• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 29 Ott 2015

Il ruolo della Polizia Giudiziaria nelle indagini preliminari

Modifica pagina

Matteo Consiglio


Le attività tipiche ed atipiche della Polizia Giudiziaria durante lo svolgimento delle indagini preliminari.


Nel precedente articolo si è analizzata la struttura della Polizia Giudiziaria quale organo funzionale, secondo la disposizione prevista dall’art. 55 c.p.p., deputato a:

  • prendere notizia dei reati;
  • impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori;
  • ricercarne gli autori;
  • compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova;
  • raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale.

Ma quali sono gli strumenti a disposizione della P.G. per addivenire a quanto disposto dalla legge, e come e quanto essi influenzano l’attività d’indagine del magistrato del Pubblico Ministero?

Prodromica all’attività della P.G. è la conoscenza della notizia di reato che può avvenire, ai sensi dell’art. 330 c.p.p., attraverso:

  • apprendimento diretto, quando il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa;
  • apprendimento indiretto, quando il pubblico ministero e la polizia giudiziaria ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse secondo le disposizioni del c.p.p.

Ai sensi dell’art. 326 c.p.p.: “Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale”.

Ma quali sono le “attribuzioni” della P.G.?

La P.G., dopo essere venuta a conoscenza della notizia di reato deve, ai sensi dell’art. 347 c.p.p., informare obbligatoriamente e "senza ritardo" l’ufficio del P.M. legittimato a svolgere le indagini.

Problemi interpretativi potrebbero sorgere dall’inciso “senza ritardo”, in quanto non si deduce ictu oculi cosa debba intendersi per ritardo. Tuttavia, l’inciso si spiega con una lettura combinata con l’art. 13 Cost., per il caso in cui venga operato un arresto in flagranza di reato dell’indagato, al fine di consentire il controllo da parte del procuratore della Repubblica nelle 48 ore successive all’avvenuto arresto.

L’informazione deve contenere “gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti” con l’annessa indicazione delle fonti di prova e delle eventuali attività già compiute.

L’art. 348 c.p.p., invece, disciplina "l'assicurazione delle fonti di prova” e quindi, essenzialmente, quella che è l’attività propria della P.G. una volta ricevuta una notizia di reato.

Il comma 1 espressamente recita: “Anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le funzioni indicate nell’art. 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole”.

Con questa disposizione si indica l'inzio e la fine dell’autonomia investigativa della P.G., nonostante le direttive pervenute dall’autorità giudiziaria. Difatti, anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la P.G. continua a svolgere autonomamente l’attività investigativa secondo quanto le è consentito dalla legge con il fine di raccogliere ogni elemento utile alla “ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole”.

Il comma 2 specifica - secondo le funzioni indicate dall’art. 55 c.p.p. richiamato al co.1- che la P.G. è autorizzata:

  • “alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato nonché alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi”, in ragione della non alterazione del dato conoscitivo;
  • alla ricerca delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti”;
  • al compimento degli atti indicati negli articoli seguenti”, operando un’apertura di campo a tutte le norme del codice che prospettano atti autonomi da parte della P.G.

Il comma 3 impone che, una volta realizzatosi l’intervento del magistrato del P.M., e quindi a comunicazione avvenuta, la P.G. deve:

  • eseguire le direttive impartite dal magistrato del P.M.;
  • svolgere di propria iniziativa, informandone il magistrato del P.M., tutte le altre attività di indagine per accertare i reati ovvero accertare richieste di elementi successivamente emersi ed, infine, assicurare le nuove fonti di prova.

Il comma 4, infine, offre la possibilità alla P.G. di disporre di persone dotate di specifiche competenze tecniche, che non potranno rifiutare l’opera, per il compimento di determinati atti od operazioni.

Le attività investigative della P.G. possono essere distinte in tipiche ed atipiche. In particolare:

  • sono attività tipiche: l’identificazione della persona nei cui confronti si avviano le indagini, l’assunzione d’informazioni della stessa, la raccolta di notizie da persone informate sui fatti, gli accertamenti e i rilievi tecnici, le perquisizioni e i sequestri;
     
  • sono attività atipiche: tutte le attività d’indagine che non sono disciplinate dal legislatore e che quindi non richiedono una determinata modalità di svolgimento. La P.G. ricorre alle attività atipiche con il solo scopo di assicurare al procedimento le cose pertinenti al reato od al fine di individuare l’autore del fatto reato.

E’ stato affermato dalla Suprema Corte, con sentenza n.16818/2008, che “l’attività d’indagine della Polizia Giudiziaria, alla quale compete pertanto il potere-dovere di compiere di propria iniziativa, finché non abbia ricevuto dal Pubblico Ministero direttive di carattere generale o deleghe per singole attività investigative, tutte le indagini che ritiene necessarie ai fini dell’accertamento del reato e dell’individuazione dei colpevoli e quindi anche quegli atti ricognitivi che quest’ultima finalità sono diretti a conseguire, quali l’individuazione di persone o cose”.

 

Attività tipiche

Rientrano tra le attività tipiche, ex art. 66 c.p.p. la “Verifica dell’identità personale dell’imputato” e, ex art. 66 bis c.p.p. la “Verifica dei procedimenti a carico dell’imputato”. Si tratta di due atti preliminari della P.G. di cui, rispettivamente, il primo è volto all’identificazione del soggetto tramite la richiesta delle sue generalità ed il secondo è volto alla verifica di eventuali ulteriori reati commessi dal soggetto verso il quale si procede, sia anteriori che successivi, al momento della verifica.

Queste due norme trovano riscontro nell’art. 349 c.p.p., il quale:

  • al comma 1, disciplina il potere della P.G. di procedere “alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti”. Questa disposizione sembra ricalcare quanto già disposto dall’art. 66 c.p.p. di cui sopra;
  • al comma 2, è disposto che la P.G. può procedere “alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini” anche attraverso rilievi dattiloscopici, fotografici o antropometrici oltre ad ulteriori accertamenti. Questi particolari rilievi, che possono risultare invasivi della libertà personale se non svolti nel rispetto della dignità e del pudore della persona, possono consistere anche nel prelievo di saliva o capelli;
  • al comma 2 bis, si tutela il soggetto trattenuto dalla P.G. con una disposizione la quale garantisce che, per il compimento degli atti di cui al comma 2, deve essere richiesto il consenso all’interessato. Tuttavia, qualora questo manchi, previa autorizzazione del magistrato del P.M., la P.G. potrà egualmente procedere al prelievo in modo coattivo salvo il rispetto della dignità personale del soggetto;
  • al comma 4, si stabilisce che la persona verso cui sono svolte le indagini non possa nascondersi dietro lo ius tacendi al punto da non mostrare le sue generalità. Qualora sussista reticenza da parte del soggeto, la P.G. potrà adottare la misura dell’accompagnamento coatto negli uffici di polizia giudiziaria, al fine di identificare i soggetti che non sia stato possibile identificare nella immediatezza e sul luogo del fatto.

Gli artt. 350 e ss c.p.p. disciplinano le ipotesi di assunzione di informazioni.

L’art. 350 c.p.p., rubricato “sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini”, autorizza gli ufficiali di P.G., e quindi non gli agenti, ad assumere sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persone nei cui confronti si procede.

Al soggetto da cui si devono assumere le sommarie informazioni deve essere garantito il diritto difesa, attraverso l’invito a nominare un difensore di fiducia ed, in mancanza, attraverso l’assegnazione di un difensore d’ufficio, in ragione del fatto che il difensore ha l’obbligo di presenziare al compimento dell’atto.

Questa tutela del soggetto indagato sembra venir meno ai sensi del comma 5, il quale: “Sul luogo o nell’immediatezza del fatto, gli ufficiali di P.G. possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini” informazioni utili ai fini dell’immediata prosecuzione delle indagini.

L’ultimo comma di questa norma, invece, si riferisce alle spontanee dichiarazioni della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini. La particolarità di queste dichiarazioni è quella di consentirne un'utilizzazione parziale. Il magistrato del P.M. ed i difensori potranno servirsene esclusivamente nel dibattimento per:

  • l’esame dell’imputato;
  • per evidenziare eventuali difformità e contraddizioni tra quanto dichiarato dinanzi il giudice e quanto offerto all’ufficiale di P.G.

Atto prodromico all’assunzione di sommarie informazione è l’obbligo di avvisare il soggetto sottoposto ad indagini della possibilità di non rispondere, salvo quanto previsto per la dichiarazione delle proprie generalità (quindi del disposto dell’art. 66 c.p.p.), informandolo che le sue dichiarazioni potranno essere sempre utilizzate nei suoi confronti ed, infine, che qualora le sue dichiarazioni siano tali da responsabilizzare altri del fatto, assumerà in ordine a tali dichiarazioni l’ufficio di testimone.

L’art. 351 c.p.p. disciplina l’assunzione di sommarie informazione da persone informate sui fatti. In questo caso, la P.G. può assumere “sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze ai fini delle indagini” e che, in caso di esercizio dell’azione penale, potranno essere ascoltate da testimoni. 

Le regole da applicarsi in questa circostanza saranno quelle proprie della testimonianza, in ordine alle incompatibilità ed al segreto d’ufficio, professionale e di Stato. Anche in questo caso, dovrà essere garantito il diritto di difesa al soggetto nei confronti del quale sono assunte le informazioni.

Oltre l’assunzione di informazioni, vi sono altre attività tipiche che si caratterizzano per il loro carattere di non ripetibilità. L’irripetibilità sta ad indicare che gli atti compiuti, in via urgente e necessaria, e che per loro natura non potranno essere ripetuti, saranno inseriti nel fascicolo per il dibattimento e saranno, quindi, pienamente utilizzabili in sede dibattimentale ai fini della decisione. Tuttavia alla base di questi accertamenti tecnici non ripetibili deve esserci una tutela per il soggetto nei confronti dei quali sono effettuati.

Dalla lettera dell'art. 111, co. 4, della Carta Costituzionale si trae una regola processuale di fondamentale importanza: prova è solo quella che si forma nel dibattimento. La norma de qua, infatti, stabilisce che “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”.

Ma allora, se l’ordinamento, ex art. 360 c.p.p., ha previsto che determinati atti d’indagine entrino direttamente nel fascicolo per il dibattimento, come può rispettarsi la disposizione costituzionale?

La legge prevede una garanzia, tramite un meccanismo volto ad instaurare un contraddittorio tra l’indagato, la persona offesa e i rispettivi difensori che dovranno essere avvisati, senza ritardo, dell’urgenza e necessità di tali atti. 

Data la valenza probatoria, la vrbalizzazione degli atti posti in essere dovrà obbligatoriamente compiersi in forma scritta.

La conferma del fatto che gli atti di P.G. possono entrare a far parte del fascicolo per il dibattimento è data dall’art. 431 c.p.p., comma 1, lett. b) ove è disposto che “nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria”.

In merito è possibile richiamare anche l’orientamento della Corte di Cassazione, che si è pronunciata, con sentenza 41281/2006, sugli atti irripetibili compiuti dalla P.G. affermando che le relazioni di servizio della P.G. possono essere considerate atti irripetibili a condizione che il tipo di accertamento effettuato non sia nuovamente ripetibile in dibattimento. Oltre questo requisito, si richiede che si tratti di una descrizione di un’attività materiale ulteriore rispetto a quella investigativa che vada a descrivere lo stato di luoghi, cose o persone che sono soggetti a modificazioni.

Il problema sta nell’individuazione degli atti non ripetibili, in quanto la sistematica codicistica non sembra offrirne una elencazione. Come sempre accade in questi casi, è stata l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ad indicare taluni atti come non ripetibili. Tra questi vi sono:

  • le perquisizioni;
  • l’acquisizione di plichi o di corrispondenza;
  • gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone;
  • il sequestro.

 

Perquisizioni

La perquisizione è l’attività di ricerca di persone o di cose o tracce pertinenti al reato, suscettibili di cancellazione o di dispersione quando gli ufficiali di P.G. “hanno il fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o all’evaso”, effettuata: in un luogo ed allora si tratterà di perquisizione locale; in un domicilio ed allora si tratterà di perquisizione domiciliare; su persone ed allora si tratterà di perquisizione personale.

La perquisizione può essere posta in essere nei casi di flagranza di reato e di evasione ed in quelli di esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare o di un’ordinanza di carcerazione.

Gli ufficiali di P.G. potranno operare una perquisizione nei soli casi di urgenza e necessità per la non dispersione del materiale probatorio.

 

Acquisizione di plichi o di corrispondenze

Quando l’ufficiale di P.G. ha fondato motivo di ritenere che nei plichi o nelle corrispondenze sia contenuto materiale utile “alla ricerca e all’assicurazione delle fonti di prova che potrebbero andare disperse a causa del ritardo” informa con il mezzo più rapido il P.M. che potrà ordinarne anche l’immediata apertura.

Nel caso in cui non sussista questa necessità impellente l’ufficiale di P.G. potrà inviare i plichi e le corrispondenze al magistrato del P.M.

 

Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone

Ai sensi dell’art. 354 c.p.p. è possibile effettuare “accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone” al fine di curare che “le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi non muti prima dell’intervento del P.M.”. Difatti, qualora sussista il concreto pericolo di dispersione o alterazione delle tracce e delle cose, “gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose” in modo tale da scongiurare il pericolo.

Gli accertamenti possono essere disposti anche sulla persona, salvo che ricorra il pericolo per la modificazione o la dispersione dello stato delle cose. Il comma terzo dispone che gli accertamenti e i rilievi sulle persone debbano essere diversi dall’ispezione persona, in quanto, quest’ultima attività, è di legittimazione dell’autorità giudiziaria.

Quest’attività della P.G. può essere posta in essere a condizione che non sia possibile un tempestivo intervento da parte del P.M.

 

Sequestro

"Il sequestro è mezzo di assicurazione e di acquisizione del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato".(1)

Il sequestro è disposto, ex art. 348 c.p.p., dalla P.G. attraverso uno spossessamento coattivo che implica un vincolo d’indisponibilità sul bene mobile o immobile. 

Il vincolo d’indisponibilità è disposto sulle cose pertinenti al reato, sul corpo del reato, sugli oggetti che siano stati rinvenuti durante gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose o sulle persone.

 

Attività atipiche

Infine, in ordine alle attività atipiche è possibile operare una distinzione tra:

  • atti soggettivamente atipici, i quali ricomprendono attività che possono essere compiute indistintamente sia dalla P.G. che dal magistrato del P.M;
  • atti oggettivamente atipici, i quali ricomprendono attività utili allo svolgimento delle indagini come, ad esmepio, l'acquisizione di un documento d'identità

 

Note e riferimenti bibliografici

1) Dalia-Ferraioli, MANUALE DI DIRITTO PROCESSUALE PENALE, CEDAM, 2013.