Osservatorio sull´esecuzione forzata civile: Gennaio/Marzo 2023
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Andrea Greco
Osservatorio trimestrale sull’esecuzione forzata civile relativo alle principali sentenze emesse dalla Corte di Cassazione in tema di esecuzione forzata civile. Gennaio – Marzo 2023
Focus on private enforcement subject: January–March 2023
Quarterly focus on main sentences issued by the Court of Cassation on private enforcement subject. January –March 2023Sommario: 1) Processo esecutivo – Vendita forzata. Vizi della cosa venduta. Esclusione della garanzia per vizi; configurabilità dell’aliud pro alio; Cass. Civ., Sez. III, Ordinanza del 24 gennaio 2023, (ud. 1 dicembre 2022), n. 2064 – Pres. De Stefano – Rel. Condello 2) Altre pronunce in rassegna.
SENTENZE IN PRIMO PIANO
1) Processo esecutivo – Vendita forzata. Vizi della cosa venduta. Esclusione della garanzia per vizi; configurabilità dell’aliud pro alio; Cass. Civ., Sez. III, Ordinanza del 24 gennaio 2023, (ud. 1 dicembre 2022), n. 2064 – Pres. De Stefano – Rel. Condello.
(Omissis)
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Taranto ha rigettato l'opposizione ex art. 617 c.p.c. con la quale A.A. aveva chiesto dichiararsi la nullità/annullabilità della gara telematica terminata in data 2 aprile 2017 e dell'ordinanza di aggiudicazione dell'autocarro Iveco 150 tg. (Omissis), emessa in suo favore nell'ambito della procedura esecutiva mobiliare promossa dal creditore procedente D.D. in danno di E.E. (successivamente dichiarato fallito), oltre che la condanna dell'Istituto Vendite giudiziarie di Taranto alla restituzione del prezzo o al risarcimento del danno.
L'opposizione era stata proposta in quanto, successivamente al versamento del prezzo e solo dopo il ritiro del bene, l'aggiudicatario, in occasione della revisione del veicolo, aveva potuto constatare, sulla base della carta di circolazione, che il bene era stato immatricolato nel 1993, diversamente da quanto risultante dalla descrizione dello stesso bene riportata sull'annuncio pubblicato sul portale dell'Istituto Vendite Giudiziarie e in tutti gli atti successivi della procedura, ove era stata, invece, indicata, quale data di immatricolazione, quella del 9 giugno 2006; l'aggiudicatario, pertanto, aveva lamentato che il bene aggiudicato fosse da ritenersi diverso da quello pubblicizzato e descritto negli atti di vendita.
Il Tribunale di Taranto, disattesa l'eccezione di tardività dell'opposizione ed accolta l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall'I.V.G., ha rigettato l'opposizione, ritenendo che "l'erronea informazione resa in merito alla reale data di immatricolazione del veicolo, di 13 anni anteriore rispetto a quella indicata sul sito ufficiale dell'asta giudiziaria e nei successivi atti di gara, non valeva di certo a delineare una radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata", non potendo l'autocarro Iveco, seppure immatricolato molti anni prima, considerarsi ontologicamente diverso da quello sul quale era caduta l'offerta dell'aggiudicatario.
Ha, inoltre, rilevato che il A.A. non aveva allegato, né provato specifici vizi del bene che lo rendessero inidoneo all'assolvimento della sua naturale funzione economico-sociale o alla destinazione d'uso presupposta al momento dell'offerta d'acquisto, essendosi l'aggiudicatario limitato ad evidenziare che l'immatricolazione, di ben tredici anni antecedente a quella indicata nel bando di vendita, rendesse il valore dell'autoveicolo di gran lunga inferiore rispetto a quella per la quale aveva fatto l'offerta d'acquisto. Il Giudice del merito ha, infine, ritenuto inammissibile l'ampliamento della domanda effettuato dall'opponente con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, considerato che nell'atto di citazione non si rinvenivano argomentazioni difensive riguardanti la sussistenza di un errore quale vizio della volontà, ma solo un riferimento ad un'ipotesi di "nullità e/o annullabilità della gara telematica" che, di per sé, non lasciava trasparire l'intenzione dell'opponente di far valere quello specifico vizio di volontà, di cui, peraltro, non risultavano neppure descritti i fondamentali caratteri dell'essenzialità e della riconoscibilità.
3. A.A. ricorre per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di cinque motivi.
L'Istituto Vendite Giudiziarie di Taranto Soc. coop. a r.l., D.D., la Curatela del Fallimento di E.E. e M.C. S.r.l. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, deducendo la "Violazione e falsa applicazione degli artt. 1427 , 1428, 1429 e 2929 c.c. e art. 183 c.p.c.", il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui il Tribunale ha considerato tardivo e, quindi, inammissibile, l'ampliamento della domanda effettuato con il deposito della prima memoria ex art. 183 c.p.c..
Richiamando arresti giurisprudenziali di questa Corte che ammettono l'emendatio libelli in sede di prima memoria ex art. 183 c.p.c., ribadisce che, avendo proposto opposizione al fine di contestare l'aggiudicazione di un bene da lui non voluto, chiedendone la nullità in forza del principio dell'aliud pro alio ovvero, in via subordinata, l'annullamento, per essersi determinato all'acquisto sulla scorta di un errore del consenso che aveva alterato la sua volontà, vizio causato dall'I.V.G. che aveva pubblicizzato il bene con caratteristiche diverse da quelle reali, lamenta che il Tribunale ha erroneamente considerato la precisazione della domanda, contenuta già nel ricorso introduttivo e solo esplicitata nella prima memoria ex art. 183 cod. proc civ., come tardiva.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Il Tribunale ha accertato che con l'atto introduttivo del giudizio di merito le deduzioni difensive svolte dall'odierno ricorrente e i precedenti di legittimità richiamati a supporto delle stesse si sono incentrate sulla "questione della rilevanza delle ipotesi di vendita giudiziaria di aliud pro alio" e che soltanto con la prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, il thema decidendum è stato ampliato, allargando le contestazioni alla diversa questione della sussistenza di un errore quale vizio del consenso, idoneo a determinare l'annullamento dell'aggiudicazione. Ha, pertanto, ritenuto che tale ulteriore contestazione integrasse domanda nuova, come tale non ammissibile per effetto delle preclusioni imposte dal codice di rito.
1.3. Il percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata è corretto e si pone in linea con la giurisprudenza di legittimità che esclude sia consentito, nelle opposizioni esecutive, proporre ragioni di contestazione ulteriori rispetto a quelle dedotte con l'originario atto introduttivo del giudizio (Cass., sez. U, 14/12/2020, n. 28387).
Questa Corte ha ripetutamente ribadito che il giudizio di opposizione è un ordinario processo di cognizione nel quale vige il principio della domanda (Cass., sez. 3, 28/07/2011, n. 16541 ), con conseguente inammissibilità di motivi nuovi (Cass., sez. 6-3, 09/06/2014, n. 12981; Cass., sez. 3, 07/08/2013, n. 18761 ), soprattutto nell'opposizione agli atti esecutivi, dove la loro proposizione è soggetta al rigoroso termine decadenziale di venti giorni dalla conoscenza dell'atto (Cass., sez. 3, 03/09/2019, n. 21996; Cass., sez. 3, ord. 06/04/2022, n. 11237).
Tanto comporta che, nella presente opposizione agli atti esecutivi, che aveva ad oggetto originariamente la domanda di nullità dell'ordinanza di aggiudicazione per pretesa vendita di aliud pro alio, fosse preclusa la deducibilità, con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, della domanda di annullamento dell'ordinanza di aggiudicazione fondata su un asserito vizio del consenso, introdotta oltre il termine di venti giorni dalla conoscenza del provvedimento impugnato. 1.4. L'illustrazione del motivo si impernia in effetti sull'asserita applicabilità al caso in esame dell'insegnamento delle Sezioni Unite del 15 giugno 2015, n. 12310 ed attinge da tale pronuncia argomentazioni per addivenire alla conclusione che la modifica della originaria domanda fosse ben possibile, perché riguardante la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l'atto introduttivo. L'arresto giurisprudenziale invocato, secondo cui "la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali", ha, in realtà chiarito che il mutamento del fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio costituisce modifica della domanda ammessa se la nuova domanda non si aggiunga a quella iniziale, ma la sostituisca e si ponga in rapporto di alternatività rispetto ad essa in quanto tendente a realizzare la medesima vicenda sostanziale (Cass., sez. 3, 31/07/2017, n. 18956 ; Cass., sez. 3, 26/06/2018, n. 16807).
La domanda può, quindi, essere anche modificata, ma non può essere affiancata, poiché l'introduzione di una domanda ulteriore in aggiunta - come nel caso di specie, in cui alla iniziale domanda di nullità dell'aggiudicazione fondata sull'ipotesi di vendita giudiziaria di aliud pro alio si è aggiunta la domanda di annullabilità dell'aggiudicazione per dedotta sussistenza di un errore quale vizio della volontà - subisce lo stesso trattamento che, prima del revirement del 2015, era applicato alla mutatio libelli.
L'intervento delle Sezioni Unite che, ad avviso del ricorrente, sarebbe stato travisato si pone, in realtà, in contrasto con la prospettazione del ricorrente e fonda la correttezza della decisione del giudice del merito, poiché, anche in disparte le peculiarità delle opposizioni esecutive ed in particolare della loro istituzionale inemendabilità successiva, la modificazione della domanda, da effettuarsi nei limiti delle memorie previste dall'art. 183 c.p.c., non include l'introduzione di ulteriori domande accanto a quella originaria e - modificata o no - mantenuta (Cass., sez. 1, 26/02/2016 n. 3806 ; Cass., sez. 1, 13/03/2017 n. 6389, Cass. sez. 2, 10/04/2017 n. 9192; Cass., sez. 3, 31/07/2017 n. 18956; Cass., sez. 1, 9/02/2018 n. 3254).
2. Con il secondo motivo, censurando la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429 e 2922 c.c., il ricorrente assume che l'affermazione del Tribunale secondo cui "...l'erronea informazione resa in merito alla reale data di immatricolazione del veicolo...non vale di certo a delineare una radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata..." contrasta con le disposizioni normative evocate. Considerando il "bando di vendita" alla stregua di quella che nella vendita volontaria sarebbe la "proposta contrattuale di compravendita" e tenuto conto che l'1.V.G. avrebbe dovuto verificare l'esatta corrispondenza del bene pubblicizzato a quello pignorato e messo in vendita, il ricorrente rimarca che è stato aggiudicato un bene assolutamente diverso da quello pubblicizzato e che dal comportamento colpevole degli incaricati dell'Istituto Vendite giudiziarie non può che derivare l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione.
3. Con il terzo motivo - rubricato: "violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429, 2929 e 2697 c.c." - il ricorrente, censurando la sentenza impugnata là dove si afferma che non sono stati allegati, né provati specifici vizi del bene che lo rendono inidoneo all'assolvimento della sua naturale funzione, assume di avere dato dimostrazione dell'errore che aveva viziato la formazione del suo consenso e che tale circostanza non poteva che determinare l'invalidità dell'atto esecutivo, con conseguente restitutio ad integrum dell'aggiudicatario e risarcimento del danno. Soggiunge che nel fascicolo telematico dell'esecuzione non si rinveniva documentazione fiscale relativa ai beni pignorati (Fiat Doblò e autocarro Iveco), in quanto detta documentazione era stata acquisita dagli incaricati dell'I.V.G. solo in data successiva al pignoramento, ossia quando era stata loro consegnata insieme ai beni mobili registrati.
3.1. Il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi, possono essere congiuntamente scrutinati, ma non possono essere accolti.
3.2. Come ben chiarito da questa Corte (Cass., sez. 3, 02/04/2014, n. 7708; Cass., sez. 3, 29/01/2016, n. 1669), la risoluzione della questione prospettata non può, prescindere dalla peculiare natura della vendita esecutiva, "normalmente definita dalla giurisprudenza una vendita sui generis, affine alla vendita solo per gli effetti che ne conseguono e, invece, propria del processo per la struttura e la funzione, giacché realizza congiuntamente l'interesse pubblico (connesso a ogni processo giurisdizionale) e l'interesse privato (dei creditori concorrenti e dell'aggiudicatario). Consegue da ciò la giustificazione dell'esclusione, sul piano normativo, della garanzia per vizi della cosa e, in via di interpretazione, l'inapplicabilità alla vendita esecutiva delle regole dettate per la compravendita in tema di tutela dell'acquirente (e segnatamente, l'esclusione, oltre che della garanzia per vizi di cui all'art. 1490 c.c., della rescissione per lesione ex art. 1448 c.c., come dell'actio redhibitoria, della risoluzione del contratto, nonché dell'actio quanti minoris, della riduzione del prezzo ex art. 1492 c.c. e dell'azione di risarcimento del danno ex art. 1494 c.c.)".
3.3. La vendita forzata, essendo un (sub-)procedimento che si inserisce nel processo esecutivo, il cui nucleo essenziale è costituito dalla combinazione tra un provvedimento dell'organo esecutivo ed un atto giuridico unilaterale di natura privata (offerta del terzo acquirente), non è regolata dalla disciplina di quella volontaria - a cominciare da quella in tema di interpretazione, ma per proseguire con quella in tema di vizi della volontà o validità del vincolo negoziale - ma resta piuttosto regolata da una disciplina speciale, nella quale si ravvisano soltanto alcuni dei principi generali della vendita volontaria, assorbiti e coordinati in vista delle esigenze pubblicistiche del procedimento - esecutivo - in cui essa si inserisce (Cass., n. 7708/14, cit.).
3.4. Sebbene questa Corte (Cass., n. 7708/14, cit.) abbia individuato il mezzo idoneo a far valere l'aliud pro alio nella vendita giudiziaria, individuandolo in quello interno al processo esecutivo dell'opposizione agli atti esecutivi, soggetto al termine decadenziale di cui all'art. 617 c.p.c., la giurisprudenza di questa Corte pone una sostanziale distinzione, in ordine all'estensione della disciplina dell'art. 2922 c.c., tra vizi della cosa e mancanza di qualità, da un lato, e consegna di aliud pro alio, dall'altro lato, prevedendo che si ha vizio redibitorio oppure mancanza di qualità essenziale della cosa, qualora questa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, ovvero qualora essa appartenga, per caratteristiche strutturali, ad un tipo diverso o ad una specie diversa da quella pattuita; mentre ricorre l'aliud pro alio, qualora il bene venduto sia completamente diverso da quello pattuito, in quanto appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res venduta e, quindi, a fornire l'utilità richiesta (Cass., sez. 2, 18/05/2011, n. 10916; Cass., sez. 2, 07/03/2007, n. 5202 ; Cass., sez. 2, 25/09/2002 n. 13925).
3.5. In tale prospettiva, non risulta che la sentenza impugnata si sia discostata, nell'interpretazione del disposto della norma di cui all'art. 2922 c.c., dall'orientamento largamente condiviso nella giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1, 11018/94; Cass., sez. 1, 09/10/1998, n. 10015; Cass., sez. 3, 13/05/2003, n. 7294; Cass., sez. 1, 25/02/2005, n. 4085), secondo cui l'esclusione, ivi prescritta, della garanzia per i vizi della cosa nella vendita forzata si riferisce alle fattispecie prefigurate dagli articoli da 1490 a 1497 c.c. e non riguarda, quindi, l'ipotesi di consegna di aliud pro alio che, secondo la lata accezione considerata da tale giurisprudenza, è configurabile sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nella ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto (Cass., n. 1669/16 , cit.; Cass., sez. 6-1, 12/07/2016, n. 14165; Cass., n. 7708/14 , cit.; Cass., sez. 1, n. 4085/05 , Cass., sez. 1, n. 10015/98, Cass., n. 11018/94 , cit.); ipotesi queste che il giudice del merito - con valutazione in fatto che resta, anche alla stregua delle contestazioni in concreto mosse in ricorso, insindacabile in questa sede - ha ritenuto entrambe non ricorrenti nella specie.
Nel caso in esame, non avrebbe, invero, potuto affermarsi la prospettata ipotesi di vendita di aliud pro alio, in quanto non sono state dedotte, fin dall'atto introduttivo dell'opposizione, circostanze che possano portare a ritenere che l'autoveicolo non fosse idoneo alla sua destinazione, potendosi, dalle contestazioni sollevate ("il bene è da ritenersi diverso (aliud pro alio) in quanto l'immatricolazione, di ben tredici anni antecedente quella indicata nel bando di vendita, rende il valore dello stesso di gran lunga inferiore rispetto a quello che il signor A.A. riteneva e per il quale aveva fatto le relative offerte di acquisto"), profilare al più una differenza quantitativa, ma non qualitativa - in senso stretto - tra il bene oggetto di trasferimento e quello descritto nell'ordinanza di vendita, del tutto irrilevante ai fini del riconoscimento del difetto denunciato.
Data la diversità strutturale della vendita forzata rispetto a quella negoziale, ben delineata dalla ricostruzione effettuata dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati, e considerato che la nullità del decreto di trasferimento è ravvisabile solo in ipotesi di radicale o sostanziale diversità della cosa oggetto della vendita, in cui, venendo effettivamente meno il nucleo essenziale e l'oggetto stesso della vendita forzata, quale risulta specificato e determinato dall'offerta dell'aggiudicatario e dalla stessa determinazione dell'organo giudicante, la cosa aggiudicata risulti essere ontologicamente diversa da quella sulla quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, non può che ritenersi l'infondatezza dei vizi di violazione di legge dedotti con i mezzi in esame.
4. Con il quarto motivo, censurando la decisione impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta che il Tribunale ha omesso di prendere in considerazione la questione del vizio del consenso, formatosi nell'aggiudicatario per colpa allo stesso non imputabile, pur trattandosi di fatto decisivo, mai contestato dalle controparti.
4.1. La censura è inammissibile.
4.2. Giova rimarcare, invero, che è applicabile, nella concreta fattispecie, il contenuto precettivo del nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012 , art. 54 , comma 1, lett. b), convertito, con modificazione, nella L. n. 134 del 2012 (entrata in vigore il 12.8.2012), disposto applicabile alla impugnazione per cassazione della sentenza 22.1.2013, giusta la previsione dell'art. 54, comma 3 citato.
Nella evidente prospettiva della novella introdotta dal legislatore del 2012 - che mira a ridurre drasticamente l'area del sindacato di legittimità attorno ai "fatti" - l'omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione nel giudizio afferisce a dati materiali, ad episodi fenomenici rilevanti, ed alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente il giudizio (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
Al contrario, le censure motivazionali formulate dal ricorrente, mediante il richiamo alla "questione del vizio del consenso", peraltro irrilevante per le ragioni già sopra esposte, non sono riconducibili al paradigma normativo del riformulato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, posto che nessun fatto decisivo trascurato dal Tribunale viene indicato se non gli stessi fatti già valutati dalla sentenza impugnata.
5. Con il quinto motivo, deducendo la "violazione e falsa applicazione dell'art. 536 c.p.c., comma 2, D.M. n. 109 del 1997, artt. 2 e 8 e degli artt. 2043 e 2050 c.c.", il ricorrente contesta al Tribunale di avere affermato che l'Istituto vendite giudiziarie non sia da considerarsi parte del giudizio di opposizione e sottolinea, al contrario, che, proprio per il fatto che l'1.V.G. è un soggetto privato che esercita un servizio di pubblica utilità, deve rispondere del danno derivato all'aggiudicatario dall'operato dei suoi dipendenti. Rimarca, quindi, di essere stato indotto in errore a causa della pubblicazione, sul portale delle vendite telematiche, di un dato essenziale per poter valutare appieno la convenienza dell'acquisto del veicolo, rappresentato dall'anno di immatricolazione del bene, e che il comportamento colposo tenuto dai suoi dipendenti integra una ipotesi di responsabilità che impone all'Istituto Vendite giudiziarie di rispondere dei relativi danni cagionati ai terzi.
5.1. Il motivo è inammissibile.
5.2. Occorre tenere presente il principio costante nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema d'impugnazione, ove con un'unica sentenza siano adottate distinte statuizioni, ciascuna delle quali sottoposta a diverso mezzo d'impugnazione, ogni statuizione deve essere impugnata soltanto con il mezzo di gravame che le è proprio (Cass., sez. 1, 24/03/2005, n. 6376).
Ebbene, nel caso di specie, il ricorso per cassazione proposto contro una sentenza pronunciata in primo grado su un capo di rigetto della domanda di risarcimento del danno è inammissibile, in quanto la statuizione oggetto di censura avrebbe dovuto essere impugnata con appello.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla deve disporsi in merito alle spese del presente giudizio di legittimità, in difetto di attività difensiva delle parti intimate
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Il principio di diritto: Nella vendita forzata l'esclusione della garanzia per vizi della cosa, prevista dall'art. 2922 c.c., è limitata ai casi in cui la cosa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, ovvero appartenga per caratteristiche strutturali ad un tipo o ad una specie diversa da quella pattuita, e non riguarda, quindi, l'ipotesi di consegna di aliud pro alio che è configurabile sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nella ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto. (In applicazione del principio la Corte ha respinto il ricorso avverso l'ordinanza di rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi proposta dall'aggiudicatario di un autocarro in ragione della diversa data di immatricolazione dello stesso rispetto a quella indicata negli atti della procedura
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Il caso ed il processo: Il giudizio sottoposto all’attenzione della Suprema Corte trae origine dalla sentenza con la quale il Tribunale di Taranto aveva rigettato l’opposizione ex art. 617 c.p.c. promossa dall’aggiudicatario di un autocarro Iveco ed avente ad oggetto la nullità/annullabilità della stessa gara telematica (vinta) terminata in data 2 aprile 2017 e della conseguente ordinanza di aggiudicazione. oltre che la condanna dell'Istituto Vendite giudiziarie di Taranto alla restituzione del prezzo o al risarcimento del danno. Nello specifico, l'opposizione era stata proposta in quanto, successivamente al versamento del prezzo e solo dopo il ritiro del bene, l'aggiudicatario, in occasione della revisione del veicolo aveva potuto constatare sulla base della carta di circolazione che il bene era stato immatricolato nel 1993 diversamente da quanto risultante dalla descrizione riportata sull'annuncio pubblicato sul portale dell'Istituto Vendite Giudiziarie e in tutti gli atti successivi della procedura ove era stata, invece, indicata quale data di immatricolazione quella del 9 giugno 2006. L'aggiudicatario aveva pertanto lamentato che il bene aggiudicato fosse da ritenersi diverso da quello pubblicizzato e descritto negli atti di vendita. Il Tribunale di Taranto, disattesa l'eccezione di tardività dell'opposizione ed accolta l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall'I.V.G., rigettava l'opposizione, ritenendo che "l'erronea informazione resa in merito alla reale data di immatricolazione del veicolo, di 13 anni anteriore rispetto a quella indicata sul sito ufficiale dell'asta giudiziaria e nei successivi atti di gara, non valeva di certo a delineare una radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata", non potendo l'autocarro Iveco, seppure immatricolato molti anni prima, considerarsi ontologicamente diverso da quello sul quale era caduta l'offerta dell'aggiudicatario. Rilevava inoltre che l’opponente non aveva allegato, né provato specifici vizi del bene che lo rendessero inidoneo all'assolvimento della sua naturale funzione economico-sociale o alla destinazione d'uso presupposta al momento dell'offerta d'acquisto essendosi limitato ad evidenziare che l'immatricolazione, di ben tredici anni antecedente a quella indicata nel bando di vendita, rendesse il valore dell'autoveicolo di gran lunga inferiore rispetto a quella per la quale aveva fatto l'offerta d'acquisto. Il Giudice del merito riteneva infine inammissibile l'ampliamento della domanda effettuato dall'opponente con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, considerato che nell'atto di citazione non si rinvenivano argomentazioni difensive riguardanti la sussistenza di un errore quale vizio della volontà, ma solo un riferimento ad un'ipotesi di "nullità e/o annullabilità della gara telematica" che, di per sé, non lasciava trasparire l'intenzione dell'opponente di far valere quello specifico vizio di volontà, di cui, peraltro, non risultavano neppure descritti i fondamentali caratteri dell'essenzialità e della riconoscibilità.
L’aggiudicatario ricorreva per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di cinque motivi. L'Istituto Vendite Giudiziarie di Taranto soc. coop. a r.l., D.D., la Curatela del Fallimento di E.E. e M.C. S.r.l. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
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La soluzione resa dalla Corte: la Cassazione ha ritenuto infondati i primi quattro motivi di ricorso ed inammissibile il quinto. Per ciò che attiene ai primi quattro motivi di ricorso, e tralasciando le questioni relative ai limiti dell’emendatio libelli che non interessano in questa sede, la Corte partendo dal presupposto della “diversità strutturale della vendita forzata rispetto a quella negoziale, ben delineata dalla ricostruzione effettuata dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati, e considerato che la nullità del decreto di trasferimento è ravvisabile solo in ipotesi di radicale o sostanziale diversità della cosa oggetto della vendita, in cui, venendo effettivamente meno il nucleo essenziale e l'oggetto stesso della vendita forzata, quale risulta specificato e determinato dall'offerta dell'aggiudicatario e dalla stessa determinazione dell'organo giudicante, la cosa aggiudicata risulti essere ontologicamente diversa da quella sulla quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario”, ha disposto “l'infondatezza dei vizi di violazione di legge dedotti con i mezzi in esame”. Relativamente al quinto motivo di ricorso, invece, la Corte richiamando il costante insegnamento secondo il quale “in tema d'impugnazione, ove con un'unica sentenza siano adottate distinte statuizioni, ciascuna delle quali sottoposta a diverso mezzo d'impugnazione, ogni statuizione deve essere impugnata soltanto con il mezzo di gravame che le è proprio” e precisando che “la statuizione oggetto di censura avrebbe dovuto essere impugnata con appello” attesa la contestazione di un “capo di rigetto della domanda di risarcimento del danno” ha ritenuto il motivo inammissibile.
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Gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sul tema: sulla distinzione tra la vendita forzata e negoziale si veda Cass. Civ. Sez. III, 29 gennaio 2016 n. 2669 secondo la quale “La differenza strutturale tra la vendita forzata e quella negoziale è ostativa all'adozione, per la prima, di una nozione lata di "aliud pro alio", con la conseguenza che la nullità del decreto di trasferimento è ravvisabile solo in caso di radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata ovvero se ontologicamente diverso da quello sul quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, oppure perché, in una prospettiva funzionale, dopo il trasferimento risulti definitivamente inidoneo all'assolvimento della destinazione d'uso che, presa in considerazione nell'ordinanza di vendita, ha costituito elemento determinante per l'offerta dell'aggiudicatario. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso "l'aliud pro alio" relativamente alla vendita forzata di una unità abitativa la cui inagibilità, dichiarata dal Comune per la presenza di elementi inquinanti, ed emersa solo a seguito di una integrazione della perizia di stima depositata dopo il versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario, era solo temporanea per la piena recuperabilità della salubrità dell'immobile)”. Si esprime in senso analogo anche Cass. Civ., Sez. VI – 1, 12 luglio 2016 n. 14615 secondo la quale “l'esclusione della garanzia per i vizi della cosa, sancita dall'art. 2922 c.c. per la vendita forzata compiuta nell'ambito dei procedimenti esecutivi - applicabile anche a quella disposta in sede di liquidazione dell'attivo fallimentare - riguarda le fattispecie prefigurate dagli artt. da 1490 a 1497 c.c. (vizi e mancanza di qualità della cosa), ma non l'ipotesi di consegna di "aliud pro alio", configurabile, invece, se il bene aggiudicato appartenga ad un genere affatto diverso da quello indicato nell'ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico sociale, oppure quando ne sia del tutto compromessa la destinazione all'uso, ivi considerato, che abbia costituito elemento dominante per l'offerta di acquisto. Tale speciale disciplina si giustifica, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., in ragione delle peculiarità della vendita forzata che, partecipando alla natura pubblicistica del procedimento, realizza congiuntamente l'interesse pubblico, connesso ad ogni processo giurisdizionale, e quello privato, dei creditori concorrenti e dell'aggiudicatario, sicché il loro contemperamento, in sede di regolamentazione degli effetti di tale atto, è frutto di una legittima scelta del legislatore”. In dottrina si veda in merito alla tutela dell’aggiudicatario nelle ipotesi di aliud pro alio M. Marchese, Aggiudicatario: una tutela imperfetta. Parte processuale, in Rivista dell’Esecuzione forzata, 4/2020 936 e soprattutto E. Mercurio, Aggiudicatario: una tutela imperfetta. Parte sostanziale, in Rivista dell’Esecuzione forzata, 3/2020 652. Si veda anche V. Amendolagine L’aliud pro alio nella compravendita in Giurisprudenza Italiana, Maggio 2019, 1231. Sui mezzi di impugnazione necessari ove con un'unica sentenza siano state adottate distinte statuizioni ciascuna delle quali sottoposta a diverso mezzo d'impugnazione si veda Cass. Civ., Sez. I, Sentenza del 24 marzo 2005 n. 6376 secondo la quale “in tema d'impugnazione, ove con un'unica sentenza siano adottate distinte statuizioni, ciascuna delle quali sottoposta a diverso mezzo d'impugnazione, ogni statuizione deve essere impugnata soltanto con il mezzo di gravame che le è proprio. Pertanto, la statuizione del Giudice di pace adottata su domanda non eccedente i 1.100 Euro e quelle statuizioni processuali adottate dallo stesso sulla riconvenzionale al solo fine di decidere sulla permanenza della propria competenza a conoscere della domanda principale sono ricorribili per Cassazione; mentre sono appellabili le diverse statuizioni della stessa sentenza che abbiano deciso sulla riconvenzionale eccedente per valore l'indicata soglia”.
ALTRE PRONUNCE IN RASSEGNA
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 23 marzo 2023, (ud. 8 febbraio 2023) n. 8349 – Pres. Rubino – Rel. Valle.
In materia di esecuzione forzata, ha natura di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. la domanda con cui l'opponente sostiene che la somma di cui è intimato il pagamento è superiore a quella dovuta.
Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Ordinanza del 7 marzo 2023, (ud. 26 gennaio 2023) n. 6834 – Pres. Esposito – Rel. Cavallaro.
In forza degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 80 del 1992, il Fondo di Garanzia, gestito dall'INPS, di cui alla l. n. 297 del 1982 provvede al pagamento dei crediti inerenti agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, se rientranti nel periodo di dodici mesi anteriore ad atti di iniziativa giudiziale del lavoratore volti a far dichiarare lo stato di insolvenza del datore di lavoro o comunque a far valere nei suoi confronti il credito; conseguentemente, ai fini del computo - a ritroso - del segmento temporale annuale entro il quale collocare le ultime tre retribuzioni, è irrilevante il momento in cui assume efficacia esecutiva la "diffida accertativa" ex art. 12 d.lgs. n. 124 del 2004, emessa dalla Direzione del lavoro nei confronti del datore, mentre assume rilievo quello in cui detta diffida, già resa esecutiva, è stata notificata dal lavoratore mediante precetto, poiché è quest'ultimo l'atto con cui propriamente si intraprende il processo esecutivo
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 2 marzo 2023, (ud. 13 gennaio 2023) n. 6237 – Pres. Rubino – Rel. Condello.
In tema di opposizioni esecutive, l'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione deve avvenire con la forma dell'atto introduttivo richiesta in ragione del rito applicabile alla fase di cognizione piena; pertanto, nell'ipotesi in cui sia applicabile il rito ordinario, l'erronea instaurazione del processo con ricorso anziché con citazione è suscettibile di sanatoria a condizione che, nel suddetto termine, l'atto sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice ma anche notificato alla controparte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in un giudizio di opposizione all'esecuzione esattoriale, aveva dichiarato inammissibile il gravame, erroneamente proposto con ricorso, in quanto notificato oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza appellata).
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 15 febbraio 2023, (ud. 30 gennaio 2023), n. 4797 – Pres. De Stefano – Rel. Rossi.
In tema di espropriazione immobiliare, il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento immobiliare decorre dal giorno in cui il soggetto interessato abbia acquisito conoscenza legale o di fatto di tale decreto, oppure di altro provvedimento che ne presuppone, necessariamente, l'emanazione; l'opposizione va comunque proposta entro il limite massimo dell'esaurimento della fase satisfattiva dell'espropriazione forzata costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione.
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 15 febbraio 2023, (ud. 5 dicembre 2022), n. 4748 – Pres. De Stefano – Rel. Condello.
La statuizione sulle spese contenuta nell'ordinanza sul reclamo ex art. 624, comma 2, c.p.c. può formare oggetto di opposizione all'esecuzione iniziata in base a tale provvedimento qualora l'opponente intenda contestare solo l'ambito oggettivo e soggettivo di operatività del titolo esecutivo senza investire l'"an" della decisione cautelare (cioè, con censure attinenti all'illegittima quantificazione degli importi o ad altri profili non dipendenti dalla soccombenza), mentre è necessaria l'introduzione del giudizio di merito, a norma degli artt. 616 e 618 c.p.c., per contestare le ragioni che hanno condotto all'individuazione della parte soccombente e di quella vittoriosa e ottenere una revisione totale della decisione sull'istanza di sospensione della procedura.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 15 febbraio 2023, (ud. 5 dicembre 2022), n. 4676 – Pres. De Stefano – Rel. Condello.
Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso non dà luogo a nullità o inefficacia del titolo, ma costituisce una irregolarità che deve essere fatta valere ai sensi dell'art. 617 c.p.c.; tale conclusione vale anche nel caso in cui il rilascio del titolo in forma esecutiva, per quanto avvenuto nei confronti di uno dei soggetti in cui favore sia stato emesso il titolo, sia poi notificato al debitore, antecedentemente o contestualmente al precetto, da altro soggetto in cui favore pure il titolo sia stato emesso.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 14 febbraio 2023, (ud. 22 novembre 2022), n. 4449 – Pres. De Stefano – Rel. Giuzzi.
Il giudice dell'esecuzione chiamato, in sede di opposizione all'esecuzione di obblighi di fare, ad accertare la portata e l'idoneità esecutiva del titolo, può tenere conto, al fine di superare eventuali lacune del titolo medesimo, della situazione di fatto esistente al momento in cui ne viene richiesta la coattiva osservanza, restando fermo che, nel giudizio instaurato per la violazione delle distanze legali tra edifici, la determinazione della misura concreta della distanza da rispettare fra le costruzioni deve essere compiuta dal giudice investito della cognizione della relativa domanda e non può essere rimessa al predetto giudice dell'esecuzione, il quale deve risolvere solo i problemi e le difficoltà che possono insorgere in sede di attuazione dell'obbligo di fare, così come imposto dal titolo, e non può in alcun modo provvedere ad integrare il titolo stesso.
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 14 febbraio 2023, (ud. 9 novembre 2022), n. 4447 – Pres. De Stefano– Rel. Guizzi.
In tema di espropriazione immobiliare, il termine per il versamento delle spese dovute per il trasferimento del bene ha natura sostanziale e non processuale e la sua inosservanza non determina - sempre che il giudice non abbia opportunamente previsto (fin dall'ordinanza vendita e con menzione nel relativo avviso) la prioritaria imputazione ad accessori e spese dei versamenti via via eseguiti (anche su conti diversi) dall'aggiudicatario - la decadenza ex art. 587 c.p.c. (norma riguardante esclusivamente il prezzo); tuttavia, l'omesso versamento impedisce l'adozione del decreto ex art. 586 c.p.c. e consente al giudice dell'esecuzione di adottare, senza rigidi automatismi, le iniziative più opportune in relazione alle peculiarità della fattispecie, non escluso, in caso di persistente ed ingiustificato inadempimento, l'estremo rimedio della revoca della aggiudicazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato il rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi proposta avverso il decreto di trasferimento e basata sul presupposto del mancato versamento, da parte dell'aggiudicatario e nel termine indicato nell'ordinanza di delega, del saldo del prezzo comprensivo delle spese per il trasferimento del bene, le quali, invece, erano state depositate al professionista delegato, seppure dopo la scadenza).
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 10 febbraio 2023, (ud. 9 novembre 2022), n. 4277 – Pres. De Stefano– Rel. Rossi.
La natura di titolo esecutivo del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo permane anche in caso di cassazione con rinvio della sentenza di rigetto dell'opposizione, fino all'eventuale revoca dello stesso da parte del giudice del rinvio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva statuito che l'azione esecutiva era stata legittimamente condotta dal creditore procedente, dapprima in forza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e, dopo la cassazione della pronuncia di rigetto della relativa opposizione, dalla statuizione condannatoria sostitutiva conseguente alla revoca del decreto ingiuntivo stesso da parte del giudice del rinvio).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 10 febbraio 2023, (ud. 24 gennaio 2023), n. 4236 – Pres. De Stefano– Rel. Tatangelo.
I soggetti che occupano (di fatto o di diritto) l'immobile pignorato, in quanto estranei a tutte le questioni che riguardano il regolare svolgimento del processo esecutivo (del quale non subiscono direttamente gli effetti), non sono legittimati a proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento, potendone, al più, contestare l'opponibilità quale titolo esecutivo per l'obbligo di rilascio nei loro confronti (oltre che impugnare ex art. 617 c.p.c. l'ordine di liberazione dell'immobile eventualmente emesso dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 560 c.p.c.).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 8 febbraio 2023, (ud. 15 novembre 2022), n. 3846 – Pres. Rubino– Rel. Rossi.
Il giudizio di opposizione ex art. 619 c.p.c. ha per oggetto l'accertamento dell'illegittimità dell'esecuzione in rapporto alla situazione giuridica soggettiva fatta valere dal terzo come prevalente rispetto al diritto del creditore procedente, senza necessariamente involgere l'esercizio di un'azione di rivendicazione o di accertamento della proprietà o di altro diritto reale, con la conseguenza che la sentenza che lo conclude fa stato unicamente in ordine all'assoggettabilità o meno ad espropriazione dei beni pignorati, statuendo circa la sussistenza della situazione vantata dal terzo soltanto in via incidentale e con efficacia limitata alla specifica procedura esecutiva.
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 8 febbraio 2023, (ud. 9 novembre 2022), n. 3746 – Pres. De Stefano– Rel. Porreca.
Il creditore che agisca esecutivamente su un bene acquistato dal debitore con riserva della proprietà è tenuto a provare l'avvenuto pagamento del prezzo, al quale soltanto è subordinato l'effetto traslativo; in mancanza, il giudice dell'esecuzione, a fronte dell'evidenza del titolo e della relativa opponibilità, deve rilevare anche d'ufficio l'assenza della titolarità dominicale che legittima la vendita in danno del debitore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva revocato l'aggiudicazione del bene oggetto di vendita forzata, siccome gravato da patto di riservato dominio trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 23 gennaio 2023, (ud. 1 dicembre 2022), n. 1943 – Pres. De Stefano – Rel. Condello.
In tema di accertamento dell'obbligo del terzo (nel regime anteriore alla l. n. 228 del 2012), incombe sul creditore-attore l'onere di provare il credito del debitore esecutato verso il "debitor debitoris"; a tal fine, poiché il bilancio regolarmente approvato dall'assemblea di una società ha efficacia vincolante nei confronti di tutti i soci (anche se assenti o dissenzienti), la delibera di approvazione, in deroga all'art. 2709 c.c., fa piena prova, nei confronti dei soci, dell'esistenza dei crediti della società, purché chiaramente indicati nel bilancio medesimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto non raggiunta la prova del credito oggetto del pignoramento, in quanto il bilancio prodotto non risultava approvato ed il preteso credito della società cooperativa nei confronti dei soci esecutati non poteva desumersi da altri atti, quali la relazione del collegio sindacale o i bilanci degli esercizi precedenti).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 23 gennaio 2023, (ud. 22 novembre 2022), n. 1942 – Pres. De Stefano – Rel. Condello.
Nell'opposizione ex art. 615 c.p.c. all'esecuzione promossa in base a titolo giudiziale, non è consentita un'integrazione, tanto meno extratestuale, del titolo esecutivo quando è univoca e certa la struttura del suo comando e quando gli ulteriori elementi potevano essere sottoposti nel giudizio in cui quel titolo si è formato al giudice della relativa cognizione e, se del caso, con l'idoneo gravame avverso il medesimo.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 19 gennaio 2023, (ud. 17 novembre 2022), n. 1647 – Pres. De Stefano – Rel. Rossetti.
La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà o per una quota; ne consegue l'inapplicabilità della disciplina sull'espropriazione dei beni indivisi e, quindi, dell'art. 599 c.p.c. (norma che impone al creditore di dare avviso dell'esecuzione forzata ai comproprietari).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 19 gennaio 2023, (ud. 17 novembre 2022), n. 1647 – Pres. De Stefano – Rel. Rossetti.
Nell'espropriazione forzata di beni indivisi, l'avviso prescritto dall'art. 599, comma 2, c.p.c. ha la funzione di rendere inopponibile al creditore la divisione del bene pignorato compiuta autonomamente dai comproprietari; pertanto, in mancanza di una espressa sanzione di nullità, l'omissione del predetto avviso non comporta alcuna lesione dei diritti dei comproprietari non debitori, i quali possono, in ogni caso, proporre opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. prima della vendita, ovvero domanda di accertamento o di rivendica in un giudizio autonomo di cognizione, ai sensi dell'art. 2919 c.c., se siano state vendute giudizialmente le loro quote.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 19 gennaio 2023, (ud. 17 novembre 2022), n. 1647 – Pres. De Stefano – Rel. Rossetti.
Nell'esecuzione forzata su immobili, l'art. 586 c.p.c. non prescrive la comunicazione del decreto di trasferimento. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il decreto di trasferimento, emesso nei confronti dell'esecutato e comunicato agli eredi di questo, dovesse essere comunicato agli eredi del comproprietario dell'immobile pignorato).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 19 gennaio 2023, (ud. 17 novembre 2022), n. 1639 – Pres. De Stefano – Rel. Rossetti.
In tema di espropriazione immobiliare, l'esercizio del potere di sospensione della vendita, previsto dall'art. 586 c.p.c., può essere esercitato solo in presenza di fatti sopravvenuti all'aggiudicazione, non precedentemente conosciuti o conoscibili da parte del giudice, oppure in presenza di un'invalidità del procedimento di vendita tale da determinare l'accoglimento di un'offerta non corrispondente al giusto prezzo (quello che la regolare sequenza procedimentale avrebbe consentito di conseguire), non già per sanare ripensamenti o distrazioni, restando altrimenti vulnerati sia la certezza del diritto e la speditezza dell'esecuzione, sia l'affidamento dell'aggiudicatario negli atti e nelle attività della procedura. (Nella specie la S.C., in accoglimento dell'opposizione proposta dall'aggiudicatario, ha annullato l'ordinanza di revoca dell'aggiudicazione, non costituendo "fatto nuovo", nel senso sopra indicato, la circostanza che il giudice dell'esecuzione si fosse tardivamente avveduto che il prezzo-base era stato fissato senza considerare la giurisprudenza di legittimità sull'inopponibilità ai creditori ipotecari del sopravvenuto provvedimento di assegnazione della casa familiare).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 18 gennaio 2023, (ud. 25 ottobre 2022), n. 1489 – Pres. De Stefano – Rel. Rossi.
In tema di procedimento esecutivo, difetta l'interesse (ex art. 100 c.p.c.) a promuovere l'espropriazione forzata soltanto qualora il credito, di natura esclusivamente patrimoniale, sia di entità economica minima alla stregua di un criterio meramente oggettivo riferito alla generalità dei consociati e non in base alle soggettive condizioni economiche delle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto insussistente il diritto ad agire "in executivis" in relazione a due atti di precetto per la complessiva somma di circa 800 Euro, affermando che il dato economico va valutato espungendo apprezzamenti, di tipo soggettivo e necessariamente irrilevanti nel processo, relativi alla consistenza del patrimonio del debitore oppure alle condizioni economiche delle parti).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 18 gennaio 2023, (ud. 10 gennaio 2023), n. 1450 – Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo.
In materia di esecuzione forzata verso le aziende sanitarie locali, sono applicabili i medesimi principi validi per la pignorabilità delle disponibilità degli enti locali ex art. 159 del d.lgs. n. 267 del 2002 (T.U.E.L.), principi in base ai quali il creditore procedente che intenda far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione può proporre opposizione agli atti esecutivi, e nel relativo giudizio è suo onere allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all'ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 12 gennaio 2023, (ud. 19 dicembre 2022), n. 756 – Pres. Rubino – Rel. Rossetti.
I compensi dovuti a un professionista, facente parte di un'associazione professionale, possono essere pignorati nei confronti dei suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, a nulla rilevando che egli abbia delegato altri all'incasso, oppure si sia obbligato, nei confronti dell'associazione medesima, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale, salvo che non vi sia stata una formale cessione dei suddetti crediti. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo al pignoramento dei crediti vantati, da un commercialista membro di un'associazione professionale, a titolo di compenso per l'attività di membro del collegio sindacale di alcune società, sul presupposto che l'obbligo di riversare i rispettivi compensi in favore dell'associazione, contemplato dal relativo statuto, vincolasse i soli membri della stessa, e fosse pertanto inopponibile ai creditori del singolo associato).
Cassazione Civile, Sez. VI – 3 , Ordinanza del 10 gennaio 2023, (ud. 11 ottobre 2022), n. 351 – Pres. Iannello – Rel. Porreca.
La rinuncia al precetto contro il quale sia stata già proposta opposizione non determina l'estinzione del giudizio di opposizione, ma la cessazione della materia del contendere, senza che sia preclusa alla controparte l'iscrizione della causa a ruolo per ottenere il regolamento delle spese del giudizio.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 5 gennaio 2023, (ud. 25 ottobre 2022), n. 225 – Pres. De Stefano – Rel. Porreca.
L'art. 35, comma 35 quinquies (aggiunto dall'art. 38, comma 1, lett. c), del d.l. n. 98 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 111 del 2011), del d.l. n. 223 del 2006 (che subordina la notificazione del titolo esecutivo e la promozione di azioni esecutive nei confronti degli enti previdenziali alla condizione che sia spirato il termine di centoventi giorni decorrente dalla ricezione della prescritta richiesta stragiudiziale di pagamento delle somme dovute a titolo di spese, competenze e altri compensi in favore di procuratori legalmente costituiti) - non è incompatibile con l'art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, conv. dalla l. n. 30 del 1997 (che, con riguardo al recupero di tutti i crediti nei confronti delle amministrazioni statali, stabilisce un termine dilatorio di centoventi giorni tra la notificazione del titolo esecutivo e la successiva intrapresa dell'esecuzione coattiva), dal momento che la prima norma non contiene alcuna disposizione diretta ad escludere la dilazione tra la notificazione del titolo e le successive iniziative necessarie, la cui previsione da parte del citato art. 14 è, invece, ispirata alla finalità generale del buon funzionamento della P.A. nel pagamento dei debiti, evitando la proliferazione di costi e vincoli pignoratizi a ulteriore carico di risorse della collettività nel tempo ragionevolmente necessario alla controllata erogazione del dovuto, quale cristallizzato nel titolo esecutivo infine notificato.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 5 gennaio 2023, (ud. 11 ottobre 2022), n. 201 – Pres. De Stefano – Rel. Guizzi.
La rinuncia al precetto, contro il quale sia stata già proposta opposizione, non comporta la cessazione della materia del contendere relativamente alle ulteriori domande proposte dal debitore opponente. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto che la rinuncia implicita al precetto, conseguente alla notifica di un secondo precetto da parte del creditore, avesse determinato la cessazione della materia del contendere in ordine alla causa di opposizione, nonostante il debitore, nel proporla, avesse avanzato anche una domanda di ripetizione dell'indebito, sul presupposto di aver pagato una somma superiore a quella portata dal titolo esecutivo.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 4 gennaio 2023, (ud. 11 ottobre 2022), n. 108 – Pres. De Stefano – Rel. Rossetti.
In tema di esecuzione forzata, laddove l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. - resa all'esito della dichiarazione positiva del terzo pignorato - non sia stata opposta, nella successiva procedura esecutiva intentata dal creditore, sulla base del titolo esecutivo rappresentato dalla suddetta ordinanza, nei confronti del terzo pignorato, quest'ultimo non può far valere fatti modificativi od estintivi del proprio debito nei confronti del debitore principale, a meno che non siano sopravvenuti all'ordinanza di assegnazione.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 3 gennaio 2023, (ud. 1 dicembre 2022), n. 58 – Pres. De Stefano – Rel. Spaziani.
Il processo esecutivo non assolve alla funzione della regolarizzazione dei beni pignorati, non potendosi onerare il creditore, quand'anche vi sia la sollecitazione o la disponibilità del debitore, dell'assunzione dei relativi costi ed oneri. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza con cui il g.e. aveva disposto la riduzione del pignoramento mediante concentrazione dello stesso su uno solo dei beni pignorati, cancellandolo, per converso, su altro cespite per il quale non sussisteva il requisito della continuità delle trascrizioni, senza concedere termine - come richiesto dal debitore esecutato - affinché le parti procedessero alla trascrizione dell'acquisto "mortis causa" necessario alla sanatoria del suddetto difetto).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 3 gennaio 2023, (ud. 1 dicembre 2022), n. 58 – Pres. De Stefano – Rel. Spaziani.
La valutazione delle condizioni che autorizzano la riduzione del pignoramento - anche sotto il profilo dell'eventuale concentrazione del vincolo esecutivo su alcuni soltanto dei beni pignorati - è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 3 gennaio 2023, (ud. 14 dicembre 2022), n. 52 – Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo.
In tema di esecuzione forzata intrapresa in forza di un atto pubblico notarile (ovvero di una scrittura privata autenticata), che documenti un credito solo futuro ed eventuale e non ancora attuale e certo (pur risultando precisamente fissate le condizioni necessarie per la sua venuta ad esistenza), al fine di riconoscere all'atto azionato la natura di titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. è necessario che anche i fatti successivi, determinanti l'effettiva insorgenza del credito, siano documentati con le medesime forme (vale a dire con atto pubblico o con scrittura privata autenticata).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 3 gennaio 2023, (ud. 1 dicembre 2022), n. 51 – Pres. De Stefano – Rel. Spaziani.
Laddove il debitore, nel proporre opposizione al precetto intimatogli sulla base di un decreto ingiuntivo, deduca l'inesistenza della notificazione di quest'ultimo, la prova della tempestiva effettuazione della stessa incombe sul creditore, che deve assolvervi mediante la produzione dell'originale dell'ingiunzione corredato della relazione di notificazione, non essendo all'uopo sufficiente il mero deposito della copia del provvedimento monitorio munito del decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c.