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Pubbl. Mar, 24 Nov 2015

L´offerta al pubblico

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Fabiana Lepore


Concetto e contenuti dell´offerta al pubblico e differenza con altri istituti.


L’offerta al pubblico è una ipotesi di proposta contrattuale, che trova riferimento nell’art. 1336 c.c.

Il dettato normativo individua la possibilità della stessa di “valere” come una proposta se e “ quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi”.

Ne è un esempio la merce esposta nella vetrina di un negozio, con l’indicazione del prezzo; oppure l’ipotesi di un datore di lavoro, il quale abbia manifestato la volontà, per la copertura di posti di una determinata qualifica, di procedere mediante un concorso interno e abbia, a tal fine, pubblicato un bando contenente tutti gli elementi essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità del concorso, criteri di valutazione dei titoli); se lo stesso datore ha, anche,previsto il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare giuridicamente l'attribuzione della nuova posizione, è configurabile una offerta al pubblico, la quale impegna direttamente il datore di lavoro ad adempiere alle obbligazioni assunte. Dunque, la volontà del datore si configura come una proposta e la candidatura, e la successiva vittoria del concorso, una accettazione. (Cass. n. 16501/2004 )

Caratteristica peculiare della stessa è certamente la figura del destinatario, laddove, in generali ipotesi contrattuali, la proposta è indirizzata ad un oblato ovvero a più soggetti individuati; nella offerta al pubblico la proposta è rivolta, invece, ad una generalità di soggetti indefiniti.

Perché il Legislatore ha voluto definire una siffatta ipotesi contrattuale, potendola naturalmente ritenere inserita nell’ampio genus delle proposte contrattuali?

La ratio della offerta al pubblico va rinvenuta nell’ esigenza, strettamente commerciale, di rivolgere la proposta a più soggetti contemporaneamente in maniera diretta e poco dispendiosa, rispetto a quanto accadrebbe con una singola proposta diretta a ciascuno di essi.

La definizione normativa della offerta al pubblico individua la necessità, per la sua configurazione, della presenza degli “estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta “, salvo se diversamente previsto. Ed è tale caratteristica a renderla diversa da un istituto con cui è spesso confusa: l’invitatio ad offerendum.

L’ offerta non va confusa con l’invito ad offrire poiché, in tale ultima ipotesi, le informazioni destinate alla conoscenza di più soggetti indefiniti non sono valutabili alla stregua di una proposta, laddove non vi è alcuna vincolatività  per le parti : un eventuale assenso della parte destinataria non è una accettazione bensì proposta per la conclusione di un contratto. Riprendendo l’esempio del bando precedentemente illustrato, se il datore di lavoro decide che il mero superamento del concorso non determini automaticamente il diritto di ricoprire la posizione di lavoro disponibile, ma di voler assoggettare lo stesso  ad una sua personale decisione, allora sarà una ipotesi di invito ad offrire, laddove la reale proposta sarà individuata nella partecipazione al bando dei candidati e la successiva volontà del datore stesso di assumere il vincitore , individuerà la accettazione dello stesso.

Per completezza di informazioni è giusto nominare anche  un diverso orientamento dottrinale, sicuramente minoritario, il quale sostiene, invece, che la mera indicazione del prezzo sotto la merce esposta in un supermercato, varrebbe quale invito, poiché ogni negoziante sarebbe libero di decidere a chi vendere, cioè di scegliersi la clientela. Gazzoni muove, a questo proposito, una obiezione, che trova basi certamente solide nel naturale obbligo a contrarre che discende dal rilascio della licenza di esercizio.

Da non confondere, ancora, con la offerta al pubblico è la promessa al pubblico, che non è una proposta contrattuale, ma una promessa unilaterale (art. 1989 ss. c.c.), vincolante di per sè, senza che debba essere accettata.

Il discrimen si rileva a livello contenutistico e tecnico, laddove la promessa al pubblico è un negozio unilaterale, la cui obbligazione sorge a prescindere dalla accettazione del destinatario; di converso, l’offerta al pubblico è una proposta facente parte di un negozio bilaterale il quale, per il suo perfezionamento, ha certamente bisogno di una accettazione, da cui ne consegue la vincolatività dello stesso.

Ulteriore differenza tra promessa e offerta al pubblica sta nel fatto che la prima non è assoggettabile a revoca,se non per giusta causa, mentre la seconda è suscettibile di revoca, così come indicato dal comma 2 dell’art 1336; infatti la revoca dell’offerta è valida se proposta nella stessa forma o in forma equipollente rispetto all’offerta stessa (forma per relationem) ed è efficace anche nei confronti di chi non ne ha avuto notizia; da ciò deriva il carattere non recettizio della stessa.

La revoca può individuarsi anche per facta concludentia, basti pensare al ritiro della merce dalla vetrina.