Pubbl. Ven, 5 Mag 2023
Le Sezioni Unite Esposito in materia di confisca per equivalente: natura anche sostanziale e irretroattività
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Stefano Zoccali
La confisca per equivalente ha lo scopo di impedire che l´uso economico di beni di provenienza delittuosa consenta al reo di assicurarsi un vantaggio che era oggetto specifico del disegno criminoso. Il contributo si propone di analizzare alcune problematiche, a partire dalla confisca in generale, riguardanti le importanti novità derivate dall´art. 578 bis c.p.p. riformato dalla legge n. 3/2019. In particolare, le nuove Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 4145/2023 affrontano le problematiche connesse al principio di irretroattività, soffermandosi sulle garanzie riconosciute dalla CEDU e dalla Costituzione italiana. Il contributo analizza anche le definizioni di prodotto e profitto, proponendo alcune conclusioni sulla poliforme natura della confisca e sulle prospettive future.
The Esposito United Sections on the subject of confiscation by equivalent ”even substantial” nature and non-retroactivity
Value confiscation is a legal device aimed at preventing the economic use of goods of criminal origin from allowing the offender to secure an advantage which was the specific of the criminal plan. The contributions aims to analyze some issues, starting from confiscation in general, concerning the important innovations deriving from art. 578 bis c.p.p. reformed by the law n.3/2019. In particular, the new United Sections of the Court of Cassations n. 4145/2023 address the problems connected to the principle of non-retroactivity, focusing on the guarantees recognized by the ECHR anf by the Italian Constitution. The contribution also focuses on the definitions of product and profit, proposing some conclusions on the multifacted nature of confiscation and on future prospects.Sommario: 1. Funzione della confisca in generale, natura giuridica e principi costituzionali: un’introduzione generale; - 2. Le altre singole tipologie di confisca: finalità e natura; - 3. La confisca per equivalente: l’assetto normativo e il carattere afflittivo; – 4. Le importanti novità derivate dall’art. 578 bis c.p.p. riformato dalla legge n. 3 del 2019; – 5. Le nuove Sezioni Unite Esposito del 2023; - 6. Conclusioni e brevi spunti di riflessione.
1. Funzione della confisca in generale, natura giuridica e principi costituzionali: un’introduzione generale
Il problema della natura giuridica delle confische è ancora oggi protagonista tanto del dibattito giurisprudenziale, quanto di quello dottrinale[1]. Le riflessioni e i commenti in merito alla questione hanno avuto ad oggetto nel corso degli anni tutte le varie tipologia di confisca introdotte dal legislatore.
Preliminarmente, a tal proposito e al fine di analizzare di seguito le importanti novità emerse in materia di art. 578 bis c.p.p., occorre partire dalla natura giuridica della confisca generale prevista dall’articolo 240 del Codice penale per tutti i reati.
L’istituto, nella disciplina di matrice codicistica, è qualificato come misura di sicurezza reale, consistente nell’espropriazione delle res attinenti al reato. Si tratta, nello specifico, di quelle che si sono rilevate necessarie – o che furono destinate – a commettere il reato stesso o che ne costituiscono il profitto, il prodotto o il prezzo o, ancora, quelle la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisce reato, persino in assenza di reato[2]. La confisca, con riferimento all’oggetto su cui ricade, viene distinta dal legislatore fra la c.d. facoltativa e la c.d. obbligatoria[3].
Il primo comma dell’articolo 240 prevede la possibilità di ordinare la confisca di particolari categorie di beni in presenza di una condanna; il secondo comma, invece, prevede l’obbligatorietà della confisca per diverse tipologie di res[4]. Infine, gli ultimi due commi si occupano della disciplina avente ad oggetto la tutela del terzo che sul bene oggetto di ablazione possa vantare dei diritti.
Il problema dell’applicazione della confisca in assenza di condanna, invece, si è posto, frequentemente nell’attività giurisprudenziale degli ultimi anni. In particolare, oggetto di dibattito per molto tempo è stato se fosse richiesta – o meno - una sentenza che abbia accertato la responsabilità penale in relazione a un reato per un imputato[5]. La confisca, nei casi in cui è ammessa, è disposta sulle cose utilizzate ai fini della commissione del reato oppure sulle cose prodotto o profitto dello stesso e, in ognuna di queste ipotesi, il giudice sarà tenuto all’accertamento della concreta pericolosità del bene in relazione al soggetto che lo possiede.
Tuttavia, nella funzione di accertamento operata dal giudice, quest’ultimo dovrà esercitare un rilevante potere discrezionale (nella c.d. confisca facoltativa), i cui parametri non sono mai stati fissati dal legislatore. Infatti, gli stessi sono stati desunti nel corso degli anni dalla giurisprudenza attraverso un corposo lavoro interpretativo. Inoltre, anche in dottrina si è sostenuto che il giudice che dispone la confisca facoltativa ha l’obbligo, però, di motivare il provvedimento[6], concetto ribadito del resto, anche in questo caso, dalla stessa Corte di Cassazione in più circostanze[7].
L’obbligatorietà della confisca codicistica è stata, invece, prevista internamente per le cose che costituiscono il prezzo del reato e per quelle la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione rappresentino un reato, persino qualora non vi sia stata condanna in sede penale. Si tratta, in casi analoghi, di una presunta pericolosità della res, tale da far venire meno la discrezionalità del giudice, il quale non potrà operare una propria valutazione sulla base del singolo caso concreto[8]. Tuttavia, è bene anticiparlo, recentemente l’applicazione della misura ha posto problemi di compatibilità con il principio di legalità e con le garanzie di cui all’articolo 7 della CEDU[9].
La finalità della confisca di cui all’articolo 240 del Codice penale va ravvisata, quindi, nel c.d. scopo preventivo. Il legislatore ha deciso, in tal modo, di evitare che la disponibilità della res mantenesse viva l’idea del reato nell’autore dello stesso.
Da tale assunto in dottrina è stata più volte messa in discussione la natura giuridica della confisca[10], nonostante l’istituto sia collocato nel codice fra le misure di sicurezza patrimoniali. Numerose sono, infatti, le differenze tra la disciplina in materia di confisca e quella che il legislatore ha prodotto per le altre misure di sicurezza. Mentre la prima è dotata del carattere della perpetuità, il quale comporta il perdurare degli effetti anche qualora sia venuta meno la pericolosità; nelle seconde, invece, tale carattere risulta assente.
Inoltre, il carattere afflittivo[11] della confisca fa propendere la qualificazione operata da numerosi interpreti verso l’ambito delle pene e non verso l’ambito delle misure di sicurezza, in quanto presuppone una funzione punitiva nei confronti del colpevole di un reato. L’esempio più calzante appare quello operato da parte della dottrina negli anni ’90 del secolo scorso in materia di confisca ex articolo 416 bis. È stato sottolineato, in particolare, come, svolgendo funzione general-preventiva, tale confisca debba essere considerata una pena accessoria[12].
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, in ogni caso, ha riconosciuto[13], pur mantenendo saldo il proprio orientamento, il c.d. “polimorfismo” dell’istituto in rapporto alla specifica disciplina positiva, riconoscendo, comunque, l’effetto sostanziale, tipico delle misure di sicurezza, consistente nell’ablazione del bene e confermando le scelte del legislatore in materia di qualificazione[14].
La questione della natura giuridica della confisca, inoltre, è stata più volte anche posta all’attenzione della Corte costituzionale, che storicamente è sempre rimasta fedele alla qualificazione quale misura di sicurezza di quella prevista dall’articolo 240 del Codice penale[15].
2. Le altre singole tipologie di confisca: finalità e natura
Quanto riportato non esclude, però, che possano essere inquadrate in maniera differente altre forme di confisca alla luce delle loro singole finalità, come, nello specifico avviene per la confisca per equivalente che assume carattere di pena[16]. In quest’ultimo caso, l’assenza di un rapporto di pertinenzialità tra il reato e i beni confiscati[17], provoca il venir meno del presupposto della pericolosità della cosa confiscata[18], con conseguenze anche sul divieto di sua applicazione retroattiva[19].
Esistono, inoltre, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano delle forme di confisca extra-penali di matrice amministrativa. Fra queste, di relativamente recente introduzione è l’articolo 224 ter del Codice della strada[20] che prevede l’ipotesi della confisca del veicolo quale sanzione amministrativa accessoria[21].
Infine, ulteriore aspetto sul quale è opportuno fornire un breve cenno, gli articoli 24 e 25 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 (il c.d. Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) prevedono l’applicazione della confisca quale misura di prevenzione ante delictum, sempre a conferma del polimorfismo dell’istituto[22].
Per quanto concerne, invece, l’individuazione dei principi costituzionali applicabili all’istituto della confisca, l’analisi da sviluppare assume un grado di difficoltà molto elevato a causa dello stesso polimorfismo che ne caratterizza la natura giuridica e delle differenti funzioni previste dalle norme che lo disciplinano.
La storica e consolidata impostazione, che individuava le diverse garanzie in relazione alle varie norme costituzionali invocabili per ogni singola tipologia di confisca, è entrata in crisi negli ultimi anni di fronte alla nozione autonoma e allargata di pena emersa con l’interpretazione dell’articolo 7 della CEDU operata dalla giurisprudenza. La norma sovranazionale ha permesso di uniformare le garanzie fondamentali e di mettere chiarezza ai numerosi dubbi qualificatori in materia penale su una misura che non può che essere definita poliedrica e camaleontica[23].
Alla luce dell’ingente produzione giurisprudenziale della Corte Edu, è mutato nel tempo l’interesse verso le garanzie costituzionali poste alla base dell’applicazione della confisca, specialmente in relazione a quelle ipotesi speciali di matrice extra-codicistica caratterizzate da peculiarità derogatorie rispetto alla disciplina generale.
In conformità, ad esempio, a quanto affermato sulla confisca del veicolo è opportuno menzionare l’esclusione dell’applicazione retroattiva della confisca per equivalente di cui all’articolo 322 ter del Codice penale nell’estensione ai reati tributari[24].
La scelta del legislatore è stata motivata dalla natura sanzionatoria e per il venir meno del rapporto di pertinenzialità con il reato ritenuto fondamentale al fine di poter riconoscere una funzione preventiva, facendo sorgere dubbi di legittimità costituzionale in merito all’estensione dell’articolo 200 del Codice penale a casi analoghi[25].
Tuttavia, l’orientamento in questione non ha ancora assunto portata universale, come testimoniato dalla recente applicazione retroattiva della confisca c.d. allargata di cui all’articolo 12 sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, oggi trasposta nell’articolo 240 bis del Codice penale. A quest’ultima forma dell’istituto può, in ogni caso, essere riconosciuta una funzione repressiva, essendo estendibile a tutti quei beni che risultino sproporzionati rispetto al reddito e dei quali il titolare non sia capace di giustificare la provenienza, pur non dovendo essere per forza collegati al reato per il quale lo stesso sia stato condannato[26].
Problemi di compatibilità sono stati sollevati anche dalla giurisprudenza di legittimità sulla confisca prevista dall’articolo 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 in materia di lottizzazione abusiva, la quale ha cercato di superare l’orientamento maggioritario tradizionale che dalla qualificazione amministrativa della confisca in questione ne faceva discendere l’applicazione, anche in caso di sentenza di proscioglimento. Ciò sulla base dell’accertamento oggettivo del reato e anche nei confronti dei terzi di buona fede, la cui tutela veniva esercitata attraverso giudizi risarcitori contro il reo. La questione è stata posta all’attenzione della Corte costituzionale[27], che ha messo in evidenza come un accertamento formale di responsabilità possa essere contenuto anche in una sentenza che dichiari l’estinzione del reato per prescrizione. L’accertamento, sul quale si tornerà approfonditamente in seguito, deve essere esplicitato all’interno della sentenza affinché possa essere disposta la confisca. Infine, la stessa Consulta ha ribadito come all’interno dell’ordinamento italiano non sia presente alcuna forma di incompatibilità tra la sentenza che accerta la prescrizione e l’accertamento pieno della responsabilità[28].
L’orientamento è stato seguito anche dalla giurisprudenza di legittimità in materia di confisca del prezzo o del profitto di un delitto di corruzione[29]. Infatti, qualora un processo si concluda con una sentenza dichiarativa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, la disposizione della confisca potrà essere operata solamente nel caso in cui vi sia stata in precedenza la pronuncia di una condanna. In sostanza, a conclusione del primo grado o dell’appello dovrà essere stata pronunciata una sentenza di condanna per quello specifico reato[30].
Anche su questo tema si è soffermata con peculiare attenzione la Corte Edu, in particolare sulla confisca urbanistica. I giudici di Strasburgo più volte sono partiti dal presupposto secondo il quale la confisca assuma a volte sostanzialmente carattere di pena[31], divenendo soggetta, quindi, alle garanzie che la CEDU riserva alla materia penale[32]. L’applicazione della confisca tramite una sentenza di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione violerebbe, quindi, l’articolo 7 della CEDU e il principio di legalità. Tuttavia, recentemente la stessa Corte Edu[33] ha ammesso la possibilità che la confisca urbanistica sia disposta anche in caso di intervenuta prescrizione[34], purché il giudice abbia sostanzialmente accertato la sussistenza di tutti gli elementi del reato di lottizzazione abusiva, sulla base della motivazione della sentenza e non solo del contenuto del dispositivo.
La soluzione proposta dalla giurisprudenza è stata recepita dal legislatore con l’introduzione dell’articolo 578 bis del Codice di procedura penale[35], il quale prevede, in caso di prescrizione o di amnistia, la possibilità per il giudice d’appello o della Corte di Cassazione di decidere sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, a seguito dell’accertamento della responsabilità dell’imputato, per tutti i casi previsti dall’articolo 240, comma 1, del Codice penale e da altre disposizioni di legge o per quelli previsti dall’articolo 322 ter del Codice penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione.
3. La confisca per equivalente: l’assetto normativo e il carattere afflittivo
La c.d. confisca per equivalente, introdotta all’interno dell’ordinamento giuridico italiano dalla legge 7 marzo 1996, n. 108, rientra tra le particolari tipologie di confische dotate di caratteristiche idonee a distinguerle rispetto al modello previsto dall’articolo 240 del Codice penale. Inizialmente previsto limitatamente al reato di usura di cui all’articolo 644, comma 6, del Codice penale, l’istituto in questione, come predetto, è disciplinato dall’articolo 322 ter del Codice penale, una norma inserita all’interno della parte speciale dello stesso, relativa ai reati commessi dai pubblici ufficiali ai danni della Pubblica Amministrazione e che prevede l’applicazione della confisca in esame per i delitti previsti dagli articoli 314-320 del Codice penale.
La particolarità di tale tipologia di confisca risiede nel fatto che, invece di avere ad oggetto il profitto, il prezzo o il prodotto del reato, ha ad oggetto cose che abbiano un valore equivalente al profitto o al prezzo. Per questo motivo viene anche definita “confisca di valore”, non avendo ad oggetto un bene avente un legame pertinenziale con il reato, ma, alle volte, perfino beni di provenienza lecita[36]. L’istituto - essendo applicabile qualora sia intervenuta la condanna e sia impossibile identificare fisicamente le cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto[37] - mira a impedire che l’impiego economico dei beni di provenienza delittuosa possa consentire al reo di garantirsi il vantaggio che era oggetto specifico del disegno criminoso.
A tal proposito, una questione particolarmente dibattuta è da sempre quella relativa alla definizione del profitto. La tematica, com’è noto, ha una certa rilevanza già con riferimento alla confisca in generale, ma si pone specialmente in materia di confisca di valore, soprattutto in relazione all’ipotesi di cui all’articolo 19 del decreto legislativo n. 231 del 2001. Il problema consiste nello stabilire se il profitto confiscabile sia identificabile solamente con il vantaggio derivante immediatamente e direttamente dal reato oppure se ricomprenda anche i vantaggi derivanti dal reato in via indiretta e mediata[38]. Sul punto, nonostante si siano più volte pronunciate le Sezioni Unite nell’una o nell’altra direzione, non vi è un orientamento assolutamente prevalente, ma è stato stabilito come, qualunque nozione di profitto sia accolta, lo stesso debba in ogni caso essere costituito da un «mutamento materiale, attuale e di segno positivo, della situazione patrimoniale del beneficiario ingenerato dal reato, attraverso la valutazione di cose suscettibili di valutazione economica»[39]. Di conseguenza, non potrà costituire profitto del reato un vantaggio futuro non ancora materializzatosi.
L’ambito di operatività della confisca di valore, è opportuno precisarlo, agisce secondo una logica strettamente sussidiaria e residuale. Infatti, affinché possa legittimarsi lo spostamento della misura reale dal bene che costituisce profitto o prezzo del reato ad un altro nella disponibilità del reo dello stesso valore economico, è necessario che non sia possibile eseguire l’ablazione del primo a seguito di un accertamento preventivo sulla sua eventuale sussistenza[40].
In considerazione delle peculiarità che differenziano l’istituto dalla confisca tradizionale, appare chiara la sua riconducibilità allo schema punitivo e non a quello preventivo, alla luce di una funzione che può essere sostanzialmente definita come ripristinatoria della situazione economica originaria attraverso una compensazione patrimoniale di valore corrispondente a quella creatasi a seguito della commissione del fatto illecito da parte del reo. Di conseguenza emerge, come evidenziato dalla giurisprudenza[41], un carattere tipicamente afflittivo e un rapporto consequenziale alla commissione del delitto che è tipico della sanzione penale e non delle misure di sicurezza.
L’argomento principale che ha portato la giurisprudenza a considerare la confisca per equivalente come una vera e propria sanzione è rappresentato, in particolare, dall’assenza di pericolosità dei beni che sono oggetto del provvedimento ablatorio, dal momento che non è richiesto che detti beni presentino alcun tipo di collegamento con l’attività delittuosa. L’assenza di pericolosità, infatti, se da una parte impedisce di ricondurre la confisca di valore al modello della misura di sicurezza, dall’altra conferirebbe a detta confisca «una connotazione prevalentemente afflittiva»[42].
4. Le importanti novità derivate dall’art. 578 bis c.p.p. riformato dalla legge n. 3 del 2019
Recentemente, a seguito dell’ormai celebre pronuncia della Corte Edu G.I.E.M. c. Italia del 2018[43], il dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia di confisca si è soffermato[44], fra le altre cose, anche sulla fine della confisca per equivalente che era stata disposta dal giudice di primo grado e che era stata poi confermata nel successivo giudizio di appello nei casi in cui il procedimento non possa concludersi con il pronunciamento di una formale sentenza di condanna, poiché tutti i reati contestati sono ormai estinti per intervenuta prescrizione.
La soluzione a tale quesito, come può facilmente intuirsi, dipende dalla definizione dell’ambito di applicazione temporale dell’art. 578 bis c.p.p. Tale disposizione, introdotta dal legislatore con il d.lgs. n. 21/2018 e successivamente modificata, per la parte che qui maggiormente rileva, dalla legge n. 3/2019, espressamente consente, quando è stata disposta la confisca prevista dall’art. 322 ter c.p. (quindi anche la confisca per equivalente di cui sopra), alla Corte d’appello o alla Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione o per amnistia, di decidere sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato[45].
È stato necessario, quindi, chiarire se la disposizione in parola sia suscettibile di applicazione retroattiva, e possa quindi consentire al giudice dell’impugnazione di mantenere ferma una decisione di confisca, adottata nei precedenti gradi di giudizio, in relazione a reati commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della modifica legislativa che ha interessato l’art. 578 bis c.p.p.
In termini generali, la questione relativa alla possibilità di applicare la confisca del prezzo o profitto del reato anche con una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione è stata al centro di forti oscillazioni giurisprudenziali come testimoniano i ripetuti interventi in materia operati negli ultimi trent’anni da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione[46].
Nello specifico, con la sentenza Lucci del 2015 la Cassazione con una motivazione piuttosto articolata, che poggia su una definizione sostanzialistica dei concetti di “pena” e di “condanna”, è giunta alla conclusione che la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato può essere disposta anche in caso di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, purché vi sia stata una precedente pronuncia di condanna rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del reato, alla responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come profitto o prezzo del reato.
Tale approdo, però, ad avviso delle stesse Sezioni Unite, non potrebbe trovare applicazione «nella ipotesi in cui venga in discorso la figura della confisca per equivalente, dal momento che questa particolare figura di confisca […] viene ormai pacificamente ritenuta dalla giurisprudenza […] di natura sanzionatoria».
Infatti, osservano i giudici di legittimità, l’oggetto della confisca di valore è una parte del patrimonio del reo «parametrata al profitto o al prezzo dell’illecito solo da un punto di vista “quantitativo” ma che non presenta alcun collegamento con il reato», e ciò consente «di declinare la funzione della misura in chiave marcatamente sanzionatoria». Perciò, poggiando, oltre che sul dato testuale, sull’asserita natura sanzionatoria della confisca di valore, l’orientamento assolutamente consolidato in giurisprudenza fino a pochissimi anni fa sosteneva che la declaratoria di estinzione del reato precludeva la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo e il profitto.
Nel suddetto panorama, subentrano le modifiche legislative che, intervenendo sulla disposizione contenuta nell’art. 578 bis c.p.p., hanno introdotto rispetto ad alcune specifiche ipotesi di confisca del prezzo o profitto del reato la possibilità di applicare la confisca con una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione o per amnistia. La sopraindicata possibilità, inizialmente prevista per la sola confisca c.d. “allargata” di cui all’art. 240 bis c.p., è stata poi estesa – come si è detto, con la legge 9 gennaio 2019, n. 3 – a tutte le ipotesi di confisca previste dall’art. 322 ter c.p., compresa la confisca per equivalente.
Ciò ha fatto sì che si manifestasse l’esigenza di definire l’interrogativo, ora risolto in via conclusiva dalle Sezioni Unite, riguardante le sorti delle statuizioni di confisca per equivalente disposte prima della predetta modifica legislativa, allorché nei successivi gradi di giudizio sia pronunciata una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione.
5. Le nuove Sezioni Unite Esposito del 2023
All’esito della pubblica udienza del 29 settembre 2022, recentemente depositate il 31 gennaio 2023 (sentenza n. 4145 del 2023), le Sezioni Unite hanno, quindi, affrontato la seguente questione: «se la disposizione dell'art. 578-bis cod. proc. pen. sia applicabile, in ipotesi di confisca per equivalente, ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore o, per i reati rientranti nella previsione dell'art. 322-ter cod. pen., anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 4, lett. f), legge 9 gennaio 2019, n. 3, che ha inserito nell'art. 578-bis le parole "o la confisca prevista dall'art. 322-ter cod. pen."»[47].
Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto secondo cui: «la disposizione dell’art. 578-bis cod. proc. pen. ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle altre forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale ed è, pertanto, inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 6, comma 4, d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21, che ha introdotto la suddetta disposizione».
Al quesito è stata data, quindi, soluzione negativa, trattandosi di disposizione di natura anche sostanziale soggetta al divieto di retroattività della norma in malam partem ex articolo 25 della Costituzione. La decisione è stata assunta sulle conclusioni conformi del Procuratore generale.
Preliminarmente, i giudici di legittimità hanno perimetrato la questione rimessa[48], quanto al dato cronologico, nella sua portata generale ai reati ricompresi nell’originaria formulazione dell’art. 578 bis c.p.p. e commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 6, co. 1, del d. lgs. n. 21 del 1° marzo 2018 e non anche a quelli commessi tra la predetta data e l’entrata in vigore nel gennaio successivo dell’art. 1, co. 4, lett. f) della legge n. 3 del 2019 che ha inserito nella citata norma del codice di rito le parole «o la confisca prevista dall’art. 322 ter c.p.».
Successivamente[49], le Sezioni Unite hanno ritenuto che debba propendersi per l’inapplicabilità dell’art. 578 bis c.p.p., con particolare riguardo alla confisca per equivalente, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 6, co. 1, del d. lgs. n. 21 del 1° marzo 2018 o, per la confisca di valore prevista dall’art. 322 ter c.p., per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, co. 4, lett. f) della legge n. 3 del 2019.
Ciò in ragione della natura giuridica eminentemente sanzionatoria e prevalentemente afflittiva della confisca per equivalente[50] - la cui fondatezza costituzionale è stata riconosciuta in passato dai giudici della Consulta[51] e la cui appartenenza alla nozione di “materia penale” è stata declinata sulla base degli orientamenti espressi dalla Corte Edu[52] - che fa sì che per tale tipologia di confisca operi il divieto di retroattività della sanzione penale di cui all’art. 25, comma 2, della Costituzione e al fine anche di scongiurare un contrasto con l’articolo 7 CEDU[53].
Infatti, mentre la c.d. confisca diretta, che reagisce alla pericolosità indotta nel reo dalla disponibilità di determinati beni, assolve a una funzione essenzialmente preventiva, la c.d. confisca per equivalente, che raggiunge beni che non hanno alcun rapporto con il reato, palesa una connotazione prettamente afflittiva ed ha, di conseguenza, natura eminentemente sanzionatoria tale da considerare la tipologica di confisca in esame come una pena tutelata, quindi, da tutte le garanzie prescritte al riguardo dall’art. 7 CEDU.
Perciò, sulla base di questi principi, nel caso in cui il giudice abbia dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, il diritto vivente si è stabilizzato nel ritenere che non si possa disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto, mentre si possa disporre, a norma dell’art. 240, comma 2, n. 1, c.p., la confisca del prezzo e, ai sensi dell’art. 322 ter c.p., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto sia rimasto inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio[54].
Nello specifico, la confisca per equivalente consiste in una forma sanzionatoria di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti, andando ad aggredire beni che, pur nella disponibilità - anche per interposta persona - dell’autore del reato, sono individuati senza alcun nesso di pertinenzialità con il fatto criminoso, in base alla loro corrispondenza con i benefici che il responsabile ha ottenuto o in determinati casi, fatto indebitamente ottenere ad altri dalla commissione del delitto[55].
Pertanto, chiarito tale fondamentale aspetto, le Sezioni Unite hanno in conclusione precisato come la natura pienamente costitutiva della disposizione di cui all’art. 578 bis c.p.p. escluda che la confisca di valore possa essere retroattivamente applicata ai fatti commessi quando, nel caso di estinzione del reato, tale misura non fosse in alcun modo adottabile nei confronti dell’autore del reato, quand’anche ne fosse stata accertata la responsabilità penale[56].
6. Conclusioni e brevi spunti di riflessione
Nell’ottica del provare a offrire un primo breve commento sulle Sezioni Unite Esposito, appare evidente come i giudici di legittimità abbiano operato una valutazione lineare rispetto a quelli che erano stati i più recenti approdi dottrinali e sulla scorta della recente giurisprudenza costituzionale e convenzionale in materia.
Pertanto, da una siffatta ricostruzione viene fuori un quadro in ragione del quale, rispetto allo ius superveniens e all’operatività del principio di irretroattività, occorre avere riguardo all’intera disciplina in forza della quale si è puniti o meno[57].
Non c’è più spazio, come osservato dai giudici di legittimità, per una visione incentrata sul pur cruciale momento statico dell’incriminazione, che risulta ancora una volta incapace di leggere le nuove forme di penalità e le questioni sulla modifica della natura della pena e sul conseguente ampliamento del concetto di sanzione.
È, quindi, in estrema sintesi, la natura anche di diritto sostanziale dell’art. 578 bis c.p.p. a rendere inapplicabile la disposizione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge che tale disposizione ha introdotto, facendo sì che possa definitivamente essere chiarita la natura mista – sostanziale e processuale – della stessa norma in esame.
Ciò riporta, però, ed è bene ricordarlo, alla piena applicazione ad essa del regime garantistico apprestato sia dall’art. 25, comma 2, della Costituzione e sia dall’art. 7 CEDU, aspetto sul quale è opportuno, in conclusione, soffermarsi per rimarcare una disomogeneità che ancora fatica a districarsi nel poliedrico[58] sistema delle confische.
In materia di confisca in assenza di condanna, la giustificazione alla destinazione della misura può essere rinvenuta solamente nella riconosciuta e sopracitata necessità di contrastare l’accumulazione di ricchezza da parte delle organizzazioni criminali connotate da una marcata pericolosità.
La Corte Edu ha messo in risalto l’utilizzo di questo genere di misure ablatorie nel contesto della corruzione e degli altri reati contro la pubblica amministrazione, nel cui ambito tali forme di confische sono contemplate da molteplici fonti internazionali. Si tratta di una conclusione che coinvolge in positivo, pur nascendo nell’ambito della confisca penale, anche la confisca di prevenzione nei confronti dei c.d. pericolosi generici, per i quali appare più che opportuno l’esercizio dell’accertamento incidentale di colpevolezza richiesto a seguito del caso G.I.E.M. e che deve includere le caratteristiche sostanziali della condanna, pur se in assenza della forma.
Tuttavia, continua a persistere una scarsa chiarezza dei caratteri strutturali e della finalità dell’istituto della confisca, causato dal sovrapporsi di interventi normativi poco omogenei tra di loro e delle conseguenti elaborazioni giurisprudenziali, le quali, pur svolgendo un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, sono impossibilitate a fruire di strumenti idonei all’apposita regolamentazione delle diverse confische.
In concreto, l’interprete è ancora chiamato a procedere secondo un “modulo euristico di tipo strutturalista”, in ragione di una disomogeneità che non consente di circoscrivere in maniera assoluta i beni attinti dall’ablazione, le finalità sottese e le modalità attuative dell’istituto.
Manca tuttora, nonostante il ruolo centrale che le confische hanno assunto nel quadro normativo contemporaneo, un intervento unitario e sistematico di riforma e di razionalizzazione, sebbene ciò fosse stato esplicitamente richiesto più di una volta dalle Commissioni ministeriali che si sono avvicendate e occupate nel tempo di possibili progetti di riforma in materia. Persino l’ormai non più recentissimo decreto legislativo n. 202 del 2016, attuativo, come si è avuto modo di approfondire, della Direttiva 2014/42/UE, ha ampiamente deluso le aspettative e rappresenta un’occasione mancata[59].
La confisca per equivalente non può costituire un espediente volto a permettere al giudice di sottrarsi dall’onere di accertare il profitto del reato, ma deve appunto essere applicabile solo nel caso in cui si sia conseguito il prezzo e il profitto, così da superare l’impossibilità oggettiva di acquisire nella loro originaria consistenza i beni costituenti il prezzo o il profitto dell’illecito. Data ormai per assodata la natura punitiva della confisca di valore riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, non ci si può, tuttavia, sottrarsi dal sollevare qualche perplessità in ragione di tale assunto che non ha fatto altro che trasformare decisamente lo strumento in questione in una pena patrimoniale.
L’orientamento disceso dalle recenti affermazioni dei giudici della Consulta, che richiedendo un pregresso accertamento non si accontenta di meri indizi ai fini del giudizio in questione, rappresenta un importante passo in avanti in termini di tassatività processuale e di rispetto della presunzione d’innocenza come profilo processuale del principio di legalità. Se così non fosse, infatti, persisterebbe il rischio - già più volte oggetto delle attenzioni della dottrina e della giurisprudenza in materia, ad esempio, di confisca di prevenzione[60] - di rispondere di fatti mai accertati in alcun giudizio e ristagnanti in uno stato dai risvolti incerto.
L’interpretazione tassativizzante e costituzionalmente orientata costituisce, quindi, ancora di più una vera e propria scelta obbligata necessaria a chiarire e circoscrivere il bisogno di un impegno processuale più concreto e il più volte richiamato riconoscimento delle garanzie sostanziali, attraverso l’interazione dei due momenti.
In conclusione, quindi, non può che essere auspicata una modulazione delle garanzie proprie della materia penale che accompagni la determinazione della base minima delle garanzie stesse e che sia idonea a connotare la responsabilità penale sulla scia dei principi costituzionali e convenzionali, in ragione dell’importantissimo rilievo assunto dalle confische nella sfera penalistica.
[1] Fin dall’emanazione del Codice penale l’argomento è stato oggetto di grande attenzione dottrinale. Fra le monografie che hanno attraversato gli ultimi otto decenni, si segnalano: C. M. IACCARINO, La confisca, Cressati, Bari, 1935; C. SALTELLI, voce Confisca in Nuovo digesto italiano, III, 1938; F. VASSALLI, La confisca dei beni. Storia recente e profili dogmatici, CEDAM, Padova, 1951; A. MELCHIONDA Disorientamento giurisprudenziale in tema di confisca, in Dig. Disc. Pen., III, Torino, 1989; A. M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Giuffrè Editore, Milano, 2001, 31; D. FONDAROLI, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale. Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche, in Seminario giuridico Università di Bologna, Bononia University Press, Bologna, 2007, 9 ss.; R. ACQUAROLI, La ricchezza illecita tra tassazione e confisca, DIKE, Roma, 2012; E. NOBILE – F. D. IACOPINO, L’intestazione fittizia di beni e la confisca allargata, Editore Key, Milano, 2019, 47-51.
[2] G. MARINUCCI– E. DOLCINI – G. L. GATTA, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale. Ottava edizione, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, 834-843.
[3] Sul punto si segnala quale lettura chiarificatrice: A. ARDITURO – F. CIOFFI, La confisca ordinaria, per sproporzione e per equivalente nel processo di cognizione ed esecuzione, in La giustizia patrimoniale penale, (a cura di) A. BARGI – A. CISTERNA, UTET, Torino, 2011.
[4] Nello specifico per: le cose che costituiscono il prezzo del reato; i beni e gli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione di alcuni particolari reati (quelli di cui agli articoli 615 ter, 615 quater, 615 quinquies, 617 bis, 617 ter, 617 quater, 617 quinquies, 617 sexies, 635 bis, 635 ter, 635 quater, 635 quinquies, 640 ter e 640 quinquies); le cose, anche in assenza di condanna, la cui fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienzione costituisce reato.
[5] Emblematici i casi, sui quali si tornerà in seguito, inerenti l’applicazione della confisca in caso di sentenze di proscioglimento e si pensi, ad esempio, alla declaratoria di prescrizione. Sul punto si numerose sentenze della Corte Edu hanno avuto grosso eco mediatico nell’ultimo quindicennio. Si pensi a: Sud Fondi c. Italia del 2009, Varvara c. Italia del 2013 e G.I.E.M. s.r.l. e a. c. Italia del 2018.
[6] F. MANTOVANI, Le misure di sicurezza, in AA. VV., Codice Penale. Parte Generale, vol. III, Torino, 1996, 708; L. FIORAVANTI, Brevi riflessioni in tema di confisca facoltativa, in Giurisprudenza italiana, 1992, II, 505.
[7] Come, ad esempio, in Corte di Cassazione, Sez. VI, 25 settembre 2008, n. 42804 e in Corte di Cassazione, Sez. VI, 30 marzo 2006, n. 40689.
[8] M. PANZARASA, Confisca senza condanna?, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, 2010, 1672 ss.;
[9] Sulle già citate sentenze della Corte Edu Sud Fondi c. Italia del 2009 e Varvara c. Italia del 2013: F. MAZZACUVA, La confisca disposta in assenza di condanna viola l’art. 7 CEDU, in Diritto Penale Contemporaneo, 2013.
[10] M. ROMANO - G. GRASSO – T. PADOVANI, Commentario sistematico del Codice penale, vol. III, Milano, 1994, 522; V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, a cura di P. NUVOLONE – G. D. PISAPIA, UTET, Torino, 1981-1986.
[11] D. FONDAROLI, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale. Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche, Op. cit., 31.
[12] Sul punto si segnala fra gli altri: G. SPAGNOLO, L’associazione di tipo mafioso, CEDAM, Padova, 1993, 189.
[13] Oltre che ribadito quanto affermato già in Corte di Cassazione, Sezione VI, 19 marzo 1986, n. 9903, Tedeschi.
[14] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 giugno 2014, n. 4880, Spinelli.
[15] Corte Costituzionale 17 luglio 1974, n. 229.
[16] Alla luce della natura marcatamente più sanzionatoria: E. NICOSIA, La Confisca, le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi ricostruttivo-applicativi, G. Giappichelli Editore, Torino, 2012, 45-50.
[17] Proprio, invece, della confisca ex articolo 240 del Codice penale.
[18] Corte di Cassazione, Sezione III, 10 maggio 2016, n. 38857, Maffei; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 31 gennaio 2013, n. 18374, Adami.
[19] Nel rispetto del principio di irretroattività della pena ex articolo 25, comma 2, della Costituzione: G. MARINUCCI – E. DOLCINI – G. L. GATTA, Op. cit., 841.
[20] Introdotto dalla legge 20 luglio 2010, n. 120.
[21] G. L. GATTA – F. VIGANÒ, Natura giuridica della confisca del veicolo nella riformata disciplina della guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto stupefacenti: pena o sanzione amministrativa accessoria? Riflessi sostanziali e processuali. Brevi note a margine dei primi orientamenti giurisprudenziali successivi alla riforma del codice della strada del luglio 2010, in Diritto Penale Contemporaneo, 2010; G. MARINUCCI – E. DOLCINI – G. L. GATTA, Op. cit., 120-121.
[22] S. FINOCCHIARO, La confisca e il sequestro di prevenzione, in Diritto Penale Contemporaneo, 2019 e in La legislazione antimafia, (a cura di) E. MEZZETTI - L. LUPARIA, Zanichelli Editore, Bologna, 2020, 676-715.
[23] D. FONDAROLI, La poliedrica natura della confisca, in Archivio Penale, n. 2/2019.
[24] Alla luce di quanto disposto dall’articolo 1, co. 143 della legge n. 247 del 2007.
[25] F. MAZZACUVA, Confisca per equivalente come sanzione penale: verso un nuovo statuto garantistico, in Cassazione penale, n. 9/2009.
[26] L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale “moderno”, in Collana di studi penalistici, CEDAM, 1997, 68; A. M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Op. cit., 524.
[27] Corte costituzionale, Sentenza 26 marzo 2015, n. 49.
[28] G. MARINUCCI – E. DOLCINI – G. L. GATTA, Op. cit., 839.
[29] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci.
[30] G. CIVELLO, Le Sezioni unite “Lucci” sulla confisca del prezzo e del profitto di reato prescritto: l’inedito istituto della “condanna in senso sostanziale”, in Archivio Penale, n. 2/2015; S. TREGLIA, Brevi osservazioni su un istituto ancora alle prese con una inversa logica triadica ferma all’”antitesi”: la confisca senza condanna, articolo pubblicato su Archivio Penale, n. 2/2016.
[31] Corte Edu, Sud Fondi c. Italia del 2009.
[32] M. MANCINI La “materia penale” negli orientamenti della Corte EDU e della Corte costituzionale, con particolare riguardo alle misure limitative dell’elettorato, in federalismi.it, Focus Human Rights, 1/2018.
[33] Corte Edu, G.I.E.M. s.r.l. e a. c. Italia del 2018.
[34] Recependo le sollecitazioni provenienti dalla Corte costituzionale, sentenza 26 marzo 2015, n. 49. Sulla questione: A. GALLUCCIO, Confisca senza condanna, principio di colpevolezza, partecipazione dell’ente al processo: l’attesa sentenza della Corte Edu, Grande Camera, in materia urbanistica, in Diritto Penale Contemporaneo, Fascicolo 7-8/2018.
[35] Introdotto nel 2018 e modificato dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3 (la c.d. legge “spazzacorrotti”).
[36] Sulla confisca per equivalente in generale si segnalano: F. VERGINE, Il “contrasto all’illegalità economica. Confisca e sequestro per equivalente, CEDAM, Padova, 2012; P. BALDUCCI, La confisca per equivalente: aspetti problematici e prospettive applicative, articolo pubblicato all’interno della rivista Diritto penale e processo, Vol. 2 del 2011, 230-236. Sia consentito un richiamo, infine, a: S. ZOCCALI, La confisca per equivalente: estensione ai reati tributari, responsabilità amministrativa degli enti e abusi di mercato fra garanzie CEDU, retroattività e proporzionalità, in ORDINES – Per un sapere interdisciplinare sulle istituzioni europee, n. 2/2019, 211 ss.
[37] Oppure qualora i beni siano stati occultati o consumati: cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 25 ottobre 2005, n. 41936, Muci.
[38] Questo il caso, ad esempio, del risparmio di spesa nell’ambito della criminalità d’impresa su cui si è pronunciata la giurisprudenza in Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 30 gennaio 2014, n. 10561, Gubert, sulla quale si tornerà inseguito. G. MARINUCCI – E. DOLCINI – G. L. GATTA, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale. Ottava edizione, Op. cit., 842.
[39] Corte di Cassazione, Sezione VI, 14 settembre 2017, n. 1754, Bentini.
[40] E. STANIG, La confisca per equivalente, in Le disposizioni penali della legge anticorruzione numero 190 del 2012, EUT Edizioni Università di Trieste, Trieste, 2013, 91.
[41] Corte di Cassazione, Sezione I, 27 ottobre 2009, n. 42894; Corte di Cassazione, Sezione VI, 18 giugno 2007, n. 30543; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 25 ottobre 2005, n. 41936, Muci.
[42] Corte Costituzionale, 2 aprile 2009, n. 97.
[43] Corte Edu, G.I.E.M. s.r.l. c. Italia del 2018.
[44] S. ZOCCALI, Le nuove ricadute all’interno dell’ordinamento italiano della Sentenza G.I.E.M. della Corte Edu: le Sezioni Unite Perroni sulla possibilità di rinviare al giudice di merito la valutazione della proporzionalità della confisca, in ORDINES – Per un sapere interdisciplinare sulle istituzioni europee, n. 1/2020, 275 ss.
[45] T. TRINCHERA, Rimessa alle Sezioni Unite una questione relativa alla definizione dell’ambito di applicazione temporale dell’art. 578 bis c.p. Un’occasione per ripensare alla natura giuridica della confisca per equivalente?, in Sistema Penale, 2022.
[46] Su tutti: Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 25 marzo 1993 (dep. 23 aprile 1993), n. 5, Carlea; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 10 luglio 2008 (dep. 15 ottobre 2008), n. 38834, De Maio; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 26 giugno 2015 (dep. 21 luglio 2015), n. 31617, Lucci.
[47] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 settembre 2022 (dep. 31 gennaio 2023), n. 4145, Esposito.
[48] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 settembre 2022 (dep. 31 gennaio 2023), n. 4145, Esposito, § 1.
[49] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 settembre 2022 (dep. 31 gennaio 2023), n. 4145, Esposito, § 4.
[50] Su cui si rimanda a: G. BIONDI, La confisca per equivalente: pena principale, pena accessoria o tertium genus sanzionatorio?, articolo pubblicato su Diritto Penale Contemporaneo, 5/2017, 51-63.
[51] Corte Costituzionale, sentenza n. 97 del 2009; Corte Costituzionale, sentenza n. 68 del 2017.
[52] Sulla scorta dell’applicazione dei celebri criteri Engel, affinati nel tempo e che debbono essere applicati dal giudice così da verificare se un procedimento abbia ad oggetto accuse in materia penale. Per prima cosa, infatti, è necessario soffermarsi sulla qualificazione data dal sistema giuridico dello stato convenuto all’illecito contestato. Quest’indicazione acquisisce, comunque, valore formale e relativo, considerato che la Corte deve sempre supervisionare sulla correttezza di tale qualificazione basandosi su ulteriori fattori indicativi del carattere penale sull’accusa (c.d. primo criterio Engel). In secondo luogo, occorre considerare la natura sostanziale dell’illecito commesso. Il giudice dovrà, quindi, capire se ci si trovi in presenza di una condotta che viola una norma posta a protezione del funzionamento di una specifica formazione sociale o se, invece, la norma stessa sia stata preposta alla tutela erga omnes di beni giuridici della collettività, anche alla luce del denominatore comune delle rispettive legislazioni dei vari stati contraenti (c.d. secondo criterio Engel). Infine, bisogna considerare il grado di severità della pena che rischia la persona interessata, poiché in una società di diritto appartengono alla sfera penale le privazioni della libertà personale suscettibili di essere imposte quali punizioni, eccezion fatta per quelle la cui natura, durata o modalità di esecuzione non possano causare un apprezzabile danno (c.d. terzo criterio Engel). Cfr. Corte Edu, Engel e a. c. Paesi Bassi del 1976 § 82-83. Sul punto esaustiva analisi è offerta da: F. MAZZACUVA, Le pene nascoste: topografia delle sanzioni punitive e modulazione dello statuto garantistico, G. Giappichelli Editore, Torino, 2017, 19-20.
[53] In linea con la giurisprudenza di Strasburgo consolidatasi a seguito della celebre: Corte Edu, Welch c. Regno Unito del 1995.
[54] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 26 giugno 2015 (dep. 21 luglio 2015), n. 31617, Lucci.
[55] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 25 ottobre 2005, n. 41936, Muci.
[56] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 settembre 2022 (dep. 31 gennaio 2023), n. 4145, Esposito, § 8.
[57] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 settembre 2022 (dep. 31 gennaio 2023), n. 4145, Esposito, § 6.
[58] D. FONDAROLI, La poliedrica natura della confisca, Op. cit.
[59] A. M. MAUGERI, La riforma della confisca (d. lgs. 202/2016). Lo statuto della confisca allargata ex art. 240-bis c.p.: spada di Damocle sine die sottratta alla prescrizione (dalla l. 161/2017 al d. lgs. n. 21/2018), in Archivio Penale, La giustizia penale riformata, Supplemento al n. 1/2018, p. 242.; T. TRINCHERA, Introdotte nuove ipotesi speciali di confisca per dare attuazione alla direttiva 2014/42/UE, in Diritto Penale Contemporaneo, 2016.
[60] A. M. MAUGERI – P. PINTO DE ALBUQUERQUE, La confisca di prevenzione nella tutela costituzionale multilivello: tra istanze di tassatività e ragionevolezza, se ne afferma la natura ripristinatoria (C. cost. 24/2019), in Sistema Penale, 2019.