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Pubbl. Mar, 21 Feb 2023
Sottoposto a PEER REVIEW

Osservazioni a prima lettura sui nuovi ambiti operativi del procedimento a citazione diretta dinnanzi al tribunale in composizione monocratica

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Carla Pansini



Il contributo analizza le novità introdotte dalla c.d. “Riforma Cartabia” in ordine al giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica.


ENG

Observations at first reading on the new operational areas of the direct summons procedure before the court in monocratic composition

The paper analyzes the innovations introduced by the so-called “Cartabia reform” regarding the judgment before the court in monocratic composition.

Sommario: 1. Rilievi preliminari; - 2. L’estensione del procedimento con “citazione diretta” a giudizio; - 3. Il contenuto del decreto di citazione a giudizio; - 4. L’udienza di comparizione predibattimentale; - 5. Osservazioni conclusive.

1. Rilievi preliminari

In attuazione della direttiva n. 103 della legge delega, il codice di rito penale, nella sua versione originaria, aveva dedicato il libro VIII alla disciplina del procedimento per i reati di competenza del pretore. Questo procedimento era caratterizzato dalla massima semplificazione, dalla mancanza dell’udienza pre­liminare e dalla possibilità di procedere a incidente probatorio solo in casi eccezionali.

L’esigenza di maggiore organizzazione e razionalizzazione del sistema e degli uffici giudiziari hanno condotto, con il d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (contenente «Norme in materia di istituzione del giudice unico di pri­mo grado»), alla soppressione della figura del pretore e della relativa Pro­cura circondariale e all’istituzione del giudice unico di primo grado, con attribuzioni ripartite tra Tribunale in composizione collegiale (art. 33 bis c.p.p.) e monocratica (art. 33 ter c.p.p.).

In un secondo momento, la l. 16 dicembre 1999, n. 479 ha interamente sostituito il libro VIII del c.p.p. che oggi disciplina il procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica, investendolo di un perimetro più ampio rispetto a quello un tempo destinato al pretore[1] e che assorbe, ad oggi, il flusso di procedimenti in ingresso dalle Procure di gran lunga più cospicuo.

Da ultimo, il recente d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. “Riforma Cartabia”), attuativo della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, ha rimodulato tale procedimento, disponendo in primis un’ampia estensione del catalogo dei reati per cui l’azione penale va esercitata mediante citazione diretta a giudizio (art. 552 c.p.p.) e, per il giudizio di primo grado, prevedendo una inedita udienza di comparizione predibattimentale, con lo scopo di far fronte all’istanza, fortemente avvertita, di congegnare un filtro che potesse scongiurare la celebrazione di dibattimenti inutili, se non addirittura azzardati. Obiettivo principale: assicurare la semplicità, la concentrazione, l’effettività della tutela e la ragionevole durata del processo anche attraverso la valorizzazione della prima udienza di comparizione e incentivando la partecipazione personale delle parti e la conciliazione delle stesse.

Su queste novità va svolta qualche considerazione critica che, tuttavia, non può prescindere da un inquadramento sistematico.

Occorre premettere che il processo davanti al giudice monocratico si instaura secondo due diversi percorsi: uno, che segue le norme ordinarie stabilite per il procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale; l’altro, introdotto dalla citazione diretta a giudizio - oggi preceduta da una udienza predibattimentale - emessa dal pubblico ministero per i reati individuati espressamente dall’art. 550 c.p.p., da celebrarsi davanti ad un giudice diverso da quello dell’eventuale dibattimento. Alcuna differenza riguarda la fase delle indagini preliminari, la cui regolamentazione è sempre unica, indipendentemente dall’attribuzione monocratica o collegiale del dibattimento.

Va, poi, precisato che la disciplina in esame, oltre a prevedere tratti di autonomia con riferimento alla fase introduttiva e centrale del dibattimento, presenta taluni aspetti di specialità anche rispetto ai procedimenti differenziati (patteggiamento, rito abbreviato, decreto penale, giudizio direttissimo) imponendo, in proposito, una peculiare disciplina (artt. 555, comma 2, 556, 557, 558 c.p.p.).

Un completamento specifico è, poi, presente tra le disposizioni di attuazione al codice (capo XII del titolo I del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271).

2. L’estensione del procedimento con “citazione diretta” a giudizio

Si è anticipato come nei procedimenti di competenza del tribunale in composizione monocratica il pubblico ministero, dopo aver notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, può esercitare l’azione penale nelle forme della citazione diretta a giudizio, atto tramite cui si approda immediatamente ad una udienza predibattimentale dinanzi al giudice monocratico.

Le ipotesi che autorizzano la scelta della citazione diretta sono contemplate nell’art. 550 c.p.p. Queste vengono individuate secondo un criterio quantitativo (art. 550, comma 1, c.p.p.) e qualitativo (art. 550, comma 2, c.p.p.): si tratta di contravvenzioni e delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva, ovvero di una serie di altri reati puniti con pena superiore e dal legislatore indicati specificamente.

Nonostante la proposta della Commissione Lattanzi – istituita dal Ministro Cartabia nel marzo del 2021[2] - di circoscrivere l’istituto dell’udienza preliminare ai procedimenti relativi ai reati di competenza della corte di assise e del tribunale in composizione collegiale (salve ipotesi specificamente previste), sì da ridurre radicalmente l’incidenza statistica di tale udienza[3], il legislatore delegante, viceversa, si è limitato a dare indicazione di ampliare il catalogo di reati attribuiti al tribunale in composizione monocratica rispetto ai quali non va celebrata tale udienza, individuando le fattispecie unicamente nell’ambito dei delitti «puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni, anche se congiunta alla pena della multa, che  non presentino rilevanti difficoltà di accertamento».

Così, nell’attuare la delega, il legislatore, lasciando inalterato il comma 1 dell’art. 550 c.p.p. - con la previsione della soglia generale dei delitti puniti con pena fino a quattro anni di reclusione - all’art. 32, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 è intervenuto sull’art. 550, comma 2, c.p.p. ampliando in modo significativo il ventaglio dei reati per i quali si ricorre al procedimento a citazione diretta. Si tratta di reati più vari, di una rilevante incidenza statistica, che vanno dalla truffa aggravata (art. 640 cpv. c.p.), alla frode in assicurazione (art. 642 c.p.) e all’appropriazione indebita (art. 646 c.p.) sino alla istigazione a delinquere (art. 414 c.p.).

Sul punto, la Relazione ha chiarito che l’opzione di inserire nel novero dei reati a citazione diretta tendenzialmente reati che presuppongono condotte che avvengono in pubblico, dinnanzi ad una pluralità di soggetti potenziali testimoni, si basa sulla considerazione che non implicano investigazioni complesse e, per di più, il loro accertamento si basa essenzialmente su circostanze di fatto: trattasi, peraltro, di procedimenti per reati per i quali molto spesso sono i querelanti a farsi parti attive, producendo documenti o indicando persone informate sui fatti[4].

Nel tentativo di razionalizzare il trattamento processuale di reati contenuti nel medesimo articolo ma che prevedono pene diverse o circostanze aggravanti ad effetto speciale per fattispecie tutto sommato uniformi in punto di difficoltà di accertamento, il legislatore delegato ha allineato la procedura, estendendo l’ambito della citazione diretta a giudizio, pur sempre entro i confini consentiti dalla delega. Ne sono esempio l’esercizio abusivo di una professione aggravata per chi determina/dirige l’attività (art. 348, comma 3, c.p.); l’interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità aggravata dalla qualifica di capi, promotori, organizzatori (art. 340, comma 3, c.p.); la procurata inosservanza di pena in caso di delitto (art. 390 c.p.); la violazione di domicilio aggravata (art. 614 ultimo comma c.p.) ovvero il danneggiamento di cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in pubblico o in luogo aperto al pubblico (art. 635, comma 3, c.p.).

In altri termini, il procedimento a citazione diretta diventa la regola o, quanto meno, il percorso privilegiato.

3. Il contenuto del decreto di citazione a giudizio

Nei procedimenti per taluni dei reati previsti dall’art. 590, comma 3, c.p. e per quelli previsti dall’art. 590 bis del medesimo codice, il decreto di citazione deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari e la data di comparizione di cui al comma 1, lett. d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto (l. 23 marzo 2016, n. 41).

Il decreto di “citazione diretta” a giudizio va notificato a pena di nullità all’imputato, al suo difensore e alla persona offesa almeno sessanta giorni (quarantacinque nei casi di urgenza) prima della data fissata per l’udienza di comparizione predibattimentale (art. 552, comma 3, c.p.p.) ed è depositato nella segreteria del pubblico ministero (art. 552, comma 4, c.p.p.).

Ha un contenuto obbligatorio, precisato nell’art. 552 c.p.p. e rimodulato dal legislatore delegato proprio per assicurare la duplice esigenza di effettuare correttamente la vocatio in iudicium dell’imputato e di sollecitare quest’ultimo ad esercitare i suoi diritti difensivi, anche optando per i riti speciali o per alternative conciliative.

In particolare, deve contenere: le generalità dell’imputato e le altre indicazioni personali idonee a identificarlo, le generalità delle altre parti private, con indicazione dei difensori (art. 552, comma 1, lett. a); l’indicazione della persona offesa, se già identificata (art. 552, comma 1, lett. b); l’enun­ciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, dovendo essere indicati anche i relativi articoli di legge (art. 552, comma 1, lett. c); l’avviso che l’imputato ha la facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da un difensore d’ufficio (art. 552, comma 1, lett. e); l’avviso che, in presenza dei presupposti previsti per legge, l’imputato, prima della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, può richiedere il giudizio abbreviato, l’applicazione della pena su richiesta delle parti, la sospensione del processo con messa alla prova[5] ovvero presentare domanda di oblazione (art. 552, comma 1, lett. f); l’avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato presso la cancelleria del giudice (e non più, come in passato, presso la segreteria dell’organo requirente) e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia (art. 552, comma 1, lett. g); la data e la sottoscrizione del pubblico ministero e dell’ausiliario che lo assiste (art. 552, comma 1, lett. h).

A questi avvisi già previsti nella previgente formulazione dell’art. 552 c.p.p., il legislatore del 2022 ha affiancato l’avviso all’imputato e alla persona offesa della facoltà di accedere a un programma di giustizia riparativa.

Non solo. Adeguandosi alle nuove previsioni, il decreto dovrà, altresì, contenere l’indicazione del giudice competente per l’udienza di comparizione nonché del luogo, del giorno e dell’ora della comparizione e l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in assenza[6]. Nell’ipotesi in cui manchino o siano insufficienti l’i­dentificazione dell’imputato ovvero una delle indicazioni previste alle lett. c), d), e), f), il decreto è nullo (art. 552, comma 2, c.p.p.). Il decreto è altresì nullo qualora non sia stato preceduto dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis ovvero dall’invito a presentarsi per rendere interrogatorio ai sensi dell’art. 375, co. 3, se richiesto dalla persona sottoposta alle indagini.

Le parti, a pena di inammissibilità, dovranno depositare alme­no sette giorni prima della data fissata per l’udienza le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell’art. 210 c.p.p. di cui intendono chiedere l’esame (art. 555, comma 1, c.p.p.).

4. L’udienza di comparizione predibattimentale

La vera novità introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 resta, comunque, l’udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta a giudizio per gli auspicabili rilevanti effetti deflattivi del giudizio di primo grado[7].  

Già prevista nell’originario “d.d.l. Bonafede” (art. 6 d.d.l. A.C. 2435, recante «Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso la corte d’appello»)[8], questa si svolge in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato (art. 554 bis, comma 1 c.p.p.).

Invero, l’art. 1, comma 12 della l. 27 settembre 2021, n. 134 aveva delegato il Governo a prevedere un’innovativa udienza filtro, destinata a operare davanti al tribunale in composizione monocratica nell’alveo dei procedimenti a citazione diretta ex art. 550 c.p.p., la cui introduzione veniva giustificata con la necessità di configurare anche rispetto a quei reati dove è prevista la citazione diretta a giudizio «un vaglio volto a evitare la comunque onerosa celebrazione di dibattimenti inutili, quando appaia scontato o notevolmente probabile che essi abbiano a concludersi con il proscioglimento»[9].

 Sul punto, la Commissione Lattanzi aveva evidenziato come, da un lato, l’innovativo filtro giudiziale nei procedimenti a citazione diretta di cui all’art. 550 c.p.p. si giustificasse con l’«elevatissimo numero di esiti assolutori che si registra nei procedimenti in questione»; dall’altro lato, non poteva trascurarsi l’«esigenza logico-sistematica di affidare al controllo preventivo del giudice la corretta applicazione, da parte del pubblico ministero, del criterio di giudizio sotteso alla decisione di esercitare l’azione penale»[10].

L’art. 32, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 non ha disatteso le indicazioni della delega, costruendo una disciplina che abbraccia a tutto tondo i profili della nuova «udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta» (così la rubrica dell’art. 554-bis c.p.p.)[11].

La nuova udienza svolge fondamentalmente due funzioni.

Una prima, deflattiva-anticipatoria, consente al giudice un controllo giurisdizionale sull’imputazione e di chiudere subito il processo ogni qual volta il compendio investigativo non abbia concrete possibilità di portare ad un positivo accertamento della responsabilità penale dell’imputato ovvero ci sia richiesta di procedimenti speciali.

La seconda, organizzativa, consente una corretta instaurazione del contraddittorio. In questa cornice, il giudice procederà ad effettuare tutti gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti e se l’imputato non è presente, si applicano le disposizioni relative alla dichiarazione di assenza. Subito dopo questo momento, andranno proposte tutte le questioni preliminari di cui all’art. 491 c.p.p., che verranno decise immediatamente dal giudice e non potranno essere riproposte successivamente nell’eventuale udienza dibattimentale (art. 554 bis, comma 3 c.p.p.).

Non può tralasciarsi qualche considerazione sul giudice competente a svolgere tale udienza, a cui vengono riconosciuti precisi compiti, indubbiamente mutuati dal modello dell’udienza preliminare[12].

Dopo un lungo dibattito, la scelta è caduta sul giudice del tribunale, ancorché diverso da quello che procederà eventualmente al dibattimento, e non sul g.i.p. Siffatto giudice è stato ritenuto il più idoneo a valutare «la sufficienza o meno degli elementi raccolti dal pubblico ministero a determinare la condanna dell’imputato», in quanto giudice che, «nella sua tipica attività, applica le regole del giudizio sulla imputazione».

Considerazioni validissime che, tuttavia, non attenuano i dubbi legati all’impatto organizzativo di una tale previsione, legato all’incompatibilità del giudice investito della trattazione dell’“udienza-filtro” con l’eventuale successiva celebrazione del dibattimento.

Se il reato è perseguibile a querela, in via preliminare il giudice dovrà verificare se il querelante presente sia disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione (art. 554 bis, comma 4 c.p.p.).

Qualora, poi, nel decreto di citazione a giudizio il pubblico ministero non abbia enunciato in forma chiara e precisa il fatto per cui si procede, le circostanze aggravanti o quelle che possono portare ad applicare una misura di sicurezza, il giudice, anche d’ufficio, sentite comunque le parti, inviterà il pubblico ministero a riformulare l’imputazione, restituendogli gli atti, e ad apportare le necessarie modifiche[13] ovvero, a fronte dell’inerzia dell’organo inquirente, disporrà con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero.  L’imputazione modificata sarà contestata e inserita nel verbale d’udienza. Qualora l’imputato non sia presente, nemmeno mediante collegamento a distanza, il giudice sospenderà il processo, rinvierà ad una nuova udienza e farà notificare il verbale all’imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza (art. 554 bis, commi 5 e 6 c.p.p.).

Immediatamente dopo la contestazione della nuova imputazione, a pena di decadenza, andrà rilevata o eccepita l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice, qualora il reato risulti attribuibile alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, ovvero la mancata celebrazione dell’udienza preliminare qualora risulti un reato per il quale è prevista tale ultima udienza (art. 554 bis, comma 7 c.p.p.).

Dell’udienza predibattimentale viene redatto verbale in forma riassuntiva.

All’esito dell’udienza il giudice emetterà una sentenza di non luogo a procedere se, sulla base degli atti trasmessi, sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se risulta che il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero che il fatto non sussiste o non costituisce reato, l’imputato non lo ha commesso o non è punibile per qualsiasi causa. Emetterà, altresì, sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti nel corso dell’udienza non consentano una ragionevole previsione di condanna. Il giudice, tuttavia, non potrà pronunciare tale sentenza se ritiene che dal proscioglimento debba conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca (art. 554 ter, comma 1 c.p.p.).

L’udienza predibattimentale è anche la sede per optare per uno dei riti semplificati. Sicché, a pena di decadenza, l’istanza di giudizio abbreviato, di applicazione della pena su richiesta delle parti, di sospensione del processo con messa alla prova ovvero di oblazione andrà proposta prima della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere.

Entro questo stesso termine le parti possono concordare anche l’applicazione di una pena sostitutiva, sulla quale il giudice deve decidere immediatamente o disporre la sospensione del processo, fissando una apposita udienza non oltre sessanta giorni e dandone avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale competente (art. 554 ter, comma 2 c.p.p.).

La sentenza di non luogo a procedere può essere appellata dal procuratore della Repubblica e dal procuratore generale ovvero dall’imputato (salvo che con la sentenza sia dichiarato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso), mentre contro quella pronunciata in grado di appello può essere proposto ricorso per cassazione (art. 554 quater c.p.p.).

In caso di appello del pubblico ministero, la corte, se non conferma la sentenza, fissa la data per l’udienza dibattimentale davanti ad un giudice diverso da quello che ha pronunciato la sentenza appellata ovvero pronuncerà sentenza di non luogo a procedere con una formula meno favorevole per l’imputato, mentre se a presentare appello sia stato l’imputato, potrà confermare la sentenza o pronunciarne una con formula più favorevole.

Le sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa non sono comunque appellabili. 

La sentenza di non luogo a procedere può essere, altresì, revocata su richiesta del pubblico ministero se, dopo la sua pronuncia, sopravvengono o si scoprono nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l’utile svolgimento del giudizio (art. 554 quinquies c.p.p.). Tale richiesta dovrà essere accompagnata dalla trasmissione alla cancelleria del giudice degli atti relativi alle nuove fonti di prova.  Qualora la richiesta di revoca non venga dichiarata inammissibile, il giudice designerà un difensore all’imputato che ne sia privo, fisserà l’udienza in camera di consiglio e ne darà avviso a tutte le parti costituite, al difensore dell’imputato e alla persona offesa. In ultimo, in caso di revoca, il giudice emetterà un’ordinanza ricorribile in cassazione e provvederà a fissare la data della udienza per la prosecuzione del giudizio (art. 554 quinquies c.p.p.).

Qualora, invece, non sussistano le condizioni per pronunciare sentenza di non luogo a procedere e in assenza di richiesta di riti alternativi, il giudice fisserà la data dell’udienza dibattimentale non inferiore a venti giorni dinnanzi ad un giudice diverso per la prosecuzione del giudizio e disporrà la restituzione del fascicolo al pubblico ministero (art. 554 ter, commi 3 e 4 c.p.p.).

5. Osservazioni conclusive

La “vera scommessa pragmatica”[14] della Riforma Cartabia, ovvero l’udienza predibattimentale nel giudizio di primo grado, non convince sino in fondo. Si tratta sicuramente di una rilevante novità strutturale in ordine alla quale dovrà attendersi il concreto funzionamento e, tuttavia, residua qualche perplessità.

Innanzitutto, così come delineata, la differenza con l’udienza preliminare è piuttosto labile[15]; e l’esperienza maturata in questi anni di vigenza del codice di rito in ordine all’udienza preliminare non può certo dirsi positiva[16]. Sicchè, per la tenuta del sistema e per la coerenza con la scelta acceleratoria del legislatore di voler liberare la fase di cognizione da tutte le cause di rallentamento, molto dipenderà dalla capacità selettiva in ingresso del pubblico ministero. Del resto, la Relazione illustrativa delle proposte emendative formulate dalla “Commissione Lattanzi” giustifica tra l’altro l’introduzione di tale udienza predibattimentale «sull’esigenza logico-sistematica di affidare al controllo preventivo del giudice la corretta applicazione, da parte del pubblico ministero, del criterio di giudizio sotteso alla decisione di esercitare l’azione penale».  Così, il filtro giudiziale nei procedimenti a citazione diretta consentirà di celebrare il dibattimento soltanto quando il giudice riterrà - prognosticamente - gli elementi acquisiti dal pubblico ministero e risultanti dal suo fascicolo tali da determinare la condanna dell’imputato, sempre che, ovviamente, essi trovino successivo riscontro nelle acquisizioni dibattimentali.

Viceversa, anche a voler considerare la nuova regola di giudizio da utilizzare – peraltro identica a quella prevista per i reati con udienza preliminare - questa udienza non potrà rappresentare una effettiva garanzia per la difesa dell’imputato, non riuscendo a fungere da effettivo “filtro” dei dibattimenti superflui, quanto, piuttosto, da mero smistamento, con un inevitabile allungamento dei tempi processuali, anche in processi non particolarmente complessi[17].

In secondo luogo, la funzione di tale udienza postula l’alterità tra il giudice che la celebra e il giudice cui verrà assegnato il giudizio dibattimentale, come espressamente la norma impone. Se tale previsione appare una logica conseguenza dei poteri valutativi affidati al primo giudice predibattimentale, il quale fonda la base cognitiva delle sue determinazioni sugli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero – che devono essergli trasmessi a norma del riformulato art. 553 c.p.p., depositati presso la cancelleria e a sua disposizione – non può tacersi qualche timore di intoppi dovuti, soprattutto nei tribunali di più modeste dimensioni, a situazioni di potenziale incompatibilità. Né sembrano rassicuranti le considerazioni fatte dalla Commissione, per la quale l’impatto operativo derivante dall’incompatibilità sarebbe scarsamente rilevante e comunque agevolmente arginabile mediante gli opportuni accorgimenti quali l’adozione di criteri tabellari che stabiliscano - come del resto già oggi accade per le incompatibilità tra giudice per le indagini preliminari e giudice dell’udienza preliminare - le regole predeterminate di riassegnazione dei procedimenti[18].

In ultimo, ma non meno rilevante profilo di criticità è rappresentato dalla possibile impugnazione - da parte del pubblico ministero che ha esercitato l’azione penale - della sentenza di non luogo a procedere emessa all’esito dell’udienza predibattimentale. A fronte di una decisione negativa rispetto alla prospettazione dell’accusa, ribadita in sede di discussione, è molto probabile che gli uffici requirenti generale propongano ricorso per cassazione: in caso di accoglimento, il procedimento sarà rinviato ad un nuovo (terzo) giudice dibattimentale, il che potrebbe davvero rappresentare un grosso problema nei piccoli tribunali.

Insomma, la farraginosità del nuovo istituto sembra veramente poco compatibile con quegli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo penale, nel rispetto delle garanzie difensive, del disegno riformatore.


Note e riferimenti bibliografici

[1] V. S. LONATI, Il procedimento penale davanti al tribunale in composizione monocratica: aspetti problematici e soluzioni interpretative, Torino, 2017; M. PISANI, Il «giudice unico» nel quadro del sistema penale, in AA.VV., Il giudice unico nel processo penale, Atti del Convegno, Como, 24-26 settembre 1999, Milano, 2001; P.P. RIVELLO, voce Giudice unico, in Dig. (Disc. Pen), Agg. I, 2000; 

[2] La Commissione, presieduta da Giorgio Lattanzi e composta da magistrati, avvocati e professori universitari, aveva il compito di «elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, nonché in materia di prescrizione del reato, attraverso la formulazione di emendamenti al d.d.l. AC 2435».

[3] Cfr. Relazione finale e proposte emendative al D.D.L. A.C. 2435, in Sist. pen., 27 maggio 2021, p. 1 ss.

[4] M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia (profili processuali), 2 novembre 2022, in www.sistemapenale.it.

[5] La possibilità di richiedere anche tale rito speciale in questo momento processuale è stata introdotta dall’art. 32, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022.

[6] Tale precisazione si è resa necessaria in quanto il testo previgente conteneva ancora il riferimento alla dichiarazione di contumacia, istituto soppresso – come è noto – dalla l. 16 dicembre 1999, n. 479.

[7] Si è parlato di “funzione decongestionante del sistema” e di udienza “plasmata in chiave puramente processuale, avulsa dal merito proprio per manifestare una netta presa di posizione in favore del processo penale accusatorio”, ormai “proiettata, per cadenze e valutazioni, verso l’udienza dibattimentale”: così A. GAITO - R. LANDI, L’altare e le (forse inevitabili) vittime. Osservazioni sul processo penale à la Cartabia, in Arch. pen., 2, 2022. L’udienza filtro è stata valutata come uno degli snodi cruciali per il successo dell'impresa riformatrice, unitamente all’udienza preliminare. In questi termini G. CANZIO, Il modello "Cartabia": una riforma di sistema tra rito e organizzazione, in GAD, 42/2022, per il quale proprio a tale udienza è demandata «oltre l’esercizio di poteri di controllo sulla legalità delle indagini e sulla chiarezza e precisione delle imputazioni, la funzione strategica di temperare l’incontrollato dispiegarsi dell’obbligatorietà dell’azione penale, precludendo l’accesso ai processi inutili e superflui secondo il più rigoroso criterio prognostico di condanna dell’imputato, così da sollecitarne il ricorso ai riti alternativi».

[8] Per un’analisi del c.d. “d.d.l. Bonafede”, v. R. BRICCHETTI, Prime considerazioni sul disegno di legge per la riforma del processo penale, 24 febbraio 2020, in www.ilpenalista.it; G. CANZIO, Ancora una riforma del processo penale?, in Dir. pen. proc., 2021, p. 5 ss.; A. CISTERNA, Indagini preliminari, controllo sui tempi delle notizie di reato, in Guida dir., 2020, n. 11, p. 15 ss.; A. DE CARO, Le ambigue prospettive di riforma del processo penale contenute nel d.d.l. n. 2435/2020: il declino delle garanzie e il (vano) tentativo di accelerare la durata dei processi, in Dir. pen. proc., 2021, p. 524 ss.; M. GIALUZ-J. DELLA TORRE, Il progetto governativo di riforma del processo penale approda alla Camera: per avere processi rapidi (e giusti) serve un cambio di passo, in Sist. pen., 2020, n. 4, p. 143 ss.; F. GIUNCHEDI, L’insostenibile conciliabilità tra “smart” process e due process of law (riflessioni minime sul d.d.l. per la riforma del processo penale), in Arch. pen. (web), 2020, n. 1, p. 1 ss.; E.N. LA ROCCA, La prima delega del decennio per la riforma del processo penale: una corsa folle contro il tempo che ora scorre senza contrappesiivi, 2020, n. 1, p. 1 ss.; G. SPANGHER, La riforma Bonafede del processo penale, in Dir. pen. proc., 2020, p. 589 ss.; N. TRIGGIANI, La riforma Bonafede della giustizia penale: un anno dall’approvazione della delega per ridare celerità ed efficienza al processo penale (… anche a scapito delle garanzie difensive), in Proc. pen. e giust., 2020, p. 759 ss.

[9] Così testualmente la Relazione al d.d.l. A.C. 2435, p. 8. In dottrina, N. TRIGGIANI, L’udienza predibattimentale monocratica, in Proc. pen. e giust., 1, 2022; A. DE SANCTIS – R. FERRERO, Riforma del processo penale. Citazione diretta e tutela del contraddittorio nel nuovo giudizio di prognosi di condanna, in Giust. pen. web, 1, 2022.

[10] Così la Commissione Lattanzi, Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435, p. 31.

[11] M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia (profili processuali), cit.

[12] Così testualmente la Relazione al d.d.l. A.C. 2435, p. 8. In dottrina, N. TRIGGIANI, L’udienza predibattimentale monocratica, cit.

[13] Questa modifica è da ricondurre sempre all’esigenza di assicurare una durata ragionevole del processo ed evitare che il giudice rimanga vincolato alle contestazioni di addebiti generici ed indeterminati.  In questi termini, M. DI IESU, Procedimento davanti al giudice monocratico, in A. CONZ-L. LEVITA (a cura di), La riforma Cartabia della giustizia penale. Commento organico alla Legge n. 134/2021, cit., p. 124, che cita l’orientamento giurisprudenziale (ex multis, v. Cass., Sez. I, 24 settembre 2014, n. 39234 e già Cass., Sez. Un., 1 febbraio 2008, n. 5307) secondo il quale il giudice del dibattimento, ravvisata la genericità o l’indeterminatezza dell’imputazione, prima di dichiarare la nullità del decreto di citazione, deve chiedere al pubblico ministero di precisare e integrare la contestazione, diversamente sarebbe abnorme l’ordinanza con la quale il giudice dichiara la nullità degli atti e restituisce gli atti al p.m., determinando una indebita regressione del procedimento.

[14] Così M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia (profili processuali), cit.

[15] La definiscono una “udienza preliminare mascherata” o “mini udienza preliminare” M. GIALUZ-J. DELLA TORRE, Il progetto governativo di riforma del processo penale approda alla Camera: per avere processi rapidi (e giusti) serve un cambio di passo, in Sist. pen., 2020, (4), p. 182 s. V. anche A. BASSI-C. PARODI, La riforma del sistema penale. L. n. 134/2021: la delega e le norme immediatamente applicabili, Milano, 2021, p. 37, che affermano si tratti «a tutti gli effetti di un’udienza preliminare (anche se definita ‘predibattimentale’)».

[16] Per considerazioni analoghe v. N. TRIGGIANI, L’udienza predibattimentale monocratica, cit.

[17] Ancora N. TRIGGIANI, L’udienza predibattimentale monocratica, cit.

[18] Relazione finale e proposte emendative al D.D.L. A.C. 2435, cit., p. 32.