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Pubbl. Lun, 10 Apr 2023

Le principali differenze tra entrate di natura tributaria e patrimoniale: i principali sviluppi giurisprudenziali della Cassazione

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autori Valentina Orlando , Paolo Caldarone



Il contributo intende analizzare le principali differenze tra la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), concentrandosi sulla ripartizione legislativa tra Stato, Regioni ed enti locali in materia impositiva e sulle principali novità che sono state introdotte dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. In particolare, il lavoro si soffermerà sul Regolamento in materia di occupazione suolo pubblico (OSP) e del canone (COSAP), comprensivo delle norme attuative del P.G.T.U del Comune di Roma, ed analizzerà la giurisprudenza in materia che non considera la concessione amministrativa quale presupposto necessario per la riscossione della COSAP.


ENG

The main differences between tax and property revenues: the main jurisprudential developments of the Supreme Court

The contribution aims to analyse the main differences between tax for the occupation of public spaces and areas (TOSAP) and the fee for the occupation of public spaces and areas (COSAP), focusing on the legislative distribution between the State, Regions and local authorities in the field of taxation from a constitutional point of view on the main changes introduced by Constitutional Law no. 3 of 18 October 2001. In particular, the work will focus on the Regulation on the occupation of public land (OSP) and the fee (COSAP), including the implementing rules of the PGTU of the Municipality of Rome, and the jurisprudence on the matter will be analyzed which does not consider the administrative concession as a necessary prerequisite for the collection of the COSAP.

Sommario: 1. L’incerta ripartizione della potestà legislativa tra Stato, Regione ed enti locali in materia impositiva: le peculiarità delle Regioni a statuto speciale e l’intervento della Corte Costituzionale. – 2. Le principali differenze tra la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap) e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap). – 3. La disciplina di riferimento in materia di tributi, canoni e tariffe comunali: il Regolamento in materia di occupazione suolo pubblico (OSP) e del canone (COSAP), comprensivo delle norme attuative del P.G.T.U. –– 4. Le pronunce giurisprudenziali sulla concessione formale: presupposto necessario per l’applicazione del COSAP? – 5. Considerazioni conclusive.

1. L’incerta ripartizione della potestà legislativa tra Stato, Regione ed enti locali in materia impositiva: le peculiarità delle Regioni a statuto speciale e l’intervento della Corte Costituzionale

Prima di analizzare le principali differenze tra la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap) e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap), risulta necessario soffermarsi su due concetti fondamentali di rilevanza costituzionale: la sovranità impositiva, intesa come l’indipendenza dell’ente impositore nell’esercizio della sua potestà normativa tributaria, rispetto sia alla potestà amministrativa che riguarda la gestione delle imposte e sia ai rispettivi sviluppi normativi costituzionali di suddetta sovranità in capo allo Stato, alle Regioni e agli enti locali [1]; le comunità degli enti, ex art. 114., comma 1, Cost., che secondo il disegno costituzionale sono “parti” della Repubblica, in quanto, sebbene ciascuna Regione ed ente locale rappresentino una determinata collettività, non vi è alcuna disgiunzione tra comunità nazionale e locale, bensì una “unitarietà” fra di esse [2].

Anteriormente alla riforma costituzionale del 2001, non esisteva una potestà legislativa esclusiva per le autonomie territoriali in materia di tributi, e non erano neanche menzionate nella Costituzione le Città metropolitane, a causa sia di una ristretta interpretazione normativa che dalla mancanza di una esplicita attribuzione di autonomia tributaria nella carta costituzionale; in particolare, il vecchio art. 119 Cost. [3] non riconosceva ai Comuni e alle Province, un’autonomia finanziaria al di fuori del rispetto di una legge di coordinamento statale e attribuiva soltanto una potestà derivata alle Regioni, che gli consentiva di intervenire in rapporto ai tributi, benché gli elementi fondamentali e le aliquote massime venivano sanciti dalla legge nazionale.

Soltanto a partire dalla fine degli anni novanta, si è registrata un’innovazione in materia di finanza locale con l’art. 54 della legge n. 142/1990 [4], che ha riconosciuto a Province e Comuni un’autonomia finanziaria fondata su risorse proprie e una sua potestà in materia di imposte proprie, addizionali, tasse e diritti per servizi pubblici, rafforzato successivamente con la legge n. 421/1992 [5] con cui si è delegato il Governo a provvedere ad una riforma finanziaria per i minori enti territoriali onde consentirgli un’autonomia con risorse proprie, e, infine, con il d.lgs. n. 446/1997 [6], che ha riaffermato il ruolo fondamentale delle entrate tributarie proprie nella finanza territoriale.

Tuttavia, soltanto la legge cost. n. 3/2001 [7] ha previsto un’esplicita potestà normativa per le autonomie locali negli artt. 116, 117 e 119 Cost., menzionando espressamente nell’art. 114 Cost. le Province, le Città metropolitane, i Comuni, le Regioni, tra gli enti che costituiscono la Repubblica, e attribuendo all’ente Città metropolitana una rilevanza costituzionale.

Più precisamente, lo Stato ha una legislazione esclusiva, ai sensi dell’art. 117, comma 2 lett. e) Cost., in materia sia di sistema tributario e contabile statale, e sia di armonizzazione dei bilanci pubblici, e concorrente, ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost., nella determinazione dei principi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, mentre la Regione ha potestà di legiferare per ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione statale, ai sensi dell’art. 117, comma 4, Cost., [8] avendo una competenza varia e piuttosto ampia rispetto a quella dello Stato; conseguentemente, lo Stato non può legiferare in materia di tributi regionali e locali, poiché di competenza esclusiva delle Regioni [9].

Ciononostante, la potestà normativa tributaria delle autonomie locali deriva dalle norme di coordinamento emanate dalle Regioni, nel rispetto dei principi fondamentali sanciti dalla legge nazionale, e in mancanza di essi la Regione individua suddetti principi in base alla legge vigente, come previsto dall’art. 1, comma 3 [10] della legge n. 131/2003 [11], riguardo le disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

A tal proposito, i tributi regionali e locali, dovrebbero costituire materia di legislazione esclusiva delle Regioni, salvo la sovranità impositiva degli enti minori [12] nell’art. 119 Cost.; infatti, quest’ultimo prevede un’autonomia finanziaria di entrata e di spesa per i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni e una distinzione tra entrate di diritto comune e ad autonomia differenziata [13].

Per quanto riguarda le prime, queste derivano: dal proprio patrimonio attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato; dai tributi propri stabiliti e applicati in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; dalle quote di partecipazione al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio; e, infine, dalle eventuali risorse aggiuntive dipese da interventi speciali dello Stato in favore di determinate Regioni ed enti locali, finalizzati allo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, la rimozione degli squilibri economici e sociali, la facilitazione dell’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni. Diversamente, le entrate ad autonomia differenziata, sono regolate dai rispettivi Statuti, salvo che le nuove norme costituzionali prevedano un regime più favorevole.

Sebbene risulti preclusa la possibilità alle Regioni di regolamentare sui tributi esistenti, istituiti e regolati da leggi statali, poiché il precetto normativo dell’art. 119 Cost. non è stato ancora attuato ed è necessario l’intervento del legislatore nazionale, la Consulta [14] ha orientato il federalismo fiscale per tutelare, in mancanza dei principi di coordinamento, sia l’autonomia già riconosciuta agli enti intermedi che per evitare infiniti rinvii da parte del legislatore al c.d. “divieto di procedere in senso inverso”. In questo modo, si è consentita l’istituzione di tributi, con presupposti impositivi diversi da quelli statali e rientranti nelle materie di competenza residuale, ai sensi dell’art. 117, comma 4, Cost., tutelando anche il sistema tributario statale [15]; inoltre, il Parlamento ha approvato, per evitare che suddetta autonomia rimanga solo sulla “carta”, una legge delega n. 42/2009 [16] in materia di federalismo fiscale [17].

La legge cost. n. 1/2012 [18] ha introdotto, modificando l’art. 119 Cost. e a decorrere dall’esercizio finanziario del 2014, il principio del pareggio di bilancio, l’osservanza dei vincoli economici e finanziari dell’ordinamento europeo anche per le autonomie locali, nonché il ricorso all’indebitamento nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, accompagnato dalla definizione dei piani di ammortamento.

A causa del particolare dislivello di ricchezza tra Nord e Sud Italia, per evitare una penalizzazione delle Regioni meno sviluppate in materia di federalismo fiscale, l’art. 119, comma 3, ha previsto l’istituzione di un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante, prevedendo che l’indebitamento può riguardare solo le spese di investimento, escludendo ogni garanzia dello Stato sui prestiti da essi contratti [19].

In ordine alla potestà di stabilire tributi propri, riconosciuto alle autonomie locali nell’art. 119 Cost., si deve intendere non soltanto il potere di istituire o meno un tributo ma anche di individuare i soggetti passivi e la fattispecie imponibile, compatibilmente alla riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. e alle limitazioni della potestà normativa tributaria delle Regioni, ai sensi degli artt. 117 e 119 Cost, per un’esigenza di coordinamento dei diversi sistemi tributari. Di conseguenza, i minori enti territoriali sono privi di potestà normativa primaria, in quanto non possono individuare tipologie di tributi che non sono già stati regolamentati dalla legge regionale.

Per quanto concerne le Regioni a statuto speciale, benché l’art. 116 Cost. preveda che queste dispongano di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale, l’art. 10 della legge cost. n. 3/2001 sancisce [20] che, fino a quando gli statuti non saranno adeguati al nuovo assetto istituzionale, le nuove norme si applicheranno anche alle suddette Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, nelle parti in cui si prevedono forme di autonomia più ampia rispetto a quelle già attribuite [21].

Tuttavia, le Regioni speciali non devono attendere la legge statale di coordinamento per esercitare la propria potestà legislativa in ambito tributario, perché è sufficiente che rimangano in armonia coi principi del sistema tributario nazionale, a differenza delle Regioni a statuto ordinario che devono rispettare suddetto vincolo soltanto per i tributi propri. A tal proposito, le modifiche introdotte al titolo V della Parte II della Costituzione, non possono determinare come effetto “negativo” una restrizione dell’autonomia delle Regioni a statuto speciale [22].

2. Le principali differenze tra la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap) e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap)

Per comprendere a pieno i principali elementi distintivi tra la tassa e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, risulta necessario soffermarsi brevemente su una loro analisi normativo-giurisprudenziale.

Dal punto di vista normativo, sebbene l’art. 51, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 507 del 15 novembre 1993 [23] aveva previsto l’abrogazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap), la legge n. 448 del 23 dicembre 1998 [24] ha soppresso tale abolizione, mantenendo di fatto l’applicazione di suddetta tassa che è regolamentata negli artt. 38-57 del d.lgs. 507/1993.

Premesso che gli enti locali, ai sensi dell’art. 63 del D. Lgs. n. 446 modificato dall’art. 18 della Legge n. 448/1999, hanno la facoltà di istituire con apposito regolamento il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap) in sostituzione della tassa, quest’ultima continua ad applicarsi nei casi in cui l’ente locale non adotta suddetto regolamento.

Per quanto riguarda gli elementi costitutivi di suddetta tassa, il presupposto impositivo è proprio la sottrazione delle aree e degli spazi pubbliche all’uso indiscriminato della collettività per il vantaggio specifico di singoli soggetti e le occupazioni di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio, ai sensi degli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 507/1993 [25]. A tal proposito, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 11450 del 1° giugno 2016 [26], ha ritenuto che oggetto dell’avviso di accertamento ai fini Tosap non è l’occupazione del sottosuolo pubblico, bensì solo e soltanto l’occupazione del suolo pubblico determinata da griglie di areazione poste sul detto suolo a vantaggio del garage condominiale, in quanto viene sottratto l’uso collettivo della parte di suolo pubblico che diverrebbe a vantaggio di un uso particolare da parte del Condominio [27].

Tuttavia, l’art. 49 del medesimo decreto prevede alcune ipotesi di esenzione: a) le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l’esercizio di culti ammessi nello Stato, da enti pubblici di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 197, per finalità di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica; b) le tabelle indicative delle stazioni e fermate e degli orari dei servizi pubblici di trasporto, nonché le tabelle che interessano la circolazione stradale, purché non contengano indicazioni di pubblicità, gli orologi funzionanti per pubblica utilità, sebbene di privata pertinenza, e le aste delle bandiere; c) le occupazioni da parte delle vetture destinate al servizio di trasporto pubblico di linea in concessione nonché di vetture a trazione animale durante le soste o nei posteggi ad esse assegnati; d) le occupazioni occasionali di durata non superiore a quella che sia stabilità nei regolamenti di polizia locale e le occupazioni determinate dalla sosta dei veicoli per il tempo necessario al carico e allo scarico delle merci; e) le occupazioni con impianti adibiti ai servizi pubblici nei casi in cui ne sia prevista, all’atto della concessione o successivamente, la devoluzione gratuita al comune o alla provincia al termine della concessione medesima; f) le occupazioni di aree cimiteriali; g) gli accessi carrabili destinati a soggetti portatori di handicap [28].

In relazione ai soggetti destinatari di suddetta tassa, l’art. 39 del decreto sopraindicato, individua il soggetto competente per la riscossione, per i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, il Comune attraversato dal tratto di strada su cui si verifica l’occupazione e la Provincia, per quelli con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, mentre quello passivo è il titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione, anche se lo spazio oggetto di suddetto titolo è di fatto utilizzato da un soggetto diverso dal destinatario dell’atto amministrativo [29].

Per quanto concerne la procedura di riscossione in materia di Tosap, è prevista una fase amministrativa informale una c.d. procedura bonaria precontenziosa, poiché si basa su un’autotassazione, in cui il Comune e la Provincia correggono d’ufficio gli errori commessi dai contribuenti, prevedendo un particolare iter, prima di procedere alla fase dell’accertamento vero e proprio, ex art. 51 del d.lgs. n. 507/93, prescrivendo un termine di 6 mesi dalla data di presentazione della denuncia o di esecuzione dei versamenti in cui verificare la correttezza dei calcoli, e invitare i privati a versare le differenze riscontrate o disporre direttamente i rimborsi, senza alcuna maggiorazione e sanzione, entro sessanta giorni dalla comunicazione. Conseguentemente, solo in caso di mancata adesione della parte, l’ente riscossore potrà notificare un vero e proprio avviso di accertamento, con le sanzioni [30].

Inoltre, ai sensi dell’art. 50, comma 1, del medesimo decreto, la presentazione della dichiarazione per l’occupazione del suolo pubblico si deve distinguere tra aree pubbliche permanenti, dove il pagamento di suddetta tassa deve essere effettuato a mezzo di conto corrente postale intestato al Comune o alla Provincia, ovvero direttamente presso le tesoriere comunali, o in caso di concessione, al concessionario del Comune mediante conto corrente postale, entro 30 giorni dalla data del rilascio dell’atto di concessione e, comunque, non oltre il 31 dicembre dell’anno del rilascio della concessione stessa, e temporanee, in cui, invece, l’obbligo è assolto con il pagamento della tassa e la compilazione del modulo di versamento, non oltre il termine previsto per le occupazioni medesime [31].

L’autorità investita della potestà sanzionatoria in materia di Tosap è il funzionario responsabile del tributo nel caso di gestione diretta, come sancito dall’art. 16 del d.lgs. n. 472/1997, mentre, nel caso di affidamento della concessione, spetta al concessionario [32].

Sono molteplici le sanzioni che l’ente può applicare; infatti, nel caso di omessa presentazione della denuncia, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della tassa dovuta, con minimo di €. 51,65, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 507/1993, mentre nel caso di denuncia infedele, ex art. 53, comma 2, del medesimo decreto, viene irrogata una sanzione dal cinquanta al cento per cento della maggiore tassa dovuta; inoltre, nel caso di omesso o ritardato versamento delle somme dovute, si applicherà una sanzione del 30% delle somme non versate [33].

Relativamente alle occupazioni abusive, cioè quelle realizzate in assenza di un preventivo provvedimento autorizzatorio o concessorio, si applica la tariffa ordinaria giornaliera aumentata del 20%, ai sensi dell’art. 42, comma 2, del medesimo decreto, e in materia di sanzioni, per le occupazioni temporanee, maturano nel caso in cui il contribuente non adempiente al pagamento della tassa entro il termine previsto per l’occupazione; tuttavia, poiché non esiste un termine del specifico, si applicherà soltanto il quantum previsto nella tariffa ordinaria [34].

Diversamente, per quanto concerne il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, dal punto di vista normativo, dal 1° gennaio 1999 è stato riconosciuto sia ai Comuni che alle Province la possibilità di istituire con proprio regolamento, la cui efficacia non è subordinata né alla trasmissione al Ministero delle finanze e né alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, suddetto canone, sostituivo alla Tosap in base all’art. 52 del d.lgs. n. 446/1997 [35], che consiste in un’entrata non tributaria di carattere patrimoniale, le cui fattispecie assoggettate al pagamento di suddetto canone, previsto dall’art. 63, comma 1, del medesimo decreto, riguardano sia le strade, le aree e i relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al demanio o al patrimonio comunale o provinciale [36], comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, occupati in via permanente o temporanea dal titolare della concessione, sia le aree private soggette a servitù di pubblico passaggio costituita nei modi di legge.

Tuttavia, non è applicabile per le occupazioni con balconi, verande, bow-windows, altri simili infissi a carattere stabile, tende solari poste a copertura dei balconi e per le occupazioni di speciale interesse pubblico o aventi finalità politiche ed istituzionali, il cui atto di concessione risulta necessario, che ricomprendono: quelle effettuate dallo Stato, dalle Regioni, Province, Comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l’esercizio di culti ammessi nello Stato; quelle compiute con tabelle indicative nelle stazioni e fermate degli orari dei servizi pubblici di trasporto, nonché con le tabelle che interessano la circolazione stradale, purché non contengano indicazioni di pubblicità e con le aste delle bandiere istituzionali; quelle realizzate con vetture destinate al servizio di trasporto di linea in concessione; quelle realizzate con passi carrabili; quelle compiute con innesti, allacci ad impianti di erogazione di pubblici servizi; quelle con autovetture adibite a trasporto pubblico e privato nelle aree pubbliche a ciò destinate; quelle inferiori a dieci metri quadrati, inerenti a manifestazioni o iniziative di carattere politico o sociale; e, infine, quelle effettuate con fioriere.

I presupposti per individuare il soggetto passivo di suddetto canone, consistono sia in atti di concessione o di autorizzazione, che pongono l’utilizzatore in una situazione di privilegio rispetto la collettività, che l’occupazione effettiva dello spazio pubblico, priva di qualsiasi atto amministrativo [37].

In ordine ai criteri che Province e Comuni sono tenute a seguire per adottare il Regolamento in materia di Cosap, questi sono disciplinati nell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 447/1997, mentre per la determinazione delle tariffe, bisognerà prendere in considerazione sia la categoria dell’aera e dello spazio occupato, sia l’entità dell’occupazione, in metri quadri o lineari, sia il valore economico dell’area in questione e il conseguente sacrificio economico alla collettività, e sia la durata dell’occupazione; in particolare, per quanto riguarda l’aspetto temporale dell’occupazione queste saranno permanenti, se di carattere stabile e realizzate a seguito del rilascio di un atto di concessione di durata non inferiore ad un anno, mentre temporanee se l’atto di concessione è di durata inferiore all’anno.

In relazione ai termini di pagamento di suddetto canone, il medesimo articolo sopra indicato prevede come termine ultimo ex lege il 30 aprile di ciascun anno, mentre nel caso in cui gli enti locali decidessero di voler esercitare la potestà regolamentare, prevista dall’art. 52 del medesimo decreto, prevedendo un termine diverso, devono inviare, nel mese di gennaio di ciascun anno, apposita comunicazione alle aziende di erogazione di pubblici servizi, fissando i termini per i conseguenti adempimenti in non meno di novanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione [38].

In caso di violazioni attinenti alle occupazioni, che devono necessariamente essere rilevate da un verbale di contestazione da un pubblico ufficiale competente, poiché suddetto canone è un’entrata patrimoniale, non si applicheranno i D. Lgs. n. 471, 472 e 473 del 1997 e le sanzioni amministrative non potranno essere di importo inferiore alla somma prevista nell’art. 63, comma 2, lett. g), cioè di un’indennità pari al canone maggiorato fino al 50 %, né superiore al doppio della stessa, fermo restando quando previsto dal codice della strada [39]; inoltre, in rapporto alla quantificazione di suddetta indennità in caso di occupazione di aree pubbliche del Comune o della Provincia, si considerano di durata annuale e permanente, le occupazioni abusive caratterizzate da impianti o manufatti stabili, mentre di durata pari a 30 giorni e temporanee, le occupazioni realizzate dal trentesimo giorno antecedente alla data del verbale di contestazione.

In caso di mancato o irregolare pagamento del Cosap, la sanzione non potrà essere superiore del 30 % e l’ente impositore potrà richiedere solo gli interessi legali, senza utilizzare né l’avviso di accertamento, né l’atto di contestazione e né l’atto di irrogazione delle sanzioni, bensì ricorrendo a strumenti previsti dalle norme privatistiche, in quanto, come già detto più volte, suddetto canone non è un’entrata tributaria [40].

In materia di contenzioso sul canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, la giurisdizione di legittimità [41] è concorde nell’attribuire la competenza al giudice ordinario poiché, come più volte affermato, la natura del prelievo è patrimoniale e, di conseguenza, non tributaria [42]; inoltre, la Cassazione ha riaffermato, con ordinanza n. 12482 del 19 aprile 2022, che «in tema di prescrizione, alla luce del principio secondo cui il canone (cd. Cosap) rappresenta il corrispettivo della concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici e, quindi, trovando titolo in diversi e specifici provvedimenti e non in un unico provvedimento fonte dell’obbligazione, non è assimilabile al canone locatizio, con la conseguenza che il relativo credito non soggiace alla prescrizione breve di cui all’art. 2948 c.c.» [43], bensì quella ordinaria decennale.

3. La disciplina di riferimento in materia di tributi, canoni e tariffe comunali: il Regolamento in materia di occupazione suolo pubblico (OSP) e del canone (COSAP), comprensivo delle norme attuative del P.G.T.U.

Premesso che i Comuni e le Province hanno potuto applicare, soltanto dopo l’entrata in vigore del D.lgs. n. 446 del 15 febbraio 1997, nei loro territori il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP) [44], assumendo, come già detto precedentemente, la configurazione giuridica di entrata non tributaria [45], da una attenta analisi dell’art. 63 [46] del medesimo decreto emerge chiaramente che in capo ad essi non vi è alcun obbligo di istituire suddetto canone, bensì una “mera facoltà” [47].

Conseguentemente, non soltanto possono decidere autonomamente se instaurare o meno tale canone nei territori di loro competenza, nonché escludere l’irrogazione della tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) [48], ma suddetta facoltà si colloca in totale armonia con il disposto dell’art. 117 [49] della Costituzione e con il principio di sussidiarietà in esso sancito.

Volendo analizzare nello specifico un regolamento in materia di COSAP, è possibile soffermarsi a quello istituito dal Comune di Roma denominato Regolamento in materia di occupazione suolo pubblico (OSP) e del canone (COSAP), comprensivo delle norme attuative del P.G.T.U., per disciplinare i procedimenti di richiesta, rilascio, rinnovo e revoca della concessione per l'occupazione di suolo pubblico, come pure i criteri di determinazione e applicazione del relativo canone, rammentando che il Comune di Roma, in quanto ente comunale, ha piena autonomia in materia.

Dal punto di vista strutturale, il Regolamento in esame è composto da 24 articoli, suddivisi in due capi: il primo, denominato «disposizioni generali» enuncia, immediatamente, l’ambito di applicazione e le sue finalità; il secondo, invece, sancisce la disciplina del canone per l’occupazione.

L’ambito di applicazione di suddetta fonte secondaria è piuttosto ampio, poiché comprende le occupazioni di strade, aree e relativi spazi, soprastanti e sottostanti, che appartengono al demanio o patrimonio indisponibile del Comune di Roma, nonché di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio, costituita nei modi e termini di legge, e dei tratti di strada interni al centro abitato, di cui all'articolo 2, comma 7, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 [50]; inoltre, è lo stesso Regolamento a precisare, per evitare fraintendimenti semantici, quale significati attribuire ai termini “occupazione” e “concessione”.

Di particolare interesse è l’analisi dell’art. 14 sull’occupazione abusiva, considerando che si intende per tale l’occupazione realizzata senza il rilascio dell’atto di concessione, l’occupazione eccedente lo spazio autorizzato, l’occupazione non rimossa alla scadenza, all’estinzione, modifica, sospensione, revoca, disdetta o annullamento dell’atto di concessione [51].

A tal proposito, la consolidata giurisprudenza di legittimità ha affermato che «il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche va inteso quale corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici e che esso, pertanto, è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all'uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all'utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae il singolo» [52].

Tale indirizzo giurisprudenziale trova conferma nella risalente sentenza n. 18037/09 della Corte di Cassazione, Sezione tributaria, secondo cui «persino qualora il proprietario del suolo gravato da servitù pubblica di passaggio sostituisca una parte del piano di calpestio con griglie al fine di migliorare il godimento dei locali sottostanti al suolo, egli è tenuto al pagamento del canone ugualmente, giacché viene a godere di un'utilizzazione particolare dell'area stessa, che costituisce il presupposto per l'applicazione del relativo corrispettivo. Ne discende che in caso di cessione dell’area al demanio comunale sulla quale il privato cedente continui di fatto a fruire di spazi e opere, si verifica il presupposto del canone, in quanto si è realizzata la limitazione dell'uso pubblico, irrilevante essendo la priorità temporale della occupazione dell'area rispetto alla sua acquisizione al demanio pubblico. Infatti, in tale ipotesi il protrarsi della occupazione, dopo l'acquisizione alla mano pubblica, integra pacificamente il presupposto dell'applicazione del canone, se l'occupazione stessa non è accompagnata da un altro titolo che la sottragga alla relativa pretesa» [53] ; inoltre, con la medesima pronuncia la Corte afferma anche che «il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, istituito dall'art. 63 d.lgs. n. 446/1997, come modificato dall'art. 31 L. 448/1998, è stato concepito dal legislatore come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dalla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche. Esso è, infatti, configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici ed è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all'uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all'utilizzazione particolare (o eccezionale) che ne trae il singolo. Ne deriva che è obbligato al pagamento del canone il condominio che abbia sostituito con griglie una parte del piano di calpestio di un’area gravata da servitù pubblica di passaggio, al fine di migliorare il godimento dei locali sottostanti al suolo, e ciò in quanto esso gode di un’utilizzazione particolare dell’area medesima [54]».

Passando all’analisi del Capo II, denominato “Canone per l’occupazione”, esso stabilisce che è dovuto a Roma Capitale un canone, determinato direttamente dal Comune sulla base della tariffa e dei coefficienti moltiplicatori e le tariffe sono ponderate, ai sensi dell’art. 17, secondo il valore economico della disponibilità dell'area, il sacrificio imposto alla collettività e gli interessi pubblici connessi all’occupazione; invece, i coefficienti moltiplicatori sono stabiliti per specifiche attività, anche in relazione alle modalità di occupazione, e si applicano all’intera area occupata.

In conclusione, si sottolinea che il Regolamento fin ora analizzato si applica a tutte le concessioni esistenti al 1° gennaio 1999, nonché a quelle rilasciate, anche in sede di rinnovo, a decorrere da tale data e in seguito dell’art. 63 d.lgs. del 15 dicembre 1997, articolo tuttavia abrogato dalla L. 27 dicembre 2019, n. 160.

4. Le pronunce giurisprudenziali sulla concessione formale: presupposto necessario per l’applicazione del COSAP?

Prima di analizzare le più significative pronunce giurisprudenziali emesse dalla Corte di Cassazione relativamente al COSAP, è necessaria una delucidazione preliminare con riferimento al motivo che ha portato, da un lato, all'emissione di cospicuo numero di sentenze sull’argomento e, dall’altro, ad una grande incertezza del diritto.

Diverse sono state nel tempo le posizioni assunte dalla Suprema Corte rispetto alla configurazione del canone COSAP[55], soprattutto alla luce del radicato dibattito - particolarmente sentito, sia in dottrina, che in giurisprudenza - relativo alla natura della concessione formale, volto a chiarificare se quest’ultima fosse o meno propedeutica alla richiesta del pagamento del canone.

Il problema è risalente nel tempo, difatti nasce contemporaneamente all’introduzione del canone COSAP, in quanto il d.lgs. n. 446 del 15 dicembre 1997[56], in primo luogo, non esplicita se la concessione formale sia o non sia un elemento presupposto per l’irrogazione del canone, e in secondo luogo, non chiarifica se alla base del canone vi sia la semplice occupazione, c.d. de facto, o se, invece, vi possa essere esclusivamente un’occupazione autorizzata, instaurata mediante un atto di concessione da parte del Comune.

Occorre dare atto che, secondo parte della giurisprudenza, il canone COSAP risulta configurato come «corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici» [57] e che secondo altra parte, al contrario, si ritiene che l'obbligo del pagamento del prezzo del canone da parte del privato trovi la sua fonte nel provvedimento autorizzativo, essendo che «il soggetto tenuto al pagamento del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), è sempre il titolare della concessione, essendo irrilevante che il bene cui inerisce l'occupazione sia successivamente locato o concesso in godimento a terzi, atteso quanto previsto dall'art. 63, comma 1, d.lgs. 15 dicembre 1997 n. 446».

In ogni caso, la giurisprudenza ad oggi è abbastanza unanime e sembra aver trovato una risposta al quesito, ritenendo che il canone per l'occupazione di spazi e aree pubblici (COSAP), quale prestazione di natura patrimoniale, dev'essere considerato come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal tributo dovuto per la medesima occupazione (TOSAP), in quanto il canone è configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici e non già dovuto per la sottrazione al sistema della viabilità di un'area o spazio pubblico[58].

Infatti, molte sono le recenti pronunce giurisprudenziali che considerano l’obbligazione del canone discendente direttamente ex lege dalla materiale occupazione (de facto o legittima) del suolo pubblico/asservito all’uso pubblico e non dal provvedimento amministrativo di concessione, la cui eventuale presenza vale unicamente a rendere legittima l’occupazione[59].

A tal proposito è utile analizzare una sentenza[60] particolarmente importante, nonché risalente nel tempo, attualmente alla base di tutte le più recenti sentenze conformi all’orientamento che vede il canone COSAP come dovuto al di là dell’atto di concessione.

Nello specifico, la controversia vedeva un Condominio opporsi alla richiesta di pagamento del canone COSAP avanzata da parte del Comune, relativamente alla costruzione di intercapedini e griglie[61] realizzate dalla ditta costruttrice sul marciapiede che correva intorno all'edificio.

Corre l’obbligo di evidenziare anche un altro aspetto interessante di questa pronuncia, ossia che il ricorso originario veniva proposto dal Condominio innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, con la ferma opposizione del Comune che, prima dell'infondatezza nel merito, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice adito a favore del giudice ordinario.

Circa il primo aspetto, la Corte statuiva che «il COSAP si applica in via alternativa al tributo denominato TOSAP, precisando che detto canone, da un lato, è stato concepito dal legislatore come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal tributo (TOSAP) in luogo del quale può essere applicato e, dall'altro, risulta disegnato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici. Tali decisioni circa la natura non tributaria del COSAP, che - per il numero elevato, la sostanziale identità di contenuto e la funzione nomofilattica dell'organo decidente - costituiscono diritto vivente, prospettano una ricostruzione plausibile dell'istituto, non in contrasto con i sopra ricordati criteri elaborati dalla giurisprudenza costituzionale per individuare le entrate tributarie ed esonera la Consulta dal procedere ad una autonoma valutazione circa la natura del COSAP».

Circa il secondo aspetto, invece, la Corte decideva che, in armonia con il disposto della Corte Costituzionale, «la giurisdizione del giudice tributario deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto[62], in quanto l'identità della "natura" delle materie oggetto delle giurisdizioni speciali specificamente nominate nella Costituzione costituisce una condizione essenziale perché le modifiche legislative di tale oggetto possano qualificarsi come una consentita "revisione" dei giudici speciali e non come una vietata introduzione di un "nuovo" giudice speciale», concludendo così per la giurisdizione del giudice ordinario in materia COSAP.

Per i motivi sopra esposti, il Giudice di legittimità accoglieva il ricorso proposto dal Comune e rimetteva la causa dinanzi il giudice ordinario territorialmente competente.

Tale pronuncia è una svolta decisiva per la giurisprudenza; poiché, oltre che a rappresentare al meglio la funzione nomofilattica esercitata dalla Corte Suprema, che ha, in tale sede, non solo chiarito il presupposto in base al quale è possibile richiedere il canone COSAP, ma anche esplicitato la sua funzione e, di conseguenza, l’organo che ha la giurisdizione a riguardo, ha posto fine - per quanto possibile - all’incertezza del diritto sull’argomento.

In conclusione, è possibile giungere alla considerazione che l’orientamento[63] verso il quale si sta andando, in conformità con le ultime pronunce della Corte di Cassazione, è di ritenere applicabile il COSAP a prescinde dalla “natura” dell'occupazione, non facendo alcun riferimento agli atti di concessione i quali, sembrano essere per il legislatore del tutto irrilevanti, visto che l'imposizione colpisce anche le occupazioni senza titolo.

5. Considerazioni conclusive

Nel presente lavoro è stata descritta l’evoluzione normativa del canone COSAP e, in particolare, la relativa distinzione dal tributo TOSAP, al fine di analizzarne l’ambito di applicazione e i presupposti che devono necessariamente sussistere per rendere legittima la pretesa tributaria da parte dell’ente locale.

Fondamentale è stata la riforma costituzionale del 2001 che ha rappresentato una vera svolta giuridica in quanto, per la prima volta, è stata riconosciuta la potestà legislativa esclusiva per le autonomie territoriali in materia di tributi, menzionando espressamente nell’art. 114 Cost. le Province, le Città metropolitane, i Comuni, le Regioni, tra gli enti che costituiscono la Repubblica, e attribuendo all’ente Città metropolitana una rilevanza costituzionale.

Inoltre, sempre in forza della menzionata riforma, oggi gli enti locali possono godere di una grande libertà, tant’è che possono stabilire se istituire o meno un determinato tributo, determinare i soggetti destinatari dello stesso, nonché la fattispecie imponibile: ciò grazie alla “facoltà” attribuita ai Comuni di istituire il canone COSAP e di disciplinarne la regolamentazione, pur sempre nei limiti predisposti dal d.lgs. n. 446 del 15 febbraio 1997.

È stata data particolare importanza alle principali differenze che vi sono tra la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap) e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap), sottolineando la loro diversa natura, tenendo presente che la più rilevante questione a riguardo è inerente alla natura giuridica, poiché la TOSAP è un’entrata tributaria e, invece, la COSAP un’entrata di carattere patrimoniale.

Il canone COSAP, come si è visto, presenta in sede applicativa notevoli incertezze[64] ed è proprio questo l’elemento che più lo condiziona e che dà adito, conseguentemente, a numerosi contenziosi volti a determinare la natura della concessione amministrativa: ciò è dipeso, come visto, dalla mancata esplicazione, da parte del legislatore, sulla qualifica di detta concessione quale presupposto necessario o meno per l’istituzione del canone, con la conseguenza che insorge dubbio anche sul fatto se la semplice occupazione c.d. de facto possa essere oggetto di COSAP.

A tale quesiti, come visto, ha cercato di dare una risposta la giurisprudenza, il cui orientamento prevalente sostiene l’applicabilità del COSAP a prescindere dalla natura dell’occupazione.

Sulla scia di tali criticità, è con la legge di Bilancio n. 160 del 27.12.2019, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre 2019, che è stato introdotto, in sostituzione di TOSAP e COSAP, il Canone Unico per il commercio su aree pubbliche a decorrere dal 1° gennaio 2021; dunque, a partire da tale data, i Comuni sono stati obbligati ad applicare esclusivamente tale "nuovo" Canone Unico per il commercio su aree pubbliche.

Tale abrogazione è sembrata essere in linea con la “tendenza”, ormai seguita dal legislatore da diversi anni, di non riuscire, in materia tributaria, a trovare una stabilità né, tantomeno, a garantire una certezza del diritto, cambiando continuamente le denominazioni, ma concretamente lasciando inalterate le discipline degli stessi.

Il "nuovo" Canone, difatti, rammostra il medesimo ambito di applicazione del canone COSAP, comprendendo le aree comunali dove è possibile effettuare una occupazione e anche i tratti di strada situati all’interno di centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti.

L’auspicio, pertanto, è che tale Canone possa finalmente aver posto fine ai numerosi contenziosi derivati dalla incertezza interpretativa lasciata in eredità dal legislatore e relativa, come visto, alla specifica configurazione della concessione che è stata intesa, talvolta, quale presupposto necessario, altre, come un elemento volto solo a determinare esclusivamente la liceità dell’occupazione e non incidente, invece, sulla facoltà di richiedere il canone.


Note e riferimenti bibliografici

[1] L. PERRONE, La sovranità impositiva tra autonomia e federalismo, in Riv. dir. trib., fasc. n. 11/2004, pp. 1173 ss.

[2] G. FRANSONI, “La territorialità dei tributi regionali e degli enti locali”, in Riv. dir. trib., fasc. n. 10/2011, pp. 807 ss.

[3] Prima dell’entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001, l’art. 119 Cost. prevedeva che «1. Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni. 2. Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali. 3. Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali. 4. La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica».

[4] Pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 135 del 12 giugno 1990 – Supplemento Ordinario n. 42.

[5] Pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 257 del 31 ottobre 1992 – Supplemento Ordinario n. 118.

[6] Pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 298 del 23 dicembre 1997 – Supplemento Ordinario n. 252.

[7] La legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n 3, pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 248 del 24 ottobre 2001, ha apportato innumerevoli modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.

[8] Per approfondire: L. DEL FEDERICO, L’autonomia tributaria delle regioni ed i principi di coordinamento della finanza pubblica: con il progetto Giarda bis verso l’attuazione dell’art. 119, in Riv. dir. fin., fasc. n. 3/2007, pp. 395 ss.

[9] Inoltre, l’art. 117, comma 1, Cost. sancisce che «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», si può constatare un’equiparazione della legge regionale e statale, in quanto sono previste per entrambe i medesimi limiti normativi, M. RUOTOLO, Le autonomie territoriali, in F. Modugno (a cura di), Diritto pubblico, Torino, 2015, pp. 511 ss.

[10] Infatti, l’articolo 1, comma 3, della legge n. 131/2003 prevede che «Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell'ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti».

[11] Pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 132 del 10 giugno 2003. 

[12] L. PERRONE, La sovranità impositiva tra autonomia e federalismo, cit., pp. 1174-1183.

[13] Sebbene nel testo originario della Costituzione l’autonomia finanziaria degli enti non veniva menzionata, se non il riconoscimento alle sole Regioni “nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica”, un elemento necessario per assicurare l’autonomia di un ente è sicuramente l’autosufficienza finanziaria, intesa come la possibilità di disporre di fondi propri per raggiungere dei fini programmati, M. RUOTOLO, Le autonomie territoriali, cit., pp. 532-533.

[14] Corte Cost., sentenza 26 gennaio 2004, n. 37.

[15] G. SCANU, L'autonomia tributaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, Torino, 2017, pp. 11-12.

[16] Pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 103 del 6 maggio 2009.

[17] Per federalismo fiscale intendiamo un sistema di gestione e condivisione di competenze degli strumenti fiscali tra i diversi livelli di governo, per raggiungere una migliore efficienza, devolvendo alcuni poteri e funzioni alle autonomie locali, M. VILLANI, Federalismo fiscale: il sistema dei tributi locali tra centralismo ed autonomia, pubblicato il 5 aprile 2011, in www.altalex.com.

[18] Pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 95 del 23 aprile 2012.

[19] T. MARTINES, Diritto Costituzionale, Milano, 2017, pp. 731-733.

[20] A sostegno di ciò, l’art. 11 della legge n. 131/2003 sancisce che «per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, nonché dall'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».

[21] L. PERRONE, La sovranità impositiva tra autonomia e federalismo, cit., pp. 1177-1179.

[22] G. FALSITTA, Corso istituzionale di diritto tributario, Padova, 2019, pp. 31-32.

[23] Pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 288 del 9 dicembre 1993 – Supplemento Ordinario n. 108.

[24] Pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 302 del 29 dicembre 1998 – Supplemento Ordinario n. 210.

[25] B. BATTAGLIONE, Guida ai tributi minori: Cosap, Tosap, imposta sulla pubblicità, canone installazione mezzi pubblicitari, Torriana, 2010, pp. 8-12.

[26] Cass. civ., Sez. IV, sentenza 1° giugno 2016, n. 11450.

[27] P. ACCOTI, L’apposizione di griglie su suolo comunale è occupazione di suolo pubblico e sconta La TOSAP, pubblicato il 24 giugno 2016, in www.diritto.it.

[28] I. GEROLAMO, Le agevolazioni nei tributi locali: con tabelle riepilogative su Tarsu, Imposta comunale sulle pubblicità, diritti sulle pubbliche affissioni, Tosap, Ici, Ipt, agevolazioni di carattere generale, Milano, 2002, pp. 147-150.

[29] R. SUCCIO, TOSAP e imposta sulla pubblicità: interpretazione e applicazione delle norme, Napoli, 2003, p. 21.

[30] G. PUOTI, I tributi locali: procedimento sanzionatori e di riscossione coattiva, impugnazioni degli atti ed opposizioni, Padova, 2005, p. 69.

[31] M. VILLANI, L. MORCIANO, TOSAP, in M. VILLANI, L. MORCIANO, F. ATTANASI, A. VILLANI, A. VILLANI, (a cura di), Difendersi dai tributi dell'ente locale: Tosap, Cosap, Ici, Imu, Icp, Imposta di soggiorno, Tarsu, Tia, Tari, Tasi: con modello di ricorso e istanza di mediazione, Bologna, 2019, pp. 44-46.

[32] B. BATTAGLIONE, Guida ai tributi minori: Cosap, Tosap, imposta sulla pubblicità, canone installazione mezzi pubblicitari, cit., pp. 115-116.

[33] R. SUCCIO, TOSAP e imposta sulla pubblicità: interpretazione e applicazione delle norme, cit., pp. 66-69.

[34] G. IELO, Tosap-Cosap: il D. Lgs. n. 507 e il D. Lgs. n. 446 commentati, le norme complementari, i regolamenti, i modelli, cit., pp. 25-28.

[35] Pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 298 del 23 dicembre 1997 – Supplemento Ordinario n. 252.

[36] Ai sensi dell’art. 2, comma 7, C.d.S., «Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell'interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti».

[37] G. PUOTI, I tributi locali: procedimento sanzionatori e di riscossione coattiva, impugnazioni degli atti ed opposizioni, cit., pp. 26-30.

[38] G. IELO, Tosap-Cosap: il D. Lgs. n. 507 e il D. Lgs. n. 446 commentati, le norme complementari, i regolamenti, i modelli, Milano, 2010, pp. 69-73.

[39] L’art. 20, commi 4 e 5, del C.d.S prevede che «Chiunque occupa abusivamente il suolo stradale, ovvero, avendo ottenuto la concessione, non ottempera alle relative prescrizioni, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 173 a euro 694. La violazione di cui ai commi 2, 3 e 4 importa la sanzione amministrativa accessoria dell'obbligo per l'autore della violazione stessa di rimuovere le opere abusive a proprie spese, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI».

[40] G. PUOTI, I tributi locali: procedimento sanzionatori e di riscossione coattiva, impugnazioni degli atti ed opposizioni, cit., pp. 31-32.

[41] Infatti, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 61 del 7 gennaio 2016, hanno precisato che «dato atto della diversa natura giuridica del COSAP rispetto alla TOSAP innanzi richiamata, il giudice delle leggi, con sentenza n. 64 del 2008, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 3 bis, 2, lett. b), della legge n. 248 del 2005, sì che è stato ristabilito che spettano alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative al canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche. Pertanto, componendo il conflitto, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, I. GENNARO, COSAP, “la giurisdizione è del Giudice Ordinario”, pubblicato il 9 febbraio 2016, in iltributario.it.

[42] L. LOVECCHIO, La tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche e l’addizionale comunale all’IRPEF, in L. DE VICO, G. DEBENEDETTO, L. LOVECCHIO, A. MAGLIARO, F. RUFFIANO, A. F., URICCHIO (a cura di), Manuale dei tributi locali: Imu, Tasi, Tari, imposta sulla pubblicità, imposta di scopo, Tosap, addizionale comunale all'Irpef, imposta di soggiorno e imposta di sbarco, Sarcangelo di Romagna, 2018, p. 848.

[43] Cass. civ., Sez. I, ordinanza 19 aprile 2022, n. 12482.

[44] Per approfondire: G. PUOTI, I tributi locali: procedimento sanzionatori e di riscossione coattiva, impugnazioni degli atti ed opposizioni, cit., pp. 26-32.

[45] I. GEROLAMO, Le agevolazioni nei tributi locali: con tabelle riepilogative su Tarsu, Imposta comunale sulle pubblicità, diritti sulle pubbliche affissioni, Tosap, Ici, Ipt, agevolazioni di carattere generale, cit., pp. 179-180.

[46] L’articolo in questione prevede che «I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell'articolo 52, escludere l'applicazione, nel proprio territorio, della tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche, di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507».

[47] L. PASQUINI, La sostituzione della Tosap con la Cosap, in C. Cava, E. DINA, A. DONATTI, C. GAROFANI, G. GRIPPA, L. PASQUINI, L. ROVATTI (a cura di) I regolamenti ICI e COSAP (D. Lgs. 446/97): guida per l'adozione dei regolamenti sull'ICI e sulla COSAP, Milano, 1998, pp. 7-21.

[48] L’art. 31, comma 14, della L. n. 448/1998, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 302 del 29 dicembre 1998 - Supplemento ordinario n. 210, in materia di misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, ha reintrodotto tale tassa, precedentemente abrogata dalla D.lgs. n. 446/1997.

[49] Ai sensi del suddetto articolo: «Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riversata alla legislazione dello Stato».

[50] Per completezza, si evidenzia che, invece, il presente Regolamento non si applica alla concessione di aree prestabilite dalla Giunta Comunale e assegnate con procedimento ad evidenza pubblica, salvo le disposizioni generali del Capo I in quanto compatibili.

[51] Per la rimozione delle occupazioni abusive, il responsabile del procedimento notifica, anche in virtù dei poteri conferiti all'Autorità amministrativa dall'articolo 823, comma 2, del Codice civile, con immediatezza al trasgressore l'ordine di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi, entro un termine non superiore a 7 (sette) giorni; decorso inutilmente tale termine, ovvero in caso di necessità e urgenza, il ripristino dell'area occupata sarà effettuato d'ufficio. Le spese di ripristino sono dovute, in solido, da coloro che hanno contribuito a realizzare l'occupazione abusiva.

[52] Cass. civ., Sez. II, sentenza del 9 ottobre 2020, n. 21852.

[53] Cass. civ. Sez. trib., sentenza del 6 agosto 2009, n. 18037.

[54] Ibid.

[55] Per approfondire: M. VILLANI, L. MORCINAO, COSAP, in M. VILLANI, L. MORCIANO, F. ATTANASI, A. VILLANI, A. VILLANI (a cura di), Difendersi dai tributi dell'ente locale: Tosap, Cosap, Ici, Imu, Icp, Imposta di soggiorno, Tarsu, Tia, Tari, Tasi: con modello di ricorso e istanza di mediazione, cit., pp. 53-65.

[56] Ai sensi dell’art. 63 del D.lgs. 446/1997: “I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell'articolo 52, prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa. Il pagamento del canone può essere anche previsto per l'occupazione di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio costituita nei modi di legge. Agli effetti del presente comma si comprendono nelle aree comunali i tratti di strada situati all'interno di centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti, individuabili a norma dell'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”.

[57] Cass. civ., Sez. I, ordinanza del 19 gennaio 2018, n. 1435.

[58] Cass. civ., Sez. Trib., sentenza del 15 marzo 2022, n.8289.

[59] In tal senso: Cass. civ., Sez. Un., sentenza del 7 maggio 2020, n. 8628; Cass. civ., sez. I, sentenza del 2/05/2019, n. 11551; Cass. civ., sez. I, sentenza del 27 giugno 2019, n. 17296.

[60] Cass. civ., Sez. Un., sentenza del 26 novembre 2008, n.28161.

[61] Sul tema si segnala la recentissima sentenza del Tribunale di Roma del 19 gennaio 2023, n. 1040, a dimostrazione di quanto tale orientamento della Corte di Cassazione venga seguito anche dal Giudice di merito.

[62] Corte Cost., ordinanza del 19 novembre 2007, n. 395.

[63] Conformi a tale orientamento: Cass. civ., Sez. II, ordinanza del 4 maggio 2018, n. 10733; Cass., civ., Sez. II, sentenza del 04 luglio 2018, n. 29447; Cass. civ., Sez. III, ordinanza del 17 ottobre 2019, n. 26290; Cass. civ., Sez. Trib., ordinanza del 30 gennaio 2020, n. 2175; Cass. civ., Sez. Trib., ordinanza del 30 gennaio 2020, n. 2183.

[64] B. BATTAGLIONE, Guida ai tributi minori: Cosap, Tosap, imposta sulla pubblicità, canone installazione mezzi pubblicitari, cit., pp. 115-116.