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Pubbl. Sab, 29 Ott 2022
Sottoposto a PEER REVIEW

Osservatorio di Diritto penale dell´economia - Luglio/Agosto 2022

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Andrea De Lia



Osservatorio bimestrale relativo alle principali sentenze emesse dalla Corte di Cassazione in tema di Diritto penale dell´economia. Periodo luglio-agosto 2022. Saggio dal titolo ”Ne bis in idem: la Consulta mette in crisi il doppio binario sanzionatorio”.


ENG

Criminal Law Of Economics Observatory - July/August 2022

Bimonthly observatory on the main sentences issued by the Court of Cassation on the subject of Criminal Law of the economy. Period July-August 2022. Essay entitled "Ne bis in idem: the Council undermines the double track of sanctions".

Sommario: Parte I. Ne bis in idem: la Consulta mette in crisi il “doppio binario” sanzionatorio: 1. Premesse; 2. La "materia penale" e le garanzie penalistiche estese all'illecito amministrativo "punitivo"; 3. Proporzione e ne bis in idem; 4. Il recente arresto della Consulta e l'incostituzionalità parziale dell'art. 649 c.p.p.; 5. Conclusioni;  Parte II. Pronunce in rassegna.

SAGGIO

Ne bis in idem: la Consulta mette in crisi il “doppio binario” sanzionatorio

1. Premesse

La dottrina, ormai da anni, sottolinea come il sistema interno sia interessato da una sorta di “deriva panpenalistica”, con la progressiva dilatazione dell’area del penalmente rilevante e con un continuo “gioco a rialzo” in ordine al carico sanzionatorio[1].

Le ragioni del fenomeno sono molteplici e concorrenti: la necessità di contrasto di nuove forme di criminalità, alcune delle quali alimentate dalla globalizzazione; la scarsa efficacia general-preventiva del diritto penale, specie in alcuni settori e rispetto a talune condotte illecite (si pensi al sistema dei reati contro il patrimonio, la cui frequenza, nell’ultimo periodo, caratterizzato da profonda crisi economica, è particolarmente allarmante, come dimostrano i dati raccolti dall’ISTAT e dal Ministero di Giustizia); l’impego “mass-mediatico” dello ius criminale come mezzo di procacciamento del consenso politico, etc.[2]

Detta “ipertrofia” dello ius criminale, negli ultimi decenni, si è registrata in particolar modo nel settore del diritto penale dell’economia, nel quale il legislatore ha fatto ampio ricorso anche alla sanzione (nominalmente) amministrativa, come dimostra la disciplina degli illeciti tributari, ambientali, l’ambito bancario e assicurativo, quello della tutela del mercato mobiliare, etc., essendo state introdotte misure che, assommandosi a quelle (formalmente) penali, determinano problematiche (anche) sotto il profilo del ne bis in idem, sostanziale e processuale[3], su cui è recentemente intervenuta, come si dirà, la Consulta con un’importante arresto.

2. La “materia penale” e le garanzie penalistiche estese all’illecito amministrativo “punitivo”

2.1. La Corte EDU è stata chiamata a più riprese a definire la c.d. “materia penale”, rispetto alla quale debbono (o dovrebbero) trovare applicazione i principi che costituiscono, nel loro insieme, lo statuto delle garanzie caratteristiche.

Ben conosciuto è, allora, il leading case “Engel” (Corte EDU, Adunanza Plenaria, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Paesi Bassi), con il quale sono stati, embrionalmente, elaborati tre criteri (formale; natura della disposizione in base a bene tutelato e grado della lesione; gravità della sanzione) atti a ricondurre una norma e la relativa sanzione alla matière pénale.

Altrettanto noto è che tali criteri, ben presto, si sono rivelati inadeguati, tanto che la Corte EDU ne ha progressivamente elaborato degli altri, che si sono affiancati a quelli originari, che, implementando le colonne della matrice valutativa, hanno reso assai complesso il compito dell’interprete, anche per via della loro “alternatività” e “cumulabilità”.

In questo complesso quadro, allora, è emerso il criterio dello “scopo”, rappresentato dalla finalità sottesa alla previsione normativa, che sarebbe riconducibile al diritto penale nell’ipotesi in cui essa perseguisse finalità spiccatamente repressive/retributive/afflittive[4].

Talché, in effetti, un parziale abbandono di quello che, fino a qualche tempo fa, era ritenuto l’indice di maggior attendibilità, ovverosia quello della gravità della sanzione, che era stato valorizzato in molti casi, come ad esempio nella sentenza Corte EDU, Seconda Sezione, 27 settembre 2011, Menarini Diagnostics S.r.l. c. Italia, in tema di sanzioni pecuniarie per violazioni della normativa antitrust[5].

Si tratta di un parametro impiegato nella sentenza Corte EDU, Grande Camera, 23 novembre 2006, Jussila c. Finlandia che, in materia di illeciti tributari, ha affermato che anche una misura contenuta di natura pecuniaria mostrerebbe un volet pénal laddove essa abbia una finalità punitiva/afflittiva[6].

Insomma, secondo il suddetto orientamento, sarebbe lo scopo principale della misura a determinarne la sua natura e quella della norma che la contempla, poiché laddove quest’ultima risultasse, invece, prevalentemente strumentale alla prevenzione dell’illecito, oppure al risarcimento/reductio in pristinum della situazione antecedente alla sua realizzazione, non troverebbe applicazione lo statuto delle garanzie penalistiche[7].

Tanto è vero che (seppur con argomentazioni assai opinabili ed opinate) nelle due pronunce della Corte EDU, Prima Sezione, del 17 giugno 2021, Galan c. Italia e Miniscalco c. Italia, intervenute sul tema della retroattività delle norme interdittive previste dal d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (c.d. “decreto Severino”), si è esclusa la riconducibilità di dette previsioni nell’alveo della materia penale facendo leva proprio sulla loro (pretesa) finalità preventiva e non punitiva[8], con una soluzione che si colloca in linea con gli orientamenti espressi dalla Consulta (vd. Corte cost., 19 novembre 2015, n. 236 e Corte cost., 16 dicembre 2016, n. 276)[9].

2.2. Le problematiche attinenti agli Engel criteria, o meglio agli “indici di penalità” che nel tempo sono stati elaborati dalla Corte EDU, alcuni dei quali sono stati succintamente richiamati, determinano, allora, un alto tasso di imprevedibilità delle decisioni della Corte EDU, come dimostrano gli orientamenti del giudice di Strasburgo sulle misure di prevenzione, la cui natura è assai dibattuta.

Tanto la Consulta (vd. Corte cost., 27 febbraio 2019, n. 24), quanto la Corte EDU (vd. Corte EDU, Grande Camera, 23 febbraio 2017, de Tommaso c. Italia), continuano a negare si tratti di misure di natura penale, rilevando, per l’appunto, che esse non opererebbero sulla logica sanzionatoria-afflittiva, bensì su quella preventiva o, per quanto concerne la confisca, in base alla necessità di ripristino della legalità violata.

Il tutto con una soluzione che desta più di una perplessità, stante la gravità delle suddette misure, ad uno con lo stigma degree che esse importano[10]. Del resto, allorquando la giurisprudenza, come nel caso di specie, richiama il “tertium genus” (vedi anche la responsabilità dell’ente collettivo “231”) si è sempre al cospetto di prese di posizione finalizzate a preservare dei microsistemi rispetto alle censure di incostituzionalità, piuttosto che di affermazioni particolarmente solide sotto il profilo giuridico.

2.3. Sebbene, allora, i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU non consentano un’agevole distinzione dell’illecito amministrativo “non punitivo” da quello sostanzialmente penale, vi è da rilevare che la giurisprudenza interna tende, negli ultimi anni, ad omologare gli statuti di garanzia[11].

Emblematica, in questo senso, la sentenza Corte cost., 12 maggio 2010, n. 196, sul nullum crimen, nonché Corte cost., 10 maggio 2019, n. 112[12], con la quale è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 187-sexies del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che prevedeva la confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, del prodotto dell’illecito, dei beni utilizzati a commetterlo, e non del solo profitto, in virtù dell’estensione alle sanzioni amministrative, sostanzialmente penali, del principio di proporzionalità.

Fatto è che tali tendenze rendono ancor più in pericolo la tenuta del “doppio binario”, i “cumuli”, particolarmente diffusi nel settore del diritto penale economico, latamente inteso.

3. Proporzione e ne bis in idem

Il principio di proporzione da tempo impegna le Corti sulla controversa questione del ne bis in idem[13], sollevata dal c.d. “doppio binario sanzionatorio”; con la sentenza Corte EDU, Seconda Sezione, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia, la Corte – sulla scorta dell’art. 6 della Carta EDU, in tema di equo processo, nonché dell’art. 4 Protocollo 7, sul divieto del secondo processo sull’idem factum – aveva censurato, in sostanza, una simile logica, ovverosia del doppio giudizio e della doppia sanzione (amministrativa e penale).

Dopo le sentenze Corte cost., 12 maggio 2016, n. 102 e Corte cost., 21 luglio 2016, n. 200, con le quali, in sostanza, è stato negato valore assoluto al suddetto principio in proiezione interna, essendo stato rilevato che esso patirebbe condizionamenti tali da renderlo recessivo rispetto a esigenze contrarie di carattere sostanziale, la Corte di Strasburgo è intervenuta con la sentenza Corte EDU, Grande Camera, 15 novembre 2016, A. e B. c. Norvegia, con la quale è stato espresso un vero e proprio revirement rispetto alla decisione sull’affaire “Grande Stevens”, ammettendosi il bis in idem nel caso di stretta connessione sostanziale e temporale tra i procedimenti e laddove, in ogni caso, il cumulo delle sanzioni (formalmente penali e sostanzialmente tali) non si rivelasse sproporzionato rispetto alla gravità del fatto commesso.

Il tutto secondo una linea successivamente avallata anche dalla Corte di Giustizia con le sentenze CGUE, Grande Sezione, 20 marzo 2018, causa C‑524/15, Menci; CGUE, Grande Sezione, 20 marzo 2018, causa C‑537/16, Garlsson Real Estate e altri c. CONSOB, nonché CGUE, Grande Sezione, 20 marzo 2018, cause riunite C‑596/16 e C‑597/16, Di Puma e Zecca c. CONSOB.

4. Il recente arresto della Consulta e l’incostituzionalità parziale dell’art. 649 c.p.p.

Da ultimo, la Corte costituzionale è stata investita di un’ulteriore questione di legittimità attinente al “doppio binario”, in materia di protezione del diritto d’autore; il giudice a quo, più in particolare, aveva rilevato l’incompatibilità della disposizione del codice di rito dianzi richiamata nella parte in cui essa avrebbe ammesso – ma in violazione dell’art. 4 Protocollo 7 alla CEDU – l’istaurazione di un giudizio penale a seguito dell’irrogazione di una sanzione amministrativa, coi caratteri “punitivi”, sull’idem factum.

In particolare, l’ordinanza di rimessione aveva segnalato l’indefettibilità della stretta connessione “sostanziale” (procedimenti che perseguano scopi complementari, perché relativi a diversi aspetti dell’unitario illecito; prevedibilità del “doppio binario”; capillarità probatoria) nonchè “temporale”, indicati dalla sentenza “A. e B. c. Norvegia” quali criteri attraverso cui ammettere il bis in idem. Rilevando, allora, che la “temporaneità” dovrebbe – in generale – ritersi sussistente non per via del sincronico inizio delle procedure parallele, bensì nell’ipotesi del pressoché coevo svolgersi/concludersi delle stesse, il giudice a quo aveva rimarcato la rilevanza della questione nel caso di specie, in quanto il procedimento penale, pur iniziato in contemporanea con quello amministrativo, era ancora in corso a distanza di oltre quattro anni dalla conclusione di quello amministrativo.

Per il resto, rilevata nel caso di specie l’identità degli scopi punitivi tra sanzione penale e amministrativa, la disposizione indubbiata si sarebbe rivelata in contrasto con il suddetto parametro in quanto essa avrebbe richiamato esclusivamente l’istaurazione di un precedente processo penale, non potendosi dunque estendere – pena la violazione della chiara littera legis – ai rapporti col procedimento amministrativo.

La Corte, allora, pur rimarcando che in base all’art. 50 TFUE il giudice interno sarebbe chiamato a disapplicare le disposizioni contrastanti con il ne bis in idem europeo, ha ritenuto la questione rilevante, in quanto – replicando principi già espressi in altre decisioni – non sarebbe possibile precludere alla Consulta di intervenire su norme illegittime, al fine di pronunciamenti con efficacia erga omnes, Inoltre, l’ammissibilità della questione sarebbe stata determinata dal parametro impiegato dal giudice remittente, attesa la carenza di efficacia diretta dei principi promananti dalla Carta EDU[14].

Quanto all’oggetto della censura, la Consulta, dunque, l’ha ritenuta fondata, rammentando come il ne bis in idem debba essere inteso come una preclusione ad un secondo giudizio ancor prima che rispetto ad una doppia sanzione per l’idem factum.

Talchè, attribuita natura penale alla sanzione amministrativa irrogata, la Corte costituzionale con la sentenza n. 149/2022 ha rimarcato che il “doppio binario” in questo ambito non sarebbe stato finalizzato a tutelare interessi complementari né ideato per l’esigenza di sanzionare diversi aspetti della condotta illecita; inoltre, è stata stigmatizzata la mancanza di meccanismi atti a scongiurare il rischio di duplicazione nella raccolta e valutazione delle prove nonché di una disconnessione temporale tra procedimenti.

Pertanto, con questa sentenza[15], è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse pronunciare sentenza assolutoria nei confronti degli imputati per uno dei delitti di cui all’art. 171-ter l. 22 aprile 1941, n. 633 nel caso in cui essi avessero già subìto l’irrogazione di una sanzione ai sensi dell’art. 174-bis della medesima legge.

5. Conclusioni

Si tratta, all’evidenza, di una pronuncia che, seppur limitata alla materia del diritto d’autore, costituisce un nuovo punto di partenza nell’alveo del ne bis in idem, in riferimento a tutti quei settori che presentano caratteri analoghi a quello posto all’esame della Corte.

Si rende auspicabile, allora, un cambio di marcia nelle scelte di politica criminale del Parlamento, nonché l’avvio di una revisione, specie nel settore del diritto penale dell’economia, dell’interferenza/rapporti tra norme incriminatrici e apparati correlati, nell’ottica di un adeguato raccordo, limitando drasticamente i “cumuli”, in base ad una valutazione dell’antisocialità delle condotte, dei loro effetti lesivi nonché della frequenza delle infrazioni.

Sarà comunque necessario mettere in campo iniziative ulteriori, rimuovendo i tanti ostacoli che oggi si frappongono allo sviluppo delle attività economiche, poiché solo in tal modo si potrà limitare l’utilità del ricorso alla sanzione, che oramai svolge la funzione, invero impropria, di promozione dell’etica pubblica.


PRONUNCE IN RASSEGNA

Cassazione, Sez. III, 16 marzo 2022, dep. 5 luglio 2022, n. 25618 – Pres. Marini – Rel. Andronio – P.M. Manuali (conf.) – Ric. L.H. – (rif. art. 16 d.lgs. 14 settembre 2009, n. 133)

Integra il reato di cui all’art. 16 d.lgs. n. 133/2009, la condotta dell’importatore che immette sul mercato comunitario un articolo senza accertarsi della sua conformità alle condizioni di restrizione previste dall’art. 67 Reg. CE n. 1907 del 2006, in quanto lo stesso è tenuto a adottare le cautele necessarie, accertandosi, con la cura e la diligenza dovute dall’agente modello, della composizione del prodotto pericoloso prima di immetterlo in commercio.

Cassazione, Sez. III, 27 maggio 2022, dep. 5 luglio 2022, n. 25656 – Pres. Rosi – Rel. Semeraro – P.M. Orsi (conf.) – Ric. C. P. – (rif. artt. 8, 13-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74; art. 444 c.p.p.)

Laddove il soggetto agente non provveda all’estinzione del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, la preclusione al patteggiamento prevista dall’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74/2000 opera anche con riferimento al reato di cui all’art. 8 del medesimo d.lgs. n.74/2000, atteso che anche l’emissione di fatture per operazioni inesistenti genera il debito tributario, come previsto dall’art. 21, comma 7, d.P.R. n. 633/1972, ai sensi del quale «se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica in fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura».

Cassazione, Sez. III, 29 aprile 2022, dep. 7 luglio 2022, n. 26057 – Pres. Andreazza – Rel. Corbo – P.M. Costantini (diff.) – Ric. Procura della Repubblica di Arezzo – (rif. art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)

Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. n. 74/2000, presuppone l’idoneità degli atti simulati o fraudolenti a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, idoneità non ravvisabile ove il debitore erariale abbia disposto dell’unico immobile di sua proprietà, non di lusso, adibito a propria residenza anagrafica, trattandosi di bene comunque non espropriabile dall’agente della riscossione ex art. 76, comma 1, lett. a), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. g), d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98).

Cassazione, Sez. Un., 24 febbraio 2022, dep. 7 luglio 2022, n. 26252 – Pres. Cassano – Rel. Andreazza – P.M. De Masellis (diff.) – Ric. C.V. e altro – (rif. art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)

I limiti di impignorabilità delle somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 c.p.c., si applicano anche alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato.

Cassazione, Sez. III, 26 maggio 2022, dep. 8 luglio 2022, n. 26275 – Pres. Andreazza – Rel. Corbetta – P.M. Di Nardo (diff.) – Ric. Curatela fallimento X – (rif. art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)

La peculiare natura dell’attivo fallimentare, frutto di un peculiare spossessamento, è di ostacolo all’applicabilità dell’art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, che individua, quale limite all’operatività della confisca, l’appartenenza dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato a terzi estranei al reato.

Cassazione, Sez. V, 8 giugno 2022, dep. 8 luglio 2022, n. 26435 – Pres. Zaza – Rel. Morosini – P.M. Birritteri (parz. diff.) – Ric. R. G., F. P. – (rif. artt. 216, 223, 224, 236 r.d. 16 marzo 1942, n. 267)

Le condotte di bancarotta realizzate in data precedente rispetto all’ammissione al concordato preventivo, anche laddove la società non sia poi dichiarata fallita, sono sussumibili nell’alveo previsionale dell’art. 236, comma 2, n. 1), L.F., che, in ragione dell’espresso richiamo al precedente art. 223, punisce i fatti di bancarotta fraudolenta impropria commessi da amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società fallite.

Cassazione, Sez. III, 5 aprile 2022, dep. 11 luglio 2022, n. 26477 – Pres. Liberati – Rel. Andronio – P.M. Di Nardo (conf.) – Ric. C.G. – (rif. art. 2 comma 1-bis d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conv. l. 11 novembre 1983, n. 310)

L’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario. La circostanza che il datore di lavoro, a causa della situazione economica dell’azienda, abbia scelto di pagare prima gli stipendi dei dipendenti finendo per non rispettare il termine per il versamento delle ritenute previdenziali non costituisce una ragione di esclusione del dolo.

Cassazione, Sez. II, 7 luglio 2022, dep. 13 luglio 2022, n. 27023 – Pres. Diotallevi – Rel. Agostinacchio – P.M. Guerra (conf.) – Ric. M. M. – (rif. art. 640, 648-ter 1 c.p.)  

Anche la moneta virtuale (c.d. “bitcoin”) può rientrare nell’alveo degli strumenti finanziari e speculativi presi in considerazione dalla norma incriminatrice dell’autoriciclaggio, atteso che  le attività (economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative) in cui il denaro, profitto del reato presupposto, può essere impiegato o trasferito, di cui all’art. 648-ter 1 c.p. rappresentano delle macro aree tutte accomunate dalla caratteristica dell’impiego finalizzato al conseguimento di un utile. In tale ottica, dunque, le valute virtuali ben possono essere ricondotte nell’ambito della nozione di “attività speculativa”, in quanto possono essere utilizzate per scopi diversi dal pagamento e comprendere prodotti di riserva di valore a fini di risparmio ed investimento.

Cassazione, Sez. III, 19 maggio 2022, dep. 14 luglio 2022, n. 27202 – Pres. Rago – Rel. De Santis – P.M. Pratola (conf.) – Ric. N. D. – (rif. art. 10-ter, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)

Il dolo del reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non è escluso dalla mancanza di liquidità dovuta all’inadempimento contrattuale di terzi, che ha originato l’omesso versamento dell’IVA, nella misura in cui la condotta inadempiente del terzo rientra nell’ordinario rischio di impresa, che potrebbe essere evitata anche con il ricorso alle procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi.

Cassazione, Sez. III, 2 marzo 2022, dep. 15 luglio 2022, n. 27462 – Pres. Aceto – Rel. Gentili – P.M. De Angelillis (conf.) – Ric. F.V. – (rif. art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)

La compensazione di cui all’art. 10 d.lgs. n. 84/2000 ricomprende tanto quella verticale, riguardante crediti e tributi di natura omogenea, quanto quella orizzontale, vale a dire concernente crediti e tributi di natura diversa, anche se non aventi ad oggetto l’IVA o le imposte dirette.

Cassazione, Sez. IV, 13 aprile 2022, dep. 15 luglio 2022, n. 27583 – Pres. e Rel. Dovere – P.M. Tampieri (diff.) – Ric. C.R. e altro – (rif. art. 589 c.p.)

In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Cassazione, Sez. IV, 8 giugno 2022, dep. 25 luglio 2022, n. 29398 – Pres. Piccialli – Rel. D’Andrea – P.M. Di Nardo (diff.) – Ric. T. V. – (rif. art. 603-bis c.p.; art. 321 c.p.p.)

In materia di caporalato, è legittima la confisca obbligatoria diretta delle somme, nella disponibilità degli amministratori, che siano risultato di un risparmio di spesa in danno dei lavoratori sottopagati, estendendosi anche al reato di cui all’art. 603-bis c.p. i medesimi principi affermati per i reati tributari; ciò in quanto, il datore che non versa la giusta retribuzione corrispondente alle ore lavorative svolte commette una frode che ha esattamente lo stesso fine che persegue chi emette fatture per operazioni inesistenti o non paga i tributi.

Cassazione, Sez. VI, 21 giugno 2022, dep. 25 luglio 2022, n. 29674 – Pres. Di Stefano – Rel. Giordano – P.M. Epidendio (parz. diff.) – Ric. S. S. – (rif. art. 316-ter c.p.) 

Integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all’art. 316-ter c.p. la condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al dipendente somme, in realtà mai versate, a titolo di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene dall’INPS il conguaglio di tali somme con quelle da lui dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, percependo indebitamente dallo stesso Ente, in tal modo, le corrispondenti erogazioni.

Cass., Sez. V, 20 maggio 2022, dep. 26 luglio 2022, n. 29850 – Pres. Scarlini – Rel. Belmonte – P.M. Riccardi (conf.) – Ric. M. M. e altro – (rif. art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267)

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, l’accertamento della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve essere operato valorizzando gli “indici di fraudolenza”, evincibili, ad esempio, dalla modalità di estrinsecazione della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, dal contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, dalla estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a fondare, da un lato, la prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, l’accertamento in capo al soggetto agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa.

Cassazione, Sez. III, 1 giugno 2022, dep. 3 agosto 2022, n. 30582 – Pres. Ramacci – Rel. Aceto – P.M. Molino (parz. diff.) – Ric. Z. M., G. D. – (rif. art. 183 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

In tema di gestione illecita di rifiuti, la nozione di intermediario compendiata nell’art. 183, comma 1, lett. l), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non implica una condotta di materiale detenzione dei rifiuti, sicché la stessa è riferibile anche a colui che si limiti a porre in contatto il detentore, il trasportatore e il gestore del sito di destinazione finale dei rifiuti medesimi.

Cassazione, Sez. IV, 11 maggio 2022, dep. 9 agosto 2022, n. 30814 – Pres. Dovere – Rel. Antezza – P.M. Salvadori (diff.) – Ric. L.N.G. – (rif. art. 589 c.p.)

La condotta colposa del lavoratore è idonea a interrompere il nesso di causalità tra condotta ed evento se è tale da determinare un “rischio eccentrico” in quanto esorbitante dalla “area di rischio” governata dal soggetto sul quale ricade la relativa gestione. La delimitazione, nella singola fattispecie, del rischio oggetto di valutazione e misura, quindi da gestire, necessita di una sua identificazione in termini astratti, quale rischio tipologico, e successiva considerazione con riferimento alla concreta attività svolta dal lavoratore e alle condizioni di contesto della relativa esecuzione, quindi al rischio in concreto determinatosi in ragione dell’attività lavorativa (rientrante o meno nelle specifiche mansioni attribuite).

Cassazione, Sez. IV, 26 maggio 2022, dep. 23 agosto 2022, n. 31478 – Pres. Serrao – Rel. Nardin – P.M. Giorgio (omissis) – Ric. G.A. e altri – (rif. art. 589 c.p.)

In materia di infortuni sul lavoro, la normativa antinfortunistica trova applicazione anche in favore di soggetti estranei al contesto aziendale solo nel caso in cui il terzo si sia trovato esposto a tale rischio alla stessa stregua del lavoratore e non solo in ragione di una presenza occasionale rispetto allo svolgimento dell’attività lavorativa.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Vd. G. Forti, L’immane concretezza. Metamorfosi del crimine e controllo penale, Milano, 2000; G. Insolera, Declino e caduta del diritto penale liberale, Pisa, 2019. Sul particolare tema della corruption, M. Donini, Il diritto penale come etica pubblica, Modena, 2014, G.M. Flick, Ne valeva la pena? Sì, però…, in Cass. Pen., 2022, 2013 ss.

[2] Vd. M. Bertolino, Privato e pubblico nella rappresentazione mediatica del reato, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2003, 1070 ss; A. Gargani, Il diritto penale quale extrema ratio tra post-modernità e utopia, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2018, 1488 ss; G. Marra, Extrema ratio e ordini sociali spontanei, Torino, 2018; V. Manes, Giustizia mediatica. Gli effetti perversi sui diritti fondamentali e sul giusto processo, Bologna, 2022. Su questo tema, inoltre, vd. D. Fassin, Punire. Una passione contemporanea (trad. L. Alunni), Milano, 2017.

[3] Su cui vd. anche N. Madia, Ne bis in idem europeo e giustizia penale, Milano, 2020. Su tale argomento, con particolare riferimento al diritto penale dell’economia, vd. M. Romano, Ripensare il diritto penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2017, 1 ss.

[4] Cfr. Corte EDU, Grande Camera, 15 novembre 2018, Navalnyy c. Russia.

[5] Sulla pronuncia vd. F. Goisis, Discrezionalità ed autoritatività nelle sanzioni amministrative pecuniarie, tra tradizionali preoccupazioni di sistema e nuove prospettive di diritto europeo, in Riv. It. Dir. Pubb. Comun., 2013, 79 ss; E. Follieri, Sulla possibile influenza della giurisprudenza della Corte europea di Strasburgo sulla giustizia amministrativa, in Dir. Proc. Amm., 2014, 685 ss; B. Cortese – F. Ferraro – P. Manzini, Il diritto antitrust dell’Unione europea, Torino, 2014, 195; M. Interlandi, Fenomeni migratori tra potere amministrativo ed effettività delle tutele, Torino, 2018, 184.

[6] Sulla pronuncia vd. anche A. Ingrassia, Ragione fiscale vs. illecito penale personale, Santarcangelo di Romagna, 2016, 15.

[7] Ed è la prevalenza della funzione sanzionatoria rispetto a quella ripristinatoria ad aver indotto, infatti, la Corte di Strasburgo a declinare la natura penale della confisca urbanistica con la sentenza Corte EDU, Seconda Sezione, 20 gennaio 2009, Sud Fondi S.r.l. c. Italia. Su questa pronuncia vd. anche V. Mongillo, La confisca senza condanna nella travagliata dialettica tra Corte costituzionale e Corte europea dei diritti dell’uomo. Lo “stigma penale” e la presunzione di innocenza, in Giur. Cost., 2015, 421 ss; N. Recchia, La proporzionalità della confisca urbanistica: dalla Corte EDU alla Corte costituzionale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2020, 1229 ss.

[8] In argomento vd. M. Gambardella, “Legge Severino” in materia di incandidabilità sopravvenuta e divieto di retroattività convenzionale, 20 aprile 2014, in www.archiviopenale.it; N. D’Ascola, Alla ricerca di un diritto che non c’è. La presunta retroattività della “legge Severino”, tra derive assiomatiche e suggestioni moralistiche, in Arch. Pen., 2014, 25 ss.

[9] Sulle quali vd. F.S. Marini, La “legge Severino” tra le Corti: luci e ombre dell’incandidabilità dopo la sentenza n. 236 del 2015, 6 febbraio 2016, in www.osservatorioaic.it; F. Viganò, La Consulta respinge le censure di legittimità costituzionale della c.d. Legge Severino in materia di sospensione dalle cariche politiche in conseguenza di sentenze di condanna, 19 dicembre 2016, in www.penalecontemporaneo.it; L. Masera, Il decreto Severino di fronte alla Corte costituzionale, in attesa della decisione di Strasburgo sul caso Berlusconi, in Dir. Pen. Proc., 2017, 1218 ss.

[10] Sul tema vd. anche A. De Lia, La sconfinata giovinezza delle misure di prevenzione, 6 marzo 2017, in www.archiviopenale.it.

[11] F. Viganò, Garanzie penalistiche e sanzioni amministrative, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2020, 1775 ss.

[12] Sulla quale vd. E. Amati, L’illecito amministrativo di manipolazione del mercato e le persistenti criticità del doppio binario sanzionatorio, in Giur. Comm., 2021, 263 ss.

[13] Che non trova un espresso riconoscimento nella Carta costituzionale ma che è ricavabile, oltre che da parametri sovrannazionale, dal principio di proporzionalità (essendone corollario), nonché, sotto il profilo del diritto processuale, dall’art. 111 Cost., sul “giusto processo”..

[14] Si tratta di un orientamento che si è consolidato a valle di Corte cost., 3 luglio 2007, n. 348 e n. 349, con le quali è stato riconosciuto ai principi della Carta EDU un valore di norme “interposte”, supra-legislativo e infra-costituzionale. Su queste pronunce vd. M. Cartabia, Le sentenze “gemelle”: diritti fondamentali, fonti, giudici, in Giur. Cost., 2007, pp. 3564 ss; G. Martinico, Il trattamento nazionale dei diritti europei: CEDU e diritto comunitario nell’applicazione dei giudici nazionali, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2010, 691 ss.

[15] Annotata da M. Scoletta, Uno più uno anche a Roma può fare due: la legittimità costituzionale del doppio binario punitivo in materia di diritto d’autore, 23 giugno 2022, in www.penalecontemporaneo.it