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Pubbl. Mar, 20 Dic 2022

La tutela del lavoratore nel trasferimento di azienda: un breve commento all´art. 2112 c.c.

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Riccardo Samperi
Dottorando di ricerca



Il presente contributo fornisce un breve commento all’art. 2112 del codice civile. In particolare, vengono analizzati alla luce dei più recenti orientamenti legislativi, dottrinali e giurisprudenziali la nozione di trasferimento di azienda, il suo effetto sul rapporto di lavoro, le tutele assicurate al lavoratore dai contratti collettivi e la responsabilità solidale tra cedente e cessionario. Gli ultimi due paragrafi sono dedicati al rapporto tra la norma codicistica e l’art. 47, Legge 29 dicembre 1990, n. 428, con specifico riguardo alle procedure di informazione e consultazione con le rappresentanze sindacali ed al trasferimento dell’azienda versante in situazione di crisi.


ENG

Worker protection in business transfers: a short Commentary on Article 2112 of the Italian Civil Code

This paper provides a brief commentary on Article 2112 of the Italian Civil Code. In particular, the notion of business transfer, its effect on the employment relationship, the protections assured to the worker by collective agreements and the joint and several liability between transferor and transferee are analyzed in the light of the most recent legislative, doctrinal and jurisprudential orientations. The last two paragraphs concern the relationship between the codified norm and Article 47, Law No. 428 of December 29, 1990, with specific regard to the procedures for information and consultation with union representatives and the transfer of the company in a crisis situation.

Sommario: 1. Introduzione: evoluzione normativa e disciplina sostanziale dell’art. 2112 c.c.; 2. La nozione di trasferimento di azienda; 3. Gli effetti del trasferimento: la continuazione del rapporto con il cessionario e la conservazione dei diritti del lavoratore; 4. L’applicazione dei trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi; 5. La responsabilità solidale del cedente e del cessionario; 6. Gli obblighi di informazione e consultazione con le rappresentanze sindacali; 7. Il trasferimento dell’azienda in crisi.

1. Introduzione: evoluzione normativa e disciplina sostanziale dell’art. 2112 c.c.

La disciplina sulla tutela del rapporto di lavoro nell’ambito del trasferimento d’azienda è contenuta primariamente nell’art. 2112 del codice civile. La norma è il risultato di numerose modifiche normative, rese necessarie dall’esigenza di adeguamento dell’ordinamento interno alle norme di diritto dell’Unione europea e di seguito succintamente illustrate.

In particolare, gli originari primi tre commi sono stati sostituiti dal terzo comma dell’art. 47, Legge 29 dicembre 1990, n. 428 (Legge comunitaria per il 1990)[1], che ha dato attuazione alla Direttiva CCE 187/1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di azienda [2].

Successivamente, l’art. 2112 c.c. è stato modificato dall’art. 1, D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, che aveva dato attuazione alla Direttiva CE n. 50/1998 del 29 giugno 1998, anch’essa relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di azienda.

Infine, l’art. 32, D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, ha modificato il quinto comma dell’articolo in esame ed ha aggiunto il sesto comma, da ultimo modificato dall’art. 9, D. Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251.

Ciò premesso, la ratio posta alla base della normativa vigente è soprattutto quella di garantire la stabilità e la continuità dei rapporti di lavoro rispetto alle vicende modificative attinenti alla proprietà o al potere di gestione e di controllo dell’azienda[3].

Come si vedrà infra, l’attuale disciplina prevede infatti che, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro inizialmente stipulato con il soggetto cedente continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti da esso derivanti.

2. La nozione di trasferimento di azienda

Requisito necessario per l’applicazione dell’art. 2112 c.c. è il verificarsi di un trasferimento di azienda, che ricorre allorquando muti il soggetto titolare della medesima, ma resti inalterata l’organizzazione aziendale, a prescindere dallo strumento giuridico utilizzato nel caso concreto ed indipendentemente dall’esistenza di un rapporto contrattuale. È sufficiente, quindi, il mero subentro del cessionario nella gestione del complesso dei beni destinati allo svolgimento dell’attività di impresa e la continuità nell’esercizio dell’impresa stessa[4].

Per la configurabilità del trasferimento d’azienda è necessario il concorso di due requisiti: uno oggettivo, costituito dalla continuità dell’azienda come entità economica organizzata dall’imprenditore, e uno soggettivo, rappresentato dalla sostituzione dell’imprenditore cedente con quello cessionario[5].

I beni che compongono l’azienda, dal momento che sono destinati all’esercizio dell’impresa, devono essere trasferiti in maniera unitaria e non singolarmente[6]. Pertanto, si avrà trasferimento di azienda solo quando l’oggetto del trasferimento stesso sia costituito da un complesso funzionale di beni, idoneo a consentire l’inizio o la prosecuzione dell’attività imprenditoriale[7].

Se quindi, da un lato, la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 2112 c.c. è esclusa quando il trasferimento risulta limitato a singoli beni o a singoli rapporti giuridici che fanno capo all’azienda o al ramo d’azienda ceduta, dall’altro, non occorre la cessione di tutti i beni che compongono l’azienda, ma è sufficiente che, nel complesso di beni ceduti, permanga un livello di organizzazione, anche minima, purché idoneo e sufficiente all’esercizio dell’attività di impresa[8].

Per stabilire se permanga tale livello di organizzazione minima, la giurisprudenza ha preso in esame una serie di fattori, fra cui il tipo di impresa, la cessione o meno di elementi materiali, il valore degli elementi immateriali al momento del trasferimento, la riassunzione o meno delle parti più rilevanti del personale a opera del nuovo imprenditore ed il grado di somiglianza delle attività esercitate prima e dopo la cessione[9].

La definizione di trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112 c.c. pone l’accento sull’attività e sull’organizzazione (carattere immateriale) e, pertanto, differisce dalla nozione di azienda di cui all’art. 2555 c.c., nella quale assume rilievo solamente il complesso di beni organizzati dall’imprenditore (carattere materiale)[10]. Coerentemente con tale impostazione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto configurabile un trasferimento aziendale che abbia ad oggetto anche i soli lavoratori, che, per essere stati in precedenza addetti ad un medesimo ramo dell’impresa e per avere acquisito un complesso di nozioni ed esperienze comuni, siano capaci di svolgere autonomamente – e, quindi, pur senza l’ulteriore supporto di beni immobili, macchine, attrezzi di lavoro o altri beni – le proprie funzioni anche presso il nuovo datore di lavoro[11].

L’entità economica trasferita dev’essere preesistente al trasferimento, dunque l’art. 2112 c.c. non trova applicazione a strutture produttive create ed organizzate ad hoc dall’imprenditore al momento del trasferimento, né a quelle formalmente individuate dalle parti all’interno del negozio traslativo, ma non corrispondenti, nella realtà aziendale, ad alcuna entità economica dotata di effettiva ed autonoma funzionalità. In caso contrario, la norma diverrebbe uno strumento di esternalizzazione ed espulsione incontrollata di frazioni dell’unità produttiva dall’azienda, utilizzabile ad libitum dall’imprenditore[12].

L’autonomia funzionale di tale entità economica consiste nella capacità – già al momento dello scorporo dal complesso aziendale – di provvedere con i propri mezzi al preciso scopo produttivo a cui era destinato al momento del trasferimento, in maniera autonoma rispetto al cedente e senza interventi e/o modifiche di rilievo da parte del cessionario[13].

Occorre precisare, tuttavia, che il cedente non ha l’onere di verificare le capacità e le potenzialità imprenditoriali del soggetto cessionario, pertanto la validità della cessione non è subordinata al fatto che, a seguito del trasferimento, l’attività produttiva venga effettivamente continuata. Fra le tutele approntate dall’ordinamento in favore dei lavoratori – come la responsabilità solidale del cedente e del concessionario in relazione ai crediti maturati dai dipendenti e l’intervento delle organizzazioni sindacali, su cui infra – non è inclusa la compressione del generale principio di libertà dell’iniziativa economica privata, sancito dall’art. 41 della Costituzione, pertanto l’imprenditore conserva la facoltà di dismettere l’azienda[14].

Difatti, il sindacato giurisdizionale non può arrivare ad interferire sul merito delle scelte economiche dell’imprenditore, che rimangono nella discrezionalità di quest’ultimo, ma deve limitarsi a valutare se l’operazione economica sia stata svolta nel rispetto della legislazione vigente; pertanto l’atto di cessione rimane valido ed efficace anche quando, in base alle circostanze del caso concreto, sia probabile che l’attività produttiva ed i rapporti di lavoro cessino in seguito al trasferimento dell’azienda[15].

Nel caso di nullità della cessione d’azienda o di ramo d’azienda per mancanza dei requisiti richiesti dall’art. 2112 c.c., se non ricorre la fattispecie di cessione del contratto a norma dell’art. 1406 c.c. per mancanza del consenso della parte ceduta[16], il rapporto di lavoro non si trasferisce e resta nella titolarità del cedente. In tal caso, il lavoratore ceduto è legittimato a chiedere giudizialmente l’accertamento della continuazione del rapporto con il cedente, nonostante la prestazione lavorativa sia di fatto resa in favore del cessionario[17].

Per tali ragioni, nelle ipotesi di nullità della cessione dell’azienda, le cause di risoluzione del rapporto di lavoro con il cessionario – in quanto instaurato in via di mero fatto – non sono idonee ad incidere sul rapporto con il cedente ancora in essere, sebbene quiescente fino alla declaratoria di nullità della cessione[18]. Inoltre, in tale rapporto di fatto, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha rinvenuto una fonte di responsabilità del soggetto cessionario per violazione dell’art. 2103 c.c.[19].

3. Gli effetti del trasferimento: la continuazione del rapporto con il cessionario e la conservazione dei diritti del lavoratore

La disciplina del trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112 c.c. costituisce un’ipotesi di successione legale a titolo particolare nel rapporto di lavoro dal lato datoriale[20] (mentre non è considerata tale in relazione alla posizione del lavoratore, su cui infra, par. 5) ed è espressione del principio dell’inerenza del rapporto di lavoro al compendio aziendale, al quale resta legato in tutti i casi in cui questo, pur cambiando la titolarità, resti immutato nella sua struttura organizzativa e nell’attitudine all’esercizio dell’impresa[21].

Il trasferimento del rapporto di lavoro dei lavoratori dall’azienda ceduta all’azienda cessionaria ha luogo automaticamente[22] e, quindi, a prescindere dal consenso dei lavoratori trasferiti[23]. Inoltre, incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c., che costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente ceduto stabilito dall’art. 1406 c.c., fornire la prova dell’esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano l’operatività[24].

In caso di trasferimento di azienda, il rapporto di lavoro dei dipendenti della stessa prosegue immutato in tutti i suoi aspetti contenutistici e si considera unitario e senza alcuna interruzione dovuta alla modificazione soggettiva intervenuta sul versante datoriale[25]. In virtù della cessione, il cessionario subentra nell’originario regolamento negoziale e perciò assume la titolarità di tutte le situazioni giuridiche soggettive da questo prodotte[26].

Nell’ambito del trasferimento d’azienda, la cessione del contratto di lavoro prevista ex lege determina il mantenimento dell’anzianità conseguita dal dipendente presso il precedente datore di lavoro e, con essa, un trattamento, non solo economico ma anche di carriera, non inferiore a quello dei colleghi dell’impresa cessionaria aventi pari anzianità e qualifica[27].

Il cessionario può esercitare il potere disciplinare inerente al rapporto di lavoro per fatti precedenti la cessione dell’azienda[28] e succede nella titolarità degli eventuali crediti vantati dal cedente nei confronti del lavoratore dipendente per i danni che quest’ultimo abbia cagionato eseguendo negligentemente i compiti affidatigli[29].

La produzione dell’effetto successorio nel rapporto di lavoro disposta dall’art. 2112 c.c. è subordinata alla sussistenza del rapporto medesimo al momento del trasferimento d’azienda[30]. Affinché il cessionario acquisti la qualità di nuovo datore di lavoro a titolo di successore nella titolarità dell’azienda, è necessario quindi che, al momento del trasferimento, esista un valido ed efficace rapporto di lavoro tra lavoratore e cedente[31]. Tale rapporto, dunque, non deve essere stato legittimamente risolto anteriormente al trasferimento stesso[32]. Occorre precisare tuttavia che l’art. 2112 c.c. è applicabile anche quando il rapporto di lavoro sia in essere non de facto ma soltanto de iure, ad esempio quando sia momentaneamente congelato dalla presenza di eventuali controversie giudiziarie, anche se successive al trasferimento[33].

L’onere della prova del trasferimento dell’azienda in un momento anteriore alla cessazione del rapporto è posto a carico del lavoratore[34].

Se, da un lato, la cessione d’azienda non costituisce ex se motivo di licenziamento, dall’altro, essa non fa venire meno il potere dell’alienante di recedere dal rapporto di lavoro qualora vi sia una causa – diversa dal mero trasferimento dell’azienda – idonea, di per sé, a giustificare il licenziamento (come, ad esempio, le ipotesi di giusta causa o giustificato motivo oggettivo) [35]. È necessario, però, che la causa di cessazione del rapporto di lavoro sia fondata su ragioni relative all’organizzazione ed alla gestione dell’azienda e non sul mero trasferimento di quest’ultima, né che sia a quest’ultimo collegata con la finalità di agevolarlo[36].

In applicazione di tale principio, la giurisprudenza ha chiarito che l’imprenditore è legittimato a recedere dal rapporto di lavoro anche nell’imminenza del trasferimento (purché nel rispetto della legislazione vigente) e che la prossimità del recesso alla cessione aziendale non inficia la validità e l’efficacia dello stesso. Di conseguenza, la mera vicinanza tra l’interruzione del rapporto di lavoro ed il trasferimento dell’azienda non è sufficiente, da sola, a configurare un’ipotesi di violazione degli obblighi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., né tantomeno di atto illecito o in frode alla legge[37].

La più recente giurisprudenza ha abbandonato il precedente orientamento che considerava nullo il licenziamento fondato unicamente sul fatto del trasferimento d’azienda[38] e, oggi, lo qualifica come annullabile per difetto di giustificato motivo oggettivo[39].

In tale ipotesi, una volta accertata l’illegittimità del licenziamento intimato dal cedente, il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisce, ai sensi dell’art. 2112 c.c., in capo al cessionario[40].

La formulazione originaria dell’art. 2112 c.c. stabiliva che il cedente era tenuto ad intimare ai lavoratori il recesso “in tempo utile”. Nonostante la soppressione di tale inciso ad opera dei successivi interventi legislativi, il principio in questione è stato ritenuto tutt’ora applicabile, per cui, al fine di evitare che il cessionario subentri nella titolarità dei rapporti di lavoro facenti capo al cedente, è necessario che quest’ultimo comunichi ai lavoratori il licenziamento con sufficiente anticipo, in maniera tale da assicurare che il periodo di preavviso decorra integralmente prima della data di trasferimento dell’azienda[41].

Per giurisprudenza ormai consolidata, il subentro del cessionario nei rapporti di lavoro dei dipendenti dell’azienda ceduta è pertanto escluso solamente se tale rapporto si sia legittimamente risolto prima del trasferimento medesimo; in caso contrario, il rapporto di lavoro prosegue ope legis con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti da esso derivanti[42].

Dal punto di vista processuale, qualora il lavoratore in regime di tutela obbligatoria sia stato illegittimamente licenziato prima del trasferimento d’azienda, il cedente ha una responsabilità ed una posizione processuale scindibili rispetto a quella del cessionario ed è conseguentemente titolare di un’autonoma legittimazione passiva. Il cedente può quindi convenire in giudizio il cessionario poiché quest’ultimo è il soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dal lavoratore; in tal caso, la domanda giudiziale si estende con effetto automatico al cessionario stesso[43].

4. L’applicazione dei trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi

Per quanto riguarda l’applicazione dei contratti collettivi nei casi di trasferimento d’azienda, occorre distinguere l’ipotesi in cui il soggetto cessionario faccia già applicazione, al momento del trasferimento, di norme contenute in CCNL (ad esempio, perché titolare di altre attività economiche, nell’ambito delle quali sta appunto acquistando l’azienda considerata, o un ramo della stessa) da quella in cui, invece, non applichi nessun CCNL.

Quando non vi è alcun CCNL applicabile al cessionario, quest’ultimo è tenuto a mantenere nei confronti dei lavoratori i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza. Se, invece, al momento del trasferimento, il cessionario applica già altri contratti collettivi, allora questi ultimi prevalgono su quelli precedentemente stipulati dal cedente con i lavoratori, che smettono di avere efficacia dalla data del trasferimento[44].

In altri termini, nel caso di trasferimento d’azienda o di un suo ramo, ai rapporti di lavoro tra dipendenti e soggetto cessionario si applica il CCNL in vigore presso l’azienda ceduta soltanto se il cessionario stesso non applica alcun contratto collettivo; in caso contrario, la contrattazione collettiva dell’impresa alienante è sostituita immediatamente ed in tutto da quella applicata nell’impresa acquirente, anche se contenga condizioni peggiorative per i lavoratori rispetto alla prima[45]. Al riguardo, la Cassazione ha escluso che l’applicazione di un certo CCNL a dipendenti che l’abbiano rifiutata – in quanto, nel caso di specie, appartenenti ad un altro sindacato, non firmatario – possa essere qualificata come lesiva della libertà sindacale sancita dall’art. 39 della Costituzione[46].

Inoltre, la disciplina contenuta nell’art. 2112 c.c. non riconosce ai lavoratori il diritto all’omogeneità del trattamento normativo e retributivo all’interno dell’azienda nata dal trasferimento, dunque i dipendenti assunti dall’azienda ceduta non possono pretendere condizioni contrattuali più favorevoli rispetto a quelle previste per i lavoratori in servizio presso la stessa azienda ceduta prima della cessione[47].

5. La responsabilità solidale del cedente e del cessionario

La dottrina ritiene che la fattispecie di trasferimento d’azienda disciplinata dal comma 2 dell’art. 2112 c.c. costituisca non una successione nel debito del cessionario rispetto al cedente, bensì l’aggiunta di nuovo debitore a quello originario, con conseguente applicabilità delle norme relative alle obbligazioni solidali, e la trasformazione dell’obbligazione sul lato soggettivo da semplice a complessa[48].

Un altro orientamento, condiviso dalla giurisprudenza[49], ha ravvisato nella fattispecie in questione un’ipotesi di accollo cumulativo ex lege dei debiti dei debiti del cedente al cessionario ai sensi dell’art. 1273 c.c.[50].

L’art. 2112 c.c. è finalizzato anche a rinforzare la posizione creditoria del lavoratore in relazioni ad obbligazioni la cui esecuzione potrebbe divenire difficoltosa a seguito dell’uscita di una cospicua parte dei beni dal patrimonio del cedente, in forza del trasferimento dell’azienda[51]. A questo riguardo, la giurisprudenza ha recentemente chiarito che, in caso di risoluzione del contratto di affitto e conseguente retrocessione del ramo di azienda, l’eventuale preventiva rinuncia del lavoratore alla responsabilità solidale del cedente/affittante per le obbligazioni del cessionario/affittuario è nulla, poiché finalizzata a regolamentare gli effetti del rapporto di lavoro in maniera divergente rispetto a quella inderogabilmente fissata dall’ordinamento o dal contratto collettivo, per lo più andando ad incidere – o, almeno, essendo idonea a farlo – su diritti non ancora venuti ad esistenza[52].

Tuttavia la responsabilità solidale del cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento dell’azienda presuppone, fra l’altro, anche l’effettiva esistenza del rapporto di lavoro e, pertanto, non include i crediti lavorativi maturati anteriormente o non ancora sorti al momento dell’instaurazione di tale rapporto, ad eccezione di quelli risultanti da libri contabili obbligatori a norma dell’art. 2560 c.c.[53].

6. Gli obblighi di informazione e consultazione con le rappresentanze sindacali

La disciplina dell’articolo 2112 c.c. è completata da quella contenuta nell’articolo 47 della Legge. n. 428/1990[54].

Quest’ultima norma prevede una particolare tutela di tipo procedurale quando l’azienda occupa più di 15 dipendenti. In tal caso, infatti, cedente e cessionario devono inviare un’informativa preventiva alle rappresentanze sindacali unitarie o costituite all’interno delle unità produttive interessate, nonché alle rispettive associazioni di categoria relativamente al trasferimento di azienda e, su richiesta di queste, sono tenute ad avviare un esame congiunto.

L’informativa deve riguardare la data ed i motivi del trasferimento, nonché le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori e le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

La giurisprudenza e la dottrina maggioritaria ritengono che la violazione della procedura di confronto sindacale prevista dall’art. 47 della Legge. n. 428/1990 possa integrare gli estremi di condotta antisindacale ai sensi del comma 3 della medesima disposizione, ma che essa non incida sulla validità e sull’efficacia dell’atto di trasferimento non essendo né un presupposto di legittimità, né un requisito di validità di quest’ultimo[55].

7. Il trasferimento dell’azienda in crisi

Il citato articolo 47 Legge n. 428/1990 prevede, poi, alcune deroghe alle garanzie stabilite dall’articolo 2112 c.c. a favore dei lavoratori quando il trasferimento riguardi imprese in crisi, all’evidente fine di incentivare ed agevolare il rilevamento ed il rilancio di queste ultime da parte del cessionario[56].

Qualora durante le procedure consultive avviate con le organizzazioni sindacali venga raggiunto un accordo finalizzato alla salvaguardia dei livelli occupazionali, l’articolo 2112 c.c. viene applicato, in riferimento alle condizioni di lavoro, nei termini e con le limitazioni previste da tale accordo, qualora il trasferimento riguardi aziende: a) per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo in regime di continuità indiretta, ai sensi dell’articolo 84, comma 2, del codice della crisi e dell’insolvenza, con trasferimento di azienda successivo all’apertura del concordato stesso; b) per le quali vi sia stata l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, quando gli accordi non hanno carattere liquidatorio; c) per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria, ai sensi del D. Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività.

Qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali sia stata aperta la procedura di liquidazione giudiziale o di concordato preventivo liquidatorio, ovvero emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata durante le consultazioni sindacali, i rapporti di lavoro continuano con il cessionario. Tuttavia, in tali ipotesi, nel corso delle consultazioni sindacali, possono comunque stipularsi contratti, con finalità di salvaguardia dell’occupazione, in deroga ai commi 1, 3 e 4 dell’articolo 2112 c.c.; la norma, inoltre, fa salva la possibilità di concludere accordi individuali, anche in caso di esodo incentivato dal rapporto di lavoro[57].


Note e riferimenti bibliografici

[1] Su cui infra, par. 7 e 8.

[2] La Direttiva CEE 187/1977 è stata poi modificata dalla Direttiva CE n. 50/1998 ed infine abrogata e sostituita dalla Direttiva CE n. 23/2001.

[3] DE LUCA TAMAJO, TOSI, TREU, CARINCI, Diritto del lavoro. 2. Il rapporto di lavoro subordinato, UTET, 2019, pp. 186-201. Colosimo, Il trasferimento d’impresa: casistica giurisprudenziale, in Lavoro, diritti, Europa, n. 2/2018, pp. 1-28.

[4] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 23 ottobre 2018, n. 26808.

[5] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 23 giugno 2006, n. 14642.

[6] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 6 dicembre 2016, n. 24972.

[7] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 4 agosto 2014, n. 17590.

[8] Cass. civ., Sez. I, sentenza 9 ottobre 2009, n. 21481.

[9] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 12 aprile 2016, n. 7121.

[10] DE LUCA TAMAJO, TOSI, TREU, CARINCI, supra nota 3.

[11] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 23 luglio 2002, n. 1076.

[12] CARINCI M.T., Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro. Somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d’azienda e di ramo, Giappichelli, 2013, pp. 178 e ss.

[13] DE LUCA TAMAJO, SALIMBENI, Il trasferimento d’azienda, in Brollo (a cura di), Il mercato del lavoro, 2012, Cedam, pp. 602 e ss. Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 8 novembre 2018, n. 28593.

[14] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 14 marzo 2018, n. 6184. VIDIRI, Il trasferimento d’azienda tra diritto del lavoro e libertà d’impresa, in AA.VV., Trasferimento di ramo d’azienda e rapporto di lavoro, in Dialoghi fra dottrina e giurisprudenza. Quaderni dir. lav., Giuffrè, Milano, n. 2/2005, p. 65.

[15] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 24 ottobre 2014, n. 22688.

[16] Che può tuttavia essere manifestato anche tacitamente; cfr. Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 24 febbraio 2020, n. 4870.

[17] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 21 ottobre 2019, n. 26759.

[18] Cass. civ., Sez. Lav., ordinanza 21 aprile 2020, n. 7977.

[19] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 7 agosto 2019, n. 21161.

[20] CORSI, FARINON, Le operazioni straordinarie d’impresa, Giappichelli, 2018, pp. 7-12. Romei, Il trasferimento d’azienda e gli orientamenti della dottrina, in Dialoghi fra Dottrina e Giurisprudenza, Quaderni di Diritto del Lavoro, vol. 2, Luglio - Dicembre 2004, pp. 293-341.

[21] GRANDI, Le modificazioni del rapporto di lavoro, Vol. I, Le modificazioni soggettive, Giuffrè, Milano, 1972, p. 250.

[22] LEPORE, Il trasferimento d’azienda, in Santoro-Passarelli (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, UTET, 2020, pp. 1828-1832.

[23] Buffa, De Lucia, Il lavoratore nel trasferimento di azienda, Halley Editrice, Matelica, 2006, p. 40. Barraco, Cessione di ramo d'azienda e irrilevanza del consenso dei lavoratori trasferiti (nota a Cass. 23 luglio 2002, n. 10761), in Lavoro Giur., 2003, p. 19.

[24] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 26 agosto 2016, n. 17366.

[25] DE LUCA TAMAJO, TOSI, TREU, CARINCI, supra nota 3.

[26] MAGRINI, La sostituzione soggettiva nel rapporto di lavoro, Franco Angeli, Milano, 1980, p. 188.

[27] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 4 febbraio 2008, n. 2609.

[28] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 18 marzo 2009, n. 6569. Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 27 settembre 2007, n. 20221.

[29] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 5 maggio 1995, n. 4873.

[30] GRANDI, Le modificazioni del rapporto di lavoro, Vol. I, Le modificazioni soggettive, Giuffrè, Milano, 1972, p. 350.

[31] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 2 marzo 1995, n. 2417.

[32] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 11 febbraio 2016, n. 2747.

[33] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 23 maggio 2003 n. 8228.

[34] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza19 novembre 1993, n. 11409.

[35] Grandi, Le modificazioni del rapporto di lavoro, Vol. I, Le modificazioni soggettive, Giuffrè, Milano, 1972, p. 353. Romei, Il trasferimento d’azienda e gli orientamenti della dottrina, in Dialoghi fra Dottrina e Giurisprudenza, Quaderni di Diritto del Lavoro, vol. 2, Luglio - Dicembre 2004, pp. 293-341.

[36] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 21 febbraio 2019, n. 5177.

[37] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 11 maggio 2018, n. 11410.

[38] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 2 febbraio 2011, n.2460

[39] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 21 febbraio 2019, n. 5177.

[40] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 1° aprile 2016, n. 6387. Nello stesso senso, ZILIO GRANDI, Trasferimento d’azienda, outsourcing e successione di appalti, in Perulli (a cura di), Impiego flessibile e mercato del lavoro, Giappichelli, Torino, 2004, p. 61 ss.

[41] PASQUALETTO, Le modificazioni soggettive. Il trasferimento d’azienda, in Diritto del lavoro. Commentario, diretto da F. Carinci, Vol. II a cura di Cester, Torino, 1998, pp. 1059-1090.

[42] Ex multis, Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 28 febbraio 2012, n. 3041.

[43] Cass. civ., Sez. Lav., ordinanza n. 11420 del 11 maggio 2018.

[44] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 29 novembre 2021, n. 37291.

[45] Fra le tante, cfr. da ultimo Cass. civ., Sez. Lav., ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1190. In dottrina, SCARPELLI, Il mantenimento dei diritti del lavoratore nel trasferimento d'azienda: problemi vecchi e nuovi, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”. NT, n. 20/2004, pp. 76-111. LAMBERTUCCI, Le tutele del lavoratore nella circolazione dell'azienda, Giappichelli, 1999, p. 10. Grandi, Le modificazioni del rapporto di lavoro, Vol. I, Le modificazioni soggettive, Giuffrè, Milano, 1972, p. 10. ROMEI, Il trasferimento d’azienda e gli orientamenti della dottrina, in Dialoghi fra Dottrina e Giurisprudenza, Quaderni di Diritto del Lavoro, Vol. 2, Luglio - Dicembre 2004, pp. 293-341.

[46] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 18 febbraio 2005, n. 3363.

[47] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 12 novembre 2019 n. 29291.

[48] Così MAGRINI, La sostituzione soggettiva nel rapporto di lavoro, Franco Angeli, Milano, 1980, p. 188. GRANDI, Le modificazioni del rapporto di lavoro, Vol. I, Le modificazioni soggettive, Giuffrè, Milano, 1972, p. 366.

[49] Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 6 dicembre 2017, n. 29249.

[50] CACCAVALE, La responsabilità per i debiti dell’azienda ceduta, Napoli, 2016, p. 58. GAMBINO, Il rapporto obbligatorio, in Tratt. dir. civ., diretto da Sacco, Torino, 2016, p. 497.

[51] CIAN, La circolazione dell’azienda e la continuità dei rapporti di impresa: complessità del patrimonio e articolazione delle risposte normative, in Nuove leggi civ., 2017, p. 955. SPERANZIN, La cessione d’azienda, in Tratt. contr., diretto da ROPPO e BENEDETTI, Milano, 2014, p. 276. GRANDI, Le modificazioni del rapporto di lavoro, Vol. I, Le modificazioni soggettive, Giuffrè, Milano, 1972, pp. 360-367. ROMEI, Il trasferimento d’azienda e gli orientamenti della dottrina, in Dialoghi fra Dottrina e Giurisprudenza, Quaderni di Diritto del Lavoro, vol. 2, Luglio - Dicembre 2004, pp. 293-341.

[52] MARCHETTI, Trasferimento d'azienda e accollo ex lege del cessionario, in Contratto e impresa, n. 1/2020, pp. 154-191. PAGANI, Retrocessione al fallimento dell’azienda affittata e responsabilità della procedura per i debiti maturati, in Le società, n. 2/2018, p. 27. CIAN, L’azienda tra diritto dei beni e regolazione dei fatti di impressa – Prolegomena, in Riv. dir. comm., n. 1/2016, pp. 621-677. MINNECI, Trasferimento d’azienda e regime dei debiti, Giappichelli, 2007, pp. 147-164. Cass. civ., Sez. Lav., ordinanza 13 agosto 2020, n. 17076.

[53] RACUGNO, Debiti e scritture contabili nel trasferimento d’azienda, in Giur. comm., vol. 2/2013, p. 1002. CACCAVALE, La responsabilità per i debiti dell’azienda ceduta, Napoli, 2016, p. 58. Cass. civ., Sez. Lav., sentenza 6 marzo 2015, n. 4598.

[54] Come recentemente modificato dal D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, D.L. 8 aprile 2020, n. 23, D.L. 24 agosto 2020, n. 118 e D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, e dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36.

[55] Cass. civ., Sez. III, sentenza 7 gennaio 2009, n.23. De Luca Tamajo, Tosi, Treu, Carinci, Diritto del lavoro. 2. Il rapporto di lavoro subordinato, UTET, 2019, pp. 186-201.

[56] BASILICO, La tutela dei lavoratori nella crisi dell’impresa, pubblicazione Scuola superiore magistratura, 19 febbraio 2018, pp. 1-15.

[57] PRETEROTI, Il trasferimento d’azienda nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: prove di assestamento euro-unitario, in Massimario di giurisprudenza del lavoro, n. 3/2020, pp. 659-683.