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Pubbl. Mer, 1 Mar 2023

Il ridotto obbligo di motivazione delle scelte di pianificazione urbanistica

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Angelica Russo
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Salerno



Premessi brevi cenni sull’urbanistica in generale, il contributo si sofferma sulla sentenza del T.A.R. Abruzzo, n. 510/2022 che ha esaminato la portata dell’obbligo motivazionale delle scelte urbanistiche in relazione alle posizioni di aspettativa qualificata dei privati.


ENG After a general and brief premise about of city planning, the paper focuses on the sentence (T.A.R. Abruzzo 510/2022) which analyzed the scope of the motivational obligation of city planning choices in relation to the private positions.

Sommario: 1. Urbanistica: inquadramento generale e quadro normativo di riferimento; 2. Rapporto giuridico di rilevanza urbanistica e funzioni amministrative urbanistiche; 3. Pianificazione urbanistica e discrezionalità; 3.1 Il caso; 4. Conclusioni.

1. Urbanistica: inquadramento generale e quadro normativo di riferimento

La materia dell’urbanistica si risolve nel complesso di norme destinate ad assicurare il governo degli usi e delle trasformazioni del territorio, in funzione della tutela dello stesso[1], comprensive di «tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell’ambiente» (art. 80 d.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977).

Sul piano costituzionale, la disposizione cui si fa tradizionalmente riferimento è l’art. 42, ritenendosi originariamente che l’urbanistica consistesse nell’apposizione di limiti alla proprietà privata. Nondimeno, l’attribuzione di centralità al territorio considerato nel suo complesso (piuttosto che alla sola proprietà) ha consentito l’individuazione di ulteriori addentellati costituzionali variamente rintracciabili negli artt. 2 e 3, co. 2 (poiché finalità dell’urbanistica è anche quella di predisporre le condizioni fisiche e ambientali affinché la personalità individuale possa esplicarsi) e 42, co. 2 e 41, co. 3 (nella misura in cui la legge assicura la funzione sociale della proprietà e determina i programmi e i controlli opportuni affinché l’iniziativa economica sia indirizzata e coordinata a fini sociali)[2].

Sul piano dei profili di competenza, l’urbanistica rientra nella materia concorrente Stato-Regioni del “governo del territorio” ex art. 117, co. 3 Cost. Ne consegue che allo Stato spetta la fissazione dei principi in materia, essendo invece rimessa alle Regioni la normazione c.d. di dettaglio.

La normativa fondamentale di riferimento è contenuta essenzialmente nella L. 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e successive modificazioni, nel d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), con riferimento alla parte dedicata ai vincoli urbanistici oltre che in una serie di leggi di regolazione urbanistica avvicendatesi negli anni. Infine, è necessario considerare le diverse Leggi Regionali deputate a disciplinare uso e trasformazione del territorio di riferimento.

2. Rapporto giuridico di rilevanza urbanistica e funzioni amministrative urbanistiche

Nel settore in esame, la pubblica amministrazione esercita la funzione urbanistica mediante l’adozione di “piani urbanistici” a contenuto “precettivo” o “prescrittivo”, espressione di attività amministrativa discrezionale.

Nell’ambito dei piani urbanistici è poi possibile distinguere tra differenti tipologie di piani in relazione alla dimensione (piani di vasta area e piani di livello comunale), al contenuto (piani generali e piani attuativi) e alla finalità (piani generali e piani settoriali).

Con specifico riferimento ai piani di livello comunale, il piano generale di maggiore rilevanza è senz’altro il piano regolatore generale (PRG) disciplinato agli artt. 7 e ss. della legge n. 1150 del 1942.

Normalmente, il PRG reca prescrizioni di “zona” e prescrizioni di “localizzazione”. Le prime possono essere conformative del territorio ovvero della proprietà. Le seconde individuano le aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche.

All’approvazione del piano regolatore generale segue la sua attuazione mediante il c.d. piano particolareggiato di iniziativa pubblica cui si affiancano forme di urbanistica c.d. contrattata.

Giova precisare che il sistema tradizionale basato sul binomio “piano regolatore generale – piano particolareggiato” è stato oggi soppiantato dalla coppia “piano strutturale – piano operativo”, deputata a superare le criticità dovute ai lunghi processi di formazione e alle prescrizioni conformative della proprietà proprie del modello tradizionale.

In ordine al rapporto giuridico di rilevanza urbanistica che viene in rilievo, a seconda dei casi il privato può essere titolare di un diritto soggettivo di proprietà ovvero di un interesse legittimo oppositivo (es. apposizione di un vincolo espropriativo su area rientrante nella titolarità del privato) o pretensivo (es. chi intenda avvalersi di una specifica destinazione dell’area). Rilevante è anche la posizione giuridica del terzo che può variamente essere titolare di un interesse legittimo oppositivo (es. al rilascio di un titolo abilitativo al vicino) ovvero pretensivo (es. all’adozione da parte della pubblica amministrazione di provvedimenti sanzionatori).

3. Pianificazione urbanistica e discrezionalità

La pianificazione urbanistica è dunque «l’attività finalizzata alla individuazione delle regole da seguire per l’utilizzazione del territorio allo scopo di consentire un uso di quest’ultimo corretto e rispondente all’interesse generale. […] Si tratta di un’attività discrezionale procedimentalizzata»[3].

Massimo Severo Giannini[4] colloca la pianificazione nei c.d. “procedimenti precettivi”, per tali intendendosi quei procedimenti che svolgono una funzione normativa in senso lato, intesa come azione di produzione di “prescrizioni” con le quali la Pubblica Amministrazione regola discrezionalmente l’uso del territorio.

La giurisprudenza amministrativa riconosce all’ente locale estrema discrezionalità nel “processo” di pianificazione. Infatti, secondo i giudici amministrativi, «[…] nelle scelte di pianificazione, la valutazione dell'idoneità delle singole aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, costituisce espressione del potere discrezionale dell'amministrazione (fra le più recenti: Consiglio Stato, sez. IV, 4 dicembre 2009, n. 7654), e nell'esercizio di tale potere l'amministrazione non ha la necessità di dare una motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano (Consiglio di Stato, sez. IV, 24 aprile 2009, n. 2630; sez. V, 2 marzo 2009, n. 1149)»[5].

3.1 Il caso

La questione è stata di recente scrutinata dal T.A.R Abruzzo, sez. staccata Pescara che, con sentenza n. 510 del 09.12.2022 ha delineato i rapporti tra poteri di pianificazione urbanistica della pubblica amministrazione, obbligo di motivazione e situazioni giuridiche soggettive dei privati. La vicenda trae origine dalla impugnazione di una deliberazione del Consiglio Comunale mediante la quale veniva rigettata la proposta di piano particolareggiato in variante al P.R.G. vigente avente ad oggetto la variazione di destinazione della zona interessata da “ludico-ricreativa” a “residenziale”. Segnatamente, la società ricorrente lamentava il difetto di motivazione per non avere la pubblica amministrazione articolato dettagliatamente le ragioni del diniego.

In questo senso, i giudici amministrativi colgono l’occasione per richiamare quella costante giurisprudenza in materia di pianificazione urbanistica secondo cui «le scelte operate dalla Pubblica amministrazione in ordine alla destinazione delle singole aree, non necessitano di apposita motivazione oltre quella che può evincersi dai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano. Rispetto alle scelte di pianificazione, un obbligo di motivazione specifica si reputa esistente soltanto nel caso in cui debba riconoscersi al privato un’aspettativa qualificata, come quella discendente da una pregressa lottizzazione approvata e convenzionata oppure da un giudicato di annullamento di un precedente diniego di titolo edilizio o dalla reiterazione di un vincolo scaduto. Solo entro tali limiti ossia in presenza di situazioni di diritto quesito o di aspettativa qualificata capaci di assicurare al proprietario un affidamento specifico può ritenersi tutelabile con una motivazione rafforzata l’interesse pretensivo azionato, mentre fuoriescono da un giudizio di meritevolezza le pretese azionate in termini di sostenibilità e convenienza economica dell’intervento».

In altri termini, l’amministrazione comunale esercita un potere ampiamente discrezionale, per cui le “aspettative” del privato sono tutelabili, nei limiti dell’interesse generale, solo nel caso in cui risultino già stipulate convenzioni di lottizzazione o definiti accordi con la pubblica amministrazione da cui deriverebbe il “legittimo affidamento” del privato.

Al di fuori di tali situazioni non v’è alcun onere della Amministrazione di motivare ulteriormente le statuizioni relative a ciascuna posizione individuale.

D’altra parte, come osservato efficacemente dal T.A.R. Cagliari, sez. II nella sentenza n. 647 del 20.09.2021 «laddove […] si opinasse in tal senso, l’attività di pianificazione perderebbe il suo carattere di generalità e si tradurrebbe nella sommatoria di un numero inestricabile di situazioni puntuali».

Non dissimile la posizione del Consiglio di Stato che con sentenza n. 963 del 10.02.2022 precisa che «In ambito edilizio, gli atti di pianificazione generale del territorio richiedono una motivazione rinforzata unicamente nelle ipotesi di: affidamento qualificato del privato, modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo, nonché sovradimensionamento delle aree destinate per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico rispetto ai parametri stabiliti dal d.m. 2 aprile 1968»[6].

4. Conclusioni

In definitiva, la giurisprudenza amministrativa riconosce ampia discrezionalità al potere comunale di pianificazione del territorio, escludendo che le modifiche dell’assetto complessivo e/o il diniego di proposte di variazione delle destinazioni di zona necessitino di particolari motivazioni, aggiuntive rispetto a quelle già rintracciabili nei criteri informatori del piano contenuti nella relazione di accompagnamento. Nondimeno, le aspettative del privato sono tutelabili in presenza di circostanze generatrici di affidamento “qualificato” (aspettativa di diritto e non di mero fatto) quali l’esistenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra Comune e proprietari, giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione, rispetto alle quali dunque si impone la necessità di una motivazione specifica.

D’altra parte, la soluzione così congegnata appare essere il giusto compromesso in un ambito, quale quello della pianificazione urbanistica, connotato da necessaria parzialità. Il piano infatti ha come oggetto principale quello di attribuire destinazioni di aree che non possono essere ovunque le stesse, con il rischio di influenzare fortemente il valore dei suoli e, dunque, di provocare consistenti diseguaglianze tra i proprietari dei fondi[7].


Note e riferimenti bibliografici

[1] www.treccani.it/enciclopedia/urbanistica/

[2] Cfr. V. LOPILATO, Manuale di diritto amministrativo, vol. II – Parte Speciale – Giustizia Amministrativa, Torino, 2021, p. 1420 che, a sua volta, rinvia a A. PREDIERI, Pianificazione e territorio, Milano, 1963, 41

[3] Cfr. G. PAGLIARI, Corso di diritto urbanistico, 2015, p. 34

[4] Cfr. M.S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano 1981, p. 1352

[5] T.A.R. Napoli, (Campania) sez. II, 20/04/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 20/04/2010), n.2043

[6] Cfr, ex multis, T.A.R. Firenze sez. III, 12.09.2022, n. 1010; T.A.R. Trieste sez. I, 23.10.2021, n. 313; T.A.R. Venezia sez. I, 06.12.2004, n. 4265

[7] Cfr, più diffusamente, P.S. RICHTER, Manuale breve di diritto urbanistico, 2018, p. 63

Bibliografia

GIANNINI M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, Milano 1981, p. 1352

LOPILATO V., Manuale di diritto amministrativo, vol. II – Parte Speciale – Giustizia Amministrativa, Torino, 2021, p. 1420

PAGLIARI G., Corso di diritto urbanistico, 2015, p. 34

RICHTER P.S., Manuale breve di diritto urbanistico, 2018, p. 63