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Pubbl. Gio, 13 Lug 2023

Le autonomous (or automatic) ship nella rete dei veicoli autonomi

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Camilla Della Giustina
Dottorando di ricercaUniversità della Campania Luigi Vanvitelli



Il riferimento alle cd. ”navi drone”, o navi autonome, è il punto di partenza per evidenziare la differenza tra i concetti di autonomo e automatico nel ”mondo” dei veicoli autonomi. Precisamente, questi due termini non possono essere considerati sinonimi bensì espressione di un chiaro e determinato approccio giuridico alla regolamentazione dell´Intelligenza Artificiale.


ENG

Autonomous (or automatic ship) in the autonomous vehicles network

The autonomous vessel are the start point to highlight the difference between the autonomous and automatic concept in non-human vehicles world. Thus, autonomous and automatic are not synonymous but a different approach to AI regulation.

Sommario: 1. Una precisazione terminologica; 2. Le navi autonome; 3. Autonomous vessel: quale spazio per il diritto?; 4. Le potenzialità dei veicoli autonomi; 5. Quale modello di responsabilità?; 6. Raccordo conclusivo. 

1. Una precisazione terminologica

L’Agenda delle politiche europee ruota attorno a due colori: green e blue, colori che vengono utilizzati per indicare, da una parte, l’anima sostenibile dello sviluppo economico e, dall’altra parte, l’aspetto tecnologico.

In questo contesto, e precisamente nel settore marittimo, l’attenzione è incentrata sul “blue[1], ossia, sull’aspetto tecnologico e l’impatto che esso determinerà su differenti settori. L’esempio magistrale che può essere portato è quello delle cd. navi “drone”, meglio conosciute come autonomous vehicles or vessels.

Rispetto a questa interessante e affascinante tematica è necessario, prima di tutto, fornire una precisazione terminologica. Secondo una prospettiva storico-giuridica, la nozione di “ship” non richiede quale elemento costitutivo[2] la presenza di un equipaggio a bordo. L’art. I.d) della normativa attualmente in vigore (Uague-Visby Rules) definisce la nave quale qualsivoglia vascello utilizzato per il trasporto di beni via mare[3]. A ciò si aggiunga che il codice della navigazione italiano, all’art. 136, prescinde dalla presenza di equipaggio a bordo.

Quando si tratta di navi “autonome” si allude alla possibilità che queste possano operare in modo indipendente rispetto all’intervento umano poiché sono dotate di una tecnologia tale da risolvere una problematica in modo autonomo[4].

Si può distinguere, ergo, tra “remotely operated vessels” “remote ships” e “automated o autonomous ships”. Le prime sono navi senza equipaggio che vengono controllate a distanza da un operatore umano tramite tecnologia radiocomandata. Le seconde, invece, possono prescindere dall’operatore umano perché sono progettate per seguire una rotta già impostata[5]. A ciò si aggiunga che le navi autonome possono essere, a loro volta, distinte in: “autonomous supervised vessels” e “fully autonomous vessels”. Le prime sono sorvegliate a distanza da un personale addetto alla navigazione marittima mentre per le seconde l’operatore umano si limita solamente a pianificare la rotta[6].

Alla luce di ciò, “autonomo” è un termine da riferire all’esistenza di un determinato livello di automaticità oppure all’essere fondato su un determinato codice software. Ciò consentirebbe al sistema di funzionare in modo deterministico o programmatico secondo funzioni prestabilite.

Un’ulteriore, e seconda, definizione di “autonomo” allude alla possibilità per il sistema tecnologico di operare in modo indipendente rispetto a un intervento “esterno”. Da ciò è possibile distinguere tra il concetto di autonomo e automatico. Quest’ultimo alluderebbe all'idea di auto-esecuzione, cioè, la capacità di funzionare in modo predeterministico o programmatico a partire da funzioni specificate e definite ex ante. L’output automatico verrebbe attivato dalla verificazione di determinati eventi. In conclusione, sarebbe solamente il concetto di autonomo a richiamare una interazione, sia essa anche solo marginale, con la componente umana[7].

2. Le navi autonome

Nel momento in cui si tratta in generale di veicoli autonomi ci si deve riferire necessariamente a quelli che sono i livelli di automazione e, conseguentemente, ai livelli di assistenza, o di ausilio, alla guida diventati una presenza costante nei veicoli[8].

Il livello 0 non è da riferire ad alcun livello di automazione perché il totale controllo è rimesso al conducente: tutta la responsabilità è rimessa al guidatore, appunto.

Il livello 1 di automazione fornisce un’assistenza al guidatore posto che il sistema include alcune modalità di guida circa il controllo dello sterzo e della velocità. La supervisione dell’ambiente circostante è rimessa all’uomo come la gestione delle situazioni dinamiche.

Solamente con il livello 2 ci si approccia a una parziale automazione, poiché il sistema può controllare tutti gli aspetti dinamici della vettura grazie all’utilizzo delle informazioni sull’ambiente di guida e il guidatore supervisiona il resto.

Ancora differente è la cd. automazione condizionata con la quale il sistema controlla tutti gli aspetti dinamici di guida: il guidatore deve rispondere in modo tempestivo qualora vi fosse una richiesta di intervento. A contrario, il sistema può avere il controllo della velocità e dell’ambiente circostante. Con questo livello di automazione, il numero 3, è possibile che il veicolo proceda in modo autonomo senza necessità dell’intervento umano.

Solamente con i livelli 4 e 5 si entra nel campo della automazione. Con il primo vengono controllati tutti gli aspetti dinamici della vettura anche nell’ipotesi in cui il guidatore non dovesse intervenire in caso di richieste. L’ultimo, il numero 5, rappresenta la totale automazione: il sistema si sostituisce, infatti, in modo totale all’essere umano poiché controlla tutti gli aspetti normalmente gestiti dall’uomo.

3. Autonomous vessel: quale spazio per il diritto?

Quando si affronta la tematica dell’applicazione dell’automazione ai veicoli, siano essi aerei o navali, i profili di responsabilità emergono qualora si realizzi una collisione o venga provocato un danno.

Secondo la legislazione di common law, quando si realizza una collisione, la responsabilità è determinata dalle regole generali in tema di imperizia e/o negligenza ("tort of negligence"[9]). L’aspetto problematico, tuttavia, è strettamente connesso alla prova che l’attore riesce a fornire a titolo di responsabilità extracontrattuale ("tort")[10]. Di conseguenza, il vero problema è cogliere realmente quando la responsabilità sia da attribuire all’azione umana (“human agency”) e quando invece sia da attribuire al proprietario della nave (“shipowner”).

La maggior parte della dottrina britannica[11] suggerisce di ricostruire la responsabilità dell’autonomous ship applicando il principio espresso in Donoghue v Stevenson[12]. In questa pronuncia venne stabilito non solamente che il successo di un’azione per danni derivante dalla collisione in mare dipende da un attore vittorioso nel dimostrare i fatti che ne danno origine ma, altresì, dalla dimostrazione che il danno subito è conseguenza della violazione del dovere. Il punto di partenza, in altri termini, è capire quale azione sia la vera causa e se il proprietario della nave sia veramente responsabile. In altri termini, si tratta di realizzare un’indagine in tema di vicarious liability.

Alla luce di questo è stato sostenuto che la responsabilità plasmata nel diritto del lavoro tra agency e independent contractor[13] potrebbe essere applicata anche alle "navi drone". Di conseguenza, un proprietario di una nave autonoma che nomina una società per gestire le attività di tale nave realizza un rapporto di agenzia. In ipotesi di collisione, dunque, il proprietario risulterà essere responsabile[14].

L’aspetto problematico, tuttavia, sembra essere dovuto al fatto che, nel caso di veicoli autonomi, non vi è un rapporto che intercorre tra esseri umani ma tra essere umano ed essere sintetico. Sebbene sia vero che il proprietario di una autonomous ship si rapporti con un programmatore, e che potenzialmente sia quest’ultimo a programmare le attività e le decisioni che la nave assumerà, manca un potere di controllo diretto da parte del proprietario. Di conseguenza, questa potrebbe essere una circostanza idonea a non consentire una ricostruzione secondo le regole proprie del diritto del lavoro.

Sempre da una prospettiva empirica, alcuni spunti possono pervenire dalla sentenza Nautical Challenge Limited v Evergreen Marine (UK) Limited[15]. Da questa sentenza è possibile ricavare alcuni possibili spunti per la possibile regolamentazione delle navi autonome. Questa sentenza, infatti, indica quale sia la regula iuris da applicare qualora la collisione sia determinata da una molteplicità di fattori causali. La bussola, metaforicamente parlando, che deve seguire il Giudice è quella di aumentare la responsabilità della nave che procede a una velocità eccessiva a condizione che, dopo aver esperito una analisi dettagliata, giunga alla conclusione che una velocità eccessiva sia un fattore che contribuisce alla realizzazione del danno[16].

In questa pronuncia venne stabilito non solamente che il successo di un’azione per danni derivante dalla collisione in mare dipende da un attore vittorioso nel dimostrare i fatti che ne danno origine ma, altresì, dalla dimostrazione che il danno subito è conseguenza della violazione del dovere. Il punto di partenza, in altri termini, è capire quale azione sia la vera causa e se il proprietario della nave sia veramente responsabile. In altri termini, si tratta di realizzare un’indagine in tema di vicarious liability.

In conclusione, da Nautical Challenge Limited v Evergreen Marine (UK) Limited, si possono individuare i principi che dovrebbero guidare il legislatore nella regolamentazione, ossia: “sufficiently defined course” e “good seafarer behaviour. In altri termini, un approccio di ampio respiro e che si rifà a concetti giuridici generali ma precisi sembra essere preferibile proprio perché funzionale a rappresentare la ragnatela della regolamentazione giuridica di questo settore in continua evoluzione.

4. Le potenzialità dei veicoli autonomi

Sebbene le proposte avanzate nel precedente paragrafo siano empiriche, si ritiene che una regolamentazione in materia di navi autonome e, più in generale di veicoli autonomi, sia urgente.

Sebbene grazie allo sviluppo di questa tecnologia sia possibile evitare gli incidenti causati dall’errore umano, dall’altra parte insorgono problematiche concernenti la cybersicurezza, la prevenzione di errori informatici e la responsabilità di questi nuovi veicoli[19].

Le navi totalmente autonome, come tutti i veicoli autonomi, per il loro funzionamento utilizzano una ingente quantità di dati che vengono carpiti da differenti fonti. Queste informazioni sono linfa vitale poiché consentono la stessa navigazione oltre a rappresentare il modo di ricevere e scambiare informazioni. Il fine ultimo, in altri termini, è quello di effettuare manovre in sicurezza ed evitare collisioni. Ciò comporta che le “fully automated ship” siano inserite in una rete a sua volta incentrata su uno schema di scambio di informazioni provenienti dagli altri operatori del sistema marittimo[20].

Da un punto di vista strettamente tecnologico, è necessario che gli autonomous vessels siano dotati di sensori e telecamere funzionali a garantire la sicurezza, a monitorare il traffico marittimo, a comunicare e, infine, a prevenire collisioni, inquinamento delle acque, ecc. Tutto ciò richiede la predisposizione di adeguati protocolli di sicurezza informatica per evitare una perdita di dati, una alterazione degli stessi o, infine, una indebita comunicazione di dati a soggetti estranei al circuito.

Appare evidente come la conservazione di dati da parte di più parti ponga un problema per la protezione dei dati personali[21]. Una possibile soluzione può derivare dall’applicazione della tecnologia blockchain: quest’ultima, infatti, può consentire di realizzare elevati standard di sicurezza nella archiviazione dei dati nonché di impedirne la condivisione in assenza di autorizzazione[22].

L’utilizzo del sistema blockchain per le navi autonome e nell'ecosistema marittimo diviene la chiave di volta nell'affrontare alcune sfide attinenti alla condivisione dati[23]. Quest’ultima attività, infatti, ha dei vantaggi indiscussi per la pianificazione delle attività delle navi autonome e per lo sviluppo di miglioramenti. È proprio grazie alla messa a disposizione, dunque condivisione di informazioni, che è possibile realizzare una migliore interazione tra uomo e macchina autonoma[24].

A questo si deve aggiungere il progetto di realizzare una connessione tra terra, cielo e acqua[25] attraverso una infrastruttura costituita da differenti piattaforme tutte comunicanti tra di loro[26]. Il sistema SAGSIN è composto da differenti infrastrutture distribuite all’interno di un medesimo network. La principale caratteristica di questo sistema di connessione tra infrastrutture è quello di comprendere sistemi autonomi eterogenei (appunto droni terrestri, aerei e marittimi) determinando, dunque, una alta complessità del sistema.

Nel sistema poc’anzi descritto l’applicazione della tecnologia blockchain sembra essere la strategia da seguire. Più precisamente, il sistema SAGSIN è strutturato in base a un sistema altamente sofisticato che richiede, ovviamente, la realizzazione di un adeguato sistema di accesso alle informazioni. Sullo sfondo permane sempre la problematica relativa alla protezione dei dati personali e alla privacy degli individui. Da un punto di vista pratico, la tecnologia blockchain permette di identificare l’accesso di ogni singolo partecipante alla rete prevenendo, al tempo stesso, sia attacchi hacker, dai quali possono derivare anche violazioni privacy, sia di certificare, anche ai fini di un eventuale pagamento, le transazioni economico-finanziarie[27].

Al fine di facilitare il controllo sui dati personali, è possibile ricorrere alla tecnica della pseudoanonimizzazione[28] senza la necessità di introdurre una gestione centralizzata[29].

5. Quale modello di responsabilità?

In base a quanto esposto in precedenza, la tendenza delle infrastrutture è sempre di più proiettata verso una interconnessione, o connessione, tra i differenti settori di servizi. In altri termini, grazie all'incentivazione di una potente rete wireless, è possibile che la città del futuro, ossia la IT city, possa divenire un sistema nel quale tutti i servizi possano essere gestiti da piattaforme digitali.

In questo contesto, si è iniziato a trattare di Internet of Vehicles (IoV)[30] per indicare una delle più promettenti applicazioni pratiche di quello che è l’Internet of Things (IoT)[31]. Appare evidente come ci si stia approcciando a una rivoluzione che coinvolge, in primis, la stessa pianificazione urbanistica. L’interazione tra differenti sistemi autonomi richiede la definizione e creazione di una rete di collegamento urbanistica.

Con riferimento a una specifica ipotesi, ossia “smart-farming”, parte della dottrina[32] aveva prospettato la necessità di realizzare un sistema di distribuzione dei prodotti attraverso il ricorso agli “autonomous vehicles[33], siano essi terrestri, aerei o marittimi. Per quanto attiene al trasporto terrestre l’allusione è alla “smart mobility[34], dunque, alla realizzazione della “smart roard[35] nella quale dovranno presumibilmente convergere sia connessioni “fisiche” sia connessioni satellitari o telematiche[36].

Dinnanzi a queste sfide, appare chiaro come sia necessario un intervento, auspicabilmente europeo, preordinato a definire una regolamentazione organica, non settoriale, flessibile ma, al tempo stesso, precisa. Tutto ciò diviene sempre più urgente soprattutto per quanto attiene ai profili di responsabilità in ipotesi di collisioni o danni provocati dalla circolazione di questi veicoli autonomi[37].

Come più volte evidenziato, il sistema di connessione funziona a condizione che vi sia una condivisione di dati nella rete cui dovrebbero essere connessi tutti i sistemi autonomi. Il rischio da evitare è che ciò si traduca in un sistema di videosorveglianza poiché risulterebbe essere compromessa la privacy di ogni singolo individuo[38].

A ciò si deve aggiungere che, di recente, l’European Data Protection Board (EDP)[39] ha adottato delle linee guida per quanto concerne la tecnologia di riconoscimento facciale. Sebbene le linee guida si riferiscano al riconoscimento facciale da parte delle forze dell’ordine, permane l’idea che una raccolta indiscriminata di dati personali integrerebbe una videosorveglianza di massa non conforme ai principi propri di una società democratica[40]. A ciò si aggiunga la possibilità di condivisione dei dati personali in una logica di solidaristica[41].

Sul punto, si possono avanzare un paio di soluzioni.

La prima si riferisce alla normativa europea Risoluzione del Parlamento Europeo “concernenti norme di diritto civile sulla robotica” che ha proposto l’inserimento degli automi all’interno del mondo giuridico mediante l’attribuzione della personalità giuridica a favore dei robot che assumono decisioni[42].

Questo documento europeo comprende, al proprio interno differenti voci[43] tra cui quella Mezzi di trasporto autonomi (veicoli autonomi, droni dalla quale emerge una esigenza di regolamentazione soprattutto per i veicoli autonomi terrestri. La soluzione che si avanza, dunque, è quella di riconoscere in capo ai cd. “fully autonomous vehicles” non solo una personalità ma, addirittura, una specie di responsabilità qualora un danno sia conseguenza, immediata e diretta, della loro azione o omissione.

In questa prospettiva si devono richiamare due precedenti giurisprudenziali. Il più recente Dynamic Fuels Sl v MT Shin (aka MT Guardians)[44] in cui la Corte ha riconosciuto come l’appello fosse stato correttamente incardinato non già nei confronti del proprietario del vascello ma del vascello stesso.

L’idea fondante è che il vascello, nel diritto marittimo, abbia personalità giuridica e, di conseguenza, lo stesso vascello è parte della stessa azione giudiziaria. Si tratta di un principio già affermato dalla Corte d’Appello britannica nel caso The Halcyon Isle[45]: più precisamente, in esso è stato affermato che la nave ha separata e distinta personalità rispetto al suo proprietario.

Alla luce di ciò, un vascello può essere responsabile per i danni causati a una terza parte[46]: la nave è un’entità separata dai suoi proprietari e può essere citata in giudizio a proprio nome. A ciò si può aggiungere come la nave sia non solamente titolare di diritti ma anche di conseguenti responsabilità che sono distinte da quelle del proprietario[47].

Una seconda alternativa è data dall’emersione di una nuova figura, il remote operator, concetto che nasce proprio nel diritto marittimo e con riferimento alle autonomous ship[48]. Tuttavia, si tratta di una figura che richiede una ridefinizione nell’ipotesi di fully autonomous ship.

Questa proposta risulta essere corroborata anche da un intervento del legislatore in ambito gius-lavoristico, ossia il Decreto Trasparenza, D.lgs. n. 104/2022. Parte della dottrina, nel commentare le prescrizioni contenute nel D.Lgs. n. 104/2022 sottolineava come il Legislatore italiano, nel recepire la normativa di derivazione comunitaria, avesse oltrepassato un limite. Attraverso le prescrizioni contenute nel decreto legislativo, infatti, il legislatore italiano aveva plasmato un nuovo soggetto nella compagine del diritto del lavoro, ossia, la macchina intelligente.

Veniva rilevato, infatti, che per la normativa italiana “a prescindere dal contesto organizzativo/produttivo (più o meno tecnologico), ciò che rileva, dunque, per la norma italiana sarebbe la mera azione dell'organizzazione o della determinazione effettuata da quel soggetto, anche inteso come macchina o sistema intelligente, della modalità di esecuzione di una prestazione di lavoro”[49].

Sempre in relazione all’art. 1-bis è stato evidenziato come il ricorso agli algoritmi da parte del datore di lavoro non si deve tradurre in una libera devoluzione della gestione del lavoro scevra da qualsivoglia controllo umano. Il sistema automatizzato, infatti, è espressione della volontà del programmatore poiché programmato per raggiungere un determinato obiettivo. Alla luce di ciò vi è solo un’apparenza circa l’oggettivizzazione e spersonalizzazione dell’organizzazione dell’attività lavorativa[50].

Ciò risulterebbe giustificato anche dal fatto che l’obiettivo del Decreto trasparenza era quello di definire il concetto di subordinazione nonché apprestare nuove tutele ai “platform’s workers”, in realtà ha fatto insorgere nuovi interrogativi. In altri termini, se l’originario obiettivo era quello di definire le categorie della platoform economy, nella realtà il risultato non è stato coerente con le aspettative[51].

A partire dal Decreto Trasparenza, con il riferimento a decisioni automatizzate e al controllo che su di esse deve essere esercitato dal datore di lavoro sorgono nuovi interrogativi[52]. È possibile, dunque, non più discorrere di datore di lavoro algoritmico ma datore di lavoro quale remote operator[53]. L’algoritmo, infatti, sebbene continui a essere il centro decisionale diviene soggetto a controllo da parte dell’essere umano. Di qui, dunque, l’emergere di un rapporto tra sistema autonomo, l’algoritmo, e l’operatore remoto, il datore di lavoro[54].

Questa seconda prospettiva è alimentata anche dal concetto di DAOs[55], ossia, «decentralized Autonomous Organizations», cioè, strutture organizzative guidate dalla tecnologia blockchain[56]. La particolarità delle DAOs, proprio grazie alla "catena di blocchi" (blockchain), è quella di poter operare senza seguire una struttura tradizionale, ossia, la struttura gerarchica[57]. L’aspetto peculiare, appunto, è quello di basarsi sul sistema blockchain e, dunque, di avere non già una natura autonoma ma automatica[58].

6. Raccordo conclusivo

In base a quanto prospettato in precedenza emerge come siano due approcci differenti circa la possibile regolamentazione dei sistemi autonomi/automatici. Più precisamente, si tratta di due tendenze opposte. 

Da un punto di vista internazionale, prendendo come punto di partenza l’idea che la nave abbia una propria personalità giuridica è possibile, eventualmente, plasmare la responsabilità della nave totalmente autonoma sulla scorta di questo approccio giurisprudenziale. Più precisamente, è possibile sintetizzare nel modo seguente lo stato dell’arte: “quando un’azione giudiziaria attiene a un’azione in rem contro la nave per far valere un credito marittimo nei confronti della nave e per recuperare l'importo del credito dalla nave mediante una vendita dell'ammiragliato della nave (…) è la nave che è tenuta a pagare il credito che è la base fondamentale di un'azione in rem[59].

All’opposto, da una prospettiva italiana ed europea, sembra che la tendenza sia quella di interpretare i cd. “droni” non già quali sistemi autonomi ma automatici. La conseguenza è che, in questa seconda ipotesi, responsabilità sarà non già il sistema di intelligenza artificiale ma il programmatore e/o il remote operator. Sempre proseguendo secondo codesto ragionamento, si assiste a un cambio di prospettiva che arriva ad avere riflessi soprattutto nell’area giuslavoristica. Il datore di lavoro diviene un remote operator e il lavoratore il sistema di intelligenza artificiale[60].

In conclusione, appare chiaro come sia necessaria la definizione di un framework normativo al fine di addivenire a una regolamentazione del fenomeno dei veicoli autonomi. La regolamentazione dovrebbe avere un approccio di ampio respiro, incentivando un'attività di cooperazione e coordinamento evitando, quindi, di essere eccessivamente dogmatica. 

Si aggiunge che detto intervento dovrebbe avere una portata internazionale proprio al fine di consentire una armonizzazione della materia in nome di un principio di certezza del diritto. Nel diritto marittimo, in particolar modo, le controversie sovente hanno carattere internazionale e, dunque, al fine di evitare forum shopping, incertezza sulle regole da applicare e, infine, incertezza del diritto, è di vitale importanza una regolamentazione condivisa.

Il dubbio che permane, e che dovrebbe essere sciolto dal Regulator, è se si debba trattare di veicoli autonomi o automatici. Dubbio che viene alimentato dal contrasto rappresentato nel contributo.


Note e riferimenti bibliografici

Questo contributo è un approfondimento della relazione esposta dall’Autrice al Convegno “La tecnologia informatica al servizio della nautica” celebratosi presso il Salone Nautico di Venezia il giorno 3 giugno 2023.

[1] Si rimanda sul punto al The EU Blue Economy Report 2023.

[2] Elementi costitutivi sono “to make the ship seaworthy” (art. III.1.a.), ossia l’idoneità della nave di compiere in sicurezza, per sé stessa e per le persone imbarcate, la navigazione. Questo obbligo di navigabilità viene integrato dall’obbligo di “properly man, equip and supply the ship” (art. III.1.b). Terzo e ultimo obbligo è dato dalla seguente formualzione "properly and carefully load, handle, stow, carry, keep, care for and discharge the goods carried” (art. III.2.).

[3] Traduzione da parte dell’inglese di chi scrive.

[4] M. LUCK ET AL., Autonomy: Variable and Generative, in  Agent Autonomy, 11-12, Francorforte, 2003; E. J. de Visser et al., From 'Automation' to 'Autonomy': The Importance of Trust Repair in Human-Machine Interaction, in Ergonomics, 2018, 1409-1410.

[5] C. DELLA GIUSTINA, Alla ricerca di Jack Sparrow, Maverick e James Hunt: navi, aerei e macchine senza piloti. Una visione giuridica non settoriale, in CamminoDiritto, fasc. 5/2023, 2-27.

[6] Cfr. G.M. BOI, «Navi-drone»: primi interrogativi in tema di disciplina giuridica, in Rivista di Diritto della Navigazione, 2017, 175 ss.; P. ZAMPELLA, Navi autonome e navi pilotate da remoto, spunti per una riflessione, in Diritto dei Trasporti, num. spec. 2019, 583 ss.; R. LOBIANCO, Navi senza equipaggio e profili di responsabilità, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 3/2021, 756 ss.

[7] Si rimanda a Law Commission, Decentralised autonomous organisations (DAOs)Call for evidence – Novembre 2022

[8] IMO. (2018b). Working group report in 100th session of IMO Maritime Safety Committee for the regulatory scoping exercise for the use of maritime autonomous surface ships (MASS). Maritime Safety Committee 100th session MSC 100/WP.8.

[9] A.TETTENBORN, J. KIMBELL, Marsden and Gault on Collisions at Sea, London, 2021,  6-075.

[10] J. STEELE, Tort Law: Text, Case, and Materials, Oxford, 2014. Si precisa che nel diritto scozzese si fa riferimento all’espressione “delict”. G. CAMERON, Delict, in G. BLACK (a cura di), Business Law in Scotland, Edimburgo, 2019,  281 ss.

[11] L. CAREY, Contractual and Tortius Maritime Liability Regimes and the Introduction of Autonomous Vessels, online.

[12] [1932] AC 562 (HL). Si tratta della decisione storica dei tribunali scozzesi relativa alla responsabilità civile che ha gettato le basi della moderna legislazione in materia di negligenza stabilendo, dunque, i relativi doveri di diligenza. Questa pronuncia è conosciuta, altresì, come ‘Painsley Snail’ o ‘Snail in the Bottle’. Più precisamente, riguardava il caso di una signora che, dopo aver bevuto una bottiglia di birra allo zenzero in un bar, si ammalò a causa della presenza di una lumaca decomposta contenuta nella bottiglia stessa. Di conseguenza, intentò un’azione nei confronti del produttore, il sig. Stevenson. L’House of Lords ritenne che quest’ultimo fosse responsabile in quanto aveva violato il dovere di diligenza: in altri termini, secondo una ricostruzione di ragionevolezza, egli avrebbe dovuto essere garante della sicurezza del prodotto senza comportare un danno ai consumatori.

[13] Il leading case nel common law è Mersey Docks & Harbour Board v Coggins Griffths Ltd [1947] A.C. 1. Coggins e Griffiths e, nell’ambito delle loro attività commerciali, avevano preso a noleggio una gru per scaricare le navi nel porto. Posto che questa attività sarebbe dovuta avvenire con cadenza giornaliera, avevano concluso un contratto con Harbour Board affinché la gru venisse noleggiata insieme all’operatore umano. In modo negligente, l’autista aveva fatto cadere un carico nella stiva della nave; la questione giuridica, dunque, atteneva all’identificazione del responsabile dell’azione. È stato ritenuto che Harbour Board fosse responsabile a titolo di vicarious liability: Harbour Board non aveva trasferito e nemmeno delegato a Coggins e Griffiths il dovere di esercitare un controllo pervasivo per far funzionare la gru.l leading case nel common law è Mersey Docks & Harbour Board v Coggins Griffths Ltd [1947] A.C. 1. 

[14] Altra parte della dottrina sostiene che, in assenza di una disciplina ad hoc, dovrebbero essere ritenuti responsabili sia il proprietario che il produttore. Si applicherebbe, dunque, il regime della cd. “strict liability”. R. VEAL, Regulation and Liability in Autonomous Shipping: A Panoptic View, in Tulane Maritime Law Journal, vol. 45, n. 1/2020, 101 ss.

[15] EWCA Civ 2173 (Evergreen). Il caso appena citato riguarda una collisione tra la nave Ever Smart, del ricorrente, e la nave Alexandra 1 (del convenuto) avvenuta in data 11 febbraio 2015 appena fuori dal canale dal quale entrano ed escono dal porto le navi di Jebel Ali (Emirati Arabi Uniti). La prima nave era diretta verso l’esterno mentre la seconda era in arrivo.  Secondo il decisum della Amdiralty Court, Ever Smart avrebbe dovuto sopportare l’80% della responsabilità per la collisione mentre, Alexandra 1 sarebbe stata responsabile solamente per una porzione pari al 20%. Più precisamente, non vennero ritenute applicabili le regole di attraversamento, precisamente le n. 15 e 17 del Collision Regulation) e che Alexandra 1 non avesse navigato in violazione della regola n. 16.  Avverso questa prima decisione, il ricorrente proponeva ricorso all’High Court la quale accoglieva all’unanimità le doglianze del ricorrente. Nel ragionamento dell’High Court, in modo più approfondito, le regole di attraversamento devono essere interpretate nel contesto che concretamente si è realizzato. Viene precisato che il Regolamento tratta di collisione, definendo le differenti tipologie di collisione che si possono realizzare, da distinguere dall’attraversamento. La prima espressione è da riferire a tre situazioni, ossia: 1) sorpasso di navi; 2) navi che si avvicinano l’una all’altra frontalmente; 3) navi che attraversano in modo da comportare il rischio di collisione. Per “crossing”, invece, si fa riferimento alle rotte di navi che non sono parallele ma che si intersecano: in questo scenario, dunque, è possibile che si determini il rischio di collisione, rischio che può essere evitato in differenti modi. Tuttavia, se i vascelli si avvicinano gli uni agli altri in base a un rilevamento costante, è possibile che si profili un rischio di collisione. In altri termini, le regole di attraversamento sono al centro dello schema per evitare delle collisioni nell’ipotesi in cui, appunto, due navi si avvicino l’una all’altra su di un costante rilevamento. Quest’ultimo, a sua volta, deve differire, dal sorpasso o dallo scontro frontale. Nel caso di specie, lo scontro tra le due navi sembra essere stato determinato da un errore umano, ossia, dall’autorizzazione data all’arrivo anticipato di Alexandra I al canale di avvicinamento e l’approvazione dell’ufficiale del servizio di traffico navale per procedere a entrare nel canale in quel momento. Ulteriore elemento è dato dal mancato funzionamento dell’AIS di Alexandra I, circostanza che ha impedito di mantenere una sorveglianza adeguata.

[16] Il riferimento va al cd. “remoteness principles”, A. FRAMER, The Law od Contract Damages, Oxford and Portland, Oregon, 2017, 299 ss.

[17] Il leading case nel common law è Mersey Docks & Harbour Board v Coggins Griffths Ltd [1947] A.C. 1. Coggins e Griffiths e, nell’ambito delle loro attività commerciali, avevano preso a noleggio una gru per scaricare le navi nel porto. Posto che questa attività sarebbe dovuta avvenire con cadenza giornaliera, avevano concluso un contratto con Harbour Board affinché la gru venisse noleggiata insieme all’operatore umano. In modo negligente, l’autista aveva fatto cadere un carico nella stiva della nave; la questione giuridica, dunque, atteneva all’identificazione del responsabile dell’azione. È stato ritenuto che Harbour Board fosse responsabile a titolo di vicarious liability: Harbour Board non aveva trasferito e nemmeno delegato a Coggins e Griffiths il dovere di esercitare un controllo pervasivo per far funzionare la gru.

[18] Altra parte della dottrina sostiene che, in assenza di una disciplina ad hoc, dovrebbero essere ritenuti responsabili sia il proprietario che il produttore. Si applicherebbe, dunque, il regime della cd. “strict liability”, R. VEAL, Regulation and Liability in Autonomous Shipping: A Panoptic View, in Tulane Maritime Law Journal, vol. 45, n. 1/2020, 101 ss.

[19] M. KIM, T.-H. JOUNG, B. JEONG, H.S. PARK, Autonomous shipping and its impact on regulations, technologies, and industries, Journal of International Maritime Safety, in Environmental Affairs, and Shipping, vol. 4, n. 2/2020,  17-25.

[20] H. RINGBOM, M. VILJANEN, J. POIKONEN, S, ILVESSALO, Charing Regulatory Frameworks for Maritime Autonomous Surface Ship Testing, Pilots, and Commercial Deployments, in Publications of the Ministry of Transport and Communications, n. 36/2020, 1.

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[22]J.  KANG, R. YU, X. HUANG,  M.WU,  S. MAHARJAN, S. XIE, Y. ZHANG, Blockchain for secure and efficient data sharing in vehicular edge computing and networks, in  IEEE Internet of Things Journal, vol. 6, n. 3/2018, 4661.

[23] M. PETKOVIC, I.VUJOVIC, Blockchain security of autonomous maritime transport, in Journal of Applied Engineering Science, vol. 17, n. 3/2019, 336

[24] BOURBON Smart Shipping Program (2019) and AUTOSHIP - Autonomous Shipping Initiative for European Waters.

[25] Space-air-ground-sea integrated network (SAGSIN).

[26] S. ZHOU ET AL., Bidirectional Mission Offloading for Agile Space-Air-Ground Integrated Networks, in  IEEE Wireless Commun., vol. 26, n. 2/2019, 38–45.

[27] H-N. DAI, Y. WU, M. IMRAN, N. NASSER, Integration of Blockchain and Network Softwarization for Space-Air-Ground-Sea Integrated Networks, in  IEEE Internet of Things Magazine, 122 ss.

[28] In tema di pseudoanonimizzazione è stato di recente sostenuto che qualora il titolare de trattamento dei dati personali non abbia gli strumenti tecnici necessari per risalire al soggetto cui i dati personali si riferiscono, non si tratta di informazioni concernenti una ‘persona fisica identificabile’ ai sensi dell’articolo 3, punto 1, del regolamento 2018/1725”.  C. DELLA GIUSTINA, Per il Tribunale dell’Unione Europea la nazione di dato personale è relativa, in Cammino Diritto, 3/5/2023.

[29] A tal proposito si rimanda alla recente pronuncia del Tribunale dell’Unione Europea il quale ha sostenuto che la nozione di persona fisica identificabile non ricorre qualora l’identificazione non sia possibile, per assenza o carenza di mezzi e strumenti. Causa T-557/20, sul punto vedasi C. DELLA GIUSTINA, Per il Tribunale dell´Unione Europea la nozione di dato personale è relativa in Cammino Diritto, fasc. 5/2023.

[30] W. DUAN, J. GU, M. WEN, G. ZHANG, Y. JI, S. MUMTAZ, Emerging technologies for 5G-IoV networks: Applications, trends and opportunities, in  IEEE Netw., vol. 34, n. 5/2020,  283–289.

[31] W. H. HASSAN ET AL., Current research on Internet of Things (IoT) security: A survey, in  Comput. Netw., vol. 148/2019, 283–294.

[32] C. DELLA GIUSTINA, La transizione ecologica attraverso l’agricoltura: prime riflessioni in tema di «vertical farming». Il modello ESG dell’agricoltura nella smart-city?, in Il Diritto dell’Agricoltura, fasc. 1/2022,  44-73.

[33] P. de GIOIA CARABELLESE, Unmanned vehicles e rischi legali ed assicurativi. Una visuale dal Regno Unito della disciplina della responsabilità dei veicoli senza guidatori, in Diritto e Politica dei Trasporti, fasc. I/2021,1 ss.; G. CALABRESI, E. AL MUREDEN, Driverless cars. Intelligenza artificiale e futuro della mobilità, Bologna, 2021; A. BERTOLINI, Artificial Intelligence does not exist! Defying the Technology-Neutrality Narrative in the Regulation of Civil Liability for Advanced Technologies, in Europa e Diritto Privato, fasc. 2/2022, 369 ss.

[34] A. POMPIGNA, R. MAURO, Smart roads: A state of the art of highway innovations in the Smart Age, in Engineering Science and Technology, an International Journal, vol. 25/2022.

[35] M. G. LOSANO, Verso l’auto a guida autonoma in Italia, in Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, (II), fasc. 2/2019, 423 ss.

[36] A. PISANI TEDESCO, Smart mobility e rischi satellitari informatici: i possibili scenari di allocazione della responsabilità civile, in Diritto del Commercio Internazionale, fasc. 4/2019, 801 ss.

[37] Sul punto anche la normativa elaborata in Germania in tema di driverless car non sembra prendere in considerazione l’allocazione della responsabilità per quanto attiene il livello di automazione n. 5. Ad ogni modo, si rimanda a F. GASPARINETTI, Fast and Furious: Is German Regulation on Automated Vechicles Forging Ahead?, in Italian Law Journal, vol. 8, n. 2/2022, 571 ss.

[38] C. DELLA GIUSTINA, Unmanned Aerial Vehicle (UAV) e tutela della privacy dell’individuo nella nuova techno-society dell’Unione europea e oltre. Esiste un diritto alla riservatezza nei luoghi pubblici?, in  Studi sull’integrazione europea, n. 1/2022, 163-182.

[39] Guidelines 05/2022 on the use of facial recognition technology in the area of law enforcement.

[40] C. DELLA GIUSTINA, Le nuove linee guida in materia di videosorveglianza in Cammino Diritto, fasc. 5/2023.

[41] Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (quirinale.it). Non si può dimenticare, al tempo stesso, il possibile profilarsi di una pandemia informatica. P. de Gioia Carabellese, C. Della Giustina, Dalla tradizione all’innovazione: il pegno di dati personali. Riflessioni e visioni a margine di una epidemia tecnologia, in Rivista di Diritto Privato, n. 2/2023, in corso di pubblicazione.

[42] Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica [2015/2013 (INL)]. In modo ancora più preciso, al n. 59, lett. f) viene sancito che “l'istituzione di uno status giuridico specifico per i robot nel lungo termine, di modo che almeno i robot autonomi più sofisticati possano essere considerati come persone elettroniche responsabili di risarcire qualsiasi danno da loro causato, nonché eventualmente il riconoscimento della personalità elettronica dei robot che prendono decisioni autonome o che interagiscono in modo indipendente con terzi”. L’esigenza è sorta dalla necessità di apprestare una tutela ai diritti che potrebbero essere intaccati dall’impiego di forme robotiche che assumono rilevanza non solamente nelle attività che vengono svolte da parte della società dell’informazione ma, altresì, per quanto concerne l’applicazione ai processi di produzione dei beni ed erogazione dei servizi. Da qui, proprio alla luce di codesto “processo di robotizzazione dell’uomo e di umanizzazione del robot è necessario apprestare una nuova tutela ai diritti fondamentali”. C. LEANZA, Intelligenza Artificiale e diritto: ipotesi di responsabilità civile nel terzo millennio, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 3/2021, 1011.

[43] Introduzione, Principi generali, Responsabilità, Principi generali riguardanti lo sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale per uso civile, Ricerca e innovazione, Principi etici, Agenzia Europea, Diritti di proprietà intellettuale e flusso di dati, Normazione, sicurezza e protezione, Robot impiegati per l’assistenza, Robot medici, Interventi riparativi e migliorativi del corpo umano, Interventi riparativi e migliorativi del corpo umano, Impatto ambientale, Responsabilità, Aspetti internazionali e Aspetti finali.

[44] [2023] SLHCFTCAD 3, giurisdizione Sierra Leone, High Court of Sierra Leone Commercial and Admiralty Division. Si tratta di una controversia relativa all’adempimento di una obbligazione rimasta inadempiuta e rispetto alla quale l’attore chiedeva l’ordinanza di sequestro della nave. Il ricorrente ha sostenuto che l’azione reale è funzionale a costringere l’armatore a comparire, tuttavia, non può ritenersi che la nave sia responsabile. Questa seconda circostanza si verifica solamente nell’ipotesi in cui l’armatore non sia personalmente responsabile.

[45] [1981] 1 WLR 1238.

[46] Medesimo principio si trova affermato in The Owners of the Steamship 'Indian Grace' v Owners of the Cargo Lately Laden on Board the Steamship 'Indian Grace' [1993] 2 Lloyd's Rep 284.

[47] M.V. Elisabeth and Ors. Vs. Harwan Investments and Trading Pvt. Ltd., and in Raj Shipping Agencies Vs. Barge Madhwa and Anr.

[48] J. CHOI, S. LEE,  Legal Status of the Remote Operator in Maritime Autonomous Surface Ships (MASS) Under Maritime Law, in Ocean Development & International Law, vol. 52, n. 4/2021, 445-462.

[49] M. FAIOLI, Giustizia contrattuale, tecnologia avanzata e reticenza informativa del datore di lavoro. Sull’imbarazzante “truismo” del decreto trasparenza, in Diritto delle Relazioni Industriali, fasc. 1/2023, 52.

[50] M.T. CARINCI, S. GIUDICI, P. PERRI, Obblighi di informazione e sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati (art. 1-bis “Decreto Trasparenza”): quali forme di controllo per i poteri datoriali algoritmici?, op. cit.

[51] Per una critica si rimanda a S. BOLZANO, Gig economy: vino vecchio in una bottiglia nuova? in DPCE-online, n. 1/2023, 435 ss.

[52] Parte della dottrina aveva evidenziato come la regolamentazione in materia di gig-economy e gig-workers fosse anacronistica poiché non prendeva in considerazione le sfide dell’evoluzione tecnologica. Già allora si portava quale esempio quello dei cd. nuovi gig-workers, ossia, i robo-taxi di Uber, oppure, il sistema prime-air di Amazon. P. de GIOIA CARABELLESE, C. DELLA GIUSTINA, Employment and Platoform, viz. Self-employed versus Workers, that is the Question (or the Irresolvable Dilemma). Reflections about “Uber v. Aslam” of the UK Supreme Court, in Diritto e Politica dei Trasporti, fasc. II/2022, 16 ss.

[53] Parte della dottrina ha sostenuto come si tratti di una “umbrella notion”, A. BERTOLINI, Artificial Intelligence does not exist! Defying The Technology-Neutrality Narrative in the Regulation of Civil Liability for Advanced Technologies, in Europa e Diritto Privato, fasc. 2/2022, 369 ss.

[54] Sul punto si rimanda a C. Della Giustina, Dal datore di lavoro algoritmico al datore di lavoro quale remote operator. Obblighi di informazione nelle decisioni automatizzate, in KorEuropa, n. 3/2023. Per tutti si rimanda a P. de GIOIA CARABELLESE, Cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate. Dallo shadow banking al techno banking, Bari, 2020, 25 ss.  per quanto concerne il riferimento al cd. “drone finanziario”.

[55] K. T. MINN, Towards Enhanced Oversight of "Self-Governing" Decentralized Autonomous Organizations: Case Study of the DAO and Its Shortcomings, in NYU J Intell Prop & Ent L, n. 9/2019, 139 ss.

[56] J.  LEE, Law and Regulation for Decentralised Autonomous Organisations (DAOs), 22 maggio 2023, online.

[57] Più precisamente, si tratta non solamente di mere organizzazioni elettroniche ma di vere e proprie piattaforme il cui obiettivo è quello di fornire servizi.

[58] Proprio facendo forza su questo elemento dell’autonomia, è stata avanzata la proposta di riconoscere personalità giuridica a questo sistema autonomo di organizzazione dell’attività lavorativa. C.J. BRUMMER, R.  SEIRA, Legal Wrappers and DAOs’ (2022).

[59] Traduzione non letterale dall’inglese da parte di chi scrive. State Bank of India v MT Prem Mala (IMO 9209927). Mutatis mutandis, sempre secondo un approccio che si potrebbe definire “orientale”, è stato sostenuto che il sistema di IA possa essere ritenuto responsabile per aver cagionato un danno. Il caso (Quoine Pte Ltd v B2C2 Ltd. 6 [2020] SGCA(I) 03) riguardava degli scambi di criptovalute su di una piattaforma di cambio valuta (Quoine) che a causa di un errore dell’algoritmo sono state effettuate a un prezzo superiore di 250 volte rispetto a quello del mercato. I contratti sono stati successivamente annullati in modo unilaterale da Quione sulla scorta della considerazione che fossero nulli. Successivamente, B2C2 ha avviato un’azione legale nei confronti di Quione in quanto riteneva che la decisione assunta di invalidare le azioni costituiva sia una violazione dei termini contrattuali tra le parti sia un violazione del dovere di fiducia.

[60] Per quanto concerne il cambiamento delle professioni quale conseguenza dell’evoluzione tecnologica e con riferimento alla figura del banchiere, si rimanda a P. de GIOIA CARABELLESE, C. DELLA GIUSTINA C, La nuova banca dei dati personali. L’evoluzione del duty of confidentiality e nuove forme di esercizio dell’attività bancaria, Bari, 2023.