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Pubbl. Ven, 9 Dic 2022

Il mutuo fondiario: natura ed effetti del superamento del limite di finanziabilità alla luce delle Sezioni Unite

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Benedetto Losacco



Con sentenza n. 33719, pubblicata lo scorso 16 novembre 2022, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, superando un contrasto giurisprudenziale protrattosi dal 2017, hanno chiarito che il limite di finanziabilità previsto dall’art. 38, comma 2, T.U.B. non costituisce elemento essenziale del contratto di mutuo fondiario, ragion per cui quest’ultimo, in caso di superamento di tale limite, non può essere dichiarato nullo, con conseguente liberazione dell’immobile dall’ipoteca, né riqualificato in mutuo ordinario ipotecario dal giudice, qualora risulti voluto dai contraenti secondo il modello legale di riferimento.


ENG

The mortgage: nature and effects of exceeding the financing limit in light of the judgment of the United Sections of the Supreme Court

With sentence no. 33719, published on 16 November 2022, the United Civil Sections of the Supreme Court, overcoming a jurisprudential contrast that has lasted since 2017, clarified that the limit of financing provided for by art. 38, paragraph 2, T.U.B. does not constitute an essential ele-ment of the mortgage loan contract, which is why the latter, in case of exceeding this limit, cannot be declared null and void, with consequent release of the property from the mortgage, nor reclassified into an ordinary mortgage loan by the judge, if it is desired by the contractors according to the legal model of reference.

Sommario: 1. La vicenda processuale a monte della pronuncia delle Sezioni Unite; 2. La qualificazione e l’inquadramento normativo del mutuo fondiario; 3. La critica delle Sezioni Unite agli orientamenti giurisprudenziali contrastanti; 4. La tesi accreditata dalle Sezioni Unite e le relative conclusioni

1. La vicenda processuale a monte della pronuncia delle Sezioni Unite

L’esigenza di superare il contrasto giurisprudenziale in tema di massimo credito fondiario erogabile si è posta, nel caso deciso con la sentenza in commento, in seguito all’ammissione al passivo dei Fallimenti di due soci di S.n.c. di un credito derivante da mutuo fondiario – garantito da ipoteca di primo grado sugli immobili di proprietà dei soci falliti –, richiesta dalla banca mutuante e concessa a quest’ultima solamente in chirografo, dato il superamento del c.d. “limite di finanziabilità” di cui all’art. 38, comma 2, T.U.B.

La banca istante, dopo aver esperito opposizione allo stato passivo – respinta dal Tribunale adito per le medesime ragioni alla base del diniego del privilegio ipotecario disposto dal Giudice delegato – aveva interposto gravame avanti la competente Corte d’Appello per ottenere piena tutela delle proprie ragioni creditorie.

La Corte territoriale aveva accolto il reclamo, affermando che la norma di cui all’art. 38, comma 2, T.U.B. non avesse valenza imperativa e che la fissazione della soglia di finanziabilità del mutuo fondiario non costituisse requisito negoziale imposto dall’art. 117, comma 8, T.U.B. a pena di nullità; di conseguenza, condividendo la tesi inaugurata dalla Suprema Corte con sentenza n. 26672/2013, il Collegio aveva negato che il superamento di detta soglia – pari all’80% del valore dell’immobile concesso in ipoteca – inficiasse la validità del contratto di mutuo e della correlata garanzia ipotecaria.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, i Fallimenti avevano proposto ricorso per Cassazione, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 38 e ss. T.U.B., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, individuato nell’asserita contrarietà alla legge del credito fondiario erogato dalla banca al fine di estinguere pregresse passività di parte mutuataria.

Con ordinanza interlocutoria n. 4117 del 2022, la Prima Sezione Civile della Cassazione, assegnataria del predetto ricorso, nel rilevare l’esistenza di un contrasto insanabile tra la giurisprudenza di legittimità del 2013 – richiamata nella decisione della Corte d’Appello gravata – e la tesi seguita dallo stesso Supremo Consesso a partire dal 2017, ha richiesto l’intervento delle Sezioni Unite, le quali hanno risolto il quesito con sentenza n. 33719, pubblicata lo scorso 16 novembre 2022.

2. La qualificazione e l’inquadramento normativo del mutuo fondiario

L’analisi della sentenza in commento non può prescindere da un vaglio preliminare della nozione di mutuo fondiario e della disciplina, nazionale e comunitaria, ad esso dedicata. A tal riguardo, giova richiamare, innanzitutto, la formulazione dell’art. 38, comma 1, T.U.B.: “il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”.

Il secondo comma dello stesso articolo dispone che l’ammontare massimo dei finanziamenti di natura fondiaria è determinato dalla Banca d’Italia, conformemente a quanto deliberato dal C.I.C.R., “in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi”. In attuazione del disposto in parola, il C.I.C.R. ha emanato la Delibera del 22 aprile 1995, la quale, all’art. 1, prevede: “l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi. (…) Tale percentuale può essere elevata fino al 100 per cento, qualora vengano prestate garanzie integrative, rappresentate da fideiussioni bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità o contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie, secondo i criteri previsti dalla Banca d’Italia”.

Con il Comunicato dal titolo “Garanzie integrative per il credito fondiario”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 76 del 2 aprile 2005, la Banca d’Italia ha, quindi, precisato che le cc.dd “garanzie integrative” di cui alla menzionata Delibera C.I.C.R. devono essere tali da

  • “consentire alle banche finanziatrici un effettivo beneficio in termini di contenimento del rischio di credito, con conseguente possibilità di ridurre il livello di copertura della garanzia ipotecaria”;
  • “essere direttamente riferibili alla singola operazione di finanziamento”;
  • “coprire esplicitamente le perdite derivanti dal mancato pagamento del debitore per la quota fissata contrattualmente”;
  • “prevedere che il loro utilizzo non sia in alcun modo condizionato contrattualmente al verificarsi di eventi diversi dall’inadempimento del debitore”;
  • “non essere revocabili dal garante”;
  • “essere escutibili tempestivamente e a «prima richiesta»”.

Come chiarito dalla giurisprudenza chiamata ad esprimersi sul punto, a dette garanzie non vanno assimilate le fideiussioni di semplici società a responsabilità limitata o di persone fisiche, risultando coerenti con il grado di affidabilità patrimoniale richiesto dalla disciplina in esame solamente le garanzie prestate dallo Stato, dalle compagnie assicurative o da talune imprese regolamentate dal Testo Unico Bancario1.

La Banca d’Italia ha, poi, aggiunto che, in caso di garanzia offerta nell’interesse del mutuatario su beni immobili già gravati da precedenti iscrizioni ipotecarie, il mutuo può definirsi fondiario solo nel caso in cui la soglia dell’80% risulti rispettata sommando l’ammontare del nuovo finanziamento al capitale residuo del finanziamento precedente.

Alla luce di quanto esposto, è possibile, allora, qualificare il mutuo fondiario come il finanziamento concesso da un istituto di credito a medio/lungo termine (ossia per una durata non inferiore a 18 mesi), garantito da ipoteca di primo grado, per un importo non superiore all’80% del valore dei beni ipotecati o delle opere da eseguire su di essi, incrementabile sino al 100% del suddetto valore in caso di concessione di garanzie integrative, individuate alla stregua dei criteri espressi dalla Banca d’Italia2.

Alla banca che conceda credito fondiario la legge attribuisce ulteriori privilegi: la facoltà di eleggere domicilio, ai fini dell’iscrizione ipotecaria, presso la propria sede, anziché nella circoscrizione del tribunale in cui ha sede la conservatoria dei registri immobiliari; il c.d. consolidamento breve dell’ipoteca fondiaria, non soggetta a revocatoria fallimentare ove iscritta almeno dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza di fallimento del debitore concedente o del terzo datore di ipoteca; l’esenzione dalla revocatoria fallimentare dei pagamenti effettuati dal debitore poi dichiarato fallito; l’esonero dall’obbligo di notificazione del titolo esecutivo; la facoltà di proporre o proseguire il procedimento esecutivo anche in caso di fallimento del debitore (cfr. artt. 39 e 41 T.U.B.).

Con riferimento alla stima dei beni immobili concedibili in ipoteca per beneficiare dell’erogazione di credito fondiario, si ritiene valga quanto dispone la norma di cui all’art. 120-duodecies T.U.B., nonostante tale disposizione appartenga al Capo I-bis, Titolo VI, del T.U.B., introdotto dal D.Lgs. n. 72/2016 (attuativo della Direttiva 2014/17/UE sui contratti di credito ai consumatori garantiti da beni immobili residenziali) e disciplini, segnatamente, il credito immobiliare concesso in favore dei consumatori.

L’art. 120-duodecies T.U.B. prevede, nello specifico, che gli istituti finanziatori valutino gli immobili destinati a garantire i crediti fondiari nei seguenti termini: i) conformandosi agli standard stabiliti dalla Banca d’Italia per la valutazione dei beni immobili residenziali, ii) affidandosi a persone competenti sotto il profilo professionale e indipendenti dal processo di commercializzazione del credito, sì da poter fornire una valutazione imparziale ed obiettiva, e iii) tenendo conto anche della banca dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate (O.M.I.)3.

Con riferimento agli standard di valutazione, la normativa vigente aprirebbe all’impiego dei criteri riconosciuti a livello internazionale, come gli standard redatti dall’International Valuation Standards Committee, dall’European Group of Valuers’ Association o dal Royal Institution of Chartered Surveyors4.

Le Circolari n. 285/2013 e n. 288/2015 della Banca d’Italia (applicabili rispettivamente alle banche e agli intermediari finanziari) indicano, inoltre, quali requisiti di professionalità e indipendenza debbano possedere gli esperti per poter svolgere le attività di valutazione su incarico degli istituti finanziatori: l’iscrizione in un albo professionale che attesti l’idoneità ad effettuare valutazioni tecniche o economiche di beni immobili ovvero il possesso di certificazioni che comprovino un’esperienza nel campo della valutazione immobiliare di almeno 3 anni, già maturata prima dell’incarico. L’istituto committente è tenuto a verificare che i periti incaricati non versino in situazioni di conflitto di interessi rispetto al processo di commercializzazione del credito.

L’attività di valutazione deve essere documentata dai periti incaricati mediante apposite relazioni, corredate da tutti i documenti utilizzati in sede di valutazione e conservate dalla banca finanziatrice su supporti cartacei o su altri supporti durevoli l’intera durata dei rapporti con i clienti e, comunque, per i dieci anni successivi all’estinzione dei rapporti medesimi5.

Al compimento dell’attività di valutazione viene stabilito il valore di mercato dell’immobile da ipotecare, definito, dalla legislazione comunitaria vigente, come “l’importo stimato al quale l’immobile verrebbe venduto alla data della valutazione in un’operazione svolta tra un venditore e un acquirente consenzienti alle normali condizioni di mercato dopo un’adeguata promozione commerciale, nell’ambito della quale entrambe le parti hanno agito con cognizione di causa, con prudenza e senza essere soggette a costrizioni” (art. 4, par. 1, n. 76, Regolamento 575/2013/UE)6.

Invero, il Regolamento 575/2013/UE individua un ulteriore criterio astrattamente utile ai fini della verifica del superamento del limite di finanziabilità dei crediti ipotecari: il c.d. “Mortgage Lending Value”, ossia il valore cauzionale effettivo dell’immobile, da intendersi – nella prospettiva, futura ed eventuale, di inadempimento del mutuatario e di necessità di recupero forzoso della somma residua prestata da parte della banca mutuante – come realizzo netto derivante dalla vendita giudiziale dello stesso immobile. Il M.L.V. è definito, specificamente, come “valore dell’immobile quale determinato in base a un prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile stesso, tenuto conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell’immobile, delle condizioni normali e locali del mercato, dell’uso corrente dell’immobile e dei suoi appropriati usi alternativi” (art. 4, par. 1, n. 74, Regolamento 575/2013/UE).

Ad ogni modo, non pare che, in sede di determinazione dell’importo massimo finanziabile, l’istituto finanziatore debba necessariamente far capo al M.L.V. – inteso (anche) nella prospettiva di vendita forzosa –, piuttosto che al valore di mercato dell’immobile destinato a costituire oggetto di garanzia. Infatti, la normativa comunitaria dispone, al contempo, che, “per le garanzie immobiliari, la garanzia è stimata da un esperto indipendente ad un valore pari o inferiore al valore di mercato” (art. 229, comma 1, Regolamento 575/2013/UE) e che “per contro, negli Stati membri che hanno stabilito mediante disposizioni legislative o regolamentari criteri rigorosi per la determinazione del valore del credito ipotecario, l’immobile può essere valutato da un esperto indipendente ad un valore pari o inferiore al valore del credito ipotecario” (art. 229, comma 2, Regolamento 575/2013/UE).

Le due formulazioni sopra menzionate indurrebbero, quindi, a ritenere che la banca, in sede di determinazione della soglia massima in rassegna, possa far riferimento ad entrambi i criteri, in via tra loro alternativa7. Anche l’A.B.I., benché sembri preferire, al riguardo, il criterio del valore di mercato, non esclude che, in determinate circostanze, possa essere privilegiato, nell’attività di valutazione, il valore del credito cauzionale8.

3. La critica delle Sezioni Unite agli orientamenti giurisprudenziali contrastanti

Tornando all’esame della sentenza n. 33719/2022, risalta, nella parte motiva di tale pronuncia, l’abbondante disquisizione articolata dalle Sezioni Unite in merito ai due contrapposti orientamenti in punto di superamento della soglia di finanziabilità del credito fondiario, sviluppatisi in seno alla stessa Suprema Corte nel 2013 e dopo il 2017.

Con la sentenza n. 17352/2017, la Cassazione, contrastando la tesi del 2013, aveva affermato che il rispetto del limite di finanziabilità costituisse elemento essenziale del contratto di mutuo fondiario, in quanto posto a tutela di un interesse pubblico, e che la relativa violazione, pur non essendo riconducibile alla nullità testuale prevista dall’art. 117 T.U.B., meritasse la sanzione della nullità, pur facendo salvo l’interesse della banca – che ne facesse specifica richiesta nel primo momento utile successivo al rilievo della nullità – di ottenere la conversione del contratto in mutuo ordinario ipotecario, sussistendone i presupposti.

A fronte delle suesposte premesse, le Sezioni Unite, in via di prima approssimazione al quesito sottoposto loro, hanno riepilogato il percorso logico deduttivo dei Giudici di legittimità del 2013, fondato sulla desunta attribuzione alla Banca d’Italia, da parte del Legislatore,

  1. del potere (c.d. “conformativo” o “tipizzatorio”) di stabilire il contenuto di determinati contratti bancari, prevedendo l’inserimento di clausole tipo (attraverso la previsione dell’art. 117, comma 8, T.U.B.) e
  2. del potere di determinare, in conformità alle delibere del C.I.C.R., la percentuale massima del credito fondiario erogabile (mediante la formulazione dell’art. 38, comma 2, T.U.B.), ritenuta solo attinente ad un requisito del contratto di mutuo fondiario già tipizzato (l’oggetto) e, perciò, non riconducibile all’alveo dell’art. 117, comma 8, T.U.B.

Nel giustificare l’estromissione del limite di finanziabilità dalla sfera dei contenuti contrattuali “tipizzabili” dalla Banca d’Italia ex art. 117, comma 8, T.U.B., inoltre, le Sezioni Unite hanno dato rilievo alla differenza tra gli interessi tutelati dalle due norme in questione: come osservato nella sentenza n. 26672/2013, l’art. 117 appartiene al Titolo VI del T.U.B., rubricato “Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti”, mentre l’art. 38 è collocato all’interno del Titolo II, Capo VI, del T.U.B., dedicato alle “Norme relative a particolari operazioni di credito”.

Al riguardo, è stato rimarcato che il Titolo VI del T.U.B. contiene disposizioni a tutela del contraente debole, dirette ad evitare l’inserimento nei contratti bancari di clausole difficilmente intellegibili, eccessivamente onerose o vessatorie: per questo, la relativa trasgressione è sanzionata dal Legislatore con la nullità relativa, eccepibile solo dal cliente. Corollario di tale impostazione è fornito dal disposto dell’art. 127, n. 1, T.U.B., che ammette la deroga alle norme del Titolo VI solo in senso più favorevole al cliente.

Così, secondo i Supremi Giudici del 2013, il superamento del limite di finanziabilità, ove pure fosse stato ritenuto assoggettabile alla disciplina prevista dall’art. 117 T.U.B., non avrebbe potuto comunque reputarsi fonte di nullità relativa, dal momento che il cliente, in quanto interessato ad ottenere il finanziamento per il massimo importo possibile – a prescindere dal rispetto di tale limite –, è sempre indotto ad assecondare la deroga a tale norma ai sensi dell’art. 127 T.U.B. Dal canto suo, invece, la banca, in caso di declaratoria di nullità del mutuo, si vedrebbe paradossalmente penalizzata dalla stessa norma posta a protezione della sua stabilità patrimoniale, subendo gli effetti dell’annullamento dell’ipoteca posta a garanzia del proprio credito.

In definitiva, quella contenuta nell’art. 38 T.U.B. non è stata identificata, dalla giurisprudenza del 2013, quale norma inderogabile sulla validità del contratto di mutuo fondiario, bensì quale mera norma di buona condotta, giustificante – in caso di violazione, opportunamente accertata dalla Banca d’Italia – la sola applicazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario in danno dell’istituto trasgressore.

In secondo luogo, le Sezioni Unite hanno criticato la pronuncia della Suprema Corte n. 17352/20179, la quale, se da un lato ha confermato che il superamento del limite di finanziabilità non vada incontro alla nullità prevista dall’art. 117, comma 8, T.U.B., dall’altro ha giudicato siffatto limite quale elemento essenziale del contratto di mutuo fondiario, rispondente ad un’esigenza di regolamentazione analitica posta a tutela di interessi economici nazionali e non solo a protezione della stabilità patrimoniale della banca mutuante.

I Supremi Giudici hanno, così, ricollegato la divergenza tra gli orientamenti in rassegna alla diversa natura attribuita, dall’una e dall’altra impostazione, agli interessi ritenuti tutelati dall’art. 38 T.U.B. Dai Giudici di legittimità del 2013, tale disposizione era stata ritenuta protettiva di un interesse privato particolare (la stabilità patrimoniale della banca mutuante) e, perciò, inidonea a contemplare, in caso di inottemperanza, la perdita della garanzia ipotecaria in danno dell’istituto. Per la giurisprudenza del 2017, invece, la norma in parola risultava posta a presidio di un interesse pubblico generale (la stabilità dell’economia nazionale, caratterizzata dal vasto ricorso al credito fondiario da parte delle famiglie e delle imprese) e, pertanto, la relativa violazione non poteva non inficiare il contratto.

Muovendo da tale prospettiva, la Suprema Corte del 2017 era, quindi, giunta a qualificare il limite di finanziabilità quale requisito indefettibile del mutuo fondiario, atto a determinare, in caso di suo superamento, la nullità totale del contratto di riferimento, anziché la mera irrogazione di sanzioni amministrative in danno della banca mutuante, pur facendo salva la facoltà di quest’ultima di chiedere la conversione del contratto medesimo in mutuo ordinario ipotecario nel primo momento utile successivo alla rilevazione della nullità.

Concludendo il riesame dei due contrapposti orientamenti e approssimandosi al tema centrale, le Sezioni Unite hanno osservato che, in realtà, la disposizione da ritenersi violata, nell’ipotesi di superamento del limite di finanziabilità, non è quella prevista dall’art. 38, comma 2, T.U.B. (che è fonte normativa primaria), bensì quella contenuta nel provvedimento della Banca d’Italia che determina il valore massimo del credito fondiario finanziabile, in conformità alle delibere del C.I.C.R. (che è fonte normativa secondaria).

Pertanto, condividendo i rilievi espressi dalla Prima Sezione nella relativa ordinanza interlocutoria, le Sezioni Unite hanno constatato che la disposizione di cui all’art. 38, comma 2, T.U.B., “pur conferendo alla Banca d’Italia il potere di determinare la percentuale massima del finanziamento, che costituisce indubbiamente l’oggetto del contratto, non interferisce però sul contenuto del contratto ‘per aggiunta’, cioè prevedendo un ulteriore elemento costitutivo della fattispecie contrattuale, ma solo ‘per specificazione’, imponendo che un elemento intrinseco già presente nel contratto (cioè il suo oggetto) possegga una determinata caratteristica di tipo quantitativo, restando però del tutto invariata la struttura della fattispecie nei suoi fondamentali elementi tipizzati”.

 

4. La tesi accreditata dalle Sezioni Unite e le relative conclusioni

A mente delle precedenti argomentazioni, le Sezioni Unite hanno, infine, escluso “che sia configurabile una nullità per un vizio incidente su elementi essenziali intrinseci alla fattispecie negoziale, relativi alla struttura o al contenuto del contratto”, non avendo rinvenuto, all’interno dell’ordinamento norme che prevedano ipotesi di nullità testuale del contratto di mutuo fondiario nel quale risulti superato il limite di finanziabilità; conseguentemente, hanno ritenuto valida la tesi giurisprudenziale del 2013, secondo la quale la previsione della soglia dell’80% – peraltro, non verificabile senza adeguate valutazioni estimatorie – non inciderebbe sul sinallagma contrattuale, poiché volta semplicemente a regolamentare il comportamento che la banca mutuante avrebbe interesse ad assumere al fine di proteggere la propria stabilità patrimoniale.

A conferma della posizione assunta, i Supremi Giudici hanno considerato priva di carattere imperativo – e, perciò, non sanzionabile con la nullità prevista dall’art. 1418 c.c. – la disposizione che fissa il limite di finanziabilità del credito fondiario, diversamente dalle norme che disciplinano direttamente e chiaramente la struttura e il contenuto essenziale o che concernono la validità del contratto10; ciò posto, hanno specificamente osservato: “L’eventuale uso distorto del tipo «mutuo fondiario» (se configurabile come autonomo) postula pur sempre la verifica dell’esistenza di una norma imperativa violata – non ravvisabile nell’articolo 38, secondo comma, t.u.b. – concernente la causa (cfr. articoli 1344 e 1345 c.c.) o l’oggetto (articolo 1346 c.c.), se si vuole invalidare il contratto per illiceità di tali requisiti o elementi essenziali, al fine di neutralizzarne gli effetti, non potendosi desumere la nullità del contratto dalla mera difformità dal tipo o sottotipo contrattuale. Peraltro, la riferibilità della nullità virtuale per violazione di norma imperativa anche all’oggetto del contratto potrebbe dirsi non collimante con le indicazioni provenienti dalla Relazione al codice civile (n. 649), che sembra prevederla nella sola ipotesi della causa illecita, ma la liceità della causa del credito fondiario eccedente non è qui in discussione”.

Avvalorando quanto esposto nell’ordinanza interlocutoria della Prima Sezione e a conferma della posizione assunte, le Sezioni Unite hanno altresì constatato che la declaratoria di nullità del contratto di mutuo fondiario determinerebbe “un vantaggio obiettivamente sproporzionato per il mutuatario che, per il sol fatto di aver ricevuto dall’istituto una somma superiore a quella consentita dal c.d. scarto di garanzia, realizzerebbe la completa liberazione dell’immobile dall’ipoteca; con effetti che ben potrebbero definirsi paradossali nel caso di esecuzione individuale promossa dall’istituto di credito mutuante (atteso che la nullità darebbe luogo all’estinzione della procedura, per il venir meno del titolo esecutivo, anche in danno degli eventuali creditori intervenuti non muniti di titolo), e che appaiono connotati da anomalie anche nel caso di apertura di una procedura concorsuale, in cui l’interesse dei creditori al rispetto della par condicio, anziché essere tutelato con lo strumento della revocatoria (ossia con il rimedio tipico previsto per il contratto in danno dei creditori), verrebbe ad essere protetto attraverso una sanzione di nullità dell’intero contratto derivante unicamente dall’illegittima costituzione della garanzia fondiaria”.

Quanto all’ulteriore motivo di ricorso, inerente la ravvisata contrarietà alla legge del credito fondiario erogato per estinguere pregresse passività, le Sezioni Unite si sono limitate a confermare – aderendo ad una tesi giurisprudenziale ormai consolidata11 – che il mutuo fondiario è lecitamente concedibile per consentire al mutuatario di sanare debiti pregressi, ragion per cui il mutuo fondiario erogato per tale finalità non può dirsi contrario ad alcuna norma di legge.

Non condividendo, in ultimo, la tesi ricostruttiva in termini di riqualificazione del mutuo fondiario esondante il limite di finanziabilità in mutuo ipotecario ordinario, promossa dal Procuratore Generale, le Sezioni Unite hanno affermato: “una volta che si escluda la nullità (totale o parziale) del contratto per superamento del limite di finanziabilità, non è consentito all’interprete intervenire (d’ufficio) sugli effetti legali del contratto per neutralizzarli, facendo applicazione di un diverso modello negoziale (mutuo ordinario) non voluto dalle parti, seppure appartenente alla stessa famiglia o genus contrattuale”.

In altri termini, secondo i Supremi Giudici, il superamento del limite di finanziabilità, non costituendo vizio del contratto sanzionabile ex lege con la nullità, non giustifica alcuna riconversione d’ufficio del mutuo fondiario in mutuo ordinario ipotecario ai sensi dell’art. 1424 c.c. laddove, in base all’attività ermeneutica svolta dal giudicante, risulti che i contraenti intendessero, di fatto, concludere un contratto di mutuo fondiario conforme al relativo paradigma legale: circostanza, peraltro, non confutata dai ricorrenti nel caso di specie.

Nel rigettare, pertanto, il ricorso, le Sezioni Unite sono giunte a formulare i seguenti principi di diritto:

  • “In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all’articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 51 ss. e 53 t.u.b.) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito”.
  • “Qualora i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale (finanziamento a medio o lungo termine concesso da una banca garantito da ipoteca di primo grado su immobili), essendo la loro volontà comune in tal senso incontestata (o, quando contestata, accertata dal giudice di merito), non è consentito al giudice riqualificare d’ufficio il contratto, al fine di neutralizzarne gli effetti legali propri del tipo o sottotipo negoziale validamente prescelto dai contraenti per ricondurlo al tipo generale di appartenenza (mutuo ordinario) o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario”.

Note e riferimenti bibliografici

1 Cfr. Cass. Civ., sent. n. 11201 del 09.05.2018 e n. 9079 del 12.04.2018, in CED, Cassazione, 2018.

2 L. CIPOLLA, “Mutuo fondiario: il superamento del limite di finanziabilità”, in Guida Operativa, Top24 Diritto.

3 L’O.M.I. è una banca dati gestita dall’Agenzia dell’Entrate per la rilevazione e l’elaborazione delle informazioni tecnico-economiche relative al mercato degli affitti e ai tassi di rendita, nonché per l’analisi, la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di profili teorici, applicativi e di innovazione nelle materie istituzionali, con specifico riferimento alla definizione dei valori immobiliari: cfr. https://www.agenziaentrate.gov.it

4 CONCIO F., PISANO R., GENNARO C., CORSARO A.A., MOLTENI T., RAPELLI M., “Commentario al Testo Unico Bancario”, “Articolo 120-duodecies – Valutazione dei beni immobili”, in Approfondimenti, Plusplus24 Diritto.

5 Cfr. Banca d’Italia, Circolare n. 288 del 03.04.2015.

6 Disposizione richiamata dall’art. 2.5.3 della Circolare di Banca d’Italia n. 288 del 03.04.2015, come modificata dal 5° Aggiornamento del 22.02.2022.

7 Cfr. Cass. Civ., sent. n. 11201 del 09.05.2018 e n. 9079 del 12.04.2018, in CED, Cassazione, 2018.

8 Cfr. Linee Guida per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie”, in www.abi.it.

9 Confermata da Cass. Civ., sentenze n. 19016 del 2017, nn. 6586, 11201, 13286 e 29745 del 2018 e n. 10788 del 2022.

10 Cfr. SS.UU. Cass. Civ., sent. n. 26724/2007, confermata da Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 19024/2005, Sez. VI, sent. n. 25222/2010, e Sez. III, sent. n. 525/2020.

11 Cfr. Cass. Civ., Sez. I n. 28662/2013, Sez. III n. 19282/2014, Sez. III n. 37654/2021, Sez. III n. 23149/2022.