Osservatorio di diritto penale dell´Economia - Marzo/Aprile 2022
Modifica paginaOsservatorio bimestrale relativo alle principali sentenze emesse dalla Corte di Cassazione in tema di Diritto penale dell´economia. Periodo marzo-aprile 2022. Saggio dal titolo ”I complessi rapporti tra povertà e diritto penale: uno sguardo d’insieme”.
Criminal law of economics observatory - March / April 2022
Bimonthly observatory on the main sentences issued by the Court of Cassation on the subject of Criminal Law of the economy. Period March-April 2022. Essay entitled "The complex relationships between poverty and criminal law: an overview".SAGGIO
I complessi rapporti tra povertà e diritto penale: uno sguardo d’insieme
1. Premesse
Le relazioni tra povertà e criminalità, in più occasioni emblematicamente rappresentate nella cinematografia[1], sono state oggetto di approfonditi studi sociologici ed economici, finalizzati ad individuare possibili connessioni causali; questo interesse, giocoforza, è aumentato, nel tempo, anche per via del progressivo acuirsi delle diseguaglianze provocate dallo sviluppo capitalistico.
Le ricerche condotte nel settore hanno, allora, evidenziato, in qualche modo, che la miseria rappresenta certamente uno dei maggiori driver della delinquenza, mettendo in luce, inoltre, che il tessuto sociale e familiare in cui si inserisce l’individuo incide in maniera significativa sulla sua predisposizione al crimine[2]; c’è da sottolineare, peraltro, in questo contesto, che il nostro Paese mostra, rispetto al panorama internazionale, diverse peculiarità, rappresentate dall’arretratezza di alcune, ben definite aree del territorio nazionale, che ha generato, attraverso i secoli, terreno fertile per la nascita e lo sviluppo della criminalità organizzata[3].
In questo senso, allora, alcuni dati statistici che verranno illustrati porranno dinnanzi all’interprete degli elementi particolarmente degni di riflessione, confermando che nelle zone più svantaggiate della Nazione vi è chiara incidenza della povertà su fatti di reato.
Sulla base di tali premesse, il presente saggio intende, quindi, porre il faro sull’atteggiamento assunto negli ultimi tempi dal legislatore e dalla giurisprudenza in ordine ai rapporti tra povertà e reato; il tutto prendendo in considerazione anche il tema della pena pecuniaria, che la “riforma Cartabia” vorrebbe “rivitalizzare”, al fine di renderla un’alternativa credibile rispetto alle sanzioni detentive e di superare il c.d. “carcerocentrismo”, che connota il nostro sistema.
A tal proposito, dunque, attraverso una breve indagine relativa agli effetti della vasta “patrimonializzazione” dell’illecito che si registra negli Stati Uniti d’America, ove pure sussistono evidenti disarmonie sociali ed economiche, si svilupperanno alcuni veloci spunti di riflessione sulle prospettive di riforma che potrebbe essere attuata, in questa direzione, nel nostro Paese, nel prossimo futuro.
2. Il legislatore e la povertà. Riflessioni de iure condito
2.1. Volgendo lo sguardo all’atteggiamento del legislatore rispetto alla povertà, appare senz’altro utile soffermarsi sulla disciplina del furto che, verosimilmente, rappresenta la fattispecie che, nel sistema, logicamente si associa più di frequente alla condizione di indigenza, o di difficoltà economica, del reo.
Orbene, è noto che il legislatore, al di là delle riforme attuate in ordine alla legittima difesa domiciliare, abbia voluto affrontare il fenomeno della diffusione di questo illecito, tra l’altro, innalzando notevolmente le pene edittali, fino a renderle, per certi versi, sproporzionate rispetto a quelle previste per reati che attengono alla lesione di beni giuridici di più alto rango, come l’integrità psico-fisica.
La Corte costituzionale, con la sentenza Corte cost., 11 febbraio 1971, n. 22, dal canto suo, ha già rigettato la questione di costituzionalità sollevata in ordine al trattamento sanzionatorio previsto dal reato di furto (art. 624 c.p.) e dalle relative aggravanti in correlazione a quello stabilito per il delitto di lesione personale (art. 582 c.p.), che in effetti aveva preso le mosse da non irragionevoli perplessità alimentate dalla “scala dei valori” in gioco. Il tutto giustificando il rigetto in ragione proprio della differente oggettività giuridica (nella prospettiva dell’individuazione del tertium comparationis), con una soluzione frutto del tradizionale self restraint della Consulta rispetto alle scelte di politica criminale del legislatore, con riferimento all’individuazione delle pene edittali.
Fatto è che, guardando ai dati relativi alla popolazione carceraria, quasi il 25% dei detenuti è ristretto, per l’appunto, per scontare condanne per reati di furto; il che dovrebbe far riflettere, ulteriormente, sull’opportunità delle strategie prescelte negli ultimi decenni, nel complesso, dal Parlamento che, al fine di contrastare fenomeni criminali emergenti, ha “puntato forte” sulle sanzioni penali piuttosto che sul contrasto della povertà che genera l’illecito, che avrebbe imposto non certo l’introduzione di misure “tampone” (quali il c.d. “reddito di cittadinanza”), bensì interventi strutturali, organici e ben congegnati per il rilancio dell’economia (e, conseguentemente, dei livelli occupazionali), integrati con altri finalizzati al superamento effettivo delle diffuse e preoccupanti disfunzioni dell’apparato amministrativo, a garantire le infrastrutture, nonchè l’abbattimento dell’imposizione fiscale, che rappresentano, come ben risaputo, nel loro insieme, ostacoli insormontabili sul percorso dello sviluppo economico del Paese.
2.2. Che il legislatore abbia tenuto, negli ultimi anni, un atteggiamento particolarmente severo proprio nei confronti della povertà e dei soggetti economicamente più svantaggiati emerge anche da altre modifiche apportate al sistema penale; la mente corre, inevitabilmente, al “decreto sicurezza” del 2018 (d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. l. 1 dicembre 2018, n. 132) che ha sostanzialmente reintrodotto l’incriminazione della mendacità invasiva (art. 669-bis c.p.) e, attraverso la modifica dell’art. 600-octies c.p., un delitto relativo all’organizzazione, avvalimento e favoreggiamento dell’attività di accattonaggio, con l’aggiunta di nuove previsioni (cfr. art. 21-sexies del “decreto sicurezza”, modificativo dell’art. 7 comma 15-bis del d.lgs. 30 aprile 2002, n. 285) relative ai parcheggiatori e guardiamacchine abusivi.
Il “decreto sicurezza”[4], oltre a queste disposizioni, e al “giro di vite” sull’occupazione abusiva degli immobili (fattispecie generalmente perpetrata proprio dagli indigenti), ha (re-)introdotto anche la figura di “blocco stradale”, con pene, peraltro, di inusitata gravità, con il fine, evidente, di reprimere forme di manifestazione di dissenso promosse da gruppi organizzati; il che evidenzia non solo la “matrice politica” della novella, ma anche delle forti analogie con le derive panpenalistiche statunitensi, su cui ci si soffermerà da qui a breve[5].
Se queste considerazioni si uniscono, poi, a quelle relative alla c.d. “crimmigration”[6] e, più in particolare, alla pena pecuniaria prevista per la fattispecie di ingresso e soggiorno illegale di cui all’art. 10-bis d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 – esempio emblematico, questo, anche dell’ineffettività e della vocazione simbolica del diritto penale contemporaneo – non si può non rimarcare che si è al cospetto di tendenze di politica criminale, da parte del legislatore, particolarmente hard proprio nei confronti degli individui più svantaggiati, nonché di un diritto penale “per tipo di autore”, che individua il “povero” come vero e proprio nemico della società[7].
3. Le prospettive di una “rivitalizzazione” della pena pecuniaria. “C’era una volta in America”
3.1. Negli ultimi decenni si è assistito ad un progressivo ampliamento dell’area del penalmente rilevante, nonché, come si è già accennato, ad una sorta di “gioco al rialzo” da parte del legislatore, con un aumento progressivo delle pene edittali, al fine di contrastare, attraverso interventi “emergenziali” fenomeni criminali in crescendo (o presunti tali)[8].
Si è al cospetto di un diritto penale “compulsivo”[9], di natura simbolica, finalizzato molto spesso a soddisfare l’ansia securitaria della collettività e a garantire alla maggioranza politica di turno un facile consenso elettorale[10].
Valga considerare, tra i tanti esempi che potrebbero essere proposti, quello della c.d. “legge spazzacorrotti” (l. 9 gennaio 2019, n. 3), accompagnata da slogan sulle tribune politiche quali “tolleranza zero”, “giro di vite”, “certezza della pena” e che, in effetti (al netto di pesanti ed inaccettabili compressioni dello statuto di garanzie individuali, stigmatizzate a più riprese dalla dottrina)[11], non sembrerebbe essere stato il frutto di un’accurata, preventiva analisi circa la reale consistenza del fenomeno atteso che, in effetti, i dati statistici non evidenzierebbero alcun andamento di particolare allarme in ordine alla corruption latamente intesa[12].
Il risultato di queste scelte di politica criminale, che contribuiscono alla crisi del “diritto penale classico” (quello fondato, cioè, sulla limitazione della libertà personale), è rappresentato, in ogni caso, dal sovraffollamento carcerario, oltre che dalla piaga delle c.d. “porte girevoli”, e cioè della recidiva[13], alimentata evidentemente dall’incapacità del carcere di rieducare, se non, addirittura, dal suo influsso criminogeno, a causa della segregazione sociale che esso provoca o contribuisce, comunque, ad accentuare.
Guardando ai dati relativi alla popolazione carceraria raccolti dall’ISTAT (reperibili sul sito web dell’Ente), inoltre, emerge che i continui processi di law enforcement abbiano finito con l’interessare, soprattutto, i più deboli: circa un terzo dei detenuti in Italia è composto da individui stranieri; circa l’88% della popolazione carceraria ha un basso grado di scolarizzazione (analfabeti, soggetti che hanno conseguito solo la licenza elementare e la licenza media); il 70% dei detenuti italiani è nato in una delle Regioni più povere del Paese (Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania, Puglia), sebbene la popolazione complessiva in queste aree rappresenti un terzo di quella italiana; una grande parte dei reati che hanno determinato la detenzione sono riconducibili nell’alveo della “micro-criminalità” (violazione della normativa in tema di stupefacenti; furti e ricettazioni; lesioni volontarie, violenza privata e minacce; danneggiamenti e invasione di edifici; violenza, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale).
Tutto ciò mostra, in effetti, anche la scarsa incidenza di strumenti di recente introduzione, volti, in vario modo, a scopi deflattivi: il riferimento è all’art. 131-bis c.p. sulla particolare tenuità del fatto (l. 16 marzo 2015, n. 28); alla depenalizzazione attuata con il d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7; alla probation per gli adulti (l. 23 giugno 2017, n. 103); all’estensione dei casi di procedibilità a querela (d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36)[14].
È su questo parterre, allora, che si muove la c.d. “riforma Cartabia”, di cui alla l. 27 settembre 2021, n. 134, che si proietta, altresì, nella direzione di una maggiore “effettività” della pena pecuniaria, delegando al Governo ad “allargare” il campo di operatività della pena pecuniaria sostitutiva di pene detentive brevi (fino ad un anno, anziché sei mesi), nonché ad introdurre nuove procedure finalizzate ad un più veloce ed efficace recupero del credito erariale, ma anche previsioni in tema di conversione della pena pecuniaria non adempiuta che possano consentire la valorizzazione delle condizioni del reo, al fine di evitare sproporzioni.
3.2. In questa proiezione, la “riforma Cartabia”, dunque, mira ad attuare le indicazioni della Consulta che, da ultimo, con le sentenze Corte cost., 20 dicembre 2019, n. 279 e Corte cost., 15 gennaio 2020, n. 15, ha sollecitato un intervento del Parlamento sul sistema delle pene pecuniarie, al fine di razionalizzarlo e di eleggerlo ad effettiva alternativa alla pena detentiva, sul modello di altri Stati[15].
La prospettiva si colloca nel solco di quel dibattito che, da tempo, sospinge verso un ampiamento del ricorso, da parte del legislatore, alla pena pecuniaria come pena principale e che si ispira a quegli ordinamenti stranieri che hanno da tempo introdotto, su larga scala, il sistema dei c.d. “tassi giornalieri”[16], come la Germania e la Spagna[17].
Una parte consistente della dottrina, in proposito, ha posto in risalto il successo ottenuto altrove da siffatte soluzioni; ma le cose stanno veramente così? La pena pecuniaria può davvero contribuire al superamento della prospettiva “carcerocentrica”, garantire un diritto penale più “giusto”, “mite” e consentire (in un ambito comunque connotato da enormi sperequazioni sociali, culturali ed economiche tra i consociati) di valorizzare la funzione rieducativa della pena sancita a livello costituzionale?
Guardando agli Stati Uniti d’America, non si direbbe…
Secondo le ricerche condotte dal Vera Institute of Justice, da Human Right Watch, dall’Institute for Criminal Policy Research e da vari altri enti, sebbene la popolazione degli USA rappresenti solo circa il 5% di quella mondiale, circa il 25% dei detenuti si trovano, proprio, nelle carceri statunitensi; dopo l’abolizione della schiavitù, con la “Dichiarazione di emancipazione” pronunciata dal Presidente Abramo Lincoln il 1 gennaio 1863, l’economia di vasti territori, che prima si fondava sulla manodopera degli schiavi, venne messa in ginocchio e, nel contempo, si manifestò il problema sociale di milioni di individui afroamericani privi di occupazione e di alloggio[18].
Crebbe, così, progressivamente il malcontento delle classi medie e di quelle più agiate, che alimentò la demonizzazione degli individui di colore, che vennero visti come i nemici dell’ordine pubblico, come dimostra la celebre pellicola del 1915, di David Wark Griffith, dal titolo “Nascita di una nazione”; l’effetto, ulteriore, fu rappresentato dall’incarcerazione di massa nelle comunità nere, determinato dalla contestazione di illeciti minori, quali il vagabondaggio[19].
Sicché, i lavori forzati andarono pian piano a sostituire la schiavitù, attraverso la legittimazione del XIII Emendamento alla Costituzione statunitense, approvato nel 1865, che stabilisce che «la schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione, se non come punizione di un reato per il quale l’imputato sia stato dichiarato colpevole con la dovuta procedura»[20].
Tale trend si andò, inoltre, ad affiancare ad una normativa finalizzata, in sostanza, alla segregazione degli afroamericani (vd. le c.d. “Jim Crow laws”, in vigore tra il 1877 ed il 1964, fondate sul principio “separati ma uguali”)[21] e al contrasto degli attivisti politici, bollati come “delinquenti”, soprattutto negli anni ’70, sotto la presidenza di Richard Nixon, il quale, peraltro, cominciò la c.d. “total war” contro il “public enemy number one”, ovverosia contro il traffico e l’uso di sostanze stupefacenti, introducendo la pena del carcere anche per il mero possesso di modici quantitativi di marijuana[22].
In questo quadro, la tossicodipendenza venne trattata come reato piuttosto che come problema sociale e di salute; la criminalizzazione finì, quindi, con il colpire, in maniera più dura, le fasce sociali più basse, vale a dire le comunità nere, in una linea di eccessiva esaltazione del concetto di “ordine pubblico”[23].
Questa stessa strategia politica, successivamente, negli anni ’80, venne proseguita e portata ad ulteriori conseguenze dal Presidente Ronald Reagan che, in un periodo di crisi economica e di diffusione del crack, fu pronto ad incarcerare (sulla base del Anti-Drug Abuse Act del 1986) coloro che non avessero condiviso il “just say no” pronunciato dalla first lady Nancy; tali scelte di politica criminale, cavalcando a briglia sciolte l’ansia securitaria (alimentata dai media, con la frequente diffusione di immagini e filmati di soggetti tratti in arresto e trascinati dalla polizia in manette), condusse, dunque, ad un forte aumento della popolazione carceraria, con percentuali sproporzionate in relazione ad individui di colore ed alle comunità latine (id est le fasce più povere del Paese)[24].
Da allora, la partita delle elezioni presidenziali si è giocata sulla logica del “pugno di ferro” contro il crimine e, in particolare, la micro-delinquenza da strada, facendo, infatti, registrare la sconfitta proprio di coloro che (come Michael Dukakis, nelle elezioni del 1988) mostrassero, sul punto, una qualche esitazione[25]; tanto è vero che la linea della “zero tollerance” venne ben presto seguita anche dai Democrats, con l’introduzione, durante il mandato di Bill Clinton, del c.d. “three strikes you’re out” e delle mandatory sentences nel caso di recidiva (secondo sistemi ancora vigenti in alcuni Stati e non sempre in correlazione con reati connotati da violenza), con investimenti pubblici notevoli nell’implementazione delle forze di polizia e della capacità ricettiva delle strutture carcerarie (vd. il “Violent Crime Control and Law Enforcement Act” del 1994, comunemente denominato “Crime Bill”)[26].
Ciò anche sulla spinta della privatizzazione di quest’ultime, nonchè delle pressioni delle lobbies attive nel settore, particolarmente interessate a processi di mass-incarceration, anche per via dello sfruttamento della manodopera, low cost, garantita dalla popolazione carceraria[27]; fenomeno, quello dell’incarcerazione di massa, che, in linea di continuità rispetto al passato, ha interessato le classi più povere del Paese, spinte al crimine dalle diseguaglianze sociali ed economiche, spesso impossibilitate ad accedere al beneficio della parole per via dell’indisponibilità di denaro da versare a titolo di cauzione (bail) e più propense alla definizione del processo attraverso il plea bargain, per evitare i costi generati da un processo ordinario[28].
3.3. La rigidità del sistema penale statunitense rispetto alla recidiva (che mostra qualche analogia con quello italiano)[29] ha determinato casi critici come quello di Leandro Andrade, veterano di guerra, punito, dopo aver riportato alcune condanne per reati minori, alla pena di 50 anni di reclusione, senza benefici, per il furto di alcune videocassette contenenti film per bambini, del valore di pochi dollari, perpetrato ai danni di due esercizi commerciali[30].
D’altro canto, al di là del “bisogno di pena” che nutre il popolo statunitense (ma il discorso non è diverso, come si è accennato, in Italia)[31], il lavoro carcerario negli USA costituisce una “florida industria”, che ha spinto le amministrazioni penitenziarie[32] ad internalizzare varie produzioni manufatturiere, sfruttando la manodopera a basso costo (la retribuzione dei condannati, ad esempio, in Colorado, è pari a meno di un dollaro al giorno, mentre in Texas, addirittura, non è previsto alcun compenso per i working prisoners), tanto da alimentare anche le polemiche delle lobbies degli industriali per via della concorrenza sleale e del vantaggio anti-competitivo sul mercato.
Si è al cospetto di un panorama assai complesso, ben descritto dal Pulizer Prize Tony Messanger nel suo recentissimo volume Profit and punishment. How America crimilizes the poor in the name of Justice, edito a New York nel 2021, che ha posto in luce il problema delle fees and costs posti a carico del reo (o del mero convicted) indigente, specie nel contesto di illeciti bagatellari (misdemeanors: piccoli furti; omessa corresponsione di assegni di mantenimento; possesso di minimi quantitativi di stupefacenti; addirittura, micro-violazioni delle norme in tema di circolazione stradale), che si vede esposto al carcere in caso di insolvenza[33].
Si tratta di un vero e proprio circolo vizioso, poiché l’imposizione di pene pecuniarie, come sanzioni principali, nonché di una vasta serie di “spese di giudizio” agli individui più svantaggiati conduce all’effetto di indurre quest’ultimi a realizzare altri reati o, comunque, ad entrare nelle spire della giustizia senza speranza di uscirne, a causa delle conseguenze patrimoniali dell’illecito, che incidono: a) sulle scelte processuali del cittadino (incline ad ammettere la propria responsabilità per evitare di sostenere i costi del giudizio); b) sulla possibilità di ottenere il rilascio su parole; c) sulla durata della pena detentiva, che si prolunga per l’effetto della lievitazione delle spese di detenzione, che si assommano alle sanzioni pecuniarie nella prospettiva della successiva conversione in pena detentiva nel caso di inadempimento dell’obbligazione di pagamento[34].
3.4. I rilievi sopra sviluppati, che hanno messo in evidenza alcune delle controindicazioni della “patrimonializzazione dell’illecito” che contraddistingue gli Stati Uniti d’America, mostrano, più in generale, che il ricorso alla pena pecuniaria presenta, a fronte di innegabili vantaggi, anche qualche rischio, in termini di: scarsa deterrenza (se non addirittura potenzialità criminogena), rispetto agli individui abbienti; aggravio dei tempi della giustizia a causa degli accertamenti reddituali necessari al giudice al fine di determinare l’entità della sanzione (che sono stati stigmatizzati anche in riferimento al sistema americano)[35]; eccessivo potere conferito alla magistratura nella determinazione delle concrete conseguenze giuridiche del reato.
Inoltre, per focalizzare l’attenzione sul tema centrale affrontato in questa sede, il pericolo è quello di una giustizia dal volto potenzialmente ancora truce nei confronti dei soggetti più poveri[36], con la conseguenza che per quest’ultimi un massivo ricorso alle pene pecuniarie in luogo di quelle detentive potrebbe rivelarsi, verosimilmente, a causa del meccanismo di conversione in pene comunque limitative della libertà personale, un “mero spostamento dei mobili all’interno della stanza” e, più in generale, un mezzo inidoneo a garantire il raggiungimento dell’obiettivo, già mancato dal carcere, della prevenzione e del reinserimento sociale del reo.
Sicché, se da un lato è forse la giustizia riparativa a rappresentare lo scenario più interessante che prospetta la “riforma Cartabia” (anche nell’ottica del superamento della logica “carcerocentrica”), dall’altro è assai difficile scommettere sugli effetti benefici che potrebbero derivare dall’esercizio della delega e, comunque, da future modifiche tese ad assegnare un ruolo di primo piano alla pena pecuniaria, anche in ragione della crisi in atto nel nostro Paese e della circostanza che, per quanto evidenziato dalle ricerche in campo economico (vd. ad esempio il World Inequality Report 2022), negli ultimi tempi si è registrata una sorta di “polarizzazione” della ricchezza, vale a dire un ulteriore impoverimento delle classi sociali medio-basse ed un ampliamento del gap con quelle più abbienti.
4. Il giudice penale dinnanzi alla crisi economica e all’indigenza
4.1. Per completare l’overview sui rapporti tra povertà e diritto penale è necessario, ora, volgere l’attenzione alla posizione assunta dal giudice rispetto alla crisi economica e all’indigenza; anche in questo caso, tuttavia, attesa la vastità dell’argomento, per ragioni di economia di trattazione, non si potrà che procedere sviluppando soltanto alcuni focus, che potranno rappresentare, quindi, dei meri spunti di riflessione rispetto ad una tematica che certamente meriterebbe ben più ampia esplorazione.
In primo luogo, allora, si può prendere in considerazione l’atteggiamento mostrato dalla giurisprudenza in ordine alle fattispecie di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute certificate, di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74; la questione che viene all’attenzione è quella della rilevanza esimente del c.d. “vuoto di cassa” o, più in genere, della “crisi di liquidità”, rispetto alla quale, invero, emerge un approccio assai severo della Cassazione[37], che si estrinseca nei seguenti paradigmi prasseologici:
- il legale rappresentante dell’impresa obbligata verso l’Erario, per essere esentato da responsabilità, dovrebbe dimostrare di aver posto in essere tutte le iniziative necessarie per far fronte al pagamento a scadenza, se del caso facendo anche ricorso all’utilizzo dei beni personali;
- l’interessato, per essere scusato, dovrebbe essersi trovato in una situazione di “vuoto di cassa” imprevedibile e non dipendente da scelte gestorie imprudenti realizzate prima della scadenza dei termini di pagamento;
- sussisterebbe, comunque, l’obbligo di accantonare prudenzialmente le somme necessarie ad adempiere al debito tributario;
- nel caso di crisi di liquidità non propriamente definibile come “vuoto di cassa”, si dovrebbe preferire il pagamento dell’Erario rispetto ad altri creditori dell’impresa, seppur privilegiati, come i lavoratori.
Non è certo questa, allora, la sede per affrontare ex professo il vastissimo tema dell’inesigibilità[38] o dei caratteri del dolo nei reati omissivi propri[39]; fatto è che la Cassazione, in questo ambito, limita costantemente la propria analisi alla verifica della conoscenza, da parte dell’imputato, della sussistenza dell’obbligo di pagamento, finendo, pertanto, per far dipendere la responsabilità penale, nel contesto di un illecito doloso, dalla mera suitas[40].
Si tratta, insomma, di una problematica (sollevata da fattispecie che destano perplessità già sotto il profilo delle scelte di politica criminale attuate dal legislatore), che meriterebbe ben altro approfondimento da parte della giurisprudenza, nonché un cambio di passo in sede applicativa, al fine di evitare che il diritto penale, specie in un momento di crisi economica come l’attuale, continui ad esercitare la funzione di inesorabile e cieca sentinella della c.d. “ragion fiscale”, con risultati che, involgendo ancora una volta i soggetti più deboli dal punto di vista economico, si rivelano in forte attrito con il principio di colpevolezza[41].
4.2. Altro tema che merita di essere affrontato, seppur in maniera cursoria, è quello della posizione assunta dalla giurisprudenza rispetto all’invocabilità, in prospettiva esimente, dello stato di necessità, di cui all’art. 54 c.p., in relazione ai reati contro il patrimonio e, in particolare, rispetto ai delitti di furto e di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.) che, evidentemente, di frequente, sono determinati proprio dallo stato di indigenza del soggetto agente.
Sul punto, allora, si può richiamare la recente sentenza Cass., Sez. IV, 22 settembre 2021, n. 36160 con la quale la Corte, per il vero in modo assai tranchant, ha statuito che «la situazione di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità per difetto degli elementi dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo, atteso che alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale» (è stata esclusa, in particolare, la sussistenza dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p. rispetto alla condotta dell’imputato che aveva rubato uno zaino per appropriarsi del panino che vi era contenuto).
Si è al cospetto di una soluzione assai severa, che si pone in linea di sostanziale continuità con orientamenti abbastanza consolidati[42], che si riscontrano anche nella casistica relativa al reato di cui all’art. 633 c.p., rispetto al quale, in diverse occasioni, la Cassazione ha altresì negato che l’esigenza alloggiativa possa essere ricondotta al concetto di “grave danno alla persona” di cui all’art. 54 c.p.[43].
A tale riguardo si può rammentare, allora, che sebbene la ratio della disposizione dianzi citata sia, innanzitutto, quella di risolvere delle situazioni di conflitto tra due interessi contrapposti ed incompatibili, entrambi meritevoli di tutela (tanto da richiamare, in questa prospettiva, la logica del bilanciamento caratteristica delle cause di giustificazione), alcuni studiosi hanno rintracciato nell’istituto una “doppia radice teleologica”, che involgerebbe, altresì, l’inesigibilità e, quindi, una causa esimente correlata al profilo psicologico, sollecitando altresì un’interpretazione estensiva del concetto di “grave danno alla persona”, al fine di attribuire all’art. 54 c.p. la funzione di “valvola di sicurezza” sistemica[44], operativa, per l’appunto, in casi quali quelli sopra evidenziati, utile, così, a evitare soluzioni giudiziali inique.
Si tratta, occorre ribadirlo, di un tema eccessivamente complesso e vasto per essere affrontato compiutamente in questa sede; valga, tuttavia, soggiungere che la recente apertura delle Sezioni Unite rispetto alle “esimenti non codificate”[45] sembrerebbe idonea a rivitalizzare il dibattito e a incidere significativamente sugli orientamenti giurisprudenziali futuri proprio rispetto a “casi limite” quali quelli sopra richiamati.
5. Conclusioni
I rilievi sopra sviluppati, in conclusione, pongono in risalto alcune delle principali disfunzioni del sistema penale contemporaneo che, attraverso l’azione del legislatore ed alcune linee giurisprudenziali, finisce con l’accentuare gli effetti delle disparità sociali ed economiche, con risultati in forte tensione con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e le sue declinazioni.
Ancora una volta, dunque, si può rilevare che la sanzione, anche se di natura pecuniaria, come si è osservato, nel panorama attuale, che è contraddistinto da un “diritto penale totale”[46], rappresenta un mezzo inefficace per risolvere il problema della criminalità, che, finalmente, dovrebbe essere affrontato dal legislatore in altro modo e, cioè, estirpandone le radici, mediante iniziative volte a rimuovere le diseguaglianze attraverso il rilancio dell’economia, nonché per mezzo di una promozione diffusa della cultura della legalità.
PRONUNCE IN RASSEGNA
Cassazione, Sez. III, 21 gennaio 2022, dep. 4 marzo 2022, n. 7882 – Pres. Di Nicola – Rel. Scarcella – P.M. Manuali (diff.) – Ric. V.G. – (rif. art. 578-bis c.p.p.)
La disposizione dell’art. 578-bis c.p.p., che ha disciplinato la possibilità di mantenere la confisca con la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato nel caso in cui sia accertata la responsabilità dell’imputato, è applicabile anche alla confisca tributaria ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che, tuttavia, ove disposta per equivalente, non può essere mantenuta in relazione a fatti anteriori all’entrata in vigore del citato art. 578-bis c.p.p., atteso il suo carattere afflittivo.
Cassazione, Sez. III, 13 gennaio 2022, dep. 7 marzo 2022, n. 8088 – Pres. Ramacci – Rel. Di Stasi – P.M. Molino (diff.) – Ric. F.M. – (rif. art. 152 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)
Ogni qualvolta l’attività di deposito incontrollato di rifiuti sia prodromica ad una successiva fase di smaltimento o di recupero del rifiuto, caratterizzandosi come una forma, per quanto elementare, di gestione del rifiuto, la relativa illiceità penale permea di sé l’intera condotta (quindi sia la fase prodromica che quella successiva), integrando, pertanto, una fattispecie penale di durata, la cui permanenza cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella di deposito, con le conseguenze a livello di decorrenza del termine prescrizionale; nel caso in cui, invece, l’attività non costituisca l’antecedente di una successiva fase volta al compimento di ulteriori operazioni, ma racchiuda in sé l’intero disvalore penale della condotta, essa è inidonea ad integrare un reato permanente, in quanto, essendosi il reato pienamente perfezionato ed esaurito in tutte le sue componenti oggettive e soggettive, risulterebbe del tutto irragionevole non considerarne oramai cristallizzati i profili dinamici fin dal momento del rilascio del rifiuto.
Cassazione, Sez. IV, 22 febbraio 2022, dep. 17 marzo 2022, n. 9006 – Pres. Serrao – Rel. Cenci – P.M. omissis – Ric. G.F. e altri – (rif. art. 25-septies d.lgs. 8 giugno 2021, n. 231)
In tema di responsabilità da reato degli enti, la cancellazione dell’ente dal registro delle imprese non determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, commesso nell’interesse ed a vantaggio dello stesso.
Cassazione, Sez. VI, 13 gennaio 2022, dep. 28 marzo 2022, n. 11246 – Pres. Petruzzellis – Rel. Costantini – P.M. Orsi (conf.) – Ric. P.E. e altri – (rif. art. 316-ter c.p.)
Rientra tra le erogazioni pubbliche “comunque denominate” di cui all’art. 316-ter c.p. – nella versione, vigente ratione temporis, anteriore alle modifiche ampliative di cui all’art. 28-bis d.l. 27 gennaio 2022, n. 4, conv. dalla l. 28 marzo 2022, n. 25 – la concessione, sulla base di un’autodichiarazione mendace, di un finanziamento bancario assistito da garanzia del Fondo PMI ex art. 13, lett. m), del d.l. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. “decreto liquidità”), conv. dalla l. 5 giugno 2020 n. 40, costituendo la garanzia a carico del soggetto pubblico, gratuita per il beneficiario, presupposto determinante l’erogazione del finanziamento da parte del privato, nell’ambito di un rapporto triangolare che lega Fondo garante, banca concedente il finanziamento e imprenditore finanziato.
Cassazione, Sez. III, 4 febbraio 2022, dep. 29 marzo 2022, n. 11303 – Pres. Di Nicola – Rel. Scarcella – P.M. Tocci (diff.) – Ric. C.R. e altro – (rif. art. art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)
In tema di reati edilizi, il mutamento di destinazione d’uso mediante opere richiede il permesso di costruire per le modifiche che comportano il passaggio di categoria urbanistica dell’immobile e, se il cambio d’uso è eseguito nei centri storici, per quelle all’interno di una medesima categoria omogenea.
Cassazione, Sez. III, 2 febbraio 2022, dep. 30 marzo 2022, n. 11633 – Pres. Sarno – Rel. Gai – P.M. Pratola (conf.) – Ric. C.R. e altro – (rif. art. art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)
Integra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini IVA l’utilizzo di elementi passivi fittizi costituiti da fatture emesse da una società che, attraverso contratti simulati di appalto di servizi, abbia in realtà effettuato attività di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione, ovvero i singoli lavoratori, e quello indicato in fattura.
Cassazione, Sez. III, 25 febbraio 2022, dep. 1 aprile 2022, n. 11995 – Pres. Petruzzellis – Rel. Di Nicola – P.M. Pratola (conf.) – Ric. L.M. e altro – (rif. art. 13 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)
A mente del d.lgs. n. 74 del 2000, art. 13, comma 2, la speciale causa di non punibilità opera, con riferimento al delitto di frode fiscale, solo se sia stato eseguito l’integrale pagamento degli importi dovuti (debiti tributari, sanzioni e interessi) ed a condizione che il ravvedimento operoso sia intervenuto prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, replicandosi parzialmente una disciplina che era stata prevista dalla l. 15 dicembre 2014, n. 186 la quale introdusse l’istituto della collaborazione volontaria (c.d. “voluntary disclosure”) in materia fiscale, diretta a consentire al contribuente di sanare la propria posizione, godendo conseguentemente di norme di favore, prima che l’amministrazione finanziaria fosse venuta a conoscenza delle irregolarità fiscali, maturando la preclusione all’accesso alla procedura di collaborazione qualora l’autore della violazione avesse avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria. La ragione della premialità trova perciò fondamento in situazioni nelle quali la spontaneità della resipiscenza del contribuente, insieme con l’estinzione tempestiva dei debiti, fa venire meno il bisogno di pena, giustificando, senza necessità di ulteriori sanzioni amministrative, la rinuncia da parte dello Stato di applicazione della sanzione penale.
Cassazione, Sez. V, 17 febbraio 2022, dep. 1 aprile 2022, n. 12218 – Pres. Palla – Rel. Borrelli – P.M. Riccardi (omissis) – Ric. B.G. – (rif. art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267)
In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, per escludere la natura distrattiva di un’operazione tra società appartenenti a un gruppo, non è sufficiente allegare tale natura intrinseca, dovendo invece l’interessato fornire l’ulteriore dimostrazione del vantaggio compensativo ritratto dalla società che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui essa appartiene. In altri termini, deve essere allegata dall’imputato, a fronte della natura oggettivamente distrattiva dell’operazione, l’esistenza di uno specifico vantaggio derivante dall’atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo ma altresì produttivo per la fallita di benefici, sia pure indiretti, i quali si rivelino concretamente idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione stessa che derivino anche in favore della fallita.
Cassazione, Sez. V, 20 gennaio 2022, dep. 5 aprile 2022, n. 12839 – Pres. Palla – Rel. De Gregorio – P.M. Senatore (diff.) – Ric. S.M. – (rif. artt. 513 e 513-bis c.p.)
La condotta di chi altera la concorrenza ricorrendo a mezzi fraudolenti integra il delitto di cui all’art. 513 c.p. soltanto se si ripercuote sull’ordine economico, ossia quando è posta in essere al fine specifico di turbare o impedire il normale svolgimento dell’industria o del commercio e di attentare in tal modo alla libertà di iniziativa economica, dovendosi invece escludere il reato nel caso di atti di concorrenza sleale che, lungi dall’incidere sulla funzionalità dell’impresa “rivale”, si riverberano sull’efficacia economia dell’attività di quest’ultima. Una tale condotta, piuttosto, potrebbe integrare il diverso reato di cui all’art. 513-bis c.p., ma solo se ed in quanto fosse accompagnata da violenza o minacce (esclusa la configurabilità del reato di cui all’art. 513 c.p. in relazione ad atti di concorrenza sleale, definibili come storno di clientela, consistiti in una indebita acquisizione di dati ed informazioni, non idonea ad alterare il normale funzionamento produttivo e commerciale della concorrente).
Cassazione, Sez. VI, 23 febbraio 2022, dep. 6 aprile 2022, n. 13139 – Pres. Ricciardelli – Rel. Criscuolo – P.M. Orsi (parz. diff.) – Ric. G.R. e altro. – (rif. artt. 513 e 513-bis c.p.)
Anche a seguito della riforma, il rilascio di permessi di costruire illegittimi integra il reato di abuso d’ufficio dal momento che la violazione di legge è integrata dall’inosservanza dell’art. 12 d.P.R. n. 380/2001, secondo il quale il permesso a costruire, quale atto non discrezionale, è rilasciato in conformità alle previsioni urbanistiche, ai regolamenti edilizi e alla disciplina urbanistica, che il dirigente del settore è tenuto a rispettare.
Cassazione, Sez. IV, 24 marzo 2022, dep. 7 aprile 2022, n. 13218 – Pres. Pezzella – Rel. Vignale – P.M. Serrao (conf.) – Ric. C.A. e altro – (rif. art. 25-septies d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231)
In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, la circostanza che il risparmio conseguito per la mancata adozione delle misure anti-infortunistiche sia stato minimo a fronte delle spese ingenti che la società affronta per la manutenzione e la sicurezza può rilevare per escludere la responsabilità dell’ente soltanto in situazioni nelle quali l’infortunio sia plausibilmente riconducibile a una semplice sottovalutazione del rischio o ad un’errata valutazione delle misure di sicurezza necessarie alla salvaguardia della salute dei lavoratori e non quando quel rischio sia stato valutato esistente dallo stesso datore di lavoro, e le misure per prevenirlo, indicate nel documento di valutazione del rischio, siano state poi consapevolmente disattese per un lungo periodo di tempo.
Cassazione, Sez. III, 1 febbraio 2022, dep. 11 aprile 2022, n. 13686 – Pres. Aceto – Rel. Gai – P.M. Tocci (diff.) – Ric. C.A. – (rif. artt. 2-8 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)
In tema di reati tributari, risponde del solo delitto di cui all’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e non anche di quello di cui all’art. 8, colui che, non agendo nella veste di amministratore del soggetto apparente emittente, abbia formato una fattura materialmente falsa, sia nell’oggetto che nell’indicazione della provenienza, e l’abbia poi utilizzata in dichiarazione.
Cassazione, Sez. III, 1 marzo 2022, dep. 14 aprile 2022, n. 14537 – Pres. Sarno – Rel. Gai – P.M. Tocci (diff.) – Ric. C.A. – (rif. artt. 2-8 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)
Nel caso di competenza per connessione, laddove non sia possibile individuare, a norma degli articoli 8 e 9, comma 1, c.p.p., il luogo di commissione del reato connesso più grave, la competenza per territorio determinata dalla connessione spetta al giudice del luogo nel quale risulta commesso, in via gradata, il reato successivamente più grave fra i restanti e solo quando risulti impossibile individuare il luogo di commissione per tutti i reati connessi, la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave, individuato secondo i criteri suppletivi indicati dall’articolo 9, commi 2 e 3, c.p.p. Tali criteri, mutatis mutandis, vanno applicati anche in relazione all’individuazione della competenza per territorio derivante da connessione tra reati tributari.
Cassazione, Sez. III, 11 gennaio 2022, dep. 20 aprile 2022, n. 15208 – Pres. Petruzzellis – Rel. Aceto – P.M. Angelillis (diff.) – Ric. F.S. e altro – (rif. art. 15 c.p., 2 e 6 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, 216 comma 1 n. 2 r.d. 16 marzo 1942, n. 267)
È configurabile il concorso tra i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione infedele, di cui agli artt. 2 e 4 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e quello di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, LF, sussistendo un rapporto di eterogeneità strutturale tra le fattispecie, posto che la condotta di presentazione di una dichiarazione dei redditi fraudolenta o infedele, seppur preceduta dalla condotta di distruzione od occultamento della contabilità, non è elemento specializzante del delitto fallimentare.
Cassazione, Sez. V, 13 gennaio 2022, dep. 21 aprile 2022, n. 15630 – Pres. Vessichelli – Rel. Belmonte – P.M. Tassone (parz. diff.) – Ric. N.G. e altri – (rif. art. 15 c.p., 8 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267)
In tema di divieto di “bis in idem”, il precedente giudizio per il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti non preclude quello successivo per bancarotta fraudolenta impropria, non sussistendo tra le due fattispecie criminose l’“idem factum” (ciò in quanto, ad avviso della Corte, mentre il primo sarebbe un reato di mera condotta e a dolo preterintenzionale, il secondo rappresenterebbe una fattispecie di danno, caratterizzata dall’aver cagionato o contribuito a cagionare il fallimento della società, e da dolo specifico).
[1] Solo per citare qualche grande capolavoro italiano, si può rammentare il furto delle scarpe nell’episodio “Napoli” della pellicola Paisà di Roberto Rossellini, del 1946; Ladri di biciclette, del 1948, di Vittorio De Sica; Guardie e Ladri, di Mario Monicelli e Steno, del 1951; Rocco e i suoi fratelli, del 1960, di Luchino Visconti, ove il tema della povertà si intreccia con quello dell’immigrazione e dell’emarginazione.
[2] Nella sterminata letteratura, vd. T. Pitch, La devianza, Scandicci, 1986; M. Barbagli, Immigrazione e criminalità in Italia, Bologna, 1998; R. Marselli – M. Vannini, Economia della criminalità, Torino, 1999; J. Brush, Does income inequality lead to more crime?, in Economics Letters, 2007, pp. 264-268; J. Choe, Income inequality and crime in the United States, in Economics Letters, 2008, pp. 31-33; M. Baldini – S. Toso, Diseguaglianza, povertà e politiche pubbliche, Bologna, 2009; P. Ramazzotti (a cura di), Diseguaglianze, giustizia, legalità. Tendenze in atto e azioni possibili, Roma, 2018; S. Tramma, L’educazione sociale, Bari, 2019.
[3] In argomento vd. F. Sidoti, Povertà, devianza, criminalità nell’Italia meridionale, Bologna, 1989; R. Canosa, Storia della criminalità in Italia dal 1946 ad oggi, Milano, 1995; M. Esposito, Uomini di camorra: la costruzione sociale dell’identità deviante, Bologna, 2004; E. Ciconte, Storia criminale. La resistibile ascesa di mafia, ‘ndrangheta e camorra dall’Ottocento ai giorni nostri, Soveria Mannelli, 2019; I. Sales, Storia dell’Italia mafiosa: perché le mafie hanno avuto successo, Soveria Mannelli, 2022.
[4] Sul quale vd. anche i contributi di G. Fornasari, Osservazioni rapsodiche su tre diramazioni del diritto penale del nemico, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2020, pp. 1048 ss; A. Spena, Smuggling umanitario e scriminanti, ibidem, 2019, pp. 1859 ss; A. Aimi, Il decreto sicurezza 2018: profili penalistici, ibidem, 2019, pp. 135 ss; L. Risicato, Il confine e il confino: uno sguardo d’insieme alle disposizioni penali del “decreto sicurezzo”, in Dir. Pen. Proc., 2019, pp. 15 ss.
[5] Su questi argomenti sia tollerato il rinvio a A. De Lia, Novità sul fronte del “diritto penale del nemico”. Breve analisi del c.d. “decreto sicurezza”, 30 aprile 2019, in www.forumcostituzionale.it.
[6] Per utilizzare il neologismo introdotto da J. Stumpf, The crimmigration crisis: immigrants, crime, and sovereign power, in American University Law Review, 2006, pp. 367 ss.
[7] Sul Feindstrafrecht vd. G. Jakobs, La pena statale. Significato e finalità (trad. Valitutti), Napoli, 2019. Sul concetto di “diritto penale del nemico”, in termini di degradazione del nemico della società a “non cittadino”, a “non persona”, vd. anche, a livello monografico, T. Padovani, Diritto penale del nemico, Pisa, 2014; A. Martini, Essere pericolosi. Giudizi soggettivi e misure personali, Torino, 2017, pp. 1 ss, nonché M. Papa – M. Donini (a cura di), Diritto penale del nemico. Un dibattito internazionale, Milano, 2007; per i contributi, nella sterminata letteratura, vd. G. Losappio, Diritto penale del nemico, diritto penale dell’amico, nemici del diritto penale, in Ind. Pen., 2007, pp. 51 ss; F. Viganò, La neutralizzazione del delinquente pericoloso nell’ordinamento italiano, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2012, pp. 1334 ss; G. Marra, Il paradosso della legalità nella modernità penalistica, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2018, pp. 725 ss; F. Palazzo, Nemico-nemici-nemico: una sequenza inquietante per il futuro del diritto penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2020, pp. 701 ss. Nello specifico settore del contrasto all’immigrazione clandestina, vd. V. Plantamura, Lo Stalker, il Pervertito e il Clandestino: il ritorno del tipo d’autore nel diritto penale del terzo millennio, in Ind. Pen., 2012, pp. 371 ss; R. Sicurella, Il controllo penale dell’immigrazione irregolare: esigenze di tutela, tentazioni simboliche, imperativi garantistici, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2012, pp. 1425 ss; V. Militello – A. Spena, Il traffico di migranti: diritto, tutela, criminalizzazione, Torino, 2015; M. Caterini, Il diritto penale del nemico “presunto”, in Pol. Dir., 2015, pp. 635 ss.
[8] Sul tema vd. S. Moccia, La perenne emergenza. Tendenze autoritarie nel sistema penale, Napoli, 2000; più di recente Mo. Gallo, La chiamano giustizia ma è ciò che il giudice ha mangiato a colazione, Pisa, 2020.
[9] Vd. G. Insolera (a cura di), La legislazione penale compulsiva, Padova, 2006.
[10] Su questi temi vd. V. Manes, Attualità e prospettive del giudizio di ragionevolezza in materia penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2007, pp. 739 ss; G. Demuro, Ultima Ratio: alla ricerca di limiti all’espansione del diritto penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2013, pp. 1654 ss; D. Pulitanò, Sulla pena. Tra teoria, principi e politica, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2016, pp. 559 ss; E. Mezzetti, Prove tecniche del legislatore su una rivisitazione del rapporto autore/vittima in funzione riparatoria o conciliativa, in Cass. Pen., 2016, pp. 3094 ss; C.E. Paliero, Il sogno di Clitennestra: mitologie della pena, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2018, pp. 447 ss; A. Gargani, Il diritto penale quale extrema ratio tra post-modernità ed utopia, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2018, pp. 1488 ss; A. Bernardi, Lotta senza quartiere al terrorismo fondamentalista in Europa: riflessi sulle funzioni della pena, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2018, pp. 1049 ss; E. Dolcini, La pena nell’ordinamento italiano, tra repressione e prevenzione, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2021, pp. 383 ss; O. Di Giovine, Delitto senza castigo? Il bisogno di pena tra motivazioni razionali ed istinti emotivi, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2021, pp. 855 ss. A livello monografico vd. A. Ceretti – R. Cornelli, Oltre la paura. Cinque riflessioni su criminalità società e politica, Milano, 2013, passim: D. Fassin, Punire. Una passione contemporanea, Milano, 2017, passim; A. Baratta, Criminologia critica e critica del diritto penale, Milano, 2019, passim.
[11] Vd. N. Pisani, Il disegno di legge “spazza corrotti”: solo ombre, in Cass. Pen., 2018, pp. 3589 ss; E. Amati, Legge “spazzacorrotti” e disciplina intertemporale. Interpretazioni “formalistiche” e “sostanzialistiche” a confronto in attesa della Corte costituzionale, in Cass. Pen., 2019, pp. 3486 ss; V. Mongillo, La legge “spazzacorrotti”: ultimo approdo del diritto penale emergenziale nel cantiere permanente dell’anticorruzione, in Dir. Pen. Cont. Riv. Trim., 2019, pp. 231 ss; T. Padovani, La spazzacorrotti. Riforma delle illusioni e illusioni della riforma, in Arch. Pen., 2018, pp. 577 ss; R. Rampioni, La immediata applicabilità della legge c.d. “Spazzacorrotti”: a proposito delle Sezioni unite civili in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. e captatore informatico, in Arch. Pen., 2020, pp. 245 ss; S. Fiore, Tracce di distopia legislativa nella “spazzacorrotti”. Funzioni simboliche e deterrenza “latente” nell’uso della non punibilità, 18 giugno 2000, in www.lalegislazionepenale.eu.
[12] Sia consentito il rinvio a A. De Lia, Legislatore e diritto penale in un turbine di sanzioni e slogan. Brevi note a margine della l. n. 3/2019 (c.d. “legge spazzacorrotti”), 24 febbraio 2019, in www.forumcostituzionale.it.
[13] Secondo le statistiche condotte dall’Associazione Antigone e dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria il fenomeno riguarderebbe quasi il 70% dei detenuti.
[14] Sulla recente “coabitazione”, assai contraddittoria, tra istanze che conducono a forme di diritto penale “emergenziale” e deflazione vd. A. Sereni, La depenalizzazione nella società di massa tra logica liberale e logica economica, in Riv. Trim. Dir. Pen. Econ., 2015, pp. 557 ss; D. Fondaroli, O tempora o mores, 30 agosto 2015, in www.archiviopenale.it.
[15] Per una sintetica, ma efficace, ricostruzione delle evoluzioni normative e giurisprudenziali sul tema delle pene pecuniarie in Italia, vd. L. Bresci, Le sanzioni sostitutive previste dalla L. 689/1981: profili di politica criminale e prassi applicativa, in ADIR-L’altro diritto, 2004, pp. 1 ss.
[16] Che in Italia è impiegata in ordine alla sostituzione delle pene detentive brevi di cui agli artt. 53 ss l. 24 novembre 1981, n. 689 e nel d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 rispetto alla responsabilità “amministrativa” degli enti.
[17] In senso favorevole all’impiego della pena pecuniaria come alternativa al carcere si è espresso, tra gli altri, E. Dolcini, Verso una pena pecuniaria finalmente viva e vitale? Le proposte della Commissione Lattanzi, 4 giugno 2021, in www.sistemapenale.it. A favore del sistema per tassi giornalieri si sono espressi, altresì, C. De Maglie, Ha un futuro l’attuale modello di pena pecuniaria?, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1988, pp. 679 ss; G. Marinucci, Il sistema sanzionatorio tra collasso e prospettive di riforma, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2000, pp. 160 ss; M. Romano, Commentario sistematico del codice penale, vol. I, Milano, 2004, pp. 199 ss; L. Goisis, La pena pecuniaria. Un’indagine storica e comparata, Milano, 2008; M. Miedico, La pena pecuniaria. Disciplina, prassi e prospettive di riforma, Milano, 2008. Di recente, seppur dichiarando la parziale illegittimità dell’art. 53 della l. n. 689/1981, vd. anche in tal senso Corte cost., 12 gennaio 2022, n. 28.
[18] In argomento vd. AA.VV., Competition e coercition: blacks in American economy, Cambridge, 1977, passim; C. Clark – C.C. Northrup, The American economy, Santa Barbara, 2003, pp. 97 ss; M. Vescia, The emancipation proclamation, New York, 2016, passim.
[19] Leggi contro la vagrancy si diffusero in molti Stati; la Corte Suprema degli Stati Uniti con la sentenza Papachristou v. City of Jacksonville, 405 US 156 (1972), ha poi stabilito che una legge sul vagabondaggio della Florida fosse incostituzionale perché troppo vaga per essere compresa. Leggi contro il vagabondaggio “molesto” sono ancora in vigore in molti Stati. In argomento vd. W.R. Miller, The social history of crime and punishment in America. An encyclopedia, Thousand Oaks, 2012, pp. 1858 ss.
[20] Su questo argomento vd. anche D. Melossi – M. Pavarini, Carcere e fabbrica. Alle origini del sistema penitenziario, Bologna, 2018. Nella letteratura statunitense, invece, A. Tsesis, The thirteenth amendement and American freedom: a legal history, New York, 2004; T.V. Biscontini – R. Sparling, Amendment XIII: abolishing slavery, Farmington Hills, 2009.
[21] Vd. W. Hazen, The civil war to the Jim Crows Laws: American black history, Dayton, 2004; L.V. Tischauser, Jim Crows Laws, Santa Barbara, 2012; D.K. Fremon, The Jim Crow Laws and Racism in United States History, Washington, 2014; più di recente C.A. Haynes – J. Sabin, The legacy of Jim Crow, New York, 2022. Il tema della segregazione razziale è ricorrente nella cinematografia statunitense. Tra le pellicole che lo affrontano non si può non rammentare Driving miss Daisy (“A spasso con Daisy”), capolavoro pluripremiato all’Oscar, del 1989, diretto da Bruce Beresford, con Jessica Tandy, Morgan Freeman e Dan Aykroyd.
[22] In argomento vd. S. Belenko – C. Spohn, Drugs, crime and Justice, Thousand Oaks, 2014, pp. 100 ss; D.R. Farber, The war on drugs: a history, New York, 2021, passim. Forse non per ironia della sorte, una delle scene del cult movie Scarface di Brian De Palma, scritto da Oliver Stone, del 1983, interpretato da Al Pacino e Michelle Pfeiffer, venne girata in una villa che in passato era stata di proprietà dell’ex Presidente Nixon.
[23] In tema vd. K. Beckett, Making crime pay: law and order in contemporary American politics, Oxford, 1999; J.M. Fish, Drugs and Society: U.S. Public Policy, Oxford, 2006; B. Stimmel, Drug abuse and social policy in America: the war that must be win, New York, 2014; S. Staley, Drug policy and the decline of the American city, New York, 2017.
[24] Su questi argomenti vd. J.L. Reeves - R. Campbell, Cracked coverage. Television news, the anti-cocaine crusade, and the Reagan legacy, Durham, 1994; J. Hawdon – B.L. Miller – M. Costello, Marijuana in America. Cultural, political and medical controversies, Santa Barbara, 2022.
[25] Questa l’autorevole opinion espressa, tra l’altro, dal New York Times in un articolo pubblicato sul quotidiano il 9 novembre 1988, dal titolo, per l’appunto, Why Michael Dukakis lost, p. 34; in senso analogo vd. B. Drogin, How presidential race was won and lost: Michael S. Dukakis, a p. 12 dell’edizione del 10 novembre 1988 del Los Angeles Times. In argomento vd. anche il documentario realizzato nel 2015 dalla NBC, dal titolo Above the fray, visionabile sul sito web www.msnbc.com. Per gli studi monografici vd. A. Bennett, The race for the White House from Reagan to Clinton, New York, 2013, pp. 208 ss; J. S. Jackson, The American political Party system. Continuity and change over ten presidential elections, Washington, 2014, pp. 28 ss; E. Bertram, The workfare State, Philadelphia, 2015, pp. 168 ss; T.F. Sheckels, The rhetoric of the American political party conventions, 1948-2016, Londra, 2020, pp. 121 ss; P.A. Magaro, The compulsive personality: the society they build, Denver, 2020, pp. 127 ss.
[26] Sul tema vd. M. Vitiello, Three strikes: can we return to rationality?, in Journal of Criminal Law & Criminology, 1997, pp. 395 ss; nella letteratura italiana, vd. A. Della Bella, Three strikes and you’re out: la guerra al recidivo in California e i suoi echi in Italia, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2007, pp. 833 ss; F. Bottalico, Three strikes and you’re out: la recidiva nel sistema penale statunitense, in V. Garofoli (a cura di), Problematiche tradizionali e incaute innovazioni legislative, Milano, 2006, pp. 17 ss. Per una overview sulla harsh justice vd. di recente S. Aleo, Dal carcere. Autoriflessione sulla pena, Pisa, 2019, pp. 181 ss.
[27] Questo tema fa parte della trama del film Sulle ali della libertà (The Shawshank Redemption), scritto e diretto da Frank Darabont, del 1994, con Tim Robbins e Morgan Freeman. Vd. inoltre A. Bair, Prison labor in the United States: an economic analysis, New York, 2007; K. Gotsch – V. Basti, Capitalizing on mass incarceration: U.S. growth in private prisons, 2 agosto 2018, in www.sentencingproject.com.
[28] Vd. il rapporto Connections among poverty, incarceration and inequality del maggio 2020 redatto dall’Institute for research on poverty, reperibile sul sito www.irp.wisc.edu; D.R. Papke, Containment and condemnation: law and the oppression of the urban poor, East Lansing, 2019; D. Canon, Pleading out: how plea bargain creates a permanent criminal class, New York, 2022. Sulle analogie con l’Italia vd. L. Ferrajoli, Manifesto per l’uguaglianza, Bari, 2018, passim (ma in particolare il capitolo terzo).
[29] Su cui vd., nella sterminata letteratura, F. Rocchi, La recidiva tra colpevolezza e pericolosità. Prospettive d’indagine nel sistema penale integrato, Napoli, 2020; A. Peccioli, La progressiva erosione della blindatura della recidiva reiterata alla luce del principio di colpevolezza: il caso del vizio di mente, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2020, pp. 1975 ss; sulle controverse previsioni normative in tema di recidiva, oggetto di plurimi interventi legislativi e della Consulta, vd. anche E. Penco, Offensività e colpevolezza nel controllo di costituzionalità in materia di recidiva e giudizio di bilanciamento, in Dir. Pen. Proc., 2021, pp. 260 ss; E. Mazzanti, Recidiva reiterata e vizio parziale di mente: nuovamente inciso l’art. 69, comma 4, c.p., in Giur. Cost., 2020, pp. 825 ss; E. Mattevi, Il riconoscimento della recidiva e i suoi effetti, in Giur. It., 2020, pp. 671 ss; F. Basile, Esiste una nozione ontologicamente unitaria di pericolosità sociale? Spunti di riflessione, con particolare riguardo alle misure di sicurezza e alle misure di prevenzione, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2018, pp. 644 ss; M.T. Collica, La delega della Legge Orlando sulle misure di sicurezza, 7 dicembre 2017, in www.lalegislazionepenale.eu; D. Pulitanò, Bilanciamento di circostanze. Problemi di legittimità costituzionale, in Giur. Cost., 2017, pp. 1797 ss; A. Massaro, Recidiva reiterata e giudizio di bilanciamento: un rapporto ancora “privilegiato”?, in Giur. Cost., 2016, pp. 680 ss; D. Notaro, La fine ingloriosa, ma inevitabile, di una manifesta irragionevolezza: la Consulta “lima” il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata, in Cass. Pen., 2013, pp. 1755 ss; S. Tigano, La recidiva reiterata fra teoria e prassi, in Arch. Pen., 2012, pp. 293 ss. Sui problemi tradizionali relativi alla disciplina della recidiva vd. inoltre F. Dassano, Recidiva e potere discrezionale del giudice, Torino, 1981; E.M. Ambrosetti, Recidiva e recidivismo, Padova, 1997 e, successivamente, V.B. Muscatiello, La recidiva, Torino, 2008. Su quelli della riforma attuata nel 2005 vd. M. Pavarini, The spaghetti incapacitation: la nuova disciplina della recidiva, in G. Insolera (a cura di), La legislazione penale compulsiva, op. cit., pp. 15 ss; F. Bottalico, Effetti dell’obbligatorietà della nuova disciplina della recidiva, in Giur. Mer., 2007, pp. 1734 ss; S. Putinati, Responsabilità dolosa e colposa per le circostanze aggravanti, Torino, 2008, pp. 121 ss; G. Caruso, Recidiva riformata, attenuanti generiche, discrezionalità, 8 novembre 2011, in www.archiviopenale.it.
[30] Sul tema vd. E. Chemerinsky, Cruel and unusual: the story of Leandro Andrade, in Drake Law Review, 2003, pp. 1 ss.
[31] Su questo tema si incentra il saggio C.E. Paliero, Il mercato della penalità, Torino, 2021, che ha ben evidenziato, prendendo spunto dal dibattito tedesco, la differenza tra “bisogno di pena” (Strafdürfdigkeit) e “meritevolezza di pena” (Strafwürdigkeit).
[32] Sulla base del Prison Industry Enhancement Certification Program (PIE), varato dal Congresso nel 1979 su proposta della potente organizzazione lobbista American Legislative Exchange Council (ALEC), fondata nel 1973.
[33] In argomento vd. anche K.D. Martin, Monetary myopia: an examination of the institutional response to revenue from monetary sanctions for misdemeanors, in Criminal Justice Policy Review, 2018, pp. 630 ss; A. Natapoff, Punishment without crime: how or massive misdemeanor system traps the innocent and makes America more unequal, New York, 2019.
[34] Su questi temi vd. anche M. Alexander, The new Jim Crow: mass incarceration in the age of colorblindness, New York, 2012; P. Edelman, Not a crime to be poor: the criminalization of poverty in America, New York, 2017; J.F. Pfaff, Locked in: the true causes of mass incarceration and how to achieve real reform, New York, 2017; A. Karakatsanis, Usual cruelty, New York, 2019.
[35] Vd. T. Messanger, Profit and punishment. How America crimilizes the poor in the name of Justice, op. cit., passim. Pur schierandosi in favore del modello della pena pecuniaria a tassi giornalieri, segnala, inoltre, le difficoltà di accertamento reddituale e organizzative che involge un simile sistema A. Bernardi, L’evoluzione in Europa delle alternative alla pena detentiva, tra comparazione e impulsi sovranazionali, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2016, pp. 51 ss.
[36] Problematica, questa, già evidenziata da Corte cost., 21 novembre 1979, n. 131, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 136 c.p. sulla disciplina della conversione delle pene pecuniarie non eseguite, poi sostituita dagli artt. 102 ss l. n. 689/1981.
[37] Vd. anche F. Consulich, Il diritto di Cesare. Lo stato del diritto penale tributario al volgere del decennio, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2020, pp. 1352 ss.
[38] Sul quale è d’obbligo il richiamo di G. Fornasari, Il principio di inesigibilità nel diritto penale, Padova, 1990, ed Id., voce Inesigibilità, in Dig. Disc. Pen., decimo aggiornamento, Milano, 2018, pp. 362 ss.
[39] Sul cui vd. A. Cadoppi, Il reato omissivo proprio, Padova, 1988, spec. pp. 998 ss.
[40] Nell’accezione di F. Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 1991, pp. 301-302. Su questi temi vd. anche A. Manna, voce Coscienza e volontà, in Enc. Giur., vol. IX, 1983, Roma. Sul tradizionale affievolimento del requisito volitivo nell’illecito omissivo vd. F. Bricola, Dolus in re ipsa, Milano, 1960, pp. 112 ss.
[41] Su questi temi vd. anche A. De Lia, Gli illeciti penal-tributari, in A. Manna – A. De Lia, Dieci nodi gordiani di diritto penale dell’economia, Milano, 2021, pp. 120 ss.
[42] Vd. anche, tra le più recenti, Cass., Sez. IV, 18 gennaio 2019, n. 18329; Cass., Sez. V, 30 novembre 2018, n. 2114; Cass., Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 10094.
[43] Vd., da ultimo, Cass., Sez. II, 9 ottobre 2020, n. 35024.
[44] Il riferimento è a E. Mezzetti, Necessitas non habet legem? Ai confini tra impossibile ed inesigibile nella struttura dello stato di necessità, Torino, 2000.
[45] Cass., Sez. Un., 16 marzo 2021, n. 10381.
[46] Per prendere in prestito l’efficace espressione dell’ultimo lavoro di F. Sgubbi, Il diritto penale totale. Punire senza legge, senza verità, senza colpa. Venti tesi, Bologna, 2019.