai sensi dell’art.1419, secondo comma, cod. civ.
È a seguito di dette pronunce ed alla luce del regime vincolistico sancito dalla Cassazione che interviene nuovamente in materia il legislatore con l’art. 26, ultimo comma della legge 28 febbraio 1985, n. 47 mediante il quale stabilisce che «gli spazi di cui all’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 del Codice Civile»[11].
L’intervento normativo era diretto a risolvere le divergenze di opinioni che erano sorte in precedenza.
Infatti, la norma in parola nel progetto iniziale era stata inserita in un unico articolo (21) rubricato «interpretazione autentica».
Nonostante il chiaro obiettivo del legislatore del tempo, con il suo intervento in materia non si è riusciti, comunque, a superare la questione sulla quale dottrina e giurisprudenza già da tempo si interrogavano, anzi, altrettanto evidente è stata la constatazione di nuovi importanti interrogativi ai quali è risultato necessario fornire delle risposte (si tratta della questione della possibilità della vendita separata del posto auto data la presenza del regime di pertinenzialità e della problematica della retroattività della disposizione in parola).
Con il richiamo al detto regime certamente poteva considerarsi sancito il rapporto di accessorietà tra il fabbricato e i posti auto, rapporto che in quanto tale, dunque, era derogabile in virtù del disposto di cui al secondo comma dell’art. 818 c.c., ai sensi del quale «le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici».
Per quanto concerne l’efficacia della disposizione aggiunta dalla legge sul condono, da un lato, si è sostenuta la sua natura interpretativa e si è confermato lo scopo del legislatore di chiarire la possibilità di alienare i posti auto separatamente all’immobile principale con efficacia retroattiva; dall’altro, si è attribuito alla disposizione in parola una portata soltanto innovativa, ciò dovendosi applicare limitatamente ai parcheggi realizzati successivamente alla sua entrata in vigore[12].
È in questo clima di dubbi e incertezze che le Sezioni unite della Cassazione sono intervenute nuovamente sulle questioni prospettate, al fine di risolvere i problemi interpretativi che la stessa legge sul condono non aveva fatto altro che aggiungere a quelli già preesistenti alla sua entrata in vigore.
Questa volta la Suprema Corte ha sancito definitivamente il principio secondo cui l’art. 41-sexies della L. 1150/1942 impone un vincolo di destinazione di natura pubblicistica, in virtù del quale «gli spazi in questione sono riservati all’uso diretto delle persone che stabilmente occupano le singole unità immobiliari, anche a titolo di locatari o comodatari»[13].
In particolare, coerentemente con le pronunce delle stesse Sezioni unite di qualche anno prima, è stato ribadito che «la norma vincolistica, dettata nell'interesse generale alla normalizzazione della viabilità urbana, incide, con effetti necessariamente inscindibili, sia nel rapporto pubblicistico di concessione-autorizzazione edilizia sia anche nei rapporti intersoggettivi di diritto privato, come quelli in cui la finalità della norma consegue concreta realizzazione»[14].
Sulle teorie concernenti l’efficacia retroattiva dell’art. 26 della l. 47/1985, la Suprema Corte ha concordato con i sostenitori della sua natura interpretativa non potendo ad essa riconoscersi una struttura autonoma: introdotta, dunque, per chiarire la possibilità che le nuove pertinenze degli edifici, quali i posti auto, avrebbero potuto costituire oggetto di separati rapporti giuridici.
Ciò postulato si è ritenuto che la questione si configurasse di più ampia portata, vale a dire che si è sostenuto che entrambe le teorie concordavano «nel ritenere che le aree di parcheggio, in un modo o nell’altro, [...] fossero [...]sottratte dallo ius superveniens al vincolo di destinazione nei rapporti intersoggettivi di diritto privato»[15], quando, invece, «a fermo giudizio delle Sezioni Unite, questo assunto di base delle due interpretazioni a raffronto non trova validi riscontri nella mens legis quale si è oggettivata nel dato testuale».
In altri termini, nella sentenza in oggetto si è sostenuto che il richiamo al regime pertinenziale non può essere la causa che fa venir meno il vincolo di destinazione introdotto dalla legge 756/1967.
Infatti, si riconosce il rapporto di servizio che si instaura tra il posto auto e l’immobile principale ma ciò non vuol dire che, attraverso separati atti o rapporti giuridici, lo stesso rapporta possa cessare.
In ogni caso, le Sezioni unite hanno ritenuto di far salva la nullità parziale dei contratti aventi ad oggetto esclusivamente il trasferimento dell’immobile principale, escludendone il posto auto[16].
Consolidato nelle successive pronunce l’orientamento allora seguito dalla giurisprudenza, dopo pochi anni le Sezioni Unite della Suprema Corte tornano a pronunciarsi sulla materia dei posti auto, al fine di risolvere il contrasto di opinioni sorto in merito all’applicabilità della normativa ai parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo standard urbanistico introdotto con l’art. 41-sexies (L. 1150/1942).
In un primo momento si è ritenuto di dover escludere che anche la parte in eccedenza fosse sottesa al vincolo di destinazione ex lege[17].
Successivamente, invece, la questione è stata risolta positivamente nel senso che il vincolo di destinazione pubblicistico si sarebbe dovuto rispettare quandanche si fosse trattato di posti auto realizzati in esubero rispetto a quelli previsti dalla legge[18].
L’intervento de quo è stato diretto ad escludere tale applicazione estensiva ritenendo non sussistente per taluni posti auto il vincolo di pertinenzialità rispetto alle singole unità immobiliari del fabbricato.
In particolare, si è affermato che l’inscindibilità del vincolo pertinenziale è giustificata esclusivamente dalla norma imperativa (art. 41-sexies), di contro le pertinenze non richieste dalla stessa seguono i principi generali dettati dal diritto comune per tale vincolo e, segnatamente, l’effettiva destinazione della cosa non può che dipendere dalla volontà del suo proprietario[19].
Il costruttore che realizza parcheggi in misura eccedente rispetto all’area prescritta dalla legge e impone su questi un vincolo di destinazione a favore degli immobili con l’atto d’obbligo indirizzato al fine di ottenere il provvedimento concessorio, deve rispettare tale vincolo non perché gli sia imposto dalla legge - avendo già rispettato la destinazione ad area di sosta dello spazio minimo richiesto - ma in quanto a questo obbligatosi nei confronti dell’autorità amministrativa.
In particolare, lo stesso vincolo ben potrebbe essere rimosso, seppur a determinate condizioni, ma in ogni caso non sussiste per i posti auto in eccedenza il diritto reale d’uso in capo ai proprietari/utilizzatori dei singoli immobili facenti parte del fabbricato.
Di contro, «estendere ai parcheggi realizzati in eccedenza il vincolo soggettivo, con conseguente attribuzione del diritto d'uso ai proprietari delle unità immobiliari dell'edificio, riconoscimento dell'inscindibilità̀ del vincolo e nullità̀ degli atti negoziali, significa disconoscere ogni distinzione tra parcheggi rientranti nello standard legale e quelli che, invece, da tale standard eccedono»[20].
2.1 La «liberalizzazione» ad opera della Legge 246/2005
Dopo lo sforzo compiuto dalla giurisprudenza il legislatore è intervenuto nuovamente sulla possibilità di alienare i posti auto separatamente alle singole unità immobiliari del fabbricato di cui sono parte.
Infatti, all’art. 41-sexies della L. 1150/1942 è stato aggiunto un secondo comma col quale si è stabilito che «gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritto d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse»[21].
Fermo restando il vincolo pubblicistico di destinazione di appositi spazi da destinare a parcheggio, è evidente l’intento di derogare all’inscindibilità del vincolo pertinenziale tra il posto auto e l’unità immobiliare a cui accede, fatta valere costantemente dalla precedente interpretazione giurisprudenziale: «il significato e la portata precettiva della norma, in effetti, sono assolutamente chiari. La previsione normativa è stata infatti costruita dal legislatore in modo da neutralizzare, nelle sue diverse sfaccettature, la soluzione che era stata imposta dalla Corte di cassazione per oltre venticinque anni»[22].
Con riguardo alla nuova disposizione è necessario tornare nuovamente sulla distinzione tra norma interpretativa e norma innovativa, al fine di statuirne l’efficacia temporale e, di conseguenza, decidere le sorti delle fattispecie non ancora risolte prima della sua entrata in vigore (16 dicembre 2005).
Con una prima decisione di merito la questione è stata risolta con l’immediata applicabilità del secondo comma dell’art. 41-sexies anche a quei rapporti non ancora consolidati, in quanto «in sostanza con tale comma aggiunto, il legislatore ha inteso regolare gli effetti derivanti dall’obbligo di riservare nelle nuove costruzioni appositi spazi per parcheggi, senza incidere sul fatto generatore ovvero sull’osservanza [...] di tale obbligo [...], che resta fermo ed intangibile»[23].
Pertanto, alla disposizione in esame non può che riconoscersi, secondo tale orientamento, carattere interpretativo.
È chiaro che tale impostazione è stata seguita dagli stessi fautori della teoria liberista, i quali, all’indomani dell’entrata in vigore della legge Ponte già sostenevano l’assenza del vincolo di inalienabilità del posto auto separatamente dall'unità immobiliare alla quale accedeva.
In tale modo, postulato che ai sensi dell’art. 2909 cod. civ. l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato faccia stato ad ogni effetto, tra le parti, i loro eredi e aventi causa, il soggetto a cui, in forza di tale pronuncia, sarebbe stato attribuito il diritto di rivendicare la proprietà o l’utilizzo del posto auto pertinenziale all’immobile principale perché escluso dal contratto posto in essere, questo stesso diritto, in forza del nuovo comma dell’art. 41-sexies, gli sarebbe ora sottratto[24].
Di contro, i sostenitori della teoria vincolista non ammettevano la natura interpretativa della nuova disposizione, salvando, almeno, i casi passati dalla liberalizzazione dal vincolo pertinenziale dei posti auto ex legge Ponte sull’assunto della irretroattività delle norme prevista dall’art. 11 delle preleggi e non avendo il legislatore del tempo riferito alcuna disposizione contraria al riguardo.
Proprio in questo senso, si è pronunciata anche la Corte di Cassazione con la sua prima decisione in merito a tale questione[25].
In primo luogo, la Suprema Corte ha affermato che affinché una norma possa ritenersi interpretativa debbano ricorrere come presupposti i) «l’incertezza interpretativa» e ii) «la consacrazione di una delle soluzioni che avrebbero potuto essere (o sono state) adottate dalla giurisprudenza, alla luce anche della giurisprudenza costituzionale in materia»[26].
Tali presupposti mancano, al giudizio della Suprema Corte, nell’ipotesi de qua essendosi la stessa pronunciata per oltre un ventennio sull’immancabile riconoscimento di un diritto reale d’uso ex lege gravante sul posto auto a favore di coloro che acquistano l’unità immobiliare principale.
Se si esclude, dunque, la natura interpretativa della nuova disposizione, non può che trovare applicazione il principio, ormai pacifico, secondo cui «le leggi le quali modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore»[27].
La conclusione della Corte è, pertanto, quella di ritenere la disposizione del nuovo comma dell’art. 41-sexies «destinata ad operare solo per il futuro, e cioè per le costruzioni non ancora realizzate, o per quelle realizzate ma per le quali non siano iniziate le vendite delle singole unità immobiliari»[28], al pari di quanto si è ritenuto al tempo dell’introduzione della legge Ponte applicabile ai soli parcheggi costruiti in virtù di licenza edilizia rilasciata successivamente al giorno 1 settembre 1967.
In realtà anche su questo punto sono doverose delle precisazioni.
L’art. 18 della legge 765/1967 si riferisce espressamente alle «nuove costruzioni» obbligandone la destinazione di appositi spazi da riservare alla sosta, mentre la legge 246/2005 non ha riguardo alla realizzazione dei parcheggi, bensì alla sola commercializzazione degli stessi.
Da ciò deriva che la liberalizzazione suddetta opera per tutti gli atti di disposizione aventi ad oggetto i posti auto rientranti nella disciplina della legge Ponte, e successivi al 16 dicembre 2005, indipendentemente dalla data in cui sia stato costruito il fabbricato di cui sono parte[29].
In ogni caso è pacifico che le parti possano ora godere di un’autonomia privata tale da consentire loro di disporre liberamente dei posti auto in questione e che sia ammissibile la rinuncia del diritto reale d’uso da parte del suo titolare - se già accertato con sentenza passata in giudicato - ritenuto ormai un diritto disponibile[30].
2.2 I parcheggi di cui alla Legge 122/1989 (Legge Tognoli) e il doppio tentativo di liberalizzazione
Le aree destinate alle zone di sosta così come richieste dall’art. 41-sexies della legge 1150/1942 non furono sufficientemente in grado di risolvere il problema della scarsa viabilità nei centri urbani e, considerando anche le numerose questioni oggetto di discussione circa la disciplina dei parcheggi disciplinati dalla legge Ponte, presto si è ravvisata l’esigenza di intervenire nuovamente in materia[31].
Segnatamente e, per la prima volta, il legislatore ha pensato ad un piano articolato ed organico di norme volte ad incentivare la realizzazione di posti auto, sia in aree private che su suoli pubblici, per tutti quei fabbricati che ne fossero sprovvisti o, comunque, che ne disponessero in misura non sufficiente a soddisfare le esigenze di tutti i proprietari/utilizzatori delle unità immobiliari facenti parte degli stessi[32].
A tal fine, da un lato, il legislatore ha voluto modificare il rapporto tra la superfice da riservare a parcheggio e la cubatura del fabbricato aumentando lo standard urbanistico previsto dall’art. 41-sexies che, ora, prevede la realizzazione di «spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti dieci metri cubi di costruzione»[33].
D’altro canto, il medesimo legislatore ha introdotto la possibilità di realizzare posti auto da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari di fabbricati già esistenti «nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno [...] anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti»[34].
Successivamente, per effetto dell’art. 17, comma 90, della Legge del 15 maggio 1997 n. 127, cd. Decreto Bassanini bis, i parcheggi Tognoli possono essere realizzati ad uso esclusivo dei residenti anche «nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici».
Proprio in merito a quest’ultima disposizione introdotta ci si è chiesti se i posti auto in questione sarebbero dovuti essere realizzati esclusivamente da parte dei proprietari delle unità immobiliari a cui gli stessi avrebbero avuto accesso o, se fosse stato possibile che terzi estranei ben potessero realizzarli su aree di loro proprietà, esterne al fabbricato.
Il Consiglio di Stato pronunciatosi in argomento, ha sostenuto al riguardo che l’inciso impersonale utilizzato dal legislatore del ’97 «Tali parcheggi possono essere realizzati..» deve essere interpretato nel senso che, a differenza dei posti auto realizzati nel sottosuolo del fabbricato e di cui all’art. 9 della L. 122/1989, le aree di sosta in spazi esterni rispetto agli edifici possono essere realizzati anche da coloro che non sono i proprietari degli stessi e al cui servizio saranno resi.
Allo stesso modo il Consiglio di Stato ha ritenuto che la derogabilità alla disciplina urbanistica vigente, prevista al primo comma del citato art. 9, non è legata al soggetto che realizzi i nuovi posti auto piuttosto, invece, alla natura pertinenziale dei nuovi parcheggi rispetto alle unità immobiliari principali.
Di conseguenza, ha ritenuto che la pertinenzialità voluta dal legislatore non è tanto quella materiale che sussiste tra fabbricato e area da destinare alla sosta ma quella giuridica che deve sussistere, inscindibilmente, tra il posto auto e la singola unità immobiliare[35].
Si è poi precisato al riguardo che gli immobili da asservire ai parcheggi realizzati esternamente al fabbricato devono essere già individuati al momento della presentazione della D.I.A.[36], dato che non sarebbe conforme alla disciplina in parola costituire un rapporto pertinenziale a favore di una indistinta pluralità di soggetti le cui abitazioni si trovino a una certa distanza dall’area di sosta così realizzata[37].
Quanto alla circolazione dei parcheggi in oggetto con l’art. 9 della L. 122/1989, al quarto comma, si è stabilito che «non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale: i relativi atti di cessione sono nulli».
Si desume, pertanto, che anche per le aree di sosta realizzate in forza della normativa aggiunta dopo la Legge Ponte, almeno fino alla liberalizzazione del 2005, il legislatore ha previsto un vincolo pertinenziale inscindibile tra le stesse e le unità immobiliari a cui vengono asservite, un vincolo che nemmeno l’autonomia privata avrebbe potuto derogare dal momento che è stata posta come sanzione la nullità del contratto che non abbia trasferito, insieme all’immobile principale, il posto auto a cui accedeva.
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che «il rapporto tra unità immobiliari e parcheggi pertinenziali asserviti deve essere di uno a uno».
In altri termini, ancora una volta, si ribadisce che lo strumento pubblicistico, introdotto al fine di agevolare la realizzazione di aree di sosta, se utilizzato per imporre detto vincolo anche su posti auto realizzati in eccedenza rispetto alle unità immobiliari a cui accedono, risulterebbe inadeguato rispetto al fine per il quale è stato pensato[38].
Anche per i parcheggi Tognoli si è avvertita l’esigenza di temperare la rigidità del vincolo pertinenziale.
A partire dal decreto legge del 6 agosto 1993 n. 281 e successivi[39] fino a quello del 30 maggio 1994 n. 326, il legislatore ha tentato di liberalizzare la circolazione dei posti auto Tognoli realizzati in eccedenza rispetto a quelli imposti dalla precedente Legge Ponte.
Con il successivo decreto legge del 20 luglio 1994 n. 475 e fino a quello del 31 gennaio 1995 n. 28[40] è stata consentita la libera circolazione dei parcheggi Tognoli soltanto a favore dei soggetti che avessero la residenza o dimora nel Comune ove erano stati realizzati ed è stata prevista la nullità per i relativi atti di trasferimento a coloro che non fossero in possesso di tali requisiti[41].
Ebbene tutti i tentativi posti in essere dal legislatore con i decreti legislativi anzi citati, e più volte reiterati, non sono stati del tutto vani dal momento che, seppur gli stessi non furono convertiti in legge, con l’art. 1, secondo comma, della L. del 20 maggio 2005 n. 204 si è stabilito che restassero «validi tutti gli atti ed i provvedimenti adottati e [...] fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei predetti decreti legge non convertiti».
Invero, al più tardi dei tanti tentativi di liberalizzazione,è intervenuto il decreto legge del 9 febbraio 2012 n. 5, il quale, convertito con modificazioni dalla L. del 4 aprile 2012 n. 35, ha apportato delle importanti modifiche alla disciplina dei Parcheggi Tognoli, in particolare, per quanto concerne la circolazione degli stessi.
Con l’art. 10, al comma 1, del d.L. citato, si sostituisce il quinto comma dell’art. 9 della L. 122/1989 che ora recita «fermo restando quanto previsto dall’articolo 41-sexies, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e l’immodificabilità̀ dell’esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà̀ dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune. I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione»[42].
Tale intervento del legislatore non è stato altro che il risultato della combinazione tra la prassi dei Comuni di i) consentire la libera circolazione dei posti auto Tognoli con il trasferimento del vincolo pertinenziale su di essi e a favore dell’immobile, dal venditore all’acquirente e ii) consentire il libero trasferimento solo a favore dei soggetti residenti o dimorati nel Comune ove realizzati[43].
Il legislatore del tempo ha avuto cura di principiare la disposizione de qua con due importanti premesse: il riferimento all’art. 41-sexies della L. 1150/1942 e l’immodificabilità della destinazione a parcheggio.
Con il primo si è sostenuto che il richiamo ha la funzione di scindere nettamente la disciplina dettata per i parcheggi Ponte da quelli Tognoli e, segnatamente, l’intento è stato quello di evitare che fosse abrogato quanto stabilito dalla L. 246/2005 con la quale, come anzi detto, si è aggiunto il secondo comma dell’art. 41-sexies che non prevede l’insorgere del vincolo pertinenziale od altro diritto di uso sul posto auto a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e ne consente il libero trasferimento da esse.
Ciò, in quanto, la nuova normativa dei posti auto Tognoli, seppur abbia, da un lato, previsto la loro libera trasferibilità, dall’altro, invece, ne ha comunque imposto la destinazione a pertinenza rispetto alle sole unità immobiliari site nello stesso Comune.
Da ciò consegue che, mentre la disciplina dei posti auto ex legge Ponte prevede come regola generale l’alienazione separata rispetto all’immobile, viceversa, la disciplina del posti auto ex legge Tognoli, come modificata, pone come regola generale il divieto di alienazione separata, configurandosi il trasferimento con contestuale destinazione a pertinenza di altro immobile sito nello stesso Comune come l’eccezione[44].
Quanto alle seconda premessa si tratterebbe di un vero e proprio limite legale alla proprietà dei parcheggi Tognoli perché derogatrice dei principi previsti dalla materia urbanistica.
Il mutamento della destinazione d’uso è da quest’ultima consentito se si pone in essere l’eventuale procedimento edilizio prescritto e non sia in contrasto con i vigenti strumenti urbanistici[45].
Pertanto, nell’atto di trasferimento del posto auto separatamente dall’unità immobiliare alla quale era legato dal vincolo pertinenziale, il nuovo acquirente dovrà dichiarare espressamente di voler adibire lo stesso a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso Comune[46].
3. La definizione di «parcheggio» secondo la Cassazione
Giunti a questo punto della trattazione è ora possibile comprendere le motivazioni poste alla base della decisione della Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi sul caso analizzato.
La ricorrente con il dodicesimo motivo del ricorso proposto ha lamentato la violazione/falsa applicazione dell’art. 41-sexies della legge urbanistica (L. 1150/1942) in quanto la Corte d’Appello di Cagliari, riformando la pronuncia emanata in primo grado, ha statuito l’eccedenza dello spazio da riservare alla sosta, rispetto a quello imposto dalla legge, sulla base dello stato attuale dei luoghi senza tener conto delle opere realizzate in virtù di concessione edilizia successiva a quella rilasciata all’allora società costruttrice risalente al 29 maggio 1991.
In particolare, la ricorrente ha sostenuto che fossero stati realizzati dei box auto in totale mancanza di titolo edilizio e, pertanto, abusivi e che per la determinazione dello spazio in eccedenza non solo si era tenuto conto di questi stessi, ma altresì dello spazio riservato alla manovra e al transito dei veicoli.
Secondo Suprema Corte la violazione di legge lamentata avrebbe presupposto una differente e più favorevole ricostruzione dei fatti che ad essa non compete né è sindacabile in tal grado del giudizio.
Inoltre, la ricorrente, la quale ha ritenuto inapplicabile la Legge Tognoli, non ha, di contro, «mai dedotto esplicitamente la concreta inesistenza nello stabile di un numero di posti auto pari a quello degli appartamenti dell'edificio, tale per cui [...] alla stessa [...] sarebbe stato assolutamente precluso di parcheggiare regolarmente un'auto nelle aree condominiali esterne ed interne adibite a parcheggio»[47].
In altri termini, secondo la Corte, non solo non può dirsi violato lo standard urbanistico perché si è considerato lo stato attuale dei luoghi, stato che era evidentemente lo stesso di quello al tempo della vendita tra la società costruttrice e l’allora compratore, a seguito convenuto in giudizio, ciò essendo il presupposto del rilascio di una concessione «in sanatoria»; ma, in ogni caso, la ricorrente non ha mai affermato esplicitamente che gli interventi oggetto del titolo edilizio successivo fossero stati realizzati solo dopo la vendita conclusa tra il costruttore e l’allora compratore risalente al 6 maggio 1994.
Postulato, dunque, che: i) risultava rispettato lo spazio minimo da destinare alla sosta richiesto dall’art. 41-seixies della legge urbanistica, ii) il garage oggetto di gravame rientrava nello spazio in eccedenza di cui il costruttore poteva liberamente disporre, eccedenza già risultante dallo stato dei luoghi al tempo del titolo originario, iii) la normativa applicabile era ratione temporis la Legge Tognoli, la Corte di Cassazione sancisce quali sono i criteri da seguire per la determinazione dello spazio da destinare a parcheggio.
Com’è noto, con la Circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 3210 del 28 ottobre 1967, emanata subito dopo l’entrata in vigore della Legge Ponte, si è precisato che per parcheggi «debbono intendersi gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra ed all'accesso dei veicoli;
- i parcheggi possono essere ricavati nella stessa costruzione ovvero in aree esterne oppure promiscuamente; ed anche in aree che non formino parte del lotto, purché siano asservite all'edificio con vincolo permanente di destinazione a parcheggio, a mezzo di atto da trascriversi a cura del proprietario»[48].
Alla stregua di quanto stabilito nella menzionata Circolare, i parcheggi regolati dalla Legge Ponte possono essere realizzati sia in aree scoperte, sia in quelle coperte da adibire a box auto (se coperti da tre lati) o garage (se chiusi da tutti i lati).
Proprio tale definizione è stata rivendicata dal giudice di secondo grado chiamato a pronunciarsi sul caso in oggetto, il quale, secondo la Cassazione, facendo proprie le risultanze della rinnovata consulenza, ha correttamente determinato lo spazio minimo da destinare alla sosta richiesto dalla legge, «al lordo - e non già al netto delle zone di transito e manovra»[49].
Al riguardo la Corte ha sostenuto che la Circolare suddetta, seppur risalga ad anni prima e non abbia valenza normativa, è del tutto idonea a risolvere la questione posta al vaglio del suo giudizio, in quanto ha dettato un valido criterio guida per la determinazione dello spazio da riservare alla sosta nell’edificio di cui è parte il garage rivendicato dalla ricorrente.
Tale conclusione è avvalorata dalla circostanza che dai lavori preparatori della Legge Tognoli si deduce che per modificare lo standard urbanistico richiesto dall’art. 41-sexies, passato da 1 mq. per ogni 20 mc. di costruzione ad 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione, si è avuto riguardo alla valutazione operata dal Ministero dei Lavori pubblici «il che dovrebbe dare un particolare risalto al contenuto della circolare innanzi richiamata, proveniente dallo stesso Ministero alle cui valutazioni si è fatto riferimento per rideterminare il nuovo - e più rigoroso - standard urbanistico»[50].
In altri termini, la Cassazione con il caso qui trattato giunge alla conclusione di dover ritenere gli spazi accessori alla sosta e, comunque, quelli che ne costituiscono una componente indefettibile per la loro realizzazione, ricompresi in chiave strutturale e concreta nella definizione di spazio da destinare a parcheggio una volta assicurato il numero minimo di posti auto imposto dalla legge per le singole abitazioni del fabbricato di cui sono parte[51].
[1] Cass., Sez. II, 27 ottobre 2022, n.31799.
[2] Recte decreto dell'Assessorato all'urbanistica del 22 dicembre 1983, n. 2266/U, pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione Sardegna
[3] Come era stato disposto con l’art. 18 della L. 765/1967.
[4] Sono altresì ricomprese nell’ambito applicativo della norma (art. 41-sexies) le ristrutturazioni di edifici preesistenti tali da renderli oggettivamente diversi rispetto la loro originaria configurazione. Cfr. Cons. St., sez. V, 22 giugno 1998, n.921, RGE, 1998, I, 1411.
[5] Sul punto si v. Ieva, Gli spazi destinati a parcheggio nella legge Tognoli e nella legge n. 765 del 1967: discipline e problematiche a confronto, in La disciplina degli spazi per parcheggio, Ieva (a cura di), Milano, 1992, 65; Casu, I parcheggi obbligatori (o parcheggi “ponte”), in Riv. Not., 2001, 710 ss.; Id., I parcheggi nella contrattazione privata, in Notariato, 1998, 459; Pallottino, La disciplina degli spazi per parcheggio nell’ambito della normativa urbanistica, in Disciplina degli spazi per parcheggi, a cura di Ieva, Milano, 1992, 53; Tondo, Atti dispositivi di aree di parcheggio relative ad edifici urbani, in Foro It., 1995, V, 144; Laurini – Malaguti - Santarcangelo, Gli spazi a parcheggio nella legge 6 agosto 1967 n. 765, in Studi e materiali, III, Milano, 1989-1991, 105; Luminoso, Spazi destinati a parcheggio, regime delle pertinenze e disciplina del condominio, in Riv. Not., 1990, 583; Id. Posti macchina e parcheggi, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Trattato diretto da Galgano, II, Torino, 1995, 2312; Magliulo, La disciplina dei parcheggi a trent'anni dalla legge ponte, in Notariato, 1996, 570 ss.; Ruotolo, Il regime dei posti auto “ponte” dopo il testo unico dell’edilizia e la legge Lunari, in Studi e materiali. Quaderni semestrali, 2002, 478 ss.
[6] Cfr. L. Domenici, La circolazione degli spazi a parcheggio alla luce delle recenti modifiche legislative, in Notariato, 2013, 73 ss.
[7] Cass., 16 novembre 1978, n.5300, in Foro it., 1979, I, 1520; Cass., 24 aprile 1981, n.2452, in Riv. not., 1981, 1122 ss.; Cass., 15 ottobre 1982, n.5344, in Vita not., 1982, 1089 ss.; Cass., 09 maggio 1983, n.3179, in Foro it., 1983, I, 1581 ss.
[8] Si v. Cons. Stato, 06 luglio 1973, n.605, in Cons. Stato, 1973, I, 1066; Cass., 03 gennaio 1984, n.1, in Rep. Foro it., 1984, Edilizia e urbanistica, 816, n. 295; Cass., 07 agosto 1981, n.4890 e Cass., 18 dicembre 1981, n.6714, entrambe in Riv. not., 1981, II, 1123; Cass., 02 gennaio 1982, n.483, in Foro it., 1982, I, 1049; si v. anche Circolare del Ministero dei lavori pubblici n.3210 del 28 ottobre 1967, in RGE, 1967, II, 342, secondo la quale «dal momento dell'entrata in vigore non possono essere rilasciate nuove licenze edilizie per edifici sprovvisti di spazi per parcheggio nella misura stabilita».
[9] L. Domenici, La circolazione degli spazi a parcheggio alla luce delle recenti modifiche legislative, cit., 73 ss.
[10] Cass., Sez. Un., 17 dicembre 1984, n.6600, in Riv. not., 1985, 171; Cass., Sez. Un., 17 dicembre 1984, n.6601; Cass., Sezioni unite, 17 dicembre 1984, n.6602; in Foro it., 1985, 710.
[11] Successivamente abrogato dall’art. 136 del D. Lgs. 6 giugno 2001, n. 378.
[12] Nel primo senso, Luminoso, Spazi destinati a parcheggio, regime delle pertinenze e disciplina del condominio, in Riv. Not., 1990, 583; Ieva – Vassalli, Spazi destinati a parcheggio: brevi riflessioni alla luce della legge Tognoli, in Riv. Not., 1989, 368; Morello, Il problema dei parcheggi al servizio dei nuovi condomini (un nuovo stile nella giurisprudenza della Cassazione), in Vita not., 1985, 525; De Sinno, Gli spazi di parcheggio nella nuova disciplina legislativa, in Arch. giur. circ e sin. strad., 1986, 369; Lepri, Sul regime degli spazi per parcheggio, in Giust. civ., 1986, II, 1484; Vacca, Le aree di parcheggio tra legislazione e giurisprudenza, in Temi rom., 1986, 30; sulla portata innovativa della norma si v. V. Mariconda, Nullità urbanistiche e disciplina generale del contratto nullo: la pretesa nullità relativa ai parcheggi, in Corr. Giur., 1986, 858. Rispettivamente in giurisprudenza: Cass., 09 giugno 1987, n. 5036 e 29 febbraio 1988 n. 212; Cass., 06 maggio 1966, n. 3370.
[13] Cass., Sez. Un., 18 luglio 1989, n.3363, in Foro it., 1989, I, 2739; in Riv. not., 1989, 708.
[14] Ibidem.
[15] Cass., Sez. Un., 18 luglio 1989, n.3363, cit., 2739.
[16]Così anche la successive pronunce della Cassazione: si v. ex multis Cass., 25 febbraio 1991, n.2004, in Quadrimestre, 1992, 509, con nota di Scoditti; Cass., 09 maggio 1991, n.5180, in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, 663, con nota di Fusaro; Cass., 10 luglio 1991, n.7631, in Giur. it., 1991, I, 1, 1306; Cass., 29 maggio 1992, n.6533; Cass., 28 ottobre 1992, n.11731, in Giust. civ., 1993, I, 2768; Cass., 20 aprile 1993, n.4622, in Giust. civ., I, 1994, 190; Cass., 21 aprile 1993, n.4691, in Corr. giur., 1993, 802, con nota di Bassani; Cass., 18 luglio 2003, n.11261, in Arch. giur. circ. e sinistri, 2004, 162 ss; Cass., 24 novembre 2003, n.17882, in Foro amm., 2004, I, 1137 ss.
[17] Cass., 21 febbraio 1996, n.1327, in Foro.it, 1996, I, 2210.
[18] Cass., 01 agosto 2001, n.10459, in Vita not., 2001, 1317 ss.
[19] Cass., Sez. Un., 15 giugno 2005, n.12793, in Corriere giur., 2005, 1393, con nota di V. Mariconda, Le sezioni unite limitano il regime vincolato dei parcheggi allo spazio minimo richiesto dalla legge; in Riv. Not., 2005, 1163 ss., con nota di G. Casu, I posti auto o parcheggi obbligatori: sistemazione definitiva?; in Vita not., 2005, 874 ss., con nota di R. Triola, Osservazioni in tema di spazi di parcheggio; in dottrina già si sosteneva il citato orientamento delle Sezioni unite: Luminoso, Posti-macchina e parcheggi, tra disciplina pubblicistica e codice civile, in Contratto e imp., 1990, 104.
[20] Cass., Sez. Un., 15 giugno 2005, cit., 3338.
[21] Comma aggiunto con l’ art. 12, comma 9 della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Legge di semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005), rubricato “Disposizioni in materia di atti notarili”.
[22] Luminoso, Parcheggi obbligatori: cadono le limitazioni alla libera circolazione, in Riv. not., 2006, 686; si v. anche Casu, Parcheggi Ponte. Valutazione dei diritti di utilizzo dei posti auto, in Riv. not., 2010, 146.
[23] Trib. Civ. Messina, Sez. Stralcio, 03 gennaio 2006, in Vita not., 2005, 1437 ss.
[24] Ciò senza nemmeno prevedere alcun indennizzo, violando l’art. 43, terzo comma, della Costituzione. Cfr. CNN, Studio n. 19-2006/C, Il Regime di circolazione dei Parcheggi “ponte” dopo la legge di semplificazione del 2005 (L’art. 12, comma 9 della legge 28 novembre 2005, n. 246), est. M. Ruotolo - A. Ruotolo.
[25] Cass., Sez II, 24 febbraio 2006, n.4264, in Riv. Notariato, 2006, 834 s.
[26] Ivi.
[27] Ivi.
[28] Ivi; Conforme Cass., 01 agosto 2008, n.21003, in Riv. not., 2010, 149 ss., con nota di G. Casu, Parcheggi Ponte. Valutazione dei diritti di utilizzo dei posti auto; Cass., Ordinanza, 05 giugno 2012, n.9090; App. Salerno, 01 marzo 2006; in dottrina v. Sirena, Il regime transitorio dei parcheggi dopo la legge di semplificazione n. 246/2005: opinioni a confronto, in Notariato, 2006, 334; per una revisione critica della pronuncia commentata si v. Torroni, Posti auto legge Ponti e posti auto legge Tognoli: doppio tentativo di liberalizzazione, in Riv. del Notariato, 5, 2014, 1052 ss.
[29] Luminoso, Ancora sulla commerciabilità dei parcheggi di cui alla c.d. legge ponte: si profila un nuovo orientamento restrittivo della giurisprudenza?, in Riv. not., 2009, 1128 ss.
[30] Cfr. Ivi, 1134; si v. anche Casu, Parcheggi ponte o parcheggi obbligatori. Novità legislativa, in Riv. not., 2006, 1047 ss.
[31] Cfr. Domenici, La circolazione degli spazi a parcheggio alla luce delle recenti modifiche legislative, in Not, 2013, 73.
[32] Ditta, Terzago, La disciplina dei parcheggi, Milano, 1998, 95.
[33] Modifica introdotta con l’ art. 2, 2° co., L. 122/1989.
[34] Art. 9, L. 122/1989, il quale, al quarto comma prevede altresì che «i comuni, previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di superficie e su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse». All’uopo dovrà essere stipulata una convenzione nella quale siano indicate: «a) la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni; b) il dimensionamento dell’opera ed il piano economico-finanziario previsti per la sua realizzazione; c) i tempi previsti per la progettazione esecutiva, la messa a disposizione delle aree necessarie e la esecuzione dei lavori; d) i tempi e le modalità per la verifica dello stato di attuazione nonché le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti». Per un’ampia disamina dei parcheggi Tognoli si v. CNN, La nuova disciplina dei Parcheggi Tognoli, Studio n. 210-2012/C, reperibile online all’indirizzo www.notariato.it
[35] Cfr. Cons. Stato, Sez IV, 31 marzo 2010, n.1842, in Red. amm. CdS, 2010, 3; Cons. Stato, Sez IV, 18 ottobre 2010, n.7549, in Immobili e proprietà, 2011, 223 ss., con nota di D. Chinello, I parcheggi interrati della «legge Tognoli» possono realizzarsi su aree pertinenziali esterne di terzi.
[36]In un primo momento per la realizzazione dei parcheggi Tognoli era prevista un’autorizzazione gratuita, successivamente poi si è resa necessaria la presentazione della denuncia di inizio attività di cui all’art. 137 del decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 378.
[37] Cfr. Cass. pen., Sez III, 5 dicembre 2011, n.45068, in Riv. not., 2012, 675 ss; Cass. pen., Sez. III, 03 marzo 2009, n.14940; Cass. pen., Sez. III, 15 gennaio 2008, n.8693; Cass. pen., Sez. III, 09 novembre 2001, n.44010, in Cass. pen., 2002, 3865; contra T.A.R. Abruzzo 12 aprile 2006, n.247, in Foro amm. TAR, 2006, 1401; Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2003, n.2852, in Foro amm. CdS, 2003, 1638.
[38] Cfr. Cass., 03 febbraio 2012, n.1664, in Foro it., 2012, 7.
[39] Decreto legge 05 ottobre 1993 n. 399.
[40] Tra i due interventi normativi si è emanato altresì il decreto legge 30 novembre 1994 n. 660.
[41] Così infatti recitava l’art. 15 del decreto legge 31 gennaio 1995, n. 28, il quale modificava l’intero articolo 9 della legge n. 122/1989 e al comma 4 della nuova versione disponeva: «Gli atti di trasferimento dei parcheggi possono essere disposti esclusivamente a favore di soggetti residenti o dimoranti nel territorio del Comune. Gli atti di cessione a soggetti diversi sono nulli».
[42] Si precisa che l’ultimo inciso della disposizione «ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione» è stato inserito dalla legge di conversione 4 aprile 2012, n. 35.
[43] Detta prassi è stata definita «praeter legem». Ruotolo, Il regime dei posti auto realizzati successivamente alla edificazione del fabbricato dopo il testo unico dell’edilizia e la legge Lunardi, in Studi e materiali, 2002, 478 ss.
[44] CNN, La nuova disciplina dei Parcheggi Tognoli, Studio n. 210-2012/C, cit., 12.
[45] In taluni casi è opportuno che il notaio rogante renda edotte le parti di tale limite legale.
[46] È anche possibile che il titolare del posto auto possa spostare il vincolo pertinenziale ad altra unità immobiliare di sua proprietà sita nello stesso Comune. In tal caso tale volontà deve risultare in un atto unilaterale d’obbligo nei confronti del Comune che verrà opportunamente trascritto nei Registri Immobiliari. Per un approfondimento sul punto si v. Torroni, Posti auto legge Ponti e posti auto legge Tognoli: doppio tentativo di liberalizzazione, cit., 1062.
[47] Cass., 27 ottobre 2022, n.31799, cit.
[48] Art. 9, Circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 3210 del 28 ottobre 1967, in RGE, cit.
[49] Cass., 27 ottobre 2022, n.31799, cit.
[50] Cass., 27 ottobre 2022, n.31799, cit.
[51] Ibidem che richiama Cass., Sez. II, 18 gennaio 2022 n.1445; Cass., Sez. II, 06 maggio 1988, n.3370; Cons. Stato Sez. 5, 07 agosto 2014, n.4215; Cons. Stato Sez. 4, 28 gennaio 2012, n.6033; Tar. Veneto Sez. II, 15 gennaio 2020, n.40; Tar Sicilia Sez. II, 11 aprile 2017, n.1001; Tar Emilia-Romagna Sez. I, 23 giugno 2014, n.674; Tar Molise Sez. I, 11 giugno 2014, n.377; Tar Liguria Sez. I, 28 maggio 2014, n.807; Cons. giust. amm. Sicilia, 22 ottobre 2009, n.978; Tar Sicilia, Sez. I, 28 maggio 2008, n.979; Tar Basilicata Sez. I, 16 maggio 2008, n.210.