Le circostanze privilegiate e il relativo bilanciamento nella recente giurisprudenza delle Sezioni Unite
Modifica paginaLa recente sentenza delle Sezioni Unite della S. C. sulla comparazione delle circostanze privilegiate, dopo aver presentato due orientamenti fra loro contrapposti, ha optato per il più rigido dei due, orientato a dare priorità all’aggravamento dovuto a circostanze privilegiate, affermando che in caso di equivalenza le ulteriori circostanze siano neutralizzate. Il contributo ripercorre i fondamenti dottrinali e giurisprudenziali del meccanismo del privilegio o blindatura delle aggravanti, per poi sottoporre a critica l’arresto in commento.
Sommario: 1. Considerazioni introduttive. Le circostanze e la giurisprudenza di legittimità; 2. Il caso, le circostanze ascritte e la questione di diritto; 3. La dottrina in materia di circostanze privilegiate e relativo bilanciamento. Prospettiva diacronica e questioni attuali; 3.1. Dalle origini del codice alla riforma del 1974: la blindatura delle circostanze ad effetto speciale; 3.2. Gli anni seguenti alla riforma del 1974 e il bilanciamento universale; 3.3. Dalla legislazione antiterrorismo al diritto vigente: la blindatura asistematica; 4. I precedenti giurisprudenziali di legittimità sul giudizio di equivalenza in presenza di circostanze privilegiate; 4.1. L’orientamento favorevole alla neutralizzazione delle circostanze attenuanti e all’aggravamento “integrale” dovuto al privilegio; 4.2. L’orientamento favorevole alla parziale riduzione della pena aggravata; 5. La soluzione delle Sezioni Unite; 6. La portata della decisione. Influssi dogmatici; 7. (segue) Influssi applicativi: una prognosi; 8. Osservazioni critiche. Prospettive de jure condendo.
1. Considerazioni introduttive. Le circostanze e la giurisprudenza di legittimità
La sentenza delle Sezioni Unite decisa il 29 aprile 2021, depositata il successivo 18 novembre con il numero di registro generale 421414, pone l’interprete di fronte ad un interessante paradosso[1]. L’intervento della massima composizione della Suprema Corte verte infatti su un tema, quale quello delle circostanze e della relativa applicazione in bilanciamento, a rigore appartenente alla sfera del merito e che – di conseguenza – con una impressionante frequenza statistica dà luogo a giudizio di manifesta inammissibilità per mezzo della sezione “filtro” fittizia, la Settima penale.
Tuttavia, appare evidente che il complesso e a tratti intricato regime del bilanciamento delle circostanze, a determinate condizioni, non possa non presentare riflessi anche sui profili di osservanza e corretta applicazione della legge penale, vale a dire uno dei profili di diritto sostanziale della cui tutela è investito il giudice di legittimità mercé l’art. 606, comma I, lett. b), cod. proc. pen.
Il contesto è quello di un sistema di diritto penale nel quale, sin dalle origini, si è preferito adottare un meccanismo di bilanciamento “interinale”, qualitativo e discrezionale, delle circostanze eterogenee in concorso ravvisate nel singolo caso concreto, accordandogli prevalenza sul più lineare sistema di applicazione congiunta ed “algebrica” delle stesse previsto, in passato, dall’art. 29 del Codice penale Zanardelli[2].
In un siffatto quadro, è agevole immaginare quanto sia possibile scorgere profili quantomeno dubbi negli interstizi di un complesso combinato disposto che coinvolge gli artt. 63 e 69 cod. pen. quali norme centrali del meccanismo, cui si affiancano le ulteriori disposizioni che prevedano un regime di privilegio per determinate circostanze, richiamate con formula aperta dal comma IV e ultimo del predetto art. 69.
Si può notare che peraltro la sentenza in commento, parafrasando il quesito formulato con l’ordinanza di rinvio[3], non coinvolge neanche l’intero principio del bilanciamento delle circostanze, bensì si limita al peculiare aspetto della dell’effetto che le attenuanti non privilegiate riconosciute in equivalenza con aggravanti altrettanto non privilegiate debbano avere sul trattamento sanzionatorio risultante da aggravanti, invece, privilegiate, sempre più numerose e capillarmente diffuse nel codice[4].
A latere delle possibili conclusioni critiche sul diritto vigente, che ci riserviamo di formulare in via di conclusione, l’analisi della sentenza si presenta come feconda di spunti per una lettura articolata ed innovativa del fenomeno, coinvolgendo anche la vicenda storica della “blindatura”[5] o privilegio delle circostanze e del relativo ruolo nel bilanciamento.
2. Il caso, le circostanze ascritte e la questione di diritto
Il caso condotto all’attenzione della massima composizione di legittimità potrebbe quasi stupire per la sua dimensione di medio-piccola criminalità “quotidiana” ed ordinaria. Tre soggetti attivi in concorso fra loro, due dei quali – fra essi, l’imputato il cui ricorso ha dato luogo all’assegnazione della causa alle Sezioni Unite – incaricatisi come pali, avevano ordito un delitto per certi versi a metà fra un furto con destrezza e una truffa ai danni di un’anziana signora. La concorrente “di punta” si introduceva con una scusa artificiosa nell’abitazione del soggetto passivo, presentandosi quale impiegata di banca incaricata di verificare il numero di banconote detenute in cassaforte, adducendo quale ragione di un simile controllo il fatto che tali biglietti fossero prossimi a cessare dal corso legale[6].
L’elemento che ha indotto i giudici di merito – con l’avallo incidentale della Cassazione – a ravvisare una fattispecie di furto domiciliare (art. 624-bis cod. pen.) circostanziata anziché quella truffaldina è stato quello in base al quale la vittima non avrebbe consegnato sua sponte il denaro alla sedicente impiegata, bensì si sarebbe limitata a mostrarlo; il soggetto attivo avrebbe quindi provveduto a realizzare la sostituzione della busta contenente il denaro contante con un’altra, piena di schedine del lotto[7].
Le aggravanti riconosciute in relazione al caso testé ripercorso sono dotate di caratteristiche molto variegate – presentando quale massimo comun denominatore, essenzialmente, l’effetto di inasprimento del trattamento sanzionatorio e la conseguente necessaria ascrizione a titolo di dolo o di colpa (art. 59 co. II cod. pen. riformato nel 1990), diversamente da quanto avviene per le attenuanti, imputabili oggettivamente[8] – e sono per questo meritevoli, nella presente sede, di una prospettazione analitica, svolta profilando cinque loro caratteristiche: applicabilità; natura; livello di tipizzazione; effetto; eventuale presenza di privilegio.
1. In primis, è stata ascritta agli imputati l’aggravante di cui all’art. 625, co. I, n. 2, che prevede due alternative, delle quali applicata al caso è quella dell’uso di un mezzo fraudolento. Si tratta di una circostanza aggravante:
- specifica, applicabile solo al furto e agli altri reati che la richiamino nella disposizione;
- oggettiva, dal momento che riguarda le modalità dell’azione (art. 70 cod. pen.);
- tipica, in quanto inquadra con precisione una modalità ben determinata del fatto furtivo, vale a dire l’impiego di astuzia e scaltrezza volta ad aggirare le difese del soggetto passivo e a soverchiarne la volontà, emerso con chiarezza dall’artificio complessivo che ha condotto il soggetto passivo a mostrare del denaro tenuto in cassaforte[9];
- ad effetto speciale, in quanto l’aumento di pena è sopra il terzo e le ulteriori variazioni si applicano sulla sanzione determinata dalla sua applicazione;
- privilegiata, in quanto l’art. 624-bis, co. IV, cod. pen., la sottrae ad un possibile giudizio di equivalenza e prevalenza rispetto a circostanze attenuanti diverse da quelle specifiche per il furto (art. 625-bis cod. pen.) e dell’età compresa fra quattordici e diciotto anni (art. 98 cod. pen.).
2. Le particolari abilità dimostrate nella sostituzione delle buste hanno condotto i giudici di merito ad ascrivere l’aggravante di cui all’art. 625, co. I, n. 4 cod. pen., vale a dire la commissione con destrezza. Si tratta di una circostanza aggravante:
- specifica, applicabile solo al furto e agli altri reati che la richiamino nella disposizione;
- oggettiva, dal momento che riguarda le modalità dell’azione (art. 70 cod. pen.);
- tipica, in quanto inquadra con precisione una modalità ben determinata del fatto furtivo, vale a dire commesso con abilità e sveltezza tali da eludere la sorveglianza del soggetto passivo[10];
- ad effetto speciale;
- privilegiata, rientrando nel già menzionato ambito di applicazione dell’art. 624-bis, co. IV, cod. pen.
3. Il ricorso alla qualifica di impiegata della banca ha potuto fungere da presupposto per imputare l’aggravante di cui all’art. 625, co. I, n. 5 cod. pen., vale a dire la commissione «da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale o d’incaricato di un pubblico servizio». Si tratta di una circostanza aggravante:
- specifica, applicabile solo al furto e agli altri reati che la richiamino nella disposizione;
- oggettiva, dal momento che riguarda le modalità dell’azione (art. 70 cod. pen.);
- tipica, in quanto inquadra con precisione una modalità ben determinata del fatto furtivo, peraltro già ampiamente riconoscibile dal tenore letterale: essa fa leva su fattori idonei ad aggirare le difese del soggetto passivo, mettendolo in soggezione di fronte ad un soggetto non riconoscibile o che millanti una veste ufficiale;
- ad effetto speciale;
- privilegiata, rientrando nel già menzionato ambito di applicazione dell’art. 624-bis, co. IV, cod. pen.
4. Lo svolgersi domestico del fatto e l’avanzata età del soggetto passivo[11] hanno condotto all’ascrizione dell’aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, co. 1, n. 5 cod. pen. Si tratta di una circostanza:
- comune, applicabile a tutte le fattispecie di reato;
- oggettiva, dal momento che riguarda le modalità dell’azione (art. 70 cod. pen.);
- tipica, in quanto individua con precisione elementi spazio-temporali e requisiti del soggetto passivo idonei a rendere più difficile a quest’ultimo la difesa di sé o dei propri beni giuridici[12], oltre che un grado di consapevolezza del soggetto attivo adeguatamente reso dal verbo “profittare”[13];
- ad effetto comune, con aumento di pena non specificato e quindi contenuto entro il terzo (art. 64 co. I cod. pen.);
- non privilegiata, comparabile con le attenuanti di qualsiasi natura.
5. Sia all’imputata principale che al ricorrente il cui ricorso ha sollevato la questione rimessa alle Sezioni unite era riconosciuta anche la recidiva “qualificata”, a ben vedere reiterata, ai sensi dell’art. 99 co. IV cod. pen. Nonostante la sua collocazione sistematica e il nomen non suggeriscano che si tratti di una circostanza, tale istituto è pressoché pacificamente inserito dalla giurisprudenza nel novero delle circostanze aggravanti[14], nonostante la dottrina non sia concorde sul punto[15]. Essa è qualificabile, in particolare, alla stregua di una circostanza:
- comune, applicabile a tutte le fattispecie di reato;
- soggettiva, dal momento che riguarda le caratteristiche del soggetto attivo (art. 70 cod. pen.);
- tipica, in quanto individua con precisione elementi del “curriculum giudiziario” del soggetto attivo, quali la reiterazione di un delitto non colposo – quindi preterintenzionale o, più frequentemente, doloso – ulteriore a quella già prevista dal comma I del medesimo articolo, eventualmente aggravata dalla ricorrenza degli elementi di cui al comma II[16];
- ad effetto speciale, con aumento di pena della metà o, qualora ricorrano gli elementi di cui all’art. 99 co. II cod. pen., dei due terzi, e le ulteriori variazioni si applicano sulla sanzione determinata dalla sua applicazione, come esplicitato dal richiamo letterale da parte dell’art. 69 co. IV cod. pen.;
- privilegiata, come esplicitato dal richiamo letterale da parte dell’art. 69 co. IV cod. pen., facendo salve le numerose pronunce di incostituzionalità formulate con riguardo al divieto di prevalenza di singole circostanze attenuanti.
Le aggravanti testé analizzate venivano quindi giudicate equivalenti alle attenuanti ravvisate, fra le quali si contano anche le cd. generiche ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. La dosimetria sanzionatoria risultava tuttavia più severa rispetto a quello di un giudizio “ordinario” di equivalenza in virtù della presenza di aggravanti privilegiate: la pena base veniva infatti innanzitutto aumentata sulla base di queste ultime, per poi non essere ridotta dalle attenuanti risultate equivalenti[17]. L’unica riduzione “piena” del trattamento sanzionatorio risultava, nel complesso, solo dalla scelta del rito abbreviato.
Nella motivazione, la Corte di appello di Milano richiamava l’orientamento espresso da una sentenza da una sentenza della Quinta sezione penale vertente su un analogo caso di furto aggravato[18], nella quale si rimarcava l’esclusione della circostanza di cui all’'art. 624-bis, comma terzo, e 625 cod. pen. dal bilanciamento e l’applicazione della regola del cumulo giuridico di cui all’art. 63, co. IV, cod. pen., prevedendo il solo aumento per la circostanza più grave con possibili aumenti. Tale orientamento avrebbe ottenuto, peraltro, l’avallo della Procura generale[19].
Tale richiamo giurisprudenziale si è prestato a fungere da Ausgangspunkt per una delle argomentazioni difensive fondamentali del ricorso che ha dato luogo all’intervento delle Sezioni Unite. La difesa, infatti, ha contestato la motivazione della sentenza d’appello in punto di interpretazione della legge penale sostanziale (art. 606 co. I lett. b cod. proc. pen.) affermando che l’orientamento in questione non fosse da ritenersi consolidato, in quanto non avallato – fino ad allora – dalla Suprema Corte nella sua massima composizione[20].
Effettivamente, l’ufficio spoglio avrebbe rilevato un contrasto giurisprudenziale, peraltro espresso nel contesto della medesima Sezione (Sentenza Raidich): tanto ha reso necessario il rilievo del contrasto giurisprudenziale ed il conseguente rinvio alle Sezioni Unite[21]. L’elevato grado di tecnicismo e di dettaglio della questione richiede di non limitarsi alla ricostruzione della giurisprudenza in contrasto, imponendo anzi di ricostruire innanzitutto il dibattito dottrinale in materia.
3. La dottrina in materia di circostanze privilegiate e relativo bilanciamento. Prospettiva diacronica e questioni attuali
Le circostanze privilegiate sono uno strumento legislativo che ha conosciuto vicende e fortune piuttosto alterne nella storia del vigente codice penale. Si può dare conto di almeno tre stadi della storia dell’istituto[22], l’ultima delle quali è quella che conduce al diritto vigente e alle questioni attualmente sul tavolo.
3.1. Dalle origini del codice alla riforma del 1974: la blindatura delle circostanze ad effetto speciale
Il primo stadio è quelloa che inizia con l’emanazione del Codice Rocco nel 1930, prolungandosi almeno sino alla riforma organica del 1974; essa si presenta, agli occhi dei posteri, quale fase del bilanciamento limitato alle sole circostanze ad effetto comune. In questa fase, tutte le circostanze ad effetto speciale erano anche “blindate” dalla norma dell’art. 69 cod. pen., la cui disposizione, dopo aver esposto la regola generale del bilanciamento ai primi tre commi, al quarto recitava «Le disposizioni precedenti non si applicano alle circostanze inerenti alla persona del colpevole e a qualsiasi altra circostanza, per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato».
Siffatta previsione costituiva il pendant della disposizione dell’art. 63 co. III cod. pen., il quale non contemplava la categoria della circostanza ad effetto speciale e si limitava a prevedere il calcolo “composito” dell’aggravamento o dell’attenuazione extra-edittale ogniqualvolta che «per una circostanza la legge stabilisce una pena diversa, o ne determina la misura in modo indipendente dalla pena ordinaria per il reato»[23]. La completa disapplicazione delle regole dei primi tre commi dell’art. 69 cod. pen. dava luogo ad una blindatura delle circostanze privilegiate sia nei confronti di un giudizio di prevalenza che di equivalenza[24].
Da un simile quadro normativo risultava, di conseguenza, l’obbligo di un lineare ma severo giudizio “trifasico”: a) determinazione della pena base, risultante dal combinato fra limiti edittali del reato in concreto ascritto e regole dosimetriche di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.; b) applicazione della circostanza inerente alla persona del colpevole, o che individuasse una pena di specie diversa o che determinasse limiti edittali indipendenti, sia attenuante che (ben più di frequente) aggravante; c) applicazione delle restanti circostanze a seguito del giudizio di prevalenza delle une o delle altre, o di equivalenza[25]. Il risultato conduceva ad inasprimenti sanzionatori particolarmente accentuati: paradigmatico era il caso proprio del furto aggravato[26], quale quello dedotto innanzi alle Sezioni Unite penali nella sentenza in commento.
Autorevole dottrina rilevava la particolare problematicità di un siffatto “imbrigliamento” del bilanciamento in un sistema che già allora presentava una discreta proliferazione di aggravanti indefinite con ampie possibilità di applicazione discrezionale di gravosi inasprimenti di pena, senza possibilità di ricorrere a contrappesi altrettanto discrezionali[27]. L’unico contrappeso ad una così ampia discrezionalità punitiva poteva essere rinvenuto nella reintroduzione delle circostanze attenuanti generiche, assenti nel Codice Rocco delle origini ma presenti nel Codice Zanardelli (art. 59)[28].
3.2. Gli anni seguenti alla riforma del 1974 e il bilanciamento universale
Il secondo stadio inizia appunto con la riforma di cui al d. l. 11 aprile 1974 n. 99, e lo si potrebbe definire quale stadio del bilanciamento “universale”. L’art. 69 cod. pen. fu novellato in guisa da ricomprendere nel bilanciamento tutte le circostanze allora disponibili, con l’idea di attenuare l’eccessivo rigore punitivo del Codice Rocco delle origini. La nuova formulazione della disposizione, tuttora invariata ma nell’immediato post-riforma non corredata da deroghe e norme di coordinamento con la parte speciale del codice, parificava tutte le circostanze rinvenibili nell’ordinamento, quindi sia nella parte generale del codice, sia nella parte speciale, sia infine nella legislazione complementare[29].
Al di là dei positivi intenti del legislatore dell’epoca, l’istituto del bilanciamento di circostanze risultante dalla riforma sdi presentava come piuttosto scoordinato, caotico, esposto alla più ampia discrezionalità del giudice[30] e foriero di problematiche piuttosto gravi in relazione a due categorie notoriamente delicate di circostanze, sia aggravanti che attenuanti.
Merita innanzitutto menzione il problematico raccordo fra il bilanciamento “universale” e la categoria dei reati cd. aggravati dall’evento: possibilità di bilanciamento così estese minavano financo la possibilità di aggravamento di fatti nei quali l’evento non sia previsto dal fatto tipico “di base” solitamente volte a punire il pericolo concreto o (più spesso) astratto, bensì in disposizioni aggiuntive, frequentemente nel contesto del medesimo articolo[31].
In secondo luogo, la dottrina dava conto del problema delle circostanze inerenti alla persona (art. 70 co. I n. 2 cod. pen.), quali la diminuita capacità d’intendere e di volere connessa all’età o ad altri fattori “incolpevoli”[32]: nel contesto del bilanciamento “universale”, esse potevano ben soccombere nel confronto con circostanze di natura volontaristica. Ne risultava la necessità di un bilanciamento estremamente attento ed equilibrato da parte del giudice[33], con l’immancabile permanenza di situazioni dubbie e di possibile contrasto giurisprudenziale.
3.3. Dalla legislazione antiterrorismo al diritto vigente: la blindatura asistematica
Tanto induceva il legislatore ad un frettoloso ritorno sui propri passi, sulla spinta delle esigenze di contrasto al terrorismo di matrice politica estremista[34]. Già a partire da fine anni Settanta, era possibile notare l’insorgenza di riforme volte a blindare circostanze inerenti alla tutela di beni giuridici di particolare importanza[35].
La lunga transizione verso il terzo stadio della vicenda delle circostanze privilegiate, che si potrebbe ritenere caratterizzata dalla “blindatura asistematica” delle circostanze[36], sarebbe iniziata con la legge 31 luglio 1984 n. 400, il cui art. 5 ha disposto la riformulazione dell’art. 63 co. III cod. pen. nella sua forma attuale, introducendo quindi il concetto di circostanze ad effetto speciale, definita per contrasto rispetto alla previsione dell’art. 64 co. I cod. pen. alla stregua di circostanza il cui aumento o diminuzione di pena va oltre il terzo. Il co. III novellato nel 1983 ne impone la valutazione in una fase del procedimento dosimetrico intermedia fra la determinazione dei limiti edittali e il calcolo definitivo risultante dal bilanciamento delle circostanze, ma senza imporre un divieto di equivalenza o soccombenza. Si trattava, in sostanza, di un incompiuto ritorno alle origini, con un la ricomparsa dello schema “trifasico” ma senza la previsione generale di una blindatura[37], la quale rimaneva affidata alle singole fattispecie circostanziali di parte speciale, laddove presente.
La transizione verso uno stadio di blindatura asistematica, in un codice ormai proliferante di circostanze attenuanti e (ancor più) aggravanti in tutte le sue parti[38], sarebbe stata compiuta con la legge 5 dicembre 2005 n. 251 (ex Cirielli), il cui art. 3 ha disposto la novellazione dell’art. 69 ult. co. nella sua forma attuale: il privilegio delle circostanze faceva così nuovamente ingresso nella parte generale del codice penale, quantunque in una forma rinnovata “a base parziale”[39] aperta al giudizio di equivalenza[40], facendo salve eventuali più specifiche e più severe previsioni connesse a singole circostanze speciali[41]. Una simile innovazione si contestualizza perfettamente nella sostanziale incoerenza di un atto legislativo che abbreviava gran parte dei termini di prescrizione e inaspriva – anche mercè la novellazione in esame – la recidiva. Della riforma di quest’ultima, in particolare, la reintroduzione della blindatura nella parte generale aspirava ad essere una sorta di corollario[42].
Ne risulta il confuso panorama di una situazione in cui le circostanze ad effetto speciale non coincidono necessariamente con quelle privilegiate, le quali a propria volta sono blindate senza alcun criterio sistematico, in sostanza seguendo gli umori dell’elettorato e rispondendo alle paure diffuse fra la popolazione – in una sorta di riedizione invero poco nobile della Sozialnorm del Binding, anzi con l’effetto da questi deprecato del ripostiglio di concetti o definizioni[43] – e dando così luogo ad una legislazione contraddittoriamente emergenziale e permanente, con le diffuse incongruenze recate da una siffatta politica criminale, purtroppo ricorrente[44].
Le numerose declaratorie di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale hanno avuto per lo più effetti limitati al raccordo fra singole circostanze privilegiate di parte speciale e norme di parte generale[45], con poche eccezioni. Degne di menzione sono quelle inerenti alla declaratoria di incostituzionalità laddove si preveda la necessaria non soccombenza della recidiva reiterata in rapporto ad altri istituti di parte generale con effetti di attenuazione del trattamento sanzionatorio[46].
Ben lungi dal potersene prospettare un superamento, la tendenza è anzi andata rafforzandosi con l’inserimento dell’art. 69-bis cod. pen. ad opera dell’art. 5, co. 1, lett. b), d. lgs. 1° marzo 2018 n. 21 (atto noto soprattutto per l’introduzione del principio della cd. riserva di codice). La disposizione, la cui lettura è peraltro resa poco agevole da una formulazione che abbonda nei rinvii, sottrae sia al giudizio di soccombenza che a quello di equivalenza le circostanze aggravanti applicabili ad una poco organica serie di reati – nella specie, quelli enumerati dall’art. 407 co. 2 lett. a), che in relazione alle figure delittuose ivi richiamate mediante rinvio alla disposizione incriminatrice (si tratta, quindi, di un rinvio di secondo grado: sic!) allunga a due anni il termine per la chiusura delle indagini preliminari – uniti essenzialmente dalla dimensione di allarme sociale che sembrano causare nella cittadinanza[47]. Di fatto, si potrebbe dire che il legislatore presuma iuris et de iure la loro maggiore rilevanza rispetto alle attenuanti non privilegiate[48]. Il privilegio “a base totale”[49] di ampi insiemi di circostanze ha fatto così ingresso anche nella parte generale del codice.
Allargando per un istante la prospettiva dal più ristretto tema oggetto della pronuncia al (non)-sistema delle circostanze nel suo complesso, si potrebbe osservare che ne risulta un ampio potere di discrezionalità giudiziaria e di ampliamento del divario fra pena massima e pena minima conseguibile per un fatto ben al di là dei limiti edittali di ogni singolo reato “circostanziabile”[50]. Lo stesso meccanismo della blindatura o privilegio che dir si voglia, date le incertezze rilevate sia dalla dottrina che (come immanente nella stessa pronuncia in massima composizione) dalla giurisprudenza, non si presta affatto a contenerne il grado, diversamente da quanto dichiarava in linea (puramente) teorica il legislatore del 2005[51].
In definitiva, si può giudicare la blindatura o privilegio delle circostanze, come autorevolmente rilevato, alla stregua di uno strumento pratico di notevole importanza, ma dal fondamento logico quantomeno dubbio – né certo regge l’argomento della volontà di “blindare” determinati beni giuridici o determinate situazioni, dato il disordine complessivo della materia – e anzi fonte esso stesso di arbitri[52].
Le analisi dottrinali che più approfonditamente si sono impegnate nello scovare le questioni annidate nel vigente art. 69 ult. co. cod. pen. confermano drammaticamente una simile tesi. Infatti, in considerazione del fatto che tale norma non sembra inibire tout court il bilanciamento delle circostanze[53], come confermato dalle pronunce della Corte costituzionale, è possibile dare atto, nella specie, di dubbi interpretativi inerenti esattamente al caso condotto all’attenzione delle Sezioni Unite, vale a dire il giudizio di equivalenza o prevalenza delle attenuanti in presenza di un’aggravante privilegiata[54].
a. Non è chiaro, innanzitutto, se la presenza di aggravanti privilegiate abbia, quale risultato, che le attenuanti si applicano (i) solo qualora queste ultime siano riconosciute prevalenti, (ii) o anche quando siano ritenute equivalenti. La prima soluzione condurrebbe ad una sostanziale equiparazione fra un giudizio di equivalenza fra aggravanti ed attenuanti e giudizio di prevalenza delle aggravanti stesse; la seconda sicuramente è più idonea a valorizzare il dato dell’equivalenza, vanificando tuttavia parte del privilegio.
b. Mancando una previsione normativa esplicita concernente la disciplina del concorso eterogeneo di circostanze, risulta conseguentemente dubbio il regime di applicazione degli aumenti (o diminuzioni: per semplicità e coincidenza tematica con la sentenza in esame, ci si limiterà alle aggravanti) di pena nel caso di giudizio di equivalenza o soccombenza dell’insieme di circostanze cui appartiene anche quella privilegiata.
- Nel caso dell’equivalenza, che corrisponde a quello di cui alla sentenza in esame, sembra lineare ipotizzare che si debba prima applicare l’aumento dovuto alla circostanza privilegiata, per poi operare sulla pena risultante una diminuzione per le attenuanti ravvisate e poste in giudizio di equivalenza[55].
- Sussiste, tuttavia, qualche incertezza su questa seconda parte del procedimento, che in sostanza potrebbe apparire alla stregua di una parziale vanificazione della blindatura o privilegio delle aggravanti[56].
- Nel caso della soccombenza, che non corrisponde al caso sottoposto alle Sezioni Unite ma della cui soluzione beneficia indirettamente, le alternative sono financo più nettamente distanziate fra loro negli effetti. Una prima possibilità corrisponde alla soluzione che si è già presentata con riguardo al caso di equivalenza, rischiando di “duplicarla” parificando le due situazioni: innanzitutto, applicare l’aumento “blindato”, dopodiché la diminuzione per le attenuanti non privilegiate equivalenti.
- Una seconda tesi, prendendo atto del problema di una possibile coincidenza di effetti fra equivalenza e soccombenza delle aggravanti, suggerisce di applicare un’ulteriore diminuzione, di fatto aggiungendo una quarta fase finale di calcolo ad un giudizio già trifasico: L’obiezione è quella di un bis in idem rappresentato da questo doppio calcolo.
La soluzione più lineare, è stato osservato[57], consisterebbe nel ritenere la disciplina del privilegio delle circostanze derogatorio a quello del bilanciamento, tenendo quindi conto di tutte le circostanze ascrivibili per poi operare le dovute ponderazioni. Ma si tratterebbe di un’interpretazione contra legem.
Il primo dei dubbi dottrinali testé riportati corrisponde già ictu oculi al quesito sottoposto alle Sezioni Unite, id est ad un contrasto giurisprudenziale che presenta il non trascurabile effetto collaterale di una dosimetria della pena difforme a seconda del tribunale, talora anche della sezione o – come nel caso di specie – del collegio (!) cui la causa è attribuita. Tanto evidenzia ancora una volta la problematicità delle disposizioni considerate, che denotano un grado di indeterminatezza e di conseguente a-tassatività applicativa inaccettabile nel contesto del sistema di diritto penale, nonché il livello di urgenza cui la questione era sostanzialmente assurta.
Le altre questioni controverse assumono un ruolo per certi versi secondario, ma che potrà presentare la sua utilità ai fini di una ponderata individuazione di una soluzione.
Conviene, adesso, entrare nel merito dell’analisi della giurisprudenza sul tema del bilanciamento di circostanze in presenza di aggravanti privilegiate.
4. I precedenti giurisprudenziali di legittimità sul giudizio di equivalenza in presenza di circostanze privilegiate
Le posizioni contrastanti esposte dalla dottrina sul complesso tema del ruolo e del peso delle aggravanti privilegiate nel contesto di un giudizio di equivalenza sono rinvenibili anche in giurisprudenza, peraltro con un notevole grado di aderenza ai quesiti formulati dagli Autori più attenti al tema[58]. D’altronde, giova ricordare ancora una volta che in ogni vicenda che venga definita per mezzo di un giudizio a Sezioni Unite è immanente un contrasto giurisprudenziale.
Cambiano, tuttavia, i rapporti di forza: se la dottrina appare preferire un calcolo che tenga conto di possibili effetti di mitigazione conseguenti ad una presenza di attenuanti tali da equivalere alle aggravanti, la giurisprudenza di legittimità prevalente sembra favorire una soluzione che valorizzi il dato della “neutralizzazione” derivante dal giudizio di equivalenza, calcolando quindi solamente l’aggravamento derivante dall’aggravante privilegiata.
Tuttavia, dal momento che l’orientamento opposto – e prevalente in dottrina – è ben lungi dall’essere assente nella prassi applicativa giudiziaria, appare quantomai utile analizzare le ragioni di entrambi gli orientamenti, come d’altronde fanno anche la Procura generale[59] e le stesse Sezioni Unite[60].
4.1. L’orientamento favorevole alla neutralizzazione delle circostanze attenuanti e all’aggravamento “integrale” dovuto al privilegio
Le Sezioni Unite, nella disamina strumentale alla risoluzione del quesito e alla motivazione della decisione finale, partono dall’analisi dell’orientamento che la difesa eccepisce essere “non consolidato”, ma che con tutta chiarezza si palesa come prevalente.
Ai sensi di un siffatto orientamento, l’aumento di pena dovuto alla circostanza privilegiata rimane l’unica variazione sulla pena base, dal momento che il giudizio di equivalenza avrebbe l’effetto di neutralizzare le circostanze attenuanti.
Iniziando dagli arresti più recenti in materia, le Sezioni Unite citano innanzitutto un precedente della Sezione V Penale strettamente attinente alla materia di parte speciale oggetto del giudizio – vertendosi su un caso di furto aggravato – ma connotato, in realtà, da un giudizio di prevalenza delle aggravanti. Per mezzo di tale arresto, si accoglieva un ricorso della Procura generale per una pena calcolata senza tenere in adeguato conto il concorrere sia di aggravanti privilegiate che di altre circostanze di medesimo segno ad effetto speciale; la corte territoriale, anzi, diminuiva la pena mercè l’ascrizione di attenuanti generiche. La Corte indicava quindi come soluzione l’applicazione del cumulo giuridico di cui all’art. 63 co. IV cod. pen. – regola dedicata, appunto, al concorso omogeneo di circostanze aggravanti – anche in relazione ad un concorso eterogeneo di circostanze, purché ricorrano le seguenti condizioni: (i) ricorra (almeno) un’aggravante privilegiata, nella specie quella rappresentata dal fatto insidioso del porto di armi o di narcotici pur senza il relativo uso (art. 625 co. I n. 2, privilegiata per mezzo dell’art. 624 co. III e IV cod. pen.); (ii) a seguito di un giudizio di bilanciamento ai sensi dell’art. 69 cod. pen., da effettuarsi comunque, (iii) risultino prevalenti una o più circostanze ad effetto speciale, le quali si sommano alla predetta[61].
L’idea che ha condotto le Sezioni Unite a menzionare un siffatto precedente, a ben vedere non del tutto attinente alla res iudicanda, sembra essere il ricorso ad un argomento a fortiori: se il concorso fra circostanze privilegiate e ad effetto speciale, tutte aggravanti, può dar luogo a cumulo giuridico quasi come si trattasse di concorso omologo, in caso di equivalenza appare consequenziale imputare gli aumenti dovuti alla sola aggravante privilegiata, senza imputare le altre.
Il Supremo Collegio inserisce nel medesimo filone giurisprudenziale una pronuncia, di poco precedente, della IV Sezione Penale. Nel caso dedotto innanzi alla Corte, con imputazione di guida in stato di ebbrezza, erano state ravvisate due circostanze ad effetto speciale, una delle quali privilegiata (aver commesso il fatto in orario notturno, art. 186, commi1 2-sexies e 2-septies, cod. strada) e l’altra ad effetto speciale (aver provocato un incidente, art. 186, comma 2-bis, cod. strada); accanto ad esse, erano state ravvisate le attenuanti generiche. La Corte si determinava nel senso che la dosimetria della pena dovesse risultare dal «giudizio di bilanciamento tra la menzionata attenuante e la residua circostanza aggravante, apportando l’eventuale diminuzione tanto sulla componente detentiva che su quella pecuniaria della pena»[62].
In verità, si potrebbe notare quanto una simile affermazione contenga in sé alcuni un “germe” dei principali aspetti dell’opposto orientamento, ovvero un parziale contro-bilanciamento di un aggravamento di pena che finirebbe per risultare molto gravoso. Tuttavia, questa parziale mitigazione va ad operare su un doppio aumento, dovuto all’assommarsi di una circostanza privilegiata e di un’altra ad effetto speciale.
Le Sezioni Unite procedevano dunque a citare tre arresti più recenti, accomunati alla sentenza in esame dall’avere circostanze speciali, almeno una delle quali privilegiata, inerenti ai reati contro il patrimonio[63]. In particolare nel contesto della più recente di esse, vertente su un caso in cui le aggravanti – fra le quali almeno una privilegiata, vale a dire quella del numero di persone di cui all’art. 625 co. I n. 5 cod. pen. – sono risultate prevalenti, si affermava, in un obiter dictum, che «anche laddove il giudizio di bilanciamento avesse condotto al risultato più favorevole per l'imputato consentito dall’art. 69, ultimo comma, cod. pen., ossia quello dell’equivalenza, la pena avrebbe dovuto essere pari a quella conseguente all'applicazione del solo aumento previsto dall’art. 624-bis, terzo comma, cod. pen. ed alla successiva riduzione per la scelta del rito»[64].
Le indicazioni formulate in queste tre sentenze scontano il limite della settorialità applicativa. Tuttavia, esse sono idonee a fornire indicazioni nette per quanto concerne una possibile interpretazione del giudizio di bilanciamento fra circostanze eterogenee.
L’ultima citazione giurisprudenziale riguarda le Sezioni Unite Contaldo[65]. La sentenza verte su un caso in cui ad essere privilegiata è una circostanza attenuante, non un’aggravante. Il principio che già allora veniva espresso, tuttavia, andava nel senso di applicare innanzitutto la diminuzione dovuta all’attenuante privilegiata – nella specie, quella di cui all’art. 8 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in l. 12 luglio 1991, n. 203, che prevede la “dissociazione attuosa” dall’associazione per delinquere di stampo mafioso – operando poi ulteriori diminuzioni in presenza di altre attenuanti privilegiate, o a scalare nessuna ulteriore modificazione in caso di equivalenza e un parziale riaumento in caso di prevalenza di aggravanti. In sostanza, una simile decisione rappresenta una sorta di “negativo fotografico” della decisione in commento.
4.2. L’orientamento favorevole alla parziale riduzione della pena aggravata
L’orientamento opposto a quello testé presentato è più recente e minoritario, derivante in ampia misura dalla Sentenza Raidich menzionata già nell’ordinanza di rinvio, cui le altre sentenze citate come espressione della corrente giurisprudenziale si sono richiamate.
Nel contesto di tale decisione a sezioni semplici[66], intervenuta su un caso di furto aggravato in abitazione compiuto da un recidivo reiterato che, prima del giudizio, risarciva il danno, la Corte riteneva le attenuanti equivalenti e mitigava il trattamento sanzionatorio.
La Corte motivava tale mitigazione osservando che la blindatura avrebbe spezzato il giudizio in due parti e che non fosse corretto vanificare la presenza equivalente delle aggravanti[67]. Tale orientamento favorirebbe una migliore aderenza della dosimetria della pena al caso concreto, con ciò giustificandosi la parziale deviazione dalla lettera stricta della legge.
Tale orientamento, che in questa sede si vorrebbe giudicare con favore per il rigore logico-motivazionale con cui esprime la propria istanza di mitigazione della pena, non ha trovato accoglimento presso le Sezioni Unite.
5. La soluzione delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite hanno optato per una soluzione che abbraccia il primo degli orientamenti giurisprudenziali esposti, quindi quello volto ad attribuire priorità all’integrità dell’aggravamento discendente dalle circostanze privilegiate[68] e a considerare l’equivalenza alla stregua di una neutralizzazione dell’effetto delle rimanenti circostanze[69].
Prima di addivenire alla formulazione del principio, la massima composizione della Suprema Corte ha motivato la propria scelta di campo con la conformità di una simile lettura ad un intento – giudicato conforme ai principi costituzionali in materia penale, anche sulla scorta di citazioni non sempre esatte della Consulta[70] – di limitazione della discrezionalità giudiziaria e di adeguamento punitivo, senza vanificazione di un giudizio di maggiore gravità del fatto e dell’esigenza di una tutela rafforzata di beni giuridici di particolare importanza[71].
Va segnalato che le Sezioni Unite hanno dedicato un punto della motivazione al tema della recidiva e del relativo giudizio di equivalenza con le circostanze attenuanti generiche[72]. Oltre a ribadirne la natura circostanziale in virtù degli effetti extraedittali, le Sezioni Unite ne individuano la funzione nella considerazione attribuita alla pericolosità sociale e alla «maggiore colpevolezza», da intendersi probabilmente nel senso della maggior consapevolezza circa il disvalore delle azioni commesse, il che giustifica il privilegio accordato in via generale alla recidiva (salve le pronunce della Corte Costituzionale già ricordate in precedenza). La Corte richiama anche la sentenza della VI Sezione penale con la quale era stata riconosciuta la ragionevolezza del privilegio, ritenendo che la valorizzazione del profilo soggettivo sia nel complesso ragionevole.
6. La portata della decisione. Influssi dogmatici
La decisione in commento, anche in virtù dell’autorevolezza del collegio che l’ha espressa, è ragionevolmente destinata ad avere conseguenze di una certa portata sia sull’interpretazione dogmatica che sull’esegesi applicativa. Conviene tentare di preconizzare alcuni di questi effetti, i quali, pur essendo limitati ad una sola delle questioni “annidate” nella complessa architettura delle circostanze, potrebbero esplicare una portata “a valanga” piuttosto ampia sulla dosimetria della pena in senso lato e offrire spunti per una revisione del sistema.
Potranno essere sciolti una serie di dubbi circa la strutturazione del giudizio di bilanciamento in presenza di almeno una circostanza privilegiata, specie nel caso – più frequente e invero più problematico, dal punto di vista dei principi costituzionali – si tratti di un’aggravante.
La blindatura di cui all’art. 69 co. IV cod. pen. dovrà infatti essere interpretata nel senso più letterale del termine. A seconda dei tre possibili esiti del giudizio di comparazione delle circostanze, pertanto, non si potrà che illustrare il meccanismo in questi termini:
- In caso di prevalenza delle aggravanti, specie in concorrenza di quelle ad effetto speciale, si dà luogo ad un cumulo giuridico della stessa specie di quello imposto dall’art. 63 co. IV cod. pen. in relazione al caso di concorso omogeneo;
- Nel caso di un giudizio di equivalenza, laddove il privilegio non sia a base totale, si darà luogo al solo aumento dovuto alle circostanze privilegiate, mentre le altre saranno da considerarsi tamquam non essent, neutralizzate;
- Nel caso di un giudizio di soccombenza, l’aumento dovuto alla circostanza privilegiata dovrà aversi comunque, con possibilità di “erosione” solamente parziale e monofasica da parte delle attenuanti prevalenti.
L’intervento delle Sezioni Unite, ad ogni modo, non priva l’interpretazione dottrinale della possibilità e, anzi, del dovere di muovere critiche al sistema, specie a seguito di un irrigidimento del genere. In particolare, non potendosi più adeguatamente percorrere la strada della correzione interpretativa, si renderà vieppiù necessario individuare correttivi che muovano in senso di propugnare riforme o questioni di costituzionalità. In particolare per quanto riguarda queste ultime, la frequente sperequazione delle blindature e gli inasprimenti sanzionatori prospettabili potranno diventare uno degli elementi su cui fare leva.
7. (segue) Influssi applicativi: una prognosi
Nella prassi applicativa, la decisione delle Sezioni Unite si traduce in un’apertura ad inasprimenti sanzionatori più che proporzionali, laddove la “somma fra frazioni” di cui alle attenuanti non sembra affatto in grado di condurre al risultato di un annullamento (o quasi) della sanzione. Le circostanze aggravanti sono così destinate ad acquisire un peso decisamente sbilanciato rispetto a quello delle attenuanti nella dosimetria della pena.
Può essere sufficiente pensare alla facilità con cui, in una serie di casi, si potrebbe giungere ad un più che raddoppio della pena rispetto ai limiti edittali massimi, anche in considerazione del fatto che l’art. 66 cod. pen. che pone un limite solamente al triplo o ai trent’anni di reclusione[73].
Basterebbe proporre un’ipotesi formulata proprio a partire dal caso condotto all’attenzione delle Sezioni Unite, anche con effetti meno estremi. Si ponga il caso di un furto domiciliare giudicato della massima gravità secondo i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., commesso con destrezza da un soggetto recidivo reiterato ed infraquinquennale, armato, in concorso con altre due persone, cui siano conseguite delle restituzioni prima del giudizio (art. 62 co. I n. 6 cod. pen.)[74], integrali e quindi giudicate equivalenti (il giudizio di bilanciamento rimane obbligatorio e non vietato tout court dall’art. 69 co. IV).
La dosimetria della pena della reclusione potrebbe arrivare, astrattamente, a 16 anni e 3 mesi, così calcolati: dieci anni per il furto domiciliare aggravato (art. 624-bis co. III cod. pen.), cui si aggiunge l’aumento dei due terzi per la recidiva reiterata infraquinquennale (art. 99, co. II e IV, cod. pen.), mentre l’attenuante è neutralizzata. Una simile pena equivale a trentadue volte e mezzo il minimo edittale per il furto non aggravato e a più del quadruplo di quello aggravato.
Anche in casi meno estremi, in cui siano integrate attenuanti a loro volta privilegiate, rimane un’apertura ad aggravamenti sanzionatori fortemente discrezionali e non adeguatamente prevedibili a priori. Il rischio di sproporzione che ne deriva non sembra accettabile nel contesto di un ordinamento liberaldemocratico che intende la pena come strumento di rieducazione del reo e, in tale quadro, le circostanze come istituto di adeguamento e personalizzazione della pena.
8. Osservazioni critiche. Prospettive de jure condendo
Lo scioglimento di un contrasto giurisprudenziale, specie quando concerne una questione dai risvolti spiccatamente pratici quale il concreto operare del privilegio nel bilanciamento fra circostanze eterogenee, va senz’altro considerato con un certo favore rispetto allo status quo ante improntato dal suddetto contrasto, quantomeno per l’intento di razionalizzazione dell’esegesi applicativa. Il rischio connesso ad una simile difformità di misure di giudizio avrebbe continuato a tradursi, in concreto, in una dosimetria sanzionatoria talora anche molto differente per fatti potenzialmente simili, o comunque sussumibili nelle medesime norme[75].
Tuttavia, la soluzione che ha ottenuto l’avallo delle Sezioni Unite e le relative possibili aporie non possono esimere dall’interrogarsi sia sullo specifico profilo della soluzione scelta che in senso più ampio, arrivando a porre in discussione il senso e la necessità dell’esistenza in sé e per sé della stessa blindatura e anche delle relative regole derogatorie di bilanciamento, se non addirittura dell’intera categoria circostanziale.
Chi scrive non abbraccia le pur apprezzabili posizioni teoriche di chi contesta in toto la categoria delle circostanze considerando l’idea di ricorrere piuttosto a regole più precise di Strafzumessung[76], essendo convinto che esse possano ancora assolvere ad una funzione di personalizzazione del giudizio di riprovazione e del regime di rieducazione, nell’ottica del senso che la Costituzione attribuisce alla pena.
Tuttavia, sembra agevole ritenere che anche vicende come quelle oggetto della sentenza a Sezioni Unite certifichino inevitabilmente uno stato di crisi dell’istituto circostanziale, dovuto evidentemente alla sua “svendita” dovuta a politiche criminali improntate da occasionalità e dall’ossimoro dell’emergenza permanente.
La blindatura asistematica, in particolare, si presenta sempre di più come un goffo rimedio ad una siffatta proliferazione e, al contempo, come espressione di politiche securitarie che abbracciano la fallace equivalenza in base alla quale all’incremento sanzionatorio corrisponde una migliore prevenzione.
Una soluzione che possa andare oltre la pronuncia a Sezioni Unite richiede una riforma della disposizione dell’art. 69 cod. pen., la quale sia animata da un equilibrio ponderato fra l’imbrigliamento dato dalla corrispondenza fra blindatura ed effetto speciale, l’eccesso di opzioni di bilanciamento derivante dalla totale abolizione della blindatura stessa e il suo progressivo rientro “dalla finestra” in versione asistematica.
Una possibilità in tal senso potrebbe essere rappresentata, quanto al concreto funzionamento del bilanciamento che coinvolga aggravanti ed attenuanti privilegiate, dal recupero delle indicazioni teoriche di quella parte della dottrina che sosteneva la necessità delle mitigazioni applicate dall’orientamento recessivo. Tanto richiederebbe di abrogare l’art. 69-bis cod. pen. e di sancire che il giudizio di equivalenza dia luogo ad una diminuzione di pena da calcolarsi proporzionalmente – in una misura che potrebbe essere definita nella misura di un terzo – sull’aumento conseguito dall’aggravante privilegiata. In caso di soccombenza delle aggravanti, si potrebbe di conseguenza prevedere una proporzione più ampia, nella misura di metà o due terzi. Lo stesso, a parti invertite, può essere proposto per le attenuanti.
Una simile riforma dovrebbe conseguire l’effetto di una valorizzazione delle circostanze di segno opposto a quella privilegiata, laddove esse ottengano un peso tale da conseguire un giudizio di equivalenza o di soccombenza. Al contempo, una diminuzione proporzionale calcolata sull’aumento conseguito dall’aggravante privilegiata – o l’operazione inversa – non sembra possa considerarsi corrispondente ad una vanificazione della blindatura, le quali tuttavia possono meritare, a seconda degli esiti del bilanciamento, una forma di contenimento.
Quanto alla blindatura in sé e per sé considerata, si potrebbe concepire una sua migliore definizione in termini di parte generale, conferendogli una veste di istituto, razionalizzando (abrogando) le blindature sparse per la parte speciale e definendo piuttosto i canoni che giustificano la blindatura, mediante richiami normativi o – ancora meglio – mediante la menzione delle categorie di cui fanno parte.
Non rientra nello scopo del presente lavoro individuare soluzioni concernenti l’intera categoria delle circostanze. Tuttavia, partire dal bilanciamento delle circostanze privilegiate può condurre ad un’applicazione concreta più razionale delle stesse, con benefici rilevanti nell’ottica della coerenza del sistema dosimetrico e del rispetto del principio di uguaglianza nel trattamento di fatti simili.
[1] Cass., Sez. Un. Pen. (Pres. M. Cassano, Rel.-Est. E. Rosi), sentenza 18 novembre 2021, n. 42414, reperibile su questa Rivista o su www.italgiure.giustizia.it/sncass.
[2] Cfr., sul punto, nella dottrina dell’epoca, L. MAJNO, Commento al codice penale, Verona, II ed. 1906, Vol. I, pp. 72 ss. Nella dottrina contemporanea, si v. inter alios: G. DE VERO, Circostanze del reato e commisurazione della pena, Milano, 1983, in part. pp. 38-42; A. MANNA, voce Circostanze del reato, in Enc. Giur., Vol. VI, Roma, 1993, p. 8 dell’estratto; F. COLAO, Il problema delle circostanze del reato. Dall’arbitrium al ‘potere discrezionale del giudice’ nell’individualizzazione della pena. Un percorso italiano tra Otto e Novecento, in R. BARTOLI- M. PIFFERI (a cura di), Attualità e storia delle circostanze del reato. Un istituto al bivio tra legalità e discrezionalità, Milano, 2016, pp. 79-108, in part. p. 99; F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, XI ed. 2020, p. 466.
[3] Cfr. Considerato in diritto della sentenza in commento, punto 1: «Se le circostanze attenuanti, pur riconosciute in giudizio di equivalenza nel bilanciamento con circostanze aggravanti non privilegiate, debbano produrre in ogni caso il proprio effetto di attenuazione della pena risultante dal computo dell'aggravamento dovuto a circostanze aggravanti privilegiate, contestate e ravvisate».
[4] Fra le opere monografiche più complete in argomento, si cita sin d’ora A. PECCIOLI, Le circostanze privilegiate nel giudizio di bilanciamento, Torino, 2010, passim. Per un commento nell’immediatezza del deposito delle motivazioni, cfr. D. M. SCHIRÒ, Le Sezioni Unite sul concorso di circostanze eterogeneo nell’ipotesi di reato aggravato da circostanza esclusa dal giudizio di bilanciamento, in questa Rivista, 11 febbraio 2021, pp. 1 ss..
[5] L’espressione è utilizzata letteralmente da A. PECCIOLI, Le circostanze privilegiate, cit., pp. 37 ss., nonché utilizzata in forma aggettivale da F. C. PALAZZO- R. BARTOLI, Diritto penale. Parte generale, Torino, VIII ed. 2021, p. 508.
[6] Cassazione, Sez. Un. pen. (Pres. M. Cassano, Rel-Est. E. Rosi), sentenza 18 novembre 2021 (ud. 29 aprile 2021), n. 42414, su www.cortedicassazione.it- Sezione Sentenze Web, Ritenuto in fatto, punto 1.
[7] Cassazione, Sez. Un. 42414/2021, cit., Considerato in diritto, punto 12.
[8] Cfr. A. PAGLIARO, Il reato, Milano, 2007, pp. 317-319; A. CADOPPI- P. VENEZIANI, Elementi di diritto penale. Parte generale, Padova, VIII ed. 2021, pp. 442-445. Amplius S. PUTINATI, Responsabilità dolosa e colposa per le circostanze aggravanti, Torino, 2008, passim.
[9] Cfr. da ultimo, in senso analogo, Cass., Sez. IV Pen. (Pres. S. Dovere, Rel.-Est. G. Cappello), sentenza 28 ottobre 2021, n. 38612, su dejure.it: nel caso di specie, il soggetto attivo aveva prelevato denaro da una cassetta delle elemosine usando un apparecchio dotato di una terminazione con un nastro biadesivo.
[10] Cfr. da ultimo, a fini di riscontro, Cass., Sez. V Pen. (Pres. E. De Gregorio, Rel.-Est. P. Borrelli), sentenza 5 luglio 2021, n. 25485, su dejure.it: nel caso di specie, il furto era stato commesso dal soggetto attivo ai danni di una persona in visita da una parente in ospedale.
[11] Cfr. A. MASSARO, sub Art. 61, in G. LATTANZI- E. LUPO, in G. LATTANZI-E. LUPO, Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Vol. I, Milano, 2021, pp. 801-802.
[12] Cfr. A. PAGLIARO, Il reato, cit., p. 304; A. MASSARO, op. cit., p. 800.
[13] Si aderisce, con quest’affermazione, all’ipotesi formulata da R. A. FROSALI, Sistema del diritto penale italiano, Vol. II, Torino, 1958, p. 628, nonché più di recente da C. ZAZA, Le circostanze del reato. Vol. I- Elementi generali e circostanze comuni, Padova, 2002, p. 222 (cui si fa riferimento anche alle pp. ss. per quanto riguarda modalità e casistica), e G. FIANDACA-E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna, VIII ed. 2019, pp. 454-455. Si diverge, invece, dalla pur autorevole affermazione di A. PAGLIARO, Il reato, cit., p. 304, il quale invece ritiene che si possa “trarre vantaggio” da una situazione pur senza conoscerne le caratteristiche. A sommesso avviso di chi scrive, la chiave è proprio nel verbo cui si ricorre: “trarre vantaggio” non implica necessariamente una tale consapevolezza, potendosi estendere il suo significato ad un qualsiasi conseguimento oggettivo di vantaggi; “(ap)profittare” al contrario sì, dal momento che tale verbo sottende la capacità di “volgere a proprio vantaggio” determinate circostanze (v. Dizionario Treccani).
[14] Cfr. la sentenza in esame (Cass. SS. UU. 42414/2021, cit.) al punto 7 del Considerato in diritto.
[15] Cfr., a favore della natura circostanziale, A. PAGLIARO, Il reato, cit., pp. 307-308: l’A. colloca l’istituto alla lettera n del proprio catalogo delle circostanze aggravanti (Parte II, Cap. IX, § 4.1, il quale afferma che «a decidere della natura giuridica di un istituto è il regime adottato dal diritto», facendo notare che l’applicazione della recidiva comporta effetti sovrapponibili a quelli delle circostanze, salva la facoltatività postulata dal co. I (“… può essere sottoposto”); E. ALBAMONTE, sub Art. 69, in P. DUBOLINO (a cura di), Commento al codice penale, Piacenza, 2007, pp. 473-474. Contra: G. FIANDACA- E. MUSCO, Diritto penale PG, cit., pp. 470 ss.
[16] Cfr. A. PAGLIARO, Il reato, cit., p. 309.
[17] Tale procedimento, esposto in modo piuttosto implicito dall’esposizione dei trattamenti sanzionatori al punto 1.1 del Ritenuto in fatto, si evince soprattutto dalle deduzioni difensive (punto 2).
[18] Cass., Sez. V Pen. (Pres. G. Sabeone, Rel.- Est. E. M. Morosini), sentenza 18 ottobre 2019 (ud. 17 settembre 2019), n. 47519, in dejure.it, CED Cass. Rv. 274181-01: «Nell’ipotesi di concorso tra più circostanze aggravanti ad effetto speciale, poiché l’aggravante cosiddetta “privilegiata” di cui all’art. 624-bis, comma terzo e 625 cod. pen. è esclusa dal giudizio di bilanciamento, ai fini del calcolo degli aumenti di pena irrogabili, in presenza di ulteriori aggravanti ad effetto speciale, opera in ogni caso la regola del cumulo giuridico di cui all’art. 63, comma quarto, cod. pen.(Nella fattispecie la Corte ha individuato come più grave, ai fini dell’applicabilità dell’art.63, comma quarto, cod. pen., l’aggravante della recidiva ex art.99, comma quarto, cod. pen., piuttosto che quella c.d. “ privilegiata” di cui all’art. 624-bis, comma terzo, e 625 cod. pen.)».
[19] Cass., Sez. Un. 42414/2021 cit., Ritenuto in fatto, punto 7.
[20] Cass., Sez. Un. 42414/2021 cit., Ritenuto in fatto, punto 2.
[21] Cass., Sez. Un. 42414/2021 cit., Ritenuto in fatto, punto 5.
[22] Cfr., più sinteticamente e più recentemente, G. L. GATTA, sub Art. 69 cod. pen, in E. DOLCINI- G. L. GATTA, Codice penale commentato, Milano, V ed. 2021, p. 1428; amplius A. Melchionda, Le circostanze del reato. Origini, sviluppo e prospettive di una controversa categoria penalistica, Padova, 2000, pp. 660 ss.
[23] Le norme nella loro versione originaria sono qui attinte da F. CARNELUTTI-, W. BIGIAVI, A. CRESPI (a cura di), Quattro codici, Padova, ed. 1973, pp. 18-19 del Codice penale.
[24] Cfr. F. ANTOLISEI-L. CONTI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, XVI ed. 2003, p. 474.
[25] Tale situazione è “fotografata”, senza spazio per dubbi di sorta, da A. MALINVERNI, voce Circostanze del reato, in Enc. Dir., Vol. VII, Milano, 1960, p. 70, lett. d) del § 15 della trattazione.
[26] Cfr. N. MADIA, sub Art. 69, in G. LATTANZI-E. LUPO, Codice penale, cit., p. 870.
[27] Va ricordato che il problema, in realtà, non attiene alla pronuncia in commento. La sua trattazione risulta tuttavia essenziale, a parere di chi scrive, al fine di comprendere il percorso storico che ha portato alle frequenti rimodulazioni del bilanciamento e del privilegio delle circostanze. L’espressione dell’imbrigliamento è ripresa liberamente da C. FIORE-S. FIORE, Diritto penale. Parte generale, Torino, V ed. 2017, p. 494.
[28] Cfr. F. BRICOLA, Le aggravanti indefinite (legalità e discrezionalità in tema di circostanze del reato), in Riv. it. dir. proc. pen., 1964, pp. 1019-1073; il tema del bilanciamento e del “privilegio” è trattato al § 11, pp. 1062-1065.
[29] Cfr., a debita distanza dalla riforma ma prima della successiva “alluvione” di circostanze privilegiate, T. PADOVANI, voce Circostanze del reato, in Dig. disc. pen., Vol. II, Torino, 1988, p. 213; A. MANNA, voce Circostanze del reato, cit., p. 8 estratto, § 7.3.1. Più di recente, ma antecedentemente alla riforma del 2005, M. ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, Vol. I, Milano, 2004, pp. 708 ss. Nella dottrina più recente Madia, loc. ult. cit.
[30] Cfr T. PADOVANI, loc. ult. cit.; Manna, loc. ult. cit.
[31] Cfr., negli anni immediatamente successivi alla riforma, G. VASSALLI, Concorso tra circostanze eterogenee e «reati aggravati dall’evento», in Riv. it. dir. proc. pen., 1975, n. 1, pp. 3-43; F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, Padova, IV ed. 1979, p. 367. Lo stesso T. PADOVANI, loc. ult. cit., collega l’eccesso di discrezionalità anche alla problematica della carente distinzione legislativa fra circostanze e fattispecie autonome, problematica nella quale rientra anche il tema dei reati aggravanti dall’evento: «La latitudine dei poteri, di per sé enorme, finisce peraltro per amplificarsi ulteriormente, perché il loro esercizio poggia su una previa distinzione – quella fra titolo di reato autonomo e reato con circostanza autonoma – che non è “governata” da parametri normativi, ma rimessa ad una precaria attività ermeneutica». Una preoccupazione specificamente orientata al problema dei reati aggravati dall’evento era espressa anche da R. Guerrini, Elementi costitutivi e circostanze del reato. I- Profili dogmatici, Milano, 1988, in part. 81 ss.Più di recente, cfr. A. MANNA, voce Circostanze del reato, cit., pp. 8-9 estratto. Cfr. ancora F. ANTOLISEI-L. CONTI, Manuale, cit., p. 475, che poco prima della riforma del 2005 propongono una serie di esempi circa la possibilità teorica di sanzionare con pene quasi irrisorie reati aggravati dall’evento, con quest’ultimo bilanciato però dalle attenuanti generiche: era per esempio possibile punire soli otto mesi di reclusione i maltrattamenti in famiglia aggravanti dalla morte, con ascrizione delle generiche; nel caso della rissa (art. 588 cod. pen.), un simile bilanciamento poteva dar luogo alla sola multa. La problematica opposta è denunciata invece da C. FIORE- S. FIORE, Diritto penale PG, cit., pp. 494-495.
[32] Cfr., per una definizione generale della tipologia in precedenza alla riforma, A. MALINVERNI, voce Circostanze del reato, pp. 67-68. Il problema è stato sottolineato con particolare vigore, nell’immediatezza della riforma, da F. ANTONIONI, Primi problemi applicativi delle norme penali sostanziali contenute nel decreto-legge n. 99 del 1974 e nella legge di conversione, in AA. VV., Problemi che derivano dalla nuova normativa in materia di processo penale, Roma, 1976, pp. 19-29, in part. pp. 24-26.
[33] Cfr. M. GALLO, Il decreto legge 11 aprile 1974, n. 99, convertito in legge 7 giugno 1974, n. 220: la “piccola” riforma del libro primo del codice penale, in AA. VV., Problemi che derivano dalla nuova normativa in materia di processo penale, cit., p. 17; T. PADOVANI, voce Circostanze del reato, cit., p. 214; A. MANNA, voce Circostanze del reato, cit., p. 8 estratto.
[34] Cfr. G. MANCA, Le circostanze del reato, in M. RONCO (a cura di), Il reato, Vol. II, Bologna, II ed. 2011, p. 60.
[35] Cfr. T. PADOVANI, voce Circostanze del reato, cit., pp. 213-214: l’A. collega a questa tendenza innanzitutto il d. l. 15 dicembre 1979 n. 629 (conv. l. 6 febbraio 1980, n. 15), che all’art. 1 introduceva un aumento fisso (metà della pena) per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale, sottraendolo ad un giudizio di equivalenza o soccombenza con le attenuanti; all’art. 2 introduceva un nuovo ultimo comma nella disposizione dell’art. 280 cod. pen. (Attentato per finalità terroristiche o di eversione), concernente eventi aggravatori conseguenti all’attentato disciplinato al co. I. Lo stesso A. fa notare che del resto, pur se in senso parzialmente diverso, già la l. 18 maggio 1978 n. 191 introduceva regimi speciali di bilanciamento in relazione alle aggravanti speciali di cui all’art. 289-bis (Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione), ult. co., e 630 (Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione), ult. co., cod pen. Un’ulteriore analisi dettagliata, ormai in prossimità della riforma del 2005, è quella di M. ROMANO, Commentario sistematico, cit., pp. 715-718, il quale piuttosto ottimisticamente affermava «Si tratta, com’è evidente, di un parziale e settoriale accoglimento in sede normativa di istanze dottrinali rivolte ad una limitazione del potere discrezionale del giudice in tema di comparazione di circostanze eterogenee».
[36] In senso analogo A. PECCIOLI, Le circostanze privilegiate, cit., pp. 4 ss.
[37] La situazione in questione è analiticamente rappresentata da A. MELCHIONDA, Le circostanze del reato, cit., pp. 700-706.
[38] Cfr., per una ricognizione esaustiva e arricchita da una classificazione di massima degli obiettivi di protezione, D. M. SCHIRÒ, voce Circostanze aggravanti del reato, in Dig. disc. pen, Agg. XI, Torino, 2021, pp. 81-96; più risalente e con approfondimenti focalizzati su alcune circostanze privilegiate, A. Peccioli, Le circostanze privilegiate, cit., pp. 87 ss. Cfr. ancora C. FIORE- S. FIORE, Diritto penale PG, cit., pp. 495-196; F. C. Palazzo- R. Bartoli, Diritto penale PG, cit., p. 508.
[39] L’espressione è ripresa da A. PECCIOLI, Le circostanze privilegiate, cit., pp. 68 ss, nonché da D. ZANIOLO, Le circostanze del reato, Torino, 2013, p. 37.
[40] Cfr. N. MADIA, sub Art. 69, in G. LATTANZI-E. LUPO, Codice penale, cit., p. 870.
[41] Enumerate analiticamente da D. Zaniolo, Le circostanze del reato, cit., pp. 39-40.
[42] Così A. CADOPPI- P.VENEZIANI, Elementi, cit., p. 451. Tanto vale quale ulteriore riprova della natura circostanziale della recidiva. In senso analogo G. FIANDACA-E. MUSCO, Diritto penale PG, cit., pp. 437-438, 450-451.
[43] La citazione è tratta da K. BINDING, Die Normen und ihre Übertretung: eine Untersuchung über die rechtmäßige Handlung und die Arten des Delikts, I Libro – Die Normen und ihr Verältniss zu den Strafgesetzen, Leipzig, I ed. 1872, II ed. 1890, p. 351. L’originale suona come »Ruppelkammer von Begriffen«.
[44] Cfr. M. ROMANO, Commentario sistematico, cit., p. 716; D. Zaniolo, Le circostanze del reato, cit., pp. 98-99; D. M. SCHIRÒ, voce Circostanze aggravanti del reato, cit., pp. 91-92.
[45] Sia consentito in questa sede il rinvio all’analitica prospettazione di N. MADIA, sub Art. 69, in G. LATTANZI-E. LUPO, Codice penale, cit., pp. 871-872.
[46] Cfr. C. Cost. (Pres. M. Cartabia, Rel.-Est. F. Viganò), sentenza 6-7 aprile 2020 n. 73, in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, n. 4, pp. 1975 ss., con la quale si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 89 cod. pen. – vizio parziale di mente - sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.; C. Cost. (Pres. G. Coraggio, Rel.-Est. G. Amoroso), sentenza 24-25 febbraio 2021 n. 55, su cortecostituzionale.it, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma in esame nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 116, secondo comma, cod. pen. (reato più grave di quello voluto dai concorrenti), sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.
[47] Cfr. F. MANTOVANI, Dir. pen. PG (2020), cit., p. 465; N. MADIA, sub Art. 69-bis, in Lattanzi-Lupo, Codice penale, cit., p. 879.
[48] Così S. MARANI, Il reato circostanziato, Santarcangelo di Romagna, 2007, p. 234 in relazione alle circostanze privilegiate in generale. La possibilità di prevedere un giudizio di equivalenza, con gli effetti che saranno appresso esaminati, induce chi scrive a restringere un simile giudizio alle sole aggravanti blindate ai sensi dell’art. 69-bis cod. pen.
[49] Cfr. ancora A. PECCIOLI, Le circostanze privilegiate, cit., pp. 37 ss.; D. ZANIOLO, Le circostanze del reato, cit., p. 37.
[50] In tal senso F. BASILE, L’enorme potere delle circostanze sul reato; l’enorme potere dei giudici sulle circostanze, in R. Bartoli-M. Pifferi, Attualità e storia delle circostanze del reato, cit., pp. 303-331.
[51] Cfr. G. MANCA, Le circostanze del reato, cit., pp. 61-62.
[52] Cfr. A. PAGLIARO, Il reato, cit., pp. 321-322.
[53] Contro il divieto di bilanciamento tout court delle circostanze – al di là della necessaria “non soccombenza” di quelle privilegiate – si esprimeva, con riguardo al sistema originario di coincidenza blindatura-effetto speciale, G. MARINI, Le circostanze del reato. Parte generale, Milano, 1965, pp. 247-253.
[54] Una formulazione particolarmente puntuale dei dubbi, cui si fa liberamente riferimento, è quella prospettata da D. ZANIOLO, Le circostanze del reato, cit., pp. 37-38.
[55] Così D. ZANIOLO, Le circostanze del reato, cit., p. 38.
[56] Cfr. A. PECCIOLI, Le circostanze privilegiate, cit., p. 48.
[57] Cfr. D. ZANIOLO, loc. ult. cit.
[58] V. retro, note da 54 a 57.
[59] Cassazione, Sez. Un. 42414/2021, cit., Ritenuto in fatto, punto 5.
[60] Cassazione, Sez. Un. 42414/2021, cit., Considerato in diritto, punti 2 e 3.
[61] Cass., Sez. V Pen. (Pres. G. Sabeone, Rel.-Est. E. M. Morosini), sentenza 18 ottobre 2018, n. 47519, in part. il punto 3 del Considerato in diritto, su www.italgiure.giustizia.it/sncass.
[62] Cass., Sez. IV Pen. (Pres. R. M. Blaiotta, Rel.-Est. S. Dovere), sentenza 23 novembre 2017, n. 53280, Considerato in diritto, punto 3, su www.italgiure.giustizia.it/sncass.
[63] Cass., Sez. V Pen. (Pres. G. Sabeone, Rel.-Est. A. Tudino), sentenza 21 maggio 2020, n. 15690, CED Cass. Rv. 276575-01; Cass., Sez. II Pen. (Pres. M. Cervadoro, Rel.-Est. P. Messini D’Agostini), sentenza 8 luglio 2019, n. 29601, su www.italgiure.giustizia.it/sncass.
[64] Cass., Sez. V Pen. (Pres. M. Vessichelli, Rel.-Est. M. Romano), sentenza 21 gennaio 2021, n. 2484, Considerato in diritto, in part. il punto 2.2.2, su www.italgiure.giustizia.it/sncass (citata nella sentenza in commento, al punto 2.2. del Considerato, con la data di udienza).
[65] Cass., SS. UU. Pen. (Pres. T. Gemelli, Rel.-Est. R. Bricchetti), sentenza 18 marzo 2010, n. 10713, in Cass. pen., 2010, n. 11, pp. 3756 ss., con nota di A. SCARCELLA.
[66] Cass., Sez. V pen. (Pres. C. Zaza, Rel.-Est. L. Pistorelli), sentenza 23 giugno 2020, n. 19083, su www.italgiure.giustizia.it/sncass.
[67] Loc. ult. cit., punto 4.2.
[68] Cfr. D. M. SCHIRÒ, Le Sezioni Unite, cit., p. 4.
[69] Cass. SS. UU. 42414/2021, cit., Considerato in diritto, punto 10: «Le circostanze attenuanti che concorrono sia con circostanze aggravanti soggette a giudizio di comparazione ai sensi dell'art. 69 cod. pen. che con circostanza che invece non lo ammette in modo assoluto, devono essere previamente sottoposte a tale giudizio e, se sono ritenute equivalenti, si applica la pena che sarebbe inflitta - per il reato aggravato da circostanza "privilegiata" - se non ricorresse alcuna di dette circostanze».
[70] In particolare le Sezioni Unite menzionano esplicitamente C. Cost. (Pres. L. Elia, Rel-Est. E. Gallo), sentenza 7-13 febbraio 1985, n. 38, su cortecostituzionale.it, inserendo in un virgolettato una sorta di mosaico fra sentenze diverse. Nel testo della sentenza 38/1985 è effettivamente possibile leggere: «Nell’art. 69 cod. pen., infatti, l’obbligatorietà del giudizio di bilanciamento ha una sua razionalità nell'essenza stessa di quella valutazione, che è giudizio di valore globale del fatto e non numerico delle circostanze contrapposte e concorrenti. All'interno dell'obbligatorio giudizio il magistrato ha un amplissimo potere discrezionale, specie dopo la novella del 1974; tanto ampio da essere stato definito dalla stessa Corte regolatrice "assai simile a quello del legislatore"» (Considerato in diritto, punto 1). Tuttavia, la Consulta sembra salutare non del tutto positivamente il reingresso di forme di blindatura di singole circostanze (v. supra, § 3), affermando al punto 2 del Considerato che «l'autentica preoccupazione del legislatore è stata soltanto quella di non consentire che l'aggravante che introduceva potesse essere posta nel nulla dal potere discrezionale del giudice mediante il suo dissolvimento nel giudizio di equivalenza o addirittura di prevalenza delle attenuanti: ed è questo appunto ciò che soltanto si è inteso vietare. Ma si tratta già di una grave limitazione, che non avrebbe potuto sopportarne una ancora più ampia senza alterare in modo irragionevole l'integrità del giudizio di valore dell'illecito nei suoi criteri e nella sua globalità. Tanto più poi se si considera che autorevoli voci della dottrina ritengono che, a differenza del giudizio di equivalenza, quello di prevalenza è privo di fondamento logico e può condurre a gravi arbitri». La circostanza aggravante oggetto della questione di costituzionalità – quella di cui all’art. 1, comma terzo del d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, così come convertito nell’art. 1 della l. 6 febbraio 1980, n. 15: v. retro, nota 33 - veniva quindi “salvata” in via interpretativa, con il suggerimento di una valutazione analoga a quella di cui al secondo orientamento giurisprudenziale analizzato al § 4.2. Più fedele è invece la menzione di C. Cost. (Pres. G. Lattanzi- Rel.-Est. G. Amoroso), sentenza 19 febbraio-17 aprile 2019, n. 88, su cortecostituzionale.it, che proprio in contrasto col precedente testé citato afferma «Ma il legislatore può sospendere l’applicazione dell’art. 69 cod. pen., togliendo al giudice il potere discrezionale di operare il bilanciamento a compensazione delle aggravanti o a favore delle attenuanti in un’ottica di inasprimento sanzionatorio. Si tratta di una “grave limitazione” che in sé non è illegittima, ma non può accompagnarsi anche alla irrilevanza ex lege delle circostanze attenuanti. Con questa limitazione, si è quindi riconosciuto che appartiene alla discrezionalità del legislatore introdurre speciali ipotesi di circostanze aggravanti privilegiate che sono sottratte al bilanciamento di cui all’art. 69 cod. pen.» (Considerato in diritto, punto 8).
[71] Cass. SS. UU. 42414/2021, cit., Considerato in diritto, punti 5, 6, 8.
[72] Cass. SS. UU. 42414/2021, cit., Considerato in diritto, punto 7 e relativi sottoparagrafi.
[73] Gli esempi che si proporranno di seguito riprendono, “a rovescio”, quelli proposti da F. ANTOLISEI-L. CONTI, Manuale, cit., p. 475.
[74] Tale attenuante è stata ravvisata e ritenuta soccombente in Cass., Sez. V Pen., sentenza 21 gennaio 2021, n. 2484, cit.
[75] Il problema era già posto, pur in un panorama ancora caratterizzato dall’assenza di un principio di blindatura nella parte generale, da F. ANTOLISEI-L. CONTI, Manuale, cit., p. 476.
[76] Cfr. L. PELLEGRINI, Circostanze del reato: trasformazioni in atto e prospettive di riforma, Firenze, 2014, pp. 381 ss.