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Pubbl. Lun, 19 Giu 2023

La particolare tenuità del fatto al concorrente che abbia recato un contributo minimo alla commissione del reato

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Andrea Primavilla
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Perugia



L´articolo propone un commento alla sentenza n. 21183 del 18 maggio 2023 della terza sezione della Cassazione Penale; dopo aver brevemente ripercorso il caso di cui si occupa la pronuncia, un’ipotesi di concorso nel reato di cui all’art. 256,1 lett. a del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, verranno sviluppate alcune riflessioni sull’istituto della particolare tenuità del fatto di cui all´art. 131-bis c.p.. Premessi brevi cenni sulla compatibilità tra particolare tenuità e reati ambientali, si procederà dapprima ad analizzare il tema, fondamentale nella sentenza, della rilevanza del contributo minimo alla commissione del reato, per poi concludere valutando in senso critico le implicazioni sistematiche potenzialmente derivanti dalla posizione espressa dai giudici di legittimità.


ENG The article proposes a comment on sentence no. 21183 of 18 May 2023 of the third section of the Criminal Cassation; after having briefly retraced the case in question, a hypothesis of complicity in the crime referred to in art. 256.1 lett. a of d.lgs. 3 April 2006, n. 152, some reflections will be developed on the institution of the particular tenuousness of the fact pursuant to art. 131-bis of the criminal code. Given a brief outline of the compatibility between particular tenuousness and environmental crimes, we will first proceed to analyze the theme, fundamental in the sentence, of the relevance of the minimum contribution to the commission of the crime, to then conclude by critically evaluating the potentially systematic implications deriving from the position expressed by the judges.

Sommario: 1.Il caso e la questione di diritto;  1.1. Ecoreati e particolare tenuità: cenni; 2. La posizione della Corte; 3. Considerazioni conclusive.

1. Il caso e la questione di diritto

Il Tribunale di Piacenza, in data 17/02/2021, condannava un uomo poiché in concorso con altra persona realizzava un’attività di gestione non autorizzata di rifiuti, integrando la fattispecie prevista e punita dall’art. 256,1 lett. a del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. <>, di qui in avanti "T.U.A."). In particolare, l’imputato metteva a disposizione del cognato un furgone con il quale questi svolgeva, senza le prescritte autorizzazioni, attività di raccolta di rifiuti ferrosi. Avverso la sentenza di condanna proponeva ricorso per Cassazione il difensore del proprietario del furgone lamentando, per quanto di interesse1, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p..

Nella prospettazione difensiva emergeva, in sostanza, la differenza tra la condotta del ricorrente, che si era limitato a mettere un furgone a disposizione del cognato, e la condotta di quest’ultimo, che autonomamente si era adoperato per tutte le fasi dell’illecita attività di gestione rifiuti (raccolta e trasporto). La condotta della messa a disposizione del veicolo avrebbe costituito un atto di per sé neutro, che, nel caso di specie, si sarebbe posto in un rapporto di mera strumentalità rispetto alla condotta del correo, nella quale si estrinseca l’effettiva offesa al bene giuridico tutelato2.

La valutazione che si rimette alla Corte afferisce, quindi, la possibilità di valutare come particolarmente tenue una condotta concorsuale “minima” rispetto al perfezionamento del fatto reato che, in sé considerato, non viene ritenuto di particolare tenuità.

1.1 Ecoreati e particolare tenuità: cenni

Preliminarmente, si ritiene opportuno fare brevi cenni sulle intersezioni tra la disciplina della particolare tenuità e l’apparato sanzionatorio in materia ambientale.
Un iniziale elemento di interesse è il rapporto tra la causa di non punibilità ex 131-bis c.p. ed il meccanismo estintivo di cui agli artt. 318-bis e ss. T.U.A.. Un primo, fondamentale, appiglio, è fornito dal dato testuale, che qualifica espressamente l’adempimento delle prescrizioni amministrative quale causa di estinzione del reato, mentre il 131-bis c.p. statuisce apertamente la “non punibilità”, inserendosi nella relativa categoria3. L’estinzione del reato per adempimento delle prescrizioni amministrative, logicamente e cronologicamente, postula un precedente giudizio, con esito positivo, circa l’offensività del fatto reato e comporta necessariamente un’attività del reo: punto comune delle due è la “bassa” - particolarmente bassa in un caso - offensività del reato4.

La questione dell’adempimento delle prescrizioni amministrative, pone un ulteriore dubbio di ordine pratico. Si pensi al caso in cui l’autore di un reato ambientale ponga in essere autonomamente generiche condotte riparatorie post delictum prima che l’autorità accertante irroghi le relative prescrizioni: questi ben potrà beneficiare della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.. Qualora, invece, le medesime condotte ripristinatorie, specifiche rispetto agli obblighi prescritti, venissero poste in essere dopo l’irrogazione del verbale di accertamento, si entrerebbe nel campo applicativo di cui agli artt. 318 ss. T.U.A.. Sembra, in tal modo, che la “scelta” su come risolvere la propria vicenda processuale sia eccessivamente ancorata all’attività dell’autorità accertante. Ci si chiede, quindi, ove non sussistano i presupposti per l'applicazione dell’art. 131-bis c.p., se «la disciplina delle prescrizioni possa applicarsi alle regolarizzazioni autonomamente realizzate dai trasgressori, prima che il relativo procedimento sia intrapreso dalle autorità»5. Il problema che viene in considerazione è relativo all’ipotesi in cui un soggetto abbia, ad esempio, abbandonato irregolarmente dei rifiuti (in tal modo integrando, alternativamente, le fattispecie di cui all’art. 255 o 256,2 T.U.A.) e che, volendo "rimediare" alla propria condotta, si trattenga per il timore di veder conclusa la propria vicenda processuale con un'assoluzione/archiviazione ex 131-bis c.p. e non con una sentenza che accerti l'estinzione del reato in conformità al disposto normativo del T.U.A..

Costui, qualora si fosse ravveduto - anche, per ipotesi, dopo per aver visto pubblici ufficiali appartenenti a forze dell’ordine, ASL o ARPA nei pressi dei rifiuti abbandonati e, quindi, per il timore di vedersi comminata una sanzione penale - si potrebbe trovare nella situazione di voler rimediare al suo illecito: tuttavia, e qui si annida la situazione potenzialmente paradossale, il contravventore potrebbe essere dissuaso dal rimuovere i rifiuti poiché la regolarizzazione cronolgicamente precedente rispetto al verbale di irrogazione sanzioni rileverebbe nell'ottica dell’art. 131-bis c.p., ma non ai sensi dell’art. 318 T.U.A.. E, nondimeno, si capisce che il meccanismo estintivo previsto in materia ambientale è assai più favorevole per il reo rispetto all’archiviazione/assoluzione per particolare tenuità, che brillante dottrina ha definito una «cripto condanna»6 che confluisce nel casellario giudiziario ed è preclusiva rispetto ad eventuali pronunce su reati di particolare tenuità. Si valuti infine che questo “ravvedimento operoso” dell’autore del reato potrà, per assurdo, essere vanificato dalle fisiologiche difficoltà che possono insorgere nell’individuazione dell’autore dello scarico illecito7.

Anche per evitare simili contraddizioni si ritiene, pertanto, coerente l’estensione al settore ambientale dei principi dettati dalla Corte Costituzionale in materia antinfortunistica8, ove si erano poste problematiche simili. Sul punto, la Corte affermò che l’apparente impossibilità per l’organo accertatore di prendere atto dell’avvenuta “regolarizzazione” della situazione illecita fosse sostanzialmente da imputarsi ad una “difettosa formulazione tecnica della normativa” e che sarebbe stato irragionevole impedire la ratifica dell’intervenuta regolarizzazione spontanea delle irregolarità, ammettendo quindi il contravventore al pagamento delle somme eventualmente stabilite. Anche nel settore ambientale, estendendo in via analogica queste considerazioni, sarà da ritenersi ammissibile l’estinzione del reato per condotte ripristinatorie prima dell’accertamento, a condizione che il reo paghi la relativa sanzione pecuniaria9.

Si ritiene meritevole di un’ultima puntualizzazione la questione inerente l’abitualità delle condotte in rapporto all’attività menzionata dall’art. 256 T.U.A.. Nelle prime casistiche applicative non mancò infatti chi sostenne l’incompatibilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. con quelle condotte che la legge, in qualche misura, qualificava come necessariamente “abituali” (come si potrebbe ipotizzare nel caso di specie, che si riferisce allo svolgimento di un’attività). In altri termini: un reato che sanziona “chiunque effettua un’attività” sembrerebbe teleologicamente orientato a punire condotte complesse e reiterate, e quindi ostative rispetto al presupposto della non occasionalità10. Senza richiamare l’annoso dibattito sulla natura, permanente o istantaneo ad effetti permanenti, dei reati descritti all’art. 256 T.U.A.11 può osservarsi quanto segue. L’ipotesi di reato istantaneo ad effetti permanenti non pone, di per sé, particolari problemi rispetto all’affermazione della non abitualità delle condotte: la condotta criminosa risulta infatti unitaria, ciò che si protrae è l’offesa al bene giuridico che inciderà, eventualmente, sulla gravità del danno. Salvo casi particolari di plurime condotte attinte dal vincolo della continuazione, vanno considerate le ipotesi del reato eventualmente abituale e del reato permanente. Se, in quest’ultimo caso, sta iniziando a radicarsi in dottrina ed in giurisprudenza la compatibilità del 131-bis c.p. con i reati permanenti12, il requisito dell’abitualità, che può leggersi in alcune ipotesi di reato ambientale (tra le quali l’art. 256 T.U.A.), ha creato maggiori problemi. Se resta, infatti, nettamente precluso il binomio “particolare tenuità-reati necessariamente abituali”, la giurisprudenza ha progressivamente iniziato a ritenere non preclusivi rispetto al requisito della non abitualità delle condotte i reati eventualmente abituali. Ed una delle sentenze pilota sul punto, si occupa proprio di contravvenzioni ambientali e, segnatamente, della contravvenzione prevista dall’art. 256,1 T.U.A.: nel caso di specie la Corte di Cassazione ha affermato che «la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art.131-bis cod. pen. non è applicabile ai reati necessariamente abituali, mentre per ciò che concerne i reati eventualmente abituali la disposizione non è applicabile solo nel caso in cui tali reati siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica»13. Malgrado ciò, in una pronuncia successiva, la stessa Corte ha specificato che, nella fattispecie di attività di gestione di rifiuti non autorizzata, anche per via di questo strutturale richiamo al concetto di “attività”, la prova della non abitualità del comportamento, va comunque fondata su elementi positivi, non essendo sufficiente l’assenza di indicazioni di segno opposto14.

2. La posizione della Corte

I giudici di legittimità, dopo aver brevemente ripercorso la ricostruzione fattuale ed aver censurato, dichiarandolo inammissibile, il primo motivo di ricorso15, passano ad occuparsi della doglianza inerente la particolare tenuità delle condotte ascritte all’imputato. La Corte, nel suo iter argomentativo, sembra suggerire una valutazione dell’offensività della condotta del reo articolata in due step. Anzitutto si esclude che la condotta dell’imputato non abbia travalicato gli estremi della connivenza non punibile, come asseritamente sostenuto nei motivi di ricorso. Si ricorda, a ben vedere, come la condotta concorsuale differisca dalla mera connivenza, giacchè quest’ultima si estrinseca in condotte meramente passive e, in ogni caso, in situazioni non contraddistinte da un obbligo impeditivo in capo al soggetto che si limiti ad un mero contegno passivo16.

In merito si richiama, peraltro, l’insegnamento tradizionale con il quale la giurisprudenza usa distinguere tra connivenza non punibile e concorso nel reato altrui: si dice che «la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo causale alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un consapevole contributo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente»17.

Appurato come la condotta concorsuale del reo fornisca un apporto causale, anche minimo, alla realizzazione del reato, la Corte afferma che «poco incide sostenere che l’apporto da lui fornito alla perpetrazione del reato è stata di limitata importanza, posto che, avendo il legislatore inteso adottare la teoria monistica, si è in tal modo inteso attribuire l’evento a carico di tutti i concorrenti, giacché il reato è di tutti e di ciascuno di quelli che vi presero parte e ne vollero la realizzazione»18.

Il passaggio, di chiara impronta dogmatica, trova un riscontro logico-pratico di assoluta rilevanza. Muovendo da posizioni opposte rispetto alla teoria monista (o unitaria), la quale presuppone che le varie condotte concorsuali confluiscano in un reato unico, l’istituto della particolare tenuità potrebbe, infatti, permettere di ritenere non punibili una serie di condotte compartecipative veramente eccessiva, finendo per annullare la funzione di disciplina e incriminazione passo alta dall'articolo 110 c.p.19.

La sentenza in commento sostiene, volendo sintetizzare, che, ai fini della valutazione sulla particolare tenuità, rileva solo il reato per come complessivamente manifestatosi: una volta che questo si ritiene (sufficientemente) offensivo, sono di conseguenza (sufficientemente) offensive le diverse condotte dei vari correi. Ragionando in senso contrario, si potrebbe parcellizzare il reato realizzato in concorso in una molteplicità di apporti criminosi pari al numero dei compartecipi, ritenendo, di conseguenza, sufficientemente offensiva solo quella che direttamente offende il bene giuridico tutelato, svilendo i rapporti finalistico-strumentali intercorrenti tra le varie condotte. Si pensi al caso del furto in abitazione commesso da tre soggetti in concorso tra loro: il primo per mesi ha calcolato gli orari nei quali le vittime lasciavano la casa incustodita; il secondo ha fornito degli attrezzi da scasso e le planimetrie della casa; solo il terzo ha realizzato la programmata effrazione ed il conseguente furto.

È chiaro che, “atomizzando” il fatto-reato descritto nelle varie condotte compartecipative, non a torto si potrebbe dire che solo quella del terzo correo possa essere idonea sul piano materiale ad offendere il bene giuridico tutelato. E questo soprattutto se si valuta ulteriormente che, spesso, alcune delle condotte prodromiche alla commissione di un reato possono pacificamente essere di per sé stesse lecite (come, nel nostro esempio, quella di annotare gli orari in cui abitualmente i proprietari lasciano la casa incustodita).

Applicando i corrollari questo ragionamento, la Corte giunge a dichiarare inammissibile anche questo motivo di ricorso, considerando la fondamentale strumentalità della condotta dell’imputato, consistente nella messa a disposizione del furgone con il quale è stata realizzata l’illecita attività di raccolta e trasporto di rifiuti.

3. Considerazioni conclusive

Se, nel caso concreto, le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Cassazione appaiono sicuramente condivisibili, le stesse possono fungere da appiglio per alcune osservazioni critiche.

La sentenza in esame afferma, in sostanza, che, una volta negata la particolare tenuità del reato sia sotto il profilo soggettivo sia, soprattutto, sotto quello materialistico, a nulla rileverà che i singoli apporti concorsuali possano astrattamente essere ancor meno offensivi e quindi “fuoriuscire” dal giudizio sulla punibilità20: «la solidarietà nel delitto impone la solidarietà nella pena», scrive il collegio giudicante della sent. n. 21183 del 18 maggio 2023.

La considerazione che si muove in senso critico è che il giudizio di particolare tenuità, per come concepito dal legislatore anche a seguito della novella del 2022, non si impernia solo su elementi relativi alla struttura psicologico-oggettiva della fattispecie criminosa: il medesimo reato, se accompagnato dall’abitualità della commissione da parte del reo, può non essere particolarmente tenue, mentre se la condotta non è caratterizzata da questa abitualità può beneficiare del giudizio ex 131 bis c.p.21. Identica peraltro la rilevanza, dopo la riforma operata dall’art. 1, co. 1, lett. c), n. 1, d.lgs., 10 ottobre 2022, n. 150, del comportamento tenuto dal reo in seguito alla commissione del reato.

Per dare concretezza alle riflessioni suesposte, estremizzando, poniamo l'esempio che segue: si ipotizzi un reato commesso da tre soggetti in concorso tra loro. Il primo è un soggetto plurirecidivo (o con altri procedimenti pendenti per reati della medesima indole) che a seguito della commissione del reato si rende irreperibile, il secondo ed il terzo sono invece soggetti il cui comportamento non è abitualmente criminoso e addirittura il terzo tiene una condotta collaborativa e parzialmente riparativa post delictum.

È evidente che il reato commesso sia lo stesso ed altrettanto che l'apporto criminoso fornito da ogni compartecipe, concorra a costituire il disvalore complessivo del reato in sé considerato (e quindi l’aggressione al bene giuridico): tuttavia le posizioni dei tre sono caratterizzate da un tasso di offensività - intesa nei termini delineati dall'art. 131-bis c.p. - abbastanza diversificato. Rispetto ai criteri richiamati dall’art. 131-bis c.p., assistiamo ad un anticlimax nell’offensività delle condotte, pur rimanendo immutato il reato nelle sue concrete modalità di manifestazione. Proprio questo differenziale di offensività imporrebbe una valutazione disgiunta - e non solo diversificata nel quantum - della pena irroganda (rectius: astrattamente irrogabile)22.

Da ultimo si può osservare come la riportata espressione secondo la quale «la solidarietà nel delitto impone la solidarietà nella pena», si presti ad un’osservazione critica di stampo più sistematico. Il codice ammette infatti ex professo che, in alcuni casi di reati realizzati in concorso, la posizione di un reo che benefici di una circostanza che esclude la pena possa differenziare la sua posizione, non punibile, da quella del correo al quale non si estende tale condizione. Tuttavia, ciò avviene quando la circostanza abbia carattere soggettivo, in quanto se la punibilità è esclusa da circostanze oggettive, queste si comunicano al correo ex art. 119,2 c.p.; se ne potrebbe dedurre che nel caso in cui concorrano più circostanze di esclusione della punibilità, oggettive e soggettive, dovrà chiaramente percorrersi la via più favorevole al reo, cioè la comunicabilità della circostanza.

La posizione espressa dalla Corte (“reato punibile, tutti punibili”, volendo banalizzare), si rivela necessaria proprio ad evitare che il meccanismo di cui all’art. 119,2 c.p. non venga disapplicato in malam partem senza una specifica previsione normativa in tal senso. Si rischierebbe, ribaltando la prospettiva della Corte, un automatismo per cui se un correo non è punibile ex 131-bis c.p. allora non saranno punibili tantomeno gli altri concorrenti (“uno solo non punibile, nessuno punibile”)23. La questione, in realtà più complessa, meriterebbe autonoma trattazione ma se ne proporranno i tratti salienti.

Secondo l’orientamento tradizionale24, le clausole di esclusione della punibilità in senso stretto sono tendenzialmente qualificate come soggettive poiché le stesse generalmente si fondano su qualità personali del reo25. La norma di cui al 131-bis c.p., di contro, non si presta ad un altrettanto agevole classificazione, in quanto nel suo ampio portato descrittivo figurano, al contempo, elementi riconducibili all’aspetto oggettivo-materiale del reato ed elementi che richiamano particolari aspetti soggettivi del reo (su tutti la non abitualità). Sembra pertanto aver colto nel segno chi ha parlato della particolare tenuità del fatto come una disposizione complessa «che presenta al contempo requisiti oggettivi e soggettivi»26. Partendo da tali riflessioni, possiamo affermare che, se in futuro si incrinasse il dogma della non punibilità ex 131-bis c.p. del contributo concorsuale “di minima entità”, sarebbe difficile limitarne la comunicabilità ai correi in tutti quei casi in cui la particolare tenuità per un concorrente possa affermarsi (anche e soprattutto) sulla base di elementi oggettivi - sempre, chiaramente, fatta salva la possibilità di un intervento normativo ad hoc.


Note e riferimenti bibliografici

1 A ben vedere il ricorso si articolava in altri due motivi di ricorso, entrambi dichiarati inammissibili. Il primo per non aver applicato l’art. 133-bis c.p., doglianza che la Corte ritiene tuttavia motivata con argomenti «del tutto eterogenei rispetto alla intestazione della medesima, rendendola, pertanto, inammissibile». L’ulteriore motivo di ricorso verteva invece sulla mancata disposizione della sospensione condizionale della pena, circostanza correttamente giustificata dai giudici richiamando i numerosi precedenti penali gravanti sull’imputato.

2 Sul bene giuridico tutelato nell’apparato contravvenzionale ambientale si veda, ad esempio, BERNASCONI C., Reati ambientali e particolare tenuità del fatto, in www.lalegislazionepenale.eu, p.8 che così si esprime circa «l’applicabilità della non punibilità ai quei reati di pericolo astratto (particolarmente numerosi nel settore considerato) volti a sanzionare l’esercizio di determinate attività con elusione o violazione delle funzioni di controllo da parte della P.A., l’offensività debba essere valutata in rapporto al bene “finale” ambiente o piuttosto al bene “intermedio strumentale”, da identificare appunto con l’interesse formale al corretto svolgimento delle funzioni di vigilanza e di controllo da parte della P.A. Appare senz’altro preferibile la prima opzione per le medesime ragioni che da tempo inducono la dottrina a valorizzare siffatta prospettiva nella interpretazione e applicazione delle fattispecie in oggetto».

3 Dubbi dottrinali sul fatto che, a dispetto della terminologia utilizzata, la non punibilità per particolare tenuità del fatto costituisca effettivamente una causa di non punibilità e non, piuttosto, una causa di improcedibilità cfr ADDANTE E., La particolare tenuità del fatto: uno sguardo altrove, in Archivio Penale, 2016, 2,1-24 o anche MANGIARACINA, La tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.: vuoti normativi e ricadute applicative, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 2015, 3. In senso opposto si veda tuttavia BIONDI A., L´art. 131-bis c.p. e la questione (ir)risolta della deflazione, in Riv. Cammino Diritto, Fasc. 06/2021, in cui si auspica la trasformazione del 131-bis in una condizione di procedibilità, onde ottenere un potenziale deflattivo decisamente maggiore rispetto a quello fino ad oggi osservato.

4 «I rapporti tra l’istituto della particolare tenuità del fatto e la causa estintiva ambientale, in realtà, sembrano più controversi, trovandosi le due cause di non punibilità in una relazione normativa di “interferenza”, dal momento che hanno un nucleo comune costituito dall’esiguità dell’offesa, ma ciascuna di esse ha altresì elementi distinti rispetto all’altra, che li connotano anche in senso sfavorevole: nell’un caso (art. 318-bis ss. T.U.A.) si tratta di una causa di non punibilità procedimentalizzata per cui è richiesto il pagamento di una somma di denaro, seppur in forma ridotta; nell’altro caso (art. 131-bis cod. pen.), la causa opera nel rispetto di una serie di requisiti senza l’obbligo di pagamento di nessuna sanzione, ma permane quale conseguenza sfavorevole per il contravventore l’iscrizione al casellario giudiziale» Così POGGI D'ANGELO M., La procedura estintiva ambientale: l'idea dell'inoffensività/non punibilità in ottica riparatoria e deflattiva, in LEXAMBIENTE, 2022, 1, 37-60.

5 DI LANDRO A., La funzione ripristinatoria del diritto penale ambientale. La bonifica ed il ripristino ambientale. Uno studio de iure condito e de iure condendo, Giappichelli, Torino, 2020, p. 82.

6 SPANGHER G., L’irrilevanza del fatto, in Dir. giust. Min., 2015, 17. Infatti l’assoluzione per particolare tenuità «se pronunciata con sentenza dibattimentale questa ha effetto di giudicato ex art. 652 c.p.p.; va iscritta nel casellario anche se il provvedimento è disposto con archiviazione» e, soprattutto, «è suscettibile di appello da parte dell’imputato in quanto si tratta di una decisione che esclude la punibilità stante il possibile pregiudizio che vi è sotteso». Sul punto si veda Cas. Pen., sez. III, sent. n. 49789 del 31/10/2018.

7 In breve: il reo che, per timore della condanna, conscio del fatto che il suo reato sia stato scoperto, vorrebbe rimediare è invece spinto a rimandare quest’attività rimediale a seguito del verbale di accertamento che tuttavia potrebbe non arrivare mai perché, ad esempio, non si riesce ad identificare l’autore del reato.

8 Corte Cost., sent. n. 19 del 18 febbraio 1998.

9 Cfr. DI LANDRO A., La funzione ripristinatoria, op. cit..

10 Sul tema della “non occasionalità della condotta” si vedano le due sentenze delle Sezioni Unite che, nel 2016, hanno delineato un primo “quadro applicativo” della non punibilità per particolare tenuità del fatto: Cass. Pen. SS.UU., sent. 25 febbraio 2016 (dep. 6 aprile 2016), n. 13681 e Cass. SS. UU., sent. 25 febbraio 2016 (dep. 6 aprile 2016), n. 13682. Per uno stato dell’arte più recente si rinvia a DI VIZIO F., La nuova disciplina della particolare tenuità del fatto: tra spinte alla deflazione e tensioni di sistema, in DisCrimen, 2023, 1, 17-72.

11 Per il quale si rinvia a PAONE V., Il reato di deposito incontrollato di rifiuti (art. 256, 2° comma, d.lgs. n. 152/06) è un reato permanente?, in https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org.

12 Vedi DI VIZIO F., La nuova disciplina, op. cit. ma anche, in giurisprudenza, Cass. Pen., Sez. III, Sent. 21 aprile 2021 n. 15029.

13 Cass. Pen. Sez. III sent. n. 48318 del 16 novembre 2016 (Ud 11 ott 2016) Pres. Di Nicola Est. Ramacci Ric. PM in proc. Halilovic, p. 4 in https://lexambiente.it/.

14 Cass. Pen. Sez. III sent. n. 31395 del 10 luglio 2018 (Ud 11 mag 2018) in https://lexambiente.it/.

15 Inerente, come visto sub nota 1, l’omessa applicazione dell’art. 133-bis c.p..

16 Rilievi critici sulla tendenza espansiva dell’incriminazione del correo possono desumersi anche solo osservando come «la bipartizione tradizionale in obblighi di protezione e di controllo si arricchisce, in materia concorsuale, dell’ulteriore categoria, variamente inquadrata e discussa, degli obblighi di impedimento dell’altrui reato», così MASULLO M. N., La connivenza: uno studio sui confini con la complicità, CEDAM, Padova, 2013, p. 53 cui si rinvia per una disamina esaustiva del tema.

17 Così Cass. Pen. Sez. III, Sent. n. 18015 del 02 maggio 2019 (ud. 05/02/2019), p. 3 sulla scorta di Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 34985 del 16/07/2015 – dep. 20/08/2015, Caradonna, Rv. 264454 e Sez. III, sent. n. 41055 del 22/09/2015 – dep. 13/10/2015, Rapushi, Rv. 265167, richiamata dalla pronuncia in esame.

18 Così Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 21183 del 18 maggio 2023 (ud. 10 gennaio 2023), p. 3 in commento.

19 Sulla doppia funzione dell’art. 110 c.p., di disciplina e di incriminazione, ex multis MANTOVANI F., Diritto penale. Parte Generale, XI ed., Cedam, Milano, 2020 o GIOVAGNOLI R., Manuale di diritto penale parte generale, II ed., Ita Edizioni, Torino, 2021.

20 Il ricorrente utilizzo dell’espressione “sufficientemente offensivo”, nonché dei termini atti a tentare di graduare l’offensività del reato trova giustificazione nella natura del giudizio di particolare tenuità. Si ricorda infatti che «la causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis è applicabile a fatti non già semplicemente tenui, bensì particolarmente tenui. L’ambito di applicazione della disciplina in esame è dunque, a ben vedere, segnato da due diverse linee di confine: la prima – verso il basso – che fa da spartiacque tra la nuova causa di non punibilità e le ipotesi di inoffensività (cioè di insussistenza del fatto tipico di reato); la seconda – verso l’alto – che separa l’ipotesi della particolare tenuità del fatto (non punibile) da quella della mera tenuità del fatto (punibile, seppur in misura ‘attenuata’ all’esito del procedimento di commisurazione della pena e/o dell’applicazione di circostanze del reato)», concetto rinvenibile in ALBERTI G., Non punibilità per particolare tenuità del fatto, Voce per “Il libro dell’anno del diritto Treccani 2016” (2015), in http://www.penalecontemporaneo.it.

21 Per utilizzare una formulazione che ha avuto un certo riscontro in dottrina «occorrerebbe distinguere “il reato oggettivamente bagatellare” dal suo autore eventualmente “non bagatellare”», così NISCO A., L’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto. Profili sostanziali, in BACCARI G.M., LA REGINA K., MANCUSO E.M. (cur.), Il nuovo volto della giustizia penale, Padova, 2015, pp. 198 ss..

22 Che in realtà la pena ed il reato siano concetti giuridici multiformi e strutturalmente modificabili è opinione sempre più radicata in dottrina e, in particolare, tra i sostenitori della c.d. teoria gradualista del reato, secondo la quale «quest’ultimo si presenta come una entità graduata e graduabile e si fonda su una dimensione graduabile dell’illecito penale considerato nella sua interezza ed in tutti i suoi elementi costitutivi: fatto offensivo tipico, antigiuridicità, colpevolezza sino a giungere alla punibilità e, più in generale, alla commisurazione della pena», POMANTI P., La clausola di particolare tenuità del fatto, in Arch. Pen., 2015, 2.

23 In tal senso, peraltro, si è espressa anche attenta dottrina, cfr. CONSULICH F., Lo statuto penale delle scriminanti, principio di legalità e cause di giustificazione: necessità e limiti, Giappichelli, Torino, 2018 in cui si da atto di come «Se si ritiene che i profili soggettivi svolgano un ruolo solo secondario nell’economia della fattispecie, non potrà che trovare applicazione l’art. 119 comma 2 c.p., impedendo che il processo prosegua per alcuni imputati quando per altri sia già stato reputato oggettivamente tenue» (pag. 132).

24 In tal senso GALLO M., Qualcosa sulle circostanze personali di esclusione della pena, in Arc. pen., 2019, 2 con l’autore che riafferma come debbano ritenersi «soggettive (...) le circostanze che fanno venir meno l’illiceità penale, ma lasciano sussistere la possibilità di contrasto con regole appartenenti a settori dell’ordinamento diversi da quello penale». Ma si veda anche GIOVAGNOLI R., Manuale, op. cit. in cui si osserva come, ad un’analisi più attenta, le - finora - rare ipotesi di esclusione della punibilità a carattere oggettivo, siano a ben vedere da ricondursi sotto il genus delle cause di estinzione del reato, come è avvenuto in tema di ritrattazione della falsa testimonianza (Cass. Pen., SS. UU., sent. 22327 del 21 maggio 2003).

25 Come, ad esempio, la qualità di parlamentare rispetto alla garanzia offerta dall’art. 68 cost., affermata da Cass. Pen. Sez. V, Sent. n. 13198 del 05 marzo 2010 Ud. (dep. 08/04/2010 ) Rv. 246903 - 01, Belpietro.

26 CONSULICH F., Lo statuto penale delle scriminanti, op. cit., p. 132.

 

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